Peccato originale e politiche per la famiglia
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Con tanto di solenne conferenza stampa il Governo italiano, lo scorso maggio, annuncia al mondo l’iniziativa della Seconda Conferenza Nazionale sulla Famiglia, che si terrà a Milano dall’8 al 1o novembre 2010. A conferma che il tema sta a cuore all’Esecutivo guidato da Silvio Berlusconi. Come viene spiegato, il simbolo scelto per l’evento è costituito un “doppio infinito”, per rappresentare il senso di legame di una coppia di genitori con i loro due figli. Motto di questa seconda iniziativa è: «Famiglia, storia e futuro di tutti».
Nel corso della conferenza stampa, si ribadisce l’attenzione particolare del Governo di centrodestra alla famiglia fondata sul matrimonio di un uomo e di una donna, definita, tra l’altro, «caposaldo della Costituzione» e «pilastro fondamentale della società».
Viene, poi, annunciato il progetto di un apposito Piano della Famiglia, per poter dare risposte politiche adeguate, e che dovrà costituire la «stella polare» verso la quale orientare le politiche familiari del Governo.
A pochi giorni dall’inizio della Conferenza, il Presidente del Forum per le Famiglie, Francesco Belletti, inciampando su un aggettivo durante un’intervista, si arrischia a definire «imbarazzante» l’eventuale presenza di Berlusconi alla stessa Conferenza governativa, a causa delle esternazioni del Premier sulla propria natura di impenitente libertino ed inguaribile tombeur de femmes.
Si scatena una ridda di polemiche strumentali, ed un intossicante moralismo peloso sembra ammorbare l’aria della politica italiana. Si odono persino strillare dai pulpiti mediatici, improbabili ed improvvisati Savonarola, che fino al giorno prima brandivano l’arma della privacy per proclamare la più assoluta libertà in tema di orientamento sessuale, invocando pieni diritti per gay, lesbiche, bisessuali, transessuali e transgender, e propugnando la cosiddetta “famiglia arcobaleno” in alternativa all’odiata e tanto vituperata famiglia tradizionale.
Di questa polemica su Berlusconi, però, tre cose non mi convincono.
Primo. La Conferenza per la Famiglia è un’iniziativa istituzionale del Governo, per cui appare davvero singolare che ad essa non possa partecipare il Capo di quel Governo che l’ha organizzata. Se qualcuno ritenesse inopportuna la presenza del Premier potrebbe esercitare un’opzione molto semplice: non aderire. Se a creare imbarazzo, infatti, è il padrone di casa, dovrebbero essere gli ospiti a declinare l’invito, e non il padrone a lasciare la casa.
Secondo. Che una parte del mondo cattolico abbia da tempo deciso di assumere il ruolo farisaico degli evangelici sepolcri imbiancati, è cosa che può solo intristire. Se dovessimo pretendere che della famiglia si occupino soltanto politici puri di spirito e moralmente perfetti, finiremmo per far sparire il tema dall’agenda politica. Non si possono non distinguere i comportamenti personali – di cui ciascuno risponde alla propria coscienza, o a Dio, se credente – dall’azione concreta di chi ha una responsabilità pubblica nei confronti della comunità. Ciò lo impone, peraltro, una sana concezione di laicità. Personalmente, comunque, preferisco l’incoerenza del cattolico Berlusconi, alla “coerenza” dei cattolici democratici, puritani ad intermittenza, che propugnano il riconoscimento delle unioni omosessuali, la fecondazione assistita eterologa, ed il riconoscimento di forme alternative di famiglia. Non provo nessuna nostalgia del tempo in cui si discuteva dei DICO bindiani.
Terzo. Davvero incomprensibile appare, invece, il rigurgito moralista espresso da alcuni religiosi, esponenti della Chiesa Cattolica. Ad essi, più che ad altri, dovrebbe apparire evidente come il peccato originale non possa costituire un limite ed un ostacolo al perseguimento del bene comune. Nessun governo come quello del peccatore Silvio Berlusconi, ha affrontato ed intende affrontare, in sintonia con il Magistero, i delicati ambiti connessi ai cosiddetti temi eticamente sensibili (vita, famiglia, educazione), ovvero a quei valori definiti non negoziabili da Benedetto XVI. Ed oggi, in tutta Europa, un Governo che riconosce la famiglia come unione fondata sul matrimonio tra un uomo ed una donna, è merce davvero rara.
Nessuna realtà umana conosce, meglio della Chiesa Cattolica (Casta et Meretrix, secondo la celebre definizione coniata da Sant’Ambrogio), la differenza tra peccato e peccatore, e sa distinguere i limiti personali dalle responsabilità istituzionali.
Alessandro VI, al secolo Rodrigo Borgia, fu uno dei Papi più impresentabili della storia della Chiesa. Lussurioso, giocatore, nepotista, simoniaco, avido, adultero, e padre di una nidiata di figli illegittimi, quel Vicario di Cristo non si preoccupò minimamente di celare la scandalosa condotta di vita che amava condurre. Si ritiene orami unanimemente che la sua sia stata una sessualità compulsiva, e che l’esasperato erotismo e la continua ricerca del piacere fisico fossero attribuibili ad una devianza patologica della sua psiche.
Questi gravi limiti umani non gli hanno impedito, però, di essere un ottimo Pontefice, sotto il profilo dottrinale e devozionale. Fu, infatti, un esemplare tutore del “depositum fidei” e persino fautore di pratiche di pietà devozionali e penitenziali, come la diffusione tra il popolo della pratica quotidiana del rosario, ed il culto verso il Santissimo Sacramento
A lui si deve pure l’istituzione della preghiera quotidiana dell’Angelus, per invocare la protezione della Beata Vergine contro il pericolo dell’invasione turca. Nessuno però – fin’ora – si è sognato di mettere in discussione questa pratica devozionale perché opera di un Papa davvero imbarazzante.