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La luce dell’Avvento

Fonte:
CulturaCattolica.it

L’Avvento arriva puntuale a segnare una distratta percezione del tempo, sempre più incolore e insapore. In calendario si prevedono le feste, ma queste si sono ormai staccate dalla loro origine, non si ha più coscienza dell’avvenimento che le ha “generate”. Perché di avvenimento si tratta, per il Natale e il tempo che lo prepara, l’Avvento, lo spazio dell’attesa. Avvento indica una venuta, il raggiungere un luogo ma anche l’avvicinarsi, l’irrompere nel tempo di qualcosa. L’avvenimento dell’Incarnazione, l’invadenza di Dio nella storia è un fatto, il suo incedere nel tempo e nello spazio come un uomo in un momento preciso, segna tutto il tempo della storia, ne diventa il centro, ne porta il significato. Da allora nulla è stato più come prima. “L’Incarnazione ci rivela con intensa luce e in modo sorprendente che ogni vita umana ha una dignità altissima, incomparabile”, come ha detto Benedetto XVI ai primi vespri dell’Avvento. “Credere in Gesù Cristo comporta avere uno sguardo nuovo sull’uomo, uno sguardo di fiducia, di speranza”. Amare Dio per poter amare l’uomo. Dio porta ciò che all’uomo è impossibile: sperare con fiducia. Viene la luce nel mondo, la luce vera che ogni uomo attende. In un mondo in cui “l’egoismo degli adulti, l’oscuramento delle coscienze […] e tendenze culturali cercano di anestetizzare le coscienze con motivazioni pretestuose” riguardo all’accoglienza della vita, il Figlio di Dio che nasce illumina il valore della vita di ogni uomo. La celebrazione dei Vespri è stata per il Papa l’occasione di difendere con forza la vita nascente, il bene che ogni persona è in se stessa. L’embrione “non è un cumulo di materiale biologico, ma un nuovo essere vivente, dinamico e meravigliosamente ordinato, un nuovo individuo della specie umana. Così è stato Gesù nel grembo di Maria, così è stato per ognuno di noi nel grembo della madre. Con l’antico autore cristiano Tertulliano possiamo affermare: “è già un uomo colui che lo sarà”: non c’è alcuna ragione per non considerarlo persona fin dal concepimento”. L’attesa di Lui, allora, ci permette di ritrovarci, miseri e grandi insieme, coscienti di una dignità, amati e salvati, protesi in una domanda: Vieni! “Io che sono vicina alla morte, /io che sono lontana dalla morte, /io che ho trovato un solco di fiori /che ho chiamato vita /perché mi ha sorpreso, /enormemente sorpreso /che da una riva all’altra /di disperazione e passione /ci fosse un uomo chiamato Gesù. /Io che l’ho seguito senza mai parlare /e sono diventata una discepola /dell’attesa del pianto, /io ti posso parlare di lui. /Io lo conosco: /ha riempito le mie notti con frastuoni orrendi, /ha accarezzato le mie viscere, /imbiancato i miei capelli per lo stupore. /Mi ha resa giovane e vecchia /a seconda delle stagioni, /mi ha fatta fiorire e morire /un’infinità di volte. /Ma io so che mi ama /e ti dirò, anche se tu non credi, /che si preannuncia sempre /con una grande frescura in tutte le membra /come se tu ricominciassi a vivere /e vedessi il mondo per la prima volta. /E questa è la fede, e questo è Lui, /che ti cerca per ogni dove /anche quando tu ti nascondi /per non farti vedere”*.

*(Alda Merini, Corpo d’amore)


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