Italiani razzisti?
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Chissà perché ogni volta per trovare le posizioni più ragionevoli per ripartire dal cuore del problema bisogna rifarsi al Magistero del Papa? Sono italiano e non mi sento affatto rappresentato dalle parole di Giulia Galeotti sull’Osservatore Romano con cui stigmatizza i fatti di Rosarno: «Oltre che disgustosi, gli episodi di razzismo che rimbalzano dalla cronaca ci riportano all’odio muto e selvaggio verso un altro colore di pelle che credevamo di aver superato. Per una volta, la stampa non enfatizza: un viaggio in treno, una passeggiata nel parco o una partita di calcio, non lasciano dubbi. Non abbiamo mai brillato per apertura, noi italiani dal Nord in giù. Né siamo stati capaci di riscattarci, quando il “diverso” s’è fatto più vicino, nel mulatto, a prescindere dalle diversissime cause per cui ciò è avvenuto».
E non mi ritrovo per una ragione semplicissima: perché ho imparato in famiglia, da mio papà e da mia mamma, lui semplice impiegato, ma geniale in tutto, e lei maestra di paese, che aveva reso la casa luogo di ospitalità per chiunque avesse bisogno di sostegno e aiuto e che lavorava vicino alla nostra casa.
Il problema non è condannare un popolo (del resto è sempre e solo fatto di persone) ma di indicare, proprio come fa Benedetto XVI, la strada di un cammino educativo.
Emergenza educativa non è uno slogan da ripetere e dimenticare, ma un lavoro serio e quotidiano. E si educa più indicando esempi positivi che stigmatizzando, nel mucchio, ciò che non va. Mi pare il metodo di Gesù (basta rileggere l’episodio dell’obolo della vedova).
Ecco allora il grande richiamo benedetto di Benedetto:
«Bisogna ripartire dal cuore del problema!
Bisogna ripartire dal significato della persona! Un immigrato è un essere umano, differente per provenienza, cultura, e tradizioni, ma è una persona da rispettare e con diritti e doveri, in particolare, nell’ambito del lavoro, dove è più facile la tentazione dello sfruttamento, ma anche nell’ambito delle condizioni concrete di vita. La violenza non deve essere mai per nessuno la via per risolvere le difficoltà. Il problema è anzitutto umano! Invito, a guardare il volto dell’altro e a scoprire che egli ha un’anima, una storia e una vita e che Dio lo ama come ama me.
Vorrei fare simili considerazioni per ciò che riguarda l’uomo nella sua diversità religiosa. La violenza verso i cristiani in alcuni Paesi ha suscitato lo sdegno di molti, anche perché si è manifestata nei giorni più sacri della tradizione cristiana. Occorre che le Istituzioni sia politiche, sia religiose non vengano meno – lo ribadisco – alle proprie responsabilità. Non può esserci violenza nel nome di Dio, né si può pensare di onorarlo offendendo la dignità e la libertà dei propri simili». [Benedetto XVI, Angelus, 11 gennaio 2010]