Credibilità del testimone (1)
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L’impostazione dell’argomentare del più noto matematico mass-mediatico (Odifreddi Pier Giorgio) è sempre la stessa:
a) poche ipotesi,
b) una tesi il più possibile presentata come originale e in controtendenza rispetto al mondo,
c) una dimostrazione fortemente lacunosa, ma comprensibile nella sua inconsistenza, solo a pochi esperti in singoli settori.
Un professore mio conoscente mi ha raccontato questo episodio: “Una volta, circa 9 anni fa, Odifreddi era venuto all’università Bicocca di Milano a tenere una conferenza su Galilei. Dal punto di vista scientifico aveva fatto affermazioni condivisibili, poi non è riuscito a trattenersi dal proporre alcuni collegamenti con l’attualità assolutamente fuori luogo. Fin quando gli strali del conferenziere hanno coinvolto Berlusconi e Mike Bongiorno… peggio per lui, squalificava il livello della sua relazione. Ma si vede che, se non si colpisce almeno una volta al giorno la Chiesa Cattolica non si è un buon razionalista, quindi ha iniziato anche a citare a sproposito il Papa. Il culmine l’ha raggiunto con la seguente affermazione ‘Nella Fides et ratio c’è scritto che chi crede nell’evoluzione non può essere cattolico’. Io, che mi ero trattenuto fino ad allora, dal pubblico l’ho interrotto e gli ho chiesto ‘A che numero?’, suscitando nel pubblico il vocio di disapprovazione tipico di quando si costata la presenza di un pazzo (io) che interrompe il saggio (lui). E ho proseguito ‘Sa, perché io l’ho letta e quel che lei ci ha trovato proprio non c’è. Visto che l’enciclica è scritta per numeri, qual è il numero che riporta la frase a cui lei si riferisce?’ La risposta era stata ‘Purtroppo non ho qui l’enciclica, ma se mi dà la sua e-mail gliela faccio avere’. A me bastava che il pubblico non uscisse convinto che nella Fides et ratio ci fosse quell’affermazione e, almeno il dubbio, gliel’ho introdotto e ho concluso rivolto al pubblico dicendo ‘Comunque chiunque può leggere l’enciclica e verificare se ha ragione lui o io’.
Io poi gli ho fatto avere il mio indirizzo e-mail e lui mi ha scritto. Da allora è iniziato un breve dialogo fra sordi. Lui mi ha spedito il numero da me richiesto: 54. In esso Giovanni Paolo II scrive che anche nel nostro secolo il Magistero ha messo in guardia contro la tentazione razionalistica. Poi aggiunge ‘…il Papa Pio XII fece sentire la sua voce quando, nella Lettera enciclica Humani generis, mise in guardia contro interpretazioni erronee, collegate con la tesi dell’evoluzionismo, dell’esistenzialismo e dello storicismo’. Tutto qui! Ma, don Gabriele, secondo te, quanto il Papa scrive è la stessa cosa sostenuta da Odifreddi? Non potevo crederci. Mi son detto: avrà letto l’Humani generis e farà riferimento al ‘prezioso contributo dei predecessori’; avrà confuso la citazione, attribuendo alla Fides et ratio quanto eventualmente scritto nell’enciclica ivi citata. Allora ho letto tutta l’Humani generis, ma non ho trovato nulla che confermasse la frase di Odifreddi. Gli ho scritto perciò una mail nella quale, fra l’altro, sostenevo che
‘…Quindi le “interpretazioni erronee collegate con le tesi dell’evoluzionismo” del n. 54 della Fides et Ratio non sono una condanna dell’evoluzionismo, bensì di alcune interpretazioni su verità di fede ad esso collegabili ed indipendenti dalla veridicità di questa teoria scientifica; anzi l’atteggiamento al quale invitano entrambi i papi è quello citato nel medesimo numero 54, riportando frasi dell’Humani Generis …queste tendenze… non possono essere ignorate o trascurate dai filosofi o dai teologi cattolici… essi devono conoscere bene queste opinioni sia perché le malattie non si possono curare se prima non sono ben conosciute, sia perché qualche volta nelle stesse false affermazioni si nasconde un po’ di verità, sia, infine, perché gli stessi errori spingono la mente nostra a investigare e a scrutare con più diligenza alcune verità sia filosofiche che teologiche’.
La risposta e-mail di Odifreddi è stata a dir poco evasiva, del tipo ‘nella sostanza è la stessa cosa’.
A quel punto il dialogo si è interrotto: su cosa poteva proseguire? Se un docente di logica matematica nega che la frase da lui pronunciata è falsa, in quel momento a quale logica si sta affidando?”
Chi poteva obiettare all’affermazione, messa in bocca al Papa, “chi crede nell’evoluzione non può essere cattolico”? Chi sa cosa ha detto il Papa e, soprattutto chi non giudica a priori affidabile il giudizio del primo che passa per strada. Sì, perché va detto a chiare lettere, sulla Chiesa il matematico Odifreddi è il primo che passa per strada e, anzi, è in evidente posizione di inaffidabilità, in quanto pregiudizialmente ad essa contrario.
Per la serie: si può essere autorità riconosciute e internazionali sulla matematica, ma dilettanti allo sbaraglio su altri argomenti nei quali invece ci si spaccia come pontefici, infallibilità compresa!
Credibilità del testimone (2)
Ma forse pochi oserebbero considerare ignorante (in senso latino) un matematico che si pronuncia pubblicamente anche su argomenti di storia della scienza.
Però nell’articolo su Repubblica del 5/1/2010, dal titolo ‘Galileo ambiguità e compromessi di un grande scienziato’, si rischia di trovare conferma anche a questa ipotesi.
La tesi di Odifreddi è che Galilei fu in fondo un po’ vigliacco e servo del potere, perché lui, pur non interessato a bibbia e religione, scelse di rimanere succube degli atteggiamenti richiesti dal potere ecclesiastico. La sua tesi è esattamente l’opposto di quanto sostenuto, al termine di decenni di studi, da uno dei maggiori studiosi di Galilei, Stillman Drake. Non mi dilungo nel motivare quest’affermazione e rimando, per verificarla, al suo libro Galileo (Il Mulino, Bologna, 1988). Riporto solo una frase di Drake ‘Soltanto mentre scrivevo questo libro, anzi, dopo che ne avevo scritto varie pagine con tutt’altro tono, mi venne d’un tratto in mente di provare a supporre che Galileo avesse parlato sinceramente, non con frasi fatte, del proprio zelo per la Chiesa, e che questo appunto lo avesse spinto ad assumersi certi rischi, per cui alla fine fu punito invece che ricompensato. Siccome avevo già letto tante volte i documenti del caso, essi, per così dire, mi erano presenti insieme alle parole di Galileo nelle varie occasioni alle quali essi si riferivano; bastò considerarli alla luce di questa nuova ipotesi per riceverne un effetto elettrizzante, come se mi fossi imbattuto in un documento fin allora trascurato e che di colpo dissolveva antiche perplessità’.
L’altra grande certezza che emerge dall’articolo di Odifreddi è la negatività del ‘Grande Inquisitore’ – maiuscole nel testo – cardinal Bellarmino (riesce addirittura ad inventare l’avverbio ‘bellarminamente’…). Anche in questo caso, per verificare la veridicità del giudizio si rimanda ad un recente libro di monsignor Luigi Negri e Franco Tornaghi, Con Galileo oltre Galileo (Sugarco, pagg. 241, € 18). In esso si mostra – in accordo col Drake – che il ruolo di Bellarmino nella vicenda Galilei può essere giudicato positivo. Anche perché qualcuno deve riuscire a spiegare come un cardinale morto nel 1621 possa tuttora essere considerato il diabolico regista dell’unico processo a Galilei, avvenuto nel 1633, cioè 12 anni dopo…