Non facciamoci del male
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Ebbene, avanti, facciamoci del male.
Massacriamoci tra noi, perché noi cattolici siamo così, pronti al dialogo con tutti, ma devono essere “lontani”, non fisicamente, ma almeno culturalmente, con i musulmani che vogliono applicare le loro leggi al nostro Paese, con gli immigrati, indipendentemente se a portarli nel nostro paese è la voglia di lavorare o la necessità di fuggire alla giustizia del loro paese, ma quando si tratta di chiarirci tra “fratelli vicini”, allora sono legnate, perché il prossimo se ci somiglia troppo lo trattiamo con pochi riguardi.
E’ uno dei nostri punti deboli, e chi non ci ama, lo sa benissimo, le divisioni tra cattolici offrono sempre il fianco.
Questo per dire che le polemiche scatenate da un’intervista sul settimanale Tempi a Patrizia Vergani, ginecologa cattolica e nota a tutti per il suo impegno a favore della vita, potevano essere un’occasione di confronto, non che si debba essere d’accordo, ma confrontiamoci, senza offrire il fianco a chi dalle divisioni o presunte tali, dei cattolici può solo trarre vantaggi e senza essere scandalo gli uni per gli altri.
Nell’intervista di Tempi chiedono a Patrizia Vergani: “Lei oggi cambierebbe la 194, la legge sull’aborto?” e lei risponde: “No. Penso invece che dovrebbe essere rispettata e applicata di più, con tutta quella parte di sostegno a chi decide di non abortire”.
Una come Patrizia Vergani, parla per esperienza, per essere quotidianamente “sul campo” a contatto con le donne, si può non essere d’accordo con lei, si può discuterne, ma non mettere in dubbio la sua buona fede e il suo impegno a favore della vita.
A difesa di Patrizia Vergani, sempre su Tempi – scrive Assuntina Morresi, membro del Comitato Nazionale di Bioetica, autrice di pubblicazioni anti-abortiste, in prima fila nella difesa della vita da sempre e nella difesa dei “principi non negoziabili”.
Scrive: «Non ho cambiato idea, ero e resto pro life. Ma la nostra è una legge dissuasiva, e va applicata fino in fondo. Dobbiamo lavorare perché un giorno non serva più»
Assuntina Morresi non è diventata “favorevole all’aborto”, fa una riflessione realistica, facendo i conti con una Legge che c’è e piaccia o non piaccia in trent’anni ha cambiato la fisionomia del paese, una legge che non si può pensare di abolire, perché ogni richiesta di modifica viene vista e bollata come un affronto alla libertà delle donne. Una legge con la quale si deve convivere, innanzitutto pretendendone l’applicazione in tutte le sue parti, in quelle parti che garantiscono alla donna un aiuto perché l’aborto sia scongiurato.
Questo non vuol certo dire, essersi “convertiti all’aborto”, se non siamo d’accordo discutiamone, ci sono divergenze di opinione ben vengano, ma la stima reciproca che nutriamo gli uni per gli altri, il lavoro sin qui fatto spesso insieme, non possono essere buttati alle ortiche.
Confrontiamoci, certi che tutti guardiamo a Cristo certi che tutti guardiamo al Papa come guida della Chiesa, certi che tutti difendiamo la vita e lottiamo per la difesa dei diritti NON negoziabili.
Il dialogo, il confronto, il lavoro comune possono solo arricchirci tutti, ma rispondere a suon di comunicati, di articoli, dividendo il mondo cattolico in “buoni e cattivi”, lasciamolo fare ad altri.
Ci vengono in aiuto le parole del Papa, scritte ai Vescovi in occasione della pubblicazione della lettera Apostolica "Motu Proprio data" del 7 luglio 2007 ed in particolare quando parla delle divisioni che sono state lasciate consolidare all’interno della Chiesa.
Impariamo dagli errori e non facciamo si ripetano.
“Guardando al passato, alle divisioni che nel corso dei secoli hanno lacerato il Corpo di Cristo, si ha continuamente l’impressione che, in momenti critici in cui la divisione stava nascendo, non è stato fatto il sufficiente da parte dei responsabili della Chiesa per conservare o conquistare la riconciliazione e l’unità; si ha l’impressione che le omissioni nella Chiesa abbiano avuto una loro parte di colpa nel fatto che queste divisioni si siano potute consolidare.
Questo sguardo al passato oggi ci impone un obbligo: fare tutti gli sforzi, affinché a tutti quelli che hanno veramente il desiderio dell’unità, sia reso possibile di restare in quest’unità o di ritrovarla nuovamente. Mi viene in mente una frase della Seconda Lettera ai Corinzi, dove Paolo scrive: “La nostra bocca vi ha parlato francamente, Corinzi, e il nostro cuore si è tutto aperto per voi. Non siete davvero allo stretto in noi; è nei vostri cuori invece che siete allo stretto… Rendeteci il contraccambio, aprite anche voi il vostro cuore!” (2 Cor 6,11-13). Paolo lo dice certo in un altro contesto, ma il suo invito può e deve toccare anche noi, proprio in questo tema. Apriamo generosamente il nostro cuore e lasciamo entrare tutto ciò a cui la fede stessa offre spazio".