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Imminenza di attesa

Autore:
Pagetti, Elena

E’ iniziato l’Avvento, il tempo dell’attesa. Come l’etimologia della parola suggerisce, l’attesa è un tempo attivo: tende-a. Ma siamo consapevoli dell’attesa che abita il nostro cuore o ci accontentiamo di vivere alla giornata, senza orizzonte? Rebora aveva intuito bene l’ontologica attesa dell’uomo: “Vigilo l’istante/ Con imminenza di attesa- E non aspetto nessuno: nell’ombra accesa/ spio il campanello” (Dall’immagine tesa). Apparentemente non sembrerebbe mancare nulla, non si aspetterebbe nessuno, eppure ci si trova ad aspettare. Forse oggi l’attesa soffre di una grave riduzione che ha colpito tutte le parole importanti dell’esperienza umana. È ridotta a vaga speranza, posizione rinunciataria di fronte a un ignoto presente e a un improbabile futuro. Tanto la tecno-scienza promette, tanto l’esperienza umana si scopre povera, appiattita, perché privata dell’essenziale, cioè dell’amore. Ma che la vita sia una promessa riemerge prepotentemente, strappandoci alla distrazione, ogni volta che la bellezza, anche in immagini fragili, di breve durata, ci incuriosisce, ci affascina e ci attrae. La realtà è buona, desiderabile, per questo genera l’attesa della risposta. Il cuore si accende, si strugge, come diceva Leopardi, “Un canto che s’udia per li sentieri/ lontanando morire a poco a poco,/ già similmente mi stringeva il core”. L’uomo non può compiere da sé l’attesa. Può provare esaltazione, sognare, ma non risolvere il proprio desiderio infinito. E’ di fronte a questa drammatica esperienza di sproporzione che compiamo la scelta fondamentale della vita: pensare che tutto sia illusione, male e dolore -quindi spegnere la speranza-, oppure riconoscere che nella bellezza contingente Qualcosa resta perché la bellezza è segno: rivela. La speranza non è in ciò che riusciamo ad afferrare, ma in qualcosa d’altro che ci chiama a sé. Cristo è venuto per questo, per dirci che ciò che cerchiamo è Lui. Ciò che attrae e resta nel morir della bellezza è Lui, alimento e risposta alla nostra attesa. La nostra umana speranza è sottratta al limite del tempo e dello spazio, come dice la liturgia, “amandoTi in ogni cosa e sopra ogni cosa, otteniamo i beni da Te promessi che superano ogni nostro desiderio”. Oggi non si attende perché non si spera più. Il papa ha parlato di paganesimo dei nostri giorni riferendosi in particolare al nichilismo. Vivere come se Dio ci fosse è riprendere coscienza dell’attesa di cui è fatto il nostro cuore, mettersi nel tempo di Avvento, “risposta della Chiesa Sposa all’attesa di Dio Sposo”, “che è, che era e che viene”. (Ap. 1,8)

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