Lettera aperta «Agli amici del 25 settembre»

Alcuni amici di Comunione e Liberazione hanno lanciato la proposta di ritrovarsi il 25 settembre a Bologna per affrontare insieme la situazione problematica che si è creata nel mondo cattolico e anche all’interno del Movimento circa la presenza dei cattolici nella società
Fonte:
CulturaCattolica.it
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La sostanza del problema è nota ed è stata affrontata anche da noi in questo sito web; essa riguarda un aspetto decisivo dell’esperienza della fede, vale a dire la missione nel mondo. Questa missione in cosa consiste? Deve essere solo la testimonianza di una vita nuova o deve comportare anche un intervento di giudizio esplicito nella società? Deve limitarsi ad invitare a partecipare alla fraternità tra i cristiani o deve comunicare anche gli insegnamenti di Cristo al mondo? Deve preoccuparsi solo di essere propositiva della propria vita o anche di essere una contestazione delle menzogne e delle violenze della cultura dominante? Deve occuparsi solo della sua moralità interna o anche della legge morale da comunicare a tutti gli uomini e delle sue esigenza sociali e politiche?
Come è noto, la Chiesa nella sua storia ha sempre rifiutato da riduzione della fede al primo elemento di questi dilemmi e ha sempre sostenuto il dovere di insegnare agli uomini la verità in tutta la sua ricchezza anche etica, specialmente quando sono in gioco i comandamenti fondamentali dati da Dio agli uomini, e di giudicare la realtà in base a questa verità. Don Giussani si è inserito con grande energia in questa linea della Chiesa, mostrando che la riscoperta dei fondamenti delle fede deve tradursi sempre in una passione missionaria integrale negli ambienti di vita degli uomini. Egli cioè ha costantemente ribadito la necessità che la fede esprima un giudizio sulla realtà e lo comunichi apertamente al mondo. Anche se l’espressione ‘principi non negoziabili’ verrà coniata solo nel 2002 dal Cardinal Ratzinger, non c’è dubbio che tutte le battaglie culturali sostenute da don Giussani dal 1954 in poi sono state proprio su questi principi (vita, famiglia, libertà della Chiesa, libertà di educazione, sussidiarietà), nei quali vedeva in gioco l’adesione risolutiva dell’umanità al disegno di un Altro.

Del resto Cristo stesso si faceva conoscere non solo costruendo la comunità e facendo miracoli, ma anche con i suoi insegnamenti e i suoi giudizi, proclamati apertamente ovunque Lui andasse. Anzi, tutta la Bibbia è segnata da questo metodo: l’insegnamento e la proclamazione della verità a tutti, con vibranti richiami alle ingiustizie più gravi compiute dal popolo o da chi lo guida. Negare questo aspetto delle fede significa far fuori almeno la metà dell’avvenimento cristiano. Ciò corrisponde anche a quello che potremmo chiamare il diritto dei popoli di conoscere la verità, sia ontologica che morale, del Cristianesimo. Certo, sarebbe un grave errore ridurre l’esperienza della fede solo a questo; ma è grave anche l’errore di togliere all’esperienza della fede questa missio docendi et iudicandi.

Ecco, l’incontro del 25 settembre a Bologna si propone – a quanto sembra – di rilanciare nel mondo cattolico e anche in CL questa prospettiva insegnata da don Giussani. Sorge però in tutti una domanda decisiva: quale strada intendono intraprendere coloro che lo hanno organizzato e coloro che vi parteciperanno? Nel volantino di invito sta scritto che ciò che si desidera è “un inizio, se e come Dio vorrà, di un rapporto stabile di aiuto concreto a seguire il carisma nelle circostanze in cui ci troviamo”.
Se questo ‘rapporto stabile di aiuto concreto a seguire il carisma’ è inteso come separazione o divisione del Movimento, noi non ci stiamo. Se invece è inteso come la costituzione di una realtà libera dentro il Movimento, per aiutarsi e per aiutare gli altri, ci si avvia su una strada buona da seguire con saggezza, coraggio e volontà di costruire.
Oggi non manca la libertà in CL di ritrovarsi e di aiutarsi a dare un giudizio sulla realtà e a esprimerlo pubblicamente
: perciò la separazione, che è sempre un fatto doloroso, non è giustificata; si può stare nel Movimento e nel contempo essere ‘Sentinelle in piedi’, membri del ‘Comitato Difendiamo i nostri figli’, uniti in un Centro Culturale che si esprime nella società e invita a agire in essa, militanti Pro Life e quant’altro.
Abbiamo già strumenti notevoli di comunicazione per vivere questo impegno: Tempi, CulturaCattolica.it, blog vari. Abbiamo amici vicini al Movimento con cui lavorare insieme: La nuova bussola quotidiana, Il Timone, Notizie ProVita, e via dicendo.
Dunque al lavoro e bando ai rancori personali. Ciò che ci deve sempre muovere è un vero e fedele amore al Movimento, anche a chi al suo interno fosse in errore: non per seguire l’errore, ma per aiutare a superarlo, così come noi riceviamo sempre attraverso il Movimento un aiuto decisivo a superare i nostri errori. Il vero nemico è sempre l’odio, la superbia, la volontà di potere e di divisione: queste cose devono essere bandite tra di noi, perché sono un veleno mortale. Allo stesso tempo bisogno vincere l’atteggiamento rinunciatario e scettico di chi ritiene di non dover fare assolutamente nulla per dare una mano a migliorare le cose. Don Giussani ha spiegato tutto questo in una pagina memorabile di Perché la Chiesa:

Farsi ostacolare dall’ errore proprio o altrui è la grande mistificazione: una reazione pienamente umana, «virile», per dirla con la santa [Caterina da Siena], sarebbe proprio quella di «tosto volere fare». L’impegno personale, che non esclude l’atteggiamento critico, ma a esso non si ferma, è un problema di moralità elementare. Immaginiamo una donna, sposata, con un bimbo piccolo. Immaginiamola già un po’ delusa, come accade, del suo compagno di viaggio, il quale la sera tornando a casa si mette a leggere il giornale, o a guardare la televisione, o addirittura se ne va al bar, senza degnare di uno sguardo né piccoli né grandi. Un giorno il bambino è ammalato, la casa è un po’ discosta dall’abitato e la giovane donna non può lasciare solo il piccolo per chiamare un medico che non si rintraccia per telefono. Arriva il marito finalmente cui chiedere aiuto. Lui però considera eccessiva la preoccupazione della moglie, è stanco, ha lavorato tutto il giorno: si siede a leggere il giornale assicurando che tutto si risolverà. Quale sarà la reazione della madre? Dirà forse: «Bene, se per lui non è importante, neppure io mi affannerò» ? O non si darà da fare piuttosto lei, senza lasciarsi arrestare dalla pigrizia del marito? Se colui dal quale sarebbe ovvio attendersi un certo impegno viene meno, e se un altro ama l’oggetto di quell’impegno, sarà quell’altro a moltiplicare le energie, senza nascondersi dietro le inadempienze di chi di dovere. Non è inutile ricordare ancora qui la frase che Simeone disse a Maria, quando presentò al tempio il suo bambino, profetizzando che la sua presenza nel mondo era «perché siano svelati i pensieri di molti cuori». E’ questa la frase che sintetizza la dinamica che l’annuncio cristiano accende nell’uomo. Il fatto cristiano nella sua paradossale realtà e potenza fa emergere quale sia il vero desiderio dell’uomo. Se qualcuno aspira al contenuto giusto, non si arresta alla modalità, magari ignobile, con cui esso si presenta, ma si lascia guidare dall’attrattiva del contenuto giusto. Tanto più che raramente si trova nell’umana esperienza una coscienza così dolorosa della sproporzione tra ciò che si crede appassionatamente e il proprio limite, la propria meschinità e fragilità, come nell’ambito vissuto di una comunità cristiana. (L. Giussani, L’itinerario della fede, Rizzoli, Milano 2007, pp. 471-472)


L’indicazione è chiara: chi è cosciente di una carenza preoccupante nella nostra compagnia, si dia da fare per rimediare. Non fuori, ma dentro la compagnia, ponendo in essa una presenza che aiuti, solleciti, supplisca, testimoni, corregga, lavori, preghi, soffra, ami.
La fedeltà alla verità può e deve arrivare in casi estremi anche alla separazione da chi impedisce di seguire la Chiesa e la verità stessa o da chi sostiene pubblicamente un errore grave rispetto alla dottrina della Chiesa (una madre, per quanto voglia bene ad un figlio, non può tenerlo in casa se questi è un medico che esegue aborti o fecondazioni artificiali o altre attività criminali: lo aiuterà proprio mandandolo via di casa o andandosene lei da quella casa): ma i termini della situazione in oggetto non sono a questo livello, dunque occorre rimanere. E darsi da fare. Perché CL è un tesoro immenso, di cui tutti – capi e popolo – siamo responsabili: essa rimane ancora oggi, in un mondo profondamente smarrito e degradato, una realtà unica, straordinaria e miracolosa, da amare e da promuovere in tutti i modi. Ferirla o demolirla o abbandonarla sarebbe una tragedia per tutti; curarla, costruirla e aderirvi è una grazia che ognuno deve chiedere sempre. Chi si trova il 25 settembre dimostri di avere questo spirito.

Infine ci sia permesso fare un’aggiunta cruciale ai termini con cui viene posta la questione. In una situazione di grande allontanamento dalla fede come quella che stiamo vivendo, non è pensabile che il problema si riduca all’alternativa tra linea del silenzio e linea missionaria. Questa alternativa è senz’altro importantissima, come si è detto sopra, ma non è tutto. Oggi i tempi richiedono a tutti noi una stretta unità con Cristo. Anzi, essa è l’esigenza cruciale di sempre. Pertanto occorre accogliere l’appello che giunge dal Magistero perenne della Chiesa, dalla voce dei santi e da tutte le grandi apparizioni mariane, ad una riscoperta per le nostre comunità del Rosario e dell’Adorazione Eucaristica. Se si vuole che il carisma viva, occorre anzitutto accedere a questa fonte decisiva. Se si vuole testimoniare una vita vera, come insiste giustamente Carrón, e una missione audace nella società, come molti giustamente chiedono, occorre che le nostre fraternità si stringano a Maria e a Gesù, senza alcun timore di essere bigotte o spiritualistiche: bigottismo e spiritualismo non hanno alcuna cosa da vedere con una forte devozione a Maria e all’Eucarestia vissute come la Chiesa insegna.
Pertanto ci permettiamo di fare una proposta concreta e audace: le nostre comunità diano vita ad Adorazioni Perpetue dell’Eucaristia, dove giorno e notte tutti si alternino a piccoli gruppi per pregare il Rosario e adorare Cristo. Se una comunità di CL dà vita a questo gesto, pone dentro di sé un cuore eccezionale, un nucleo incandescente, che la renderà indomabile nel vivere la sua missione e la sua operosità. Chi lo ha provato, lo sa.

Don Matteo Graziola e don Gabriele Mangiarotti