Condividi:

Spe Salvi o Sanza Speme?

Una Lettera Enciclica che parla della speranza. Mai argomento fu più attuale. E visto che va di moda Dante, utilizzerò un suo verso per spiegarmi.

Nel IV canto dell'Inferno Dante entra nel Limbo degli "spiriti magni". E' l'unico luogo che risplende di una luce, circondato dalle tenebre infernali. Lì, tra gli altri, ci sono coloro che bene operarono in vita, ma non conobbero Cristo. Vivranno per l'eternità senza essere martirizzati dalle pene infernali, ma in una condizione triste e malinconica, la situazione di "color che son sospesi". Perché non potranno mai godere della luce di Dio, la sola che può riempire davvero il cuore dell'uomo. Tra questi vi è anche Virgilio, il quale (e questo è il verso che voglio citare) descrive così la situazione sua e delle altre anime: "sanza speme vivemo in disio".

Tra gli altri innumerevoli doni di Dante, c'è anche questa profezia di una condizione esistenziale che oggi non è più relegata in un Limbo ultraterreno, ma è diventata per molti, quelli per lo meno che non evitano di guardare e riflettere sull'inferno della vita, una dolorosa regola.

Parlavo l'altro giorno con uno studente, che si dice agnostico. Nel dialogo risultava evidente che agnostico (la condizione di "color che son sospesi", che sospendono il giudizio su Dio) significa vivere "senza speme" di trovare un senso a questa strana avventura che è l'esistenza dell'uomo. Il quale non è niente più che un animale, un animale che "purtroppo" (è la parola sfuggita allo studente), essendo dotato di ragione, a differenza degli altri animali vive male, perché in fondo non riesce a trovare quel senso. E non si rassegna. "Sanza speme in disio", dice Dante. Ecco, è proprio così. Senza speranza, perché il senso di tutto non c'è, perché la scienza è una divinità che non può darcelo; ma nel desiderio, in un desiderio attaccato al cuore, un desiderio che ci fa dire, di sfuggita, "purtroppo".

E perché mai "purtroppo"? Cosa sarà quello che abbiamo dentro e che ci fa dire, nonostante tutti i convincimenti razionali e scientisti, "purtroppo"? Per vivere tranquilli (lo diceva già Orazio alla sua povera amica Leuconoe, anche lei preda di ansiose domande sul futuro) c'è solo da far finta che l'inferno della vita non esista. Abituarsi all'inferno, senza farsi troppe domande. Orazio suggerisce di spem resecare, cioè di strapparsi via la speranza, quella che guarda lontano, almeno, alle cose ultime. All'uomo possono restare solo le piccole, banali speranze quotidiane, quelle di un momento. Non bastano, è ovvio. E' un palliativo, è ovvio. E' una posizione che non risponde alle vere attese del cuore dell'uomo, è ovvio.

"Sanza speme in disio". E ti vengono alla mente subito le voci di alcuni grandi, da Leopardi a Kafka, da Calvino a Camus, da Pascoli a Montale... Tutti figli di ideologie che hanno devastato il cuore umano. Quelle ideologie (illuminista, marxista, nichilista) che il Papa addita nella sua Enciclica come le dirette responsabili del naufragio della speranza. Il Limbo si è allargato sulla terra, il Limbo che lascia nel cuore un desiderio disperato. Una tensione che si risolve nello scacco. Credere per molti è diventato impossibile, sembra diventato impossibile, e l'unica possibilità è diventata quella di tirarsi su in qualche modo, per sopravvivere, per reggere all'urto di quella contraddizione orribile che è la vita dell'uomo.

Non sarà la ragione, non sarà la ricerca scientifica, non sarà la filosofia a salvarci. Non sono riuscite a farlo e non ci riusciranno. Oggi, come sempre nella storia dell'umanità, l'unica speranza che può sopravvivere è quella di un incontro, è quella che esprimeva Platone, quando si augurava che Dio stesso venisse a svelarci il bellissimo segreto dell'esistenza. Sì, un incontro che ci sorprenda, che stravolga i nostri progetti, le nostre pretese visioni, che irrompa come una novità inimmaginabile nella nostra vita.

La fede cristiana è nata così. Il Natale, che è alle porte, è la memoria viva di un incontro con Dio, che si ripete ogni giorno.

Vai a "Ultime news"