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Primo maggio

Fonte:
CulturaCattolica.it

Celebrare la festa del lavoro può essere per certi aspetti una salutare provocazione. Il lavoro oggi prende sempre più tempo, energie e pensieri. Per i giovani è più problematico trovarlo, più facile è anche perderlo. Indispensabile non solo per vivere ma anche per la propria espressività, è tuttavia più difficile da affrontare e da vivere con un significato che ci trovi, alla fine di una giornata, liberi e contenti per un pezzettino di strada fatta verso il nostro destino. La prospettiva di una carriera detta spesso ritmi e atteggiamenti poco rispettosi di legami sociali e solidali, rendendo il lavoro un nuovo idolo dei nostri tempi. Il riscontro economico, poi, costituisce troppo spesso l’unica motivazione, certamente non adeguata. Se guardiamo alla storia dell’Occidente restiamo colpiti dallo sviluppo che il lavoro ha avuto da quando l’“Ora et Labora” di San Benedetto ha costellato l’Europa di monasteri, bonificato territori, diffuso l’agricoltura e dato dignità al lavoro umano, prerogativa degli schiavi nell’epoca della dominazione romana. La consapevolezza di collaborare, attraverso il lavoro, all’opera della creazione ha reso feconda di invenzioni e innovazioni l’attività umana. Il sacrificio e la fatica sono diventati, attraverso la testimonianza di uomini che non anteponevano nulla a Dio, occasione di offerta e di santificazione della vita, esperienza di amore a Cristo. Anche la difesa del giorno di riposo prende spunto dalla concezione del tempo sacro, riservato all’uomo perché possa esprimere il suo rapporto costitutivo con il Mistero. Il mondo del lavoro sembra tornato ad essere una nuova terra di missione. Oggi, più che mai, l’impegno richiesto, il sacrificio di tempo e spazio, urgono un significato e necessitano di essere riempiti, illuminati da un senso che li restituisca nel loro valore. Colpisce la notizia della decisione del Papa di creare un ministero della Curia romana per la nuova evangelizzazione dell’Occidente. Per tornare a parlare cristiano in Europa e in America. Come se l’Occidente fosse diventato una nuova terra di missione, come se fosse necessario un nuovo linguaggio per mostrare la bellezza e la ragionevolezza del cristianesimo. Scriveva T.S. Eliot: “Oh città miserabili d'uomini intriganti,/ Oh sciagurata generazione d'uomini colti,/ Traditi nei dedali del vostro stesso ingegno,/ Venduti dai profitti delle vostre invenzioni:/ Vi ho dato mani che distogliete dall'adorazione,/ Vi ho dato la mia Legge, e voi fate contratti,/ Vi ho dato labbra, per esprimere sentimenti amichevoli./ Vi ho dato cuori, e voi li usate per sospettarvi./ ... Leggete molto, ma non il Verbo di Dio,/ Costruite molto ma non la casa di Dio…” (da Cori da “La Rocca”). Allora anche questo primo maggio può essere l’occasione per una domanda su di sé e per un’apertura al Mistero, a quell’”indefinito” che cerchiamo quando ci diamo da fare, progettiamo o programmiamo, anelando a un compimento che non sappiamo darci ma che possiamo chiedere a Chi sa trasformare il nostro sforzo in bene per tutti. “La gloria di Dio è l’uomo vivente”. L’uomo che prega e lavora.

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