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I baroni della comunicazione (Un Samizdat ci vuole)

Fonte:
CulturaCattolica.it

Non è necessario essere assidui lettori di quotidiani o frequentatori di talk show televisivi per cogliere
con stupore (o disappunto) che il modo con cui viene gestita l’informazione e la comunicazione è alquanto singolare.

Mi pare che sua caratteristica dominante sia la pretesa di costituire un «orizzonte» entro cui si situano giudizi e comportamenti, e che sistematicamente censura ciò che non è congeniale al progetto del potere. Tale censura opera prevalentemente cooptando interlocutori funzionali al progetto stesso.

Ho pensato queste cose ascoltando (quasi facendo zapping radiofonico) un intervento su Radio3, in cui Enzo Bianchi (chiamato «Padre» da Gustavo Zagrebelsky) dissertava sulla misericordia. Ciò che è ovvio, per un credente (e Bianchi parlava in questa veste) è che la misericordia di Dio raggiunge l’uomo soprattutto attraverso il sacramento della riconciliazione. Peccato che, stando a quello che ho sentito, questo non fosse neanche citato. È solo un esempio, per carità! Ma denota la prassi di confondere le acque, depistare gli ascoltatori, così spesso in uso in questi tempi, in ogni campo.

Possiamo ascoltare, qualche volta, in maniera convincente e non accademica, degli autentici maestri cattolici? Non ci bastano i sedicenti tali. Oppure ai baroni della comunicazione questo non interessa?
Anche per questo un Samizdat di “voci fuori dal coro” (come tentiamo di fare da anni sul sito e con gli altri amici di “Samizdatonline”) è più che mai necessario.

LA REPUBBLICA: DIBATTITI PUBBLICI
Zagrebelsky con il priore Bianchi
“Al perdono preferisco la responsabilità”

Il giurista, assieme al teologo di Bose, nel cortile del palazzo e in diretta sulle frequenze di Radiotre. “All’oblio che segue il perdono, preferisco il concetto di responsabilità, che non rimuove la colpa: la riconosce e tenta di andare oltre”
di PAOLO GRISERI
Perdono? No grazie. Attento com’è alle distinzioni di significato, Gustavo Zagrebelsky accetterebbe con difficoltà questa sintesi del proprio pensiero. Ma il suo punto di vista è certamente eterodosso. Quel che non lo convince è che l’effetto del perdono sia l’oblio della colpa come risultato di una specie di contratto che torce l’etimologia (“per dono”) nella sua assonanza in negativo (le colpe che si “perdono”). Di questo dialogherà con Enzo Bianchi alle 9.30 di oggi al teatro Carignano in una edizione aperta al pubblico della trasmissione di Radiotre “Uomini e profeti” condotta da Gabriella Caramore (che andrà in diretta).

Professor Zagrebelsky, che cosa non la convince nel concetto di perdono?
“Al concetto di perdono preferisco quello di responsabilità. La responsabilità non dimentica la colpa: la assume, la riconosce e tenta di andare oltre. Il perdono può trasformarsi nella giustificazione dell’oblio”. Una deresponsabilizzazione?
“Talvolta rischia di diventare un meccanismo di controllo sociale. Penso alla leggenda del Grande Inquisitore di Dostoevskij che garantisce ai sudditi una felicità senza responsabilità, la felicità del gregge al quale è consentito anche di peccare perché sarà poi il perdono a rimettere a posto le cose. Il perdono è la valvola della pentola a pressione sociale: serve ad allentare momentaneamente la tensione, non a eliminare il pericolo, sempre presente, che la pentola scoppi. Naturalmente il fuoco, nella nostra metafora, è il senso di colpa, non di rado alimentato dagli stessi dispensatori del perdono”.

Che cosa sarebbe una società senza perdono?

“Sarebbe migliore se al perdono venisse sostituito il pentimento. Il pentimento è la relazione tra ciascuno e la propria coscienza. Il perdono invece è la relazione tra due persone, il perdonante e il perdonato. E non è affatto vero che avviene in modo gratuito. Il perdonante ci guadagna un senso di superiorità e il consenso sociale. Il perdonato ottiene che la sua colpa sia dimenticata. Un reset, si direbbe nel linguaggio informatico di oggi, il ritorno al foglio bianco come se nulla fosse accaduto”.

Che cosa c’è di negativo nel foglio bianco? In fondo non è un modo per ricominciare da capo?

“È in quel ‘ricominciare da capò che si nasconde il problema. Prendiamo l’esempio del Sudafrica: la commissione di riconciliazione istituita al termine dell’apartheid non ha affatto cancellato le colpe dei singoli. È partita anzi dal riconoscimento di quelle colpe per costruire una nuova coscienza nazionale condivisa. L’idea del perdono che fa dimenticare la colpa produce invece una società di eterni bambini, perennemente ricondotti allo stato di fanciullezza che dalla storia dei loro errori non sono in grado di imparare nulla. Per questo al perdono preferisco la responsabilità che nasce dal pentimento”.
(25 settembre 2010) © Riproduzione riservata

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