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Mercoledì 30.06.2010 la sentenza sui crocifissi nelle aule scolastiche

Fonte:
CulturaCattolica.it
Un’importante lettera del patriarca Vladimiro

Prevista per mercoledì prossimo, 30 giugno, la decisione che i giudici di Strasburgo prenderanno dopo il ricorso presentato dal Governo italiano contro la sentenza che ha stabilito il divieto di esporre il crocifisso nelle aule scolastiche.

La Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali è stata elaborata nell’ambito del Consiglio d’Europa. Concordata e sottoscritta dai Rappresentanti degli Stati a Roma il 4 novembre 1950, è entrata in vigore nel settembre del 1953. Nelle intenzioni dei suoi autori, si trattava di adottare le prime misure atte ad assicurare la garanzia collettiva di alcuni dei diritti previsti dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948. La Convenzione da una parte enunciava una serie di diritti e libertà civili e politici, e d’altra istituiva un sistema destinato a garantire il rispetto da parte degli Stati contraenti degli obblighi da essi assunti. Tre istituzioni condividevano la responsabilità di siffatto controllo: la Commissione europea dei Diritti dell’Uomo (istituita nel 1954), la Corte europea dei Diritti dell’Uomo (istituita nel 1959) e il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, composto dai Ministri degli Affari esteri degli Stati membri o dai loro Rappresentanti. La Corte europea dei Diritti dell’Uomo ha sede a Strasburgo e non va confusa con la Corte di giustizia dell’Unione europea con sede in Lussemburgo.

La Corte è formata da tanti Giudici quanti sono gli Stati membri della Convezione europea dei diritti dell’uomo, eletti dall’Assemblea Parlamentare per un mandato di 6 anni. I giudici eleggono tra loro un Presidente e due Vicepresidenti, con mandato triennale e rieleggibili.
La Corte si divide in quattro sezioni, composte tenendo conto dell’equilibrio geografico e dei sistemi giuridici degli Stati componenti. All’interno di ogni sezione sono formati, per un periodo di dodici mesi, dei comitati formati da tre giudici, che hanno il compito di esaminare in via preliminare le questioni sottoposte alla Corte. È stata quindi istituita la figura di un “giudice unico”, il quale, esaminati i ricorsi presentati, può dichiararli irricevibili; la decisione del Giudice unico è definitiva. Se il giudice unico non ritiene di respingere il ricorso, lo trasmette al comitato di tre Giudici competente. All’interno di ciascuna sezione, sono istituite delle Camere giudicanti composte da sette Giudici che si esprimono in via ordinaria sui casi presentati e “ricevuti” davanti alla Corte.
Quando l’eventuale ricorso al pronunciamento della Camera giudicante dei sette Giudici viene dichiarato “ricevibile”, la competenza passa alla Grande camera, formata dal presidente della Corte, dai vicepresidenti e da altri quattordici giudici per un totale di diciassette membri. Sarà la Grande camera che mercoledì si pronuncerà in ordine al ricorso del Governo italiano.
L’accordo sulla Struttura e Attività della Corte europea dei Diritti dell’Uomo prevede all’articolo 30: Tutte le sentenze definitive della Corte sono vincolanti per gli Stati convenuti interessati. E all’artcolo 31: Il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa è responsabile del controllo dell’esecuzione di dette sentenze. Esso è quindi incaricato di verificare che gli Stati che sono stati condannati per aver violato la Convenzione abbiano preso le misure necessarie per adempiere gli obblighi specifici o generali che risultano dalle sentenze della Corte.
Inoltre la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, all’ articolo 46 - Forza vincolante ed esecuzione delle sentenze – recita: punto1. le altre Parti Contraenti s’impegnano a conformarsi alle sentenze definitive della Corte nelle controversie nelle quali sono parti; punto 2. la sentenza definitiva della Corte è trasmessa al Comitato dei Ministri che ne sorveglia l’esecuzione.
L’obbligatorietà delle sentenze della Corte europea dei Diritti dell’Uomo, è questione molto complessa e dibattuta. Annalisa Giansanti (Docente tutor in Diritto internazionale e Diritto dell’Unione europea nell’ambito del Corso di laurea in Funzionario Giudiziario e Amministrativo presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Perugia) in un Suo saggio sull’argomento scrive tra l’altro: «Sulla scorta di quanto precede, le pronunce degli organi di Strasburgo non sarebbero perciò qualificabili alla stregua di semplici sentenze di accertamento, ma si tradurrebbero in vere e proprie pronunce costitutive che, lungi dal produrre effetti nel solo caso oggetto di giudizio, imporrebbero allo Stato autore della violazione l’adozione di misure riparatorie con efficacia erga omnes.» Ed ancora: « La prassi e la giurisprudenza esaminate consentono, dunque, di affermare che l’art. 46 §1 della Convenzione pone in capo agli Stati parte un obbligo aggiuntivo di fare o di non fare, che varia in funzione del contenuto della sentenza. ... Da quanto precede, emerge come l’intero sistema di garanzia introdotto dalla Convenzione europea dei diritti umani si stia movendo verso il perseguimento di un obbiettivo di ampio respiro, consistente nel tutelare non solo l’interesse individuale, ma anche e soprattutto
l’interesse generale a che tutti gli Stati conformino progressivamente i propri ordinamenti e le proprie prassi interne ai principi dell’equo processo, onde evitare che violazioni analoghe a quelle già accertate si ripetano all’infinito

Al di là delle diatribe dottrinali, forse un poco grossolanamente si può affermate che la Corte europea dei Diritti dell’Uomo non ha reali poteri sanzionatori. Anche se il Consiglio può esercitare pressioni politiche sul Paese interessato, e, forse soprattutto, gli Organi giudiziari ai vari livelli possono considerare i pronunciamenti della Corte quali “Fonte del diritto””imminente pronunciamento, il Primate della Chiesa ortodossa ucraina, Patriarcato di Mosca, Vladimiro, ha indirizzato una lettera al Presidente della Corte europea dei diritti dell’uomo, Jean-Paul Costa, che afferma tra l’altro: «La possibilità di confessare apertamente il proprio credo religioso, utilizzando simboli tradizionali, è una manifestazione autentica della libertà di religione.» Oltre all’autorevolezza della lettera, questo intervento ha il pregio di svincolare il dibattito da un presunto contrasto cristiano islamico, riproponendo un ambito ben più generale.

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