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Per circa quarant’anni l’Italia ha vissuto una contraddizione abnorme che ancora oggi pesa come un macigno su tutti noi. La classe dominante, rappresentata politicamente dalla Dc, in virtù della logica dei blocchi contrapposti e attraverso una sorta di “compromesso” sottaciuto, accettò in nome di un potere di governo, che la cultura italiana fosse dominata dall’establishment intellettuale e politico dell’allora P.C.I. Il pensiero critico, quindi, quello che doveva “modificare l’ordine di cose esistenti” divenne in pratica pensiero egemone. Con la fine del socialismo reale, il supposto compromesso tra democristiani e forze progressiste sarebbe dovuto scomparire. Nella realtà, le famose casematte di gramsciana memoria, sono rimaste le uniche depositarie del pensiero culturale, anche se oramai prive della loro iniziale spinta propulsiva. Svuotate di idealità hanno finito per reggere la loro autorevolezza attraverso un mastodontico apparato burocratizzato, appiattito, nei fatti, sulla modernità tout court e sul mantenimento autoreferenziale del blocco di potere acquisito. Nessuna opzione teorica ed estetica ha così mantenuto fede alle sue premesse, anzi la cultura progressista ha finito per relativizzare se stessa, diventando il vero ed incontrastato pensiero unico. Scomparsi gli uomini “alti” come Sciascia, Pasolini etc. sono rimasti gli edifici delle intellettualità privi di quell’intelletto serio e critico che ne doveva costituire l’humus. Baricco e Melissa P. sono oggi i gotha della cultura nostrana, gli autori del vero pensiero conformato. Non solo case editrici, sistema dell’informazione e università subiscono questo scacco ma anche le più piccole realtà amministrative delle nostre città. Chiunque ha un minimo di confidenza con la gestione di un governo locale può tastarlo con le proprie mani. Non esiste manifestazione, iniziativa culturale che non debba passare per le forche caudine di qualche associazione o fondazione legata a filo doppio con la realtà politico-burocratica-progressista del loco. Ogni minuscolo centro d’interesse diviene blocco di potere con facoltà di veto. Il dramma odierno però non è quello di ritrovarsi al cospetto di una cultura di sinistra (almeno lo fosse), bensì alla reiterazione del nulla perpetuo. “Se ci fosse un’educazione del popolo, tutti staremmo meglio”, ma per modificare l’esistente ci vuole coraggio e spregiudicatezza. E’ necessario osare, consapevoli che critiche e sbagli fanno parte del percorso. Non tentarci però, sarebbe un errore imperdonabile. Fare cultura è un dovere. Ecco perché un marxista non credente, è qui, su CulturaCattolica.it a fianco di uomini e donne di fede.