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Di.Co., PACS e matrimonio: la grande confusione.

Autore:
Brioschi, Gigi
Fonte:
CulturaCattolica.it

Un folto pubblico ha seguito l’incontro di mercoledì 7 marzo 2007, organizzato dal Centro Culturale Talamoni di Monza sul tema “Di.Co, PACS e matrimonio- la grande confusione.”
“E confusione è il termine adeguato”, ha detto Augusto Pessina introducendo l’incontro, “confusione voluta e cercata verrebbe da dire. A noi interessa comprendere le ragioni sottese e cosa nel concreto sta succedendo”.
Fabio Cavallari, giornalista collaboratore del settimanale Tempi, ha iniziato il suo intervento affermando come sia fondamentale discutere di diritti civili. Ma occorre cominciare dal concetto di uomo, da come viene inteso. Secondo il giornalista la discussione in atto è imperniata su tre presupposti. Il primo è la riduzione ad uno scontro tra laici e cattolici. “Ma questo è falso, o perlomeno riduttivo”, ha detto Cavallari, “io sono laico e non credente, ma riconosco nel cristianesimo una antropologia valida anche per me.” Chiedendosi poi: “Di cosa dovrebbe occuparsi la Chiesa se non dell’uomo e della vita?” in polemica con le recenti affermazione del ministro Bindi. “D’altro canto questa problematica riguarda la ragione, e l’articolo 29 della Costituzione non è stato voluto dai vescovi ma da Palmiro Togliatti che certo non era un uomo religioso!” Il secondo aspetto riguarda il lato emozionale supportato da una demagogia buonista ad ogni costo, che porta a non valutare la realtà nel suo complesso. Un terzo aspetto evidenziato da Cavallari è la constatazione che non è possibile che la legge, qualunque legge, debba adeguarsi a ciò che la gente pensa, o gli organi di informazione scrivono o trasmettono. “Occorre che lo stato sia almeno minimamente etico ed abbia una sua logica da rispettare” ha detto ancora. Concludendo ha affermato che l’ambiguità del dibattito è voluta e serve a coprire il vero scopo, che è il riconoscimento del matrimonio fra omosessuali e dei diritti che ne conseguirebbero, possibilità di adozione compresa.
Mario Palmaro, docente di Filosofia del Diritto presso l’Università Europea di Roma, ha esordito affermando che quella in atto è una battaglia contro il matrimonio laico dato che “…tutto quello che si poteva fare contro il matrimonio religioso è già stato fatto”. Quello che occorre fare in questa situazione è interrogarsi sulla propria natura e sul significato di quanto accade. Ritornando al problema giuridico ha affermato che la legge non deve essere avallo a comportamenti diffusi. Invece pare che questo principio libertario prevalga. “L’omicidio non è reato perché lo prevede la legge. Ma la legge punisce l’omicidio perché è contro il vivere civile- ha detto- mentre sempre più spesso si avallano comportamenti sbagliati perché esistono nella società”. Si rischia di scivolare lungo un piano inclinato che uno alla volta avallerà comportamenti sbagliati. “Perché non legalizzare la droga se molti ne fanno uso?- ha chiesto provocatoriamente- o domani la pedofilia? O l’incesto?”
Secondo Palmaro occorre ricominciare a lavorare partendo dal ricercare a quali principi e a quali compiti la legge debba rispondere. “E noi diciamo che deve rispondere alla ragione umana. Come sta ricordando in modo preciso la Chiesa con il magistero di Benedetto XVI”. Il mondo cattolico ha ripreso coscienza di questa posizione dopo che “per anni sembrava diventato il supporto di Ponzio Pilato. Uno scettico potente e colto che non sapendo rispondere alla domanda sulla verità indisse un referendum su Gesù Cristo”.
Nel dibattito serrato che ha fatto seguito agli interventi, entrambi i relatori hanno posto l’accento sull’importanza di riprendere un lavoro educativo sia su se stessi che nei confronti dei giovani. L’educazione è l’unico percorso che ci permette di comprendere che cosa è ragionevole, e buono, e che cosa non lo è.

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