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L'orgoglio di essere artigiano

Fonte:
CulturaCattolica.it
La situazione per le imprese familiari non è idilliaca: due su tre falliscono nel passaggio del testimone da padre a figlio e l’80% scompare entro la terza generazione. Cosa fa la differenza?

Come molti di voi, in questi giorni sono stata alla Fiera dell'Artigianato - appuntamento oramai tradizionale a Milano.
Trovi riunite in una sola volta 2500 artigiani provenienti da 103 paesi del mondo. Una marea umana cammina tra gli stand alla ricerca di regali natalizi e di curiosità, è un'occasione unica per vedere e assaporare l'umanità che lavora, che produce, orgogliosa del suo fare.
Ci sono occasioni come questa in cui l'orgoglio di essere Italiana emerge, non solo per i tabarri veneti che riflettono le mie origini e i racconti della mia infanzia, ma anche per le ceramiche fabbricate in Puglia, le camicie su misura di Pesaro, è l'Italia che lavora, che nessuno ci racconta, che nessuno porta mai ad esempio perchè se è possibile a loro è senz'altro possibile ad altri.
Un'Italia testimone di un modo di vivere e affrontare la vita.

Scrive Giorgio Vittadini* oggi su Il Giornale (...) l’innovazione non implica affatto la necessità di snaturarsi per scimmiottare modelli stranieri.

Le lane cotte dell’Alta Val Badia sono identiche a quelle che venivano tessute cinque generazioni fa, ma prodotte con telaio meccanico. (...)
Le scelte strategiche innovative si traducono anche in un nuovo modo di vendere un prodotto tradizionale. A.G., ogni settimana, fa la spola tra Agrigento e Milano e consegna a casa di mille famiglie le arance rosse prodotte in Sicilia, senza ricarichi sul prezzo. (...)

La situazione per le imprese familiari non è idilliaca: due su tre falliscono nel passaggio del testimone da padre a figlio e l’80% scompare entro la terza generazione. Cosa fa la differenza per imprese come quelle citate? Come afferma l’economista Marseguerra nel volume Nelle mani dell’artigiano. Una realtà si racconta (Guerini editore), uscito in occasione della fiera: «in molti dei settori di specializzazione italiana, la ricerca formalizzata, quella che tende ad essere svolta nei laboratori di ricerca delle imprese, negli istituti di ricerca pubblica e nelle Università (e che è colta dai dati sulla spesa in R&S), costituisce solo una parte della innovazione delle nostre piccole e medie imprese. Nei nostri settori di specializzazione più tradizionali, i fattori d’innovazione tendono ad essere il design, la progettazione, l’organizzazione, l’introduzione di nuovi macchinari, l’imitazione, ecc.». In queste imprese sono le persone che con la loro creatività e operosità generano innovazione e sviluppo, perché non sono ridotte ad anonime risorse umane. Come ha scritto anni fa don Giussani: «C’è un’obbedienza che dal di dentro deve governare l’iniziativa in cui ti lanci, il rischio in cui ti cimenti. Innanzitutto, deve essere obbedienza a fattori che non sono totalmente alla tua mercé, che ti si propongono e che ti si impongono: devi rispettare questi fattori e tutta la fatica, in tal senso, deve essere abbracciata come parte della tua genialità creativa, e perciò del tuo amore e del tuo gusto fattivo». Valori antichi nati da una umanità, spesso da una fede che, dando significato alla vita intera, continuano a generare prosperità sana per il nostro popolo, ad onta di chi, come l’asino bigio di carducciana memoria, continua nella sua presupponenza a non accorgersene…


*Presidente Fondazione per la Sussidiarietà

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