I Promessi Sposi. Oggi come allora
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Ve li ricordate i Promessi Sposi? Quelli che un po’ snobbi perché a scuola sei obbligato a studiarli, magari con una professoressa pignola che fa una verifica ad ogni capitolo del romanzo?
Beh, i professori potrebbero portare i ragazzi a Teatro prima di fare l’interrogazione di verifica, successo assicurato.
Perché il musical che ho visto ieri sera mi ha fatta sentire orgogliosa d’essere milanese (e non mi capita spesso io mi sento un’immigrata veneziana) orgogliosa d’essere cristiana, con radici salde ben piantate nel passato, ma con i rami protesi al domani.
Ieri sera al Teatro degli Arcimboldi di Milano c’era anche il Cardinale Dionigi Tettamanzi, Arcivescovo di Milano, ad assistere allo spettacolo - I Promessi Sposi - Opera Moderna di Pippo Flora e Michele Guardì, una grande soddisfazione per tutti gli artisti e sicuramente una piacevole sorpresa per tutti gli spettatori.
“Questa, questa è Milano. Dove la vita ti appartiene. Tutto è bello. C’è tutto quello che io sognavo, tutto quello che cercavo, che volevo, immaginavo. Tutto vero, tutto qua, a Milano. Ecco, ecco Milano. Avere un sogno, adesso qui non è reato" Canta Renzo Tramaglino appena giunto a Milano frastornato, e sperso, tra i tumulti scoppiati per il pane. “Questa e Milano, dove la vita ti appartiene” e ti vien voglia di dire “così sia” mettiamoci al lavoro perché la vita davvero ci appartenga.
Bravi tutti, Graziano Galatone che interpreta Renzo e Noemi Smorra – Lucia, ma anche Antonio Mameli - Don Abbondio combattuto tra il dovere e la paura, incredibile e toccante l’interpretazione di Chiara Luppi madre di Cecilia.
Vittorio Matteucci protagonista dei più importanti musical degli ultimi anni (Jesus Christ Superstar, Notre Dame de Paris, Dracula, Tosca), che nei Promessi Sposi di Guardì è l’Innominato, alle prese con la frase semplice ma determinante di Lucia che riassume in poche parole la forza della fede con quel “Dio perdona tante cose per un’opera di misericordia”, che Lucia ripete più volte.
Insomma, ben vengano questi “Promessi Sposi” a ricordarci identità riconquistate, tumulti di popolo affamato, slanci romantici, amori oppressi e trionfanti, valori cristiani che rischiano di diventare solo moralismo.
Ben venga chi ci solleva la testa, in un momento difficile per il nostro paese e per la vita di molti, dove da più parti si cercano i colpevoli e dove nessuno dice che invece bisogna ritrovare l’orgoglio d’essere un popolo che insieme può guardare alla realtà riscoprendo la passione di fare e di riscoprire la bellezza nelle cose e nei gesti quotidiani.
“Dopo un lungo dibattere e cercare insieme, conclusero che i guai vengono bensì spesso, perché ci si è dato cagione; ma che la condotta più cauta e più innocente non basta a tenerli lontani, e che quando vengono, o per colpa o senza colpa, la fiducia in Dio li raddolcisce, e li rende utili per una vita migliore.”(I promessi sposi, cap. XXXVIII)