«Omofobo?... Non hai diritti!»
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«La prima di color di cui novelle
tu vuo’ saper», mi disse quelli allotta,
«fu imperadrice di molte favelle.
A vizio di lussuria fu sì rotta,
che libito fé licito in sua legge,
per tòrre il biasmo in che era condotta.
Ell’ è Semiramìs, di cui si legge
che succedette a Nino e fu sua sposa:
tenne la terra che ’l Soldan corregge. [Dante, Inferno, Canto V]
Il proverbio: «Un bel tacer non fu mai scritto», sarebbe da mandare a memoria, e a molti praticarlo non nuocerebbe affatto.
Non entro in merito alle «esternazioni» del nostro Presidente del Consiglio, ricordo sempre il decalogo che mi insegnava mio padre: «Questo è il Decalogo della P: Prima Pensa, Poi Parla, Perché Parole Poco Pensate Portano Pena».
Si possono avere interpretazioni, valutazioni, commenti sulla opportunità di dire qualunque cosa, soprattutto se si è in una posizione di responsabilità. Va bene. Ma non posso accettare i commenti di molta stampa e di troppi politici sulla questione sollevata, e questo per almeno due ragioni:
1. Innanzitutto mi sembra che manchi il senso delle proporzioni. La gravità della situazione - in tutto il mondo, ma anche qui da noi, in Italia – chiede una attenzione ben più grave di quella riservata a una battuta del Premier. Lasciamo morire 37 cristiani (sul totale di 58 trucidati) inermi in una chiesa, e quasi ce ne dimentichiamo subito, mentre la memoria e il ripetere, il rivangare, lo sdegno per il «gossip» sul Premier non finiscono più. Sakineh viene condannata a morte, e tutti ci stracciamo – giustamente – le vesti, ma poi non sappiamo giudicare l’infamia di un certo islam che continua a dominare ovunque, e non ci scandalizza quanto accade in Inghilterra, dove la legge islamica viene adottata come diritto nei tribunali. In Cina le condanne a morte sono varie migliaia, e sentiamo affermare che la questione dei diritti umani in quel paese non è poi così rilevante…
2. C’è una seconda ragione per cui reagisco a quanto si va dicendo in questi giorni. Ed è che il giudizio sulla omosessualità è diventato un tabù, e chi ne parla sembra perdere ogni diritto civile. Si gonfiano cifre (alla radio il numero degli omosessuali sembra ingigantirsi sempre più), si parla di «omo» ed «etero» sessualità, dimenticando che esiste solo la «sessualità»; si fanno ragionamenti sul genere, si pretende che «naturale» sia bello, in tutto, meno che per ciò che riguarda la sessualità. Insomma, mi pare che quanto il grande Dante ha detto di «Semiramis» sia la giusta chiave di lettura di quello che sta accadendo. Per fare passare come accettabile un comportamento, che la coscienza ritiene immorale, lo si rende «licito», e si toglie così a chi dissente il diritto di parola (oggi il termine «omofobo» è oramai diventato l'equivalente di «fascista»).
Chiediamo al nostro Premier di non accontentarsi di battute, ma di operare affinché la vita e la moralità pubblica siano difese, come pure il diritto al lavoro, alla famiglia, al benessere, al rispetto, alla educazione, alla libertà e dignità di ogni persona… ma chiediamo a tutti coloro che hanno a cuore la sorte dell’uomo e della società di non accodarsi alla battaglia delle lobbies omosessuali, perché non ne potrà che nascere una grave decadenza, morale e civile.
La Chiesa oggi, il patrimonio della fede cristiana, non sono un fardello pesante, un ingombro per la civiltà, ne sono la garanzia insostituibile.