Burqa e libertà religiosa
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Abbiamo da poco iniziato uno scambio con il sito del Patriarca di Venezia Card. Angelo Scola, e – quasi in contemporanea – abbiamo ricevuto questo contributo della nostra carissima amica Valentina Colombo, che avanza critiche su certe affermazioni del Cardinale stesso.
Ci siamo decisi a pubblicare i due testi, confermando l’amicizia che ci lega ad entrambi gli interlocutori, per una ragione semplicissima: il dibattito sull’islam non è una questione marginale, discorso tra addetti ai lavori, occasione di scontri politici e/o ideologici. Quello che è in gioco ci pare essere l’immagine (e l’esperienza) di libertà, di società, in ultima analisi, di uomo.
Tale confronto diviene tanto più necessario ed inevitabile quando si apprendono notizie come quelle dei due fratelli pakistani, accusati di blasfemia, uccisi da fanatici islamici nonostante il tribunale li avesse scagionati dalle accuse. Come dire che questi fondamentalisti non sanno neppure riconoscere una loro autorità civile, quando questa non si allinei con le posizioni più integraliste dei loro imam. Se Valentina Colombo dice che esistono, in teoria, tanti islam quanti sono i mussulmani, allora, secondo la sua logica, bisognerebbe fare in modo, con ogni mezzo, di condurre il maggior numero possibile di costoro su posizioni capaci di rispetto per l’uomo, la sua libertà e dignità.
È però su questa affermazione che bisognerebbe aprire il dialogo: la possibilità di un islam moderato (o liberale) è una delle vie che potrebbe imboccare l’islam senza snaturarsi, o invece tale posizione è sempre passibile di accusa di tradimento del vero islam?
Francamente non ho tali e tante conoscenze dell’islam per poter rispondere, anche se mi pare che una lettura «integralista» della religione di Maometto sembri avere più chances per accreditarsi: se il Corano è parola «dettata» da Dio stesso, ogni possibile interpretazione (chi è autorizzato a farla in modo autentico?) rischia di essere un tradimento. E comunque rimane aperta la vera grande questione del rapporto fede-ragione (così bene individuata da papa Benedetto XVI a Ratisbona) che è l’unica che può risolvere ogni ambiguità e vincere ogni intolleranza. Forse solo un islam «relativizzato» (cioè depurato da tutti gli elementi legati a elementi storici ormai tramontati) potrà ambire ad essere nel mondo fattore di confronto e dialogo, ma la cultura «relativista» dell’occidente dovrà essere messa in discussione da una cultura della verità e della ragione che può avere il suo fondamento solo in un cristianesimo «cattolico» di nome e di fatto, che ha come difensore solo Benedetto XVI (e coloro che ne riconoscono non servilmente o opportunisticamente le posizioni).
Pubblicando questi due interventi spero – se ne scaturirà un serio e appassionato dibattito – di contribuire al servizio alla verità e alla umana convivenza.