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«Alle Autorità chiediamo la verità, non pietose bugie»

Fonte:
CulturaCattolica.it
A Milano la Chiesa universale si è stretta attorno a Mons. Padovese

Come noto, lunedì scorso 14 giugno, nel Duomo di Milano il Cardinale Dionigi Tettamanzi ha celebrato le esequie di Mons. Luigi Padovese, originario di questa terra e Presidente della Conferenza Episcopale turca, ucciso dal suo autista. Presenti tutti i Vescovi della Lombardia, il Nunzio apostolico in Italia SE Monsignor Giuseppe Bertello, moltissimi Preti e Religiosi, in un Duomo affollato di fedeli e tantissimi giovani, che mostrava evidente il popolo di Dio che si stringeva attorno ad un Martire cristiano, grande uomo e grande Vescovo.
Il Santo Padre, che in occasione dei solenni funerali ha voluto far pervenire il Suo messaggio, durante il recente viaggio a Cipro aveva detto: «Insieme preghiamo per l’anima del compianto Vescovo Mons. Luigi Padovese, Presidente della Conferenza Episcopale Turca, la cui improvvisa e tragica morte ci ha lasciati addolorati e sgomenti.»
Lunedì 14, nel Duomo di Milano era presente anche il successore di Mons. Padovese, Monsignor Ruggero Franceschini, che al termine della Santa Messa ha preso la parola dando una forte testimonianza di fede e di speranza, nonostante la situazione della Chiesa e dei cristiani in Turchia.
Riportiamo qui di seguito quanto ha detto Mons. Franceschini, mentre al termine citiamo alcuni dati relativi a quel Paese ed alla Chiesa

Intervento di Mons. Ruggero Franceschini

Cari fratelli e sorelle, stiamo per dare l’ultimo saluto al nostro e vostro Vescovo Luigi; come ho già detto nell’omelia ad Iskenderun, non è il caso di farne l’elogio funebre, di raccontare al mondo quanto fosse buono, mansueto, intelligente, modesto; chi ha testimoniato con il sangue non ha bisogno di parole, e neanche di miracoli.
Lo sa bene la Chiesa, lo sapete bene voi, che avete ognuno un motivo speciale nel cuore per essere qui, e non avete bisogno di altro.
Lo sa bene la sua Chiesa di Anatolia, piccolo gregge disperso ed ora anche colpito, sgomento, impaurito. Hanno ucciso il pastore buono. Partito da questa città si era fatto pellegrino dello spirito e della mente, fino a diventare uno dei più competenti esperti sulla vita e le opere dei Pari della Chiesa vissuti nell’attuale Turchia.
Poi, divenuto vescovo, si fece anche pellegrino del cuore, per mettersi accanto agli eredi di quella chiesa delle origini, ai quali non mancava di ricordare le loro radici, e coi quali aveva deciso fin da subito di condividere paure e speranze.
Impressiona leggere oggi un delle prime lettere pastorali ai suoi fedeli: “Cari fratelli”, scriveva, “a noi, forse, non è chiesto di testimoniare la nostra fede sino al martirio, ma è pur vero che ci è chiesto di testimoniarla”.
Ahimè, almeno per ciò che riguardava don Andrea Santoro e se stesso: purtroppo si sbagliava. O forse era solo una premura per non spaventare la sua comunità.
Nella stessa lettera infatti, lucidamente, scrive: “tra tutti i paesi di antica tradizione cristiana, nessuno ha avuto tanti martiri come la Turchia. La terra che calpestiamo è stata lavata con il sangue di tanti martiri che hanno scelto di morire per Cristo anziché rinnegarlo”.
La piccola Chiesa rimasta in Anatolia, anche se di tradizione apostolica, è troppo giovane per superare da sola una tragedia simile, troppo fragile per fronteggiare il male che l’ha colpita, troppo povera per trovare in se stessa le risorse per continuare a sperare… almeno di esistere.
Alle chiese sorelle chiediamo vocazioni: in particolare sacerdoti, religiosi e religiose, per una missione difficilissima, ma senza sconti e senza compromessi, non voglio ingannare nessuno davanti a questa bara.
Venite a vivere il Vangelo, venite ad aiutarci a vivere, semplicemente.
A chi si occupa di informazione: tenete aperta una finestra su questa terra, e sul dolore della Chiesa che la abita, siate la voce di chi non ha neanche la libertà di gridare la propria pena. La verità e la giustizia, aldilà di ogni umana convenienza.
E così a chi si occupa di politica e di economia.
E infine a tutti voi che semplicemente vi sentite in comunione di fede, agli ammalati che offrono le loro sofferenze, chiunque abbia a cuore la pace tra i popoli: aiutateci, teneteci nel cuore, sia questo il fiore che avrete deposto sul corpo benedetto di mons. Luigi.
Ho detto che non avrei parlato della morte di mons. Padovese, e non lo farò. Del resto, cosa volete che vi dica di un vescovo missionario ucciso nella Solennità del Corpus Domini? Per lui parlano il suo corpo spezzato, e il sangue versato “per tutti”.
Ai suoi cristiani scriveva: “voglio confermarvi la mia gioia di essere con voi. Considero un dono del Signore essere per voi e come voi, un cristiano della Chiesa d’Anatolia”.
Oggi siamo tutti Chiesa di Anatolia, io, certamente, ma anche voi, il vostro arcivescovo, gli altri confratelli vescovi, e tutti siamo Chiesa di Milano, tutti siamo semplicemente Chiesa, corpo del Signore, martoriato, sofferente, ma risorto e glorioso.

Brevi note sulla situazione della Chiesa in Turchia

Per mostrare la tempra di questi Apostoli in una terra oggi inospitale, merita ricordare che prima di lasciare la Turchia, cosciente dei rischi che correva, Mons. Ruggero Franceschini ha dichiarato: «Alle Autorità chiediamo la verità, non pietose bugie.»

Credo possa essere interessante ricordare che la Chiesa in Turchia, a cui sono state confiscate tutte le proprietà (Conventi, scuole, ospedali, ecc.), non ha “personalità giuridica” e quindi non può possedere neppure edifici di culto.

Come noto, da tempo sono in corso i negoziati per l’ingresso della Turchia in Europa, e tra le condizioni poste dall’UE, oltre alle riforme democratiche e alla lotta alla corruzione interna, vi sono sin dall’inizio tre punti fermi: la revisione storia dell’eccidio degli Armeni; la questione di Cipro; la libertà delle minoranze, incluse le minoranze religiose. Circa la Chiesa cattolica, si chiede espressamente il riconoscimento della personalità giuridica e la restituzione dei beni confiscati. Richieste fino ad ora totalmente inevase, nonostante le assicurazioni in merito da parte del Governo turco.

I negoziati sin ora non hanno compiuto significativi passi in avanti perché alcuni grandi Stati europei, di fatto nutrono perplessità sull’opportunità dell’ingresso della Turchia; “salva immagine” tuttavia non pochi Osservatori ritengono che se per ragioni geo-politiche l’UE decidesse di accelerare l’adesione, la richiesta che potrebbe essere sacrificata, con un escamotage “salva immagine”, è quella relativa alla libertà delle minoranze religiose.

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