Condividi:

Coscienza senza diritti?

Autore:
Rosalba
Fonte:
CulturaCattolica.it

“Si può essere oggi professionisti impegnati e non rinunciare all’obiezione di coscienza?”
Questa la provocazione con la quale si è aperto il Convegno annuale organizzato dal Centro studi Livatino, dal titolo “Coscienza senza diritti?”, che si è svolto il 21 ottobre, presso la Camera dei Deputati di Roma. Tema scottante e più che mai attuale, dopo la drammatica vicenda dell’Ospedale Cannizzaro di Catania, vicenda sulla quale tra l’altro, “i media hanno già scritto la sentenza, ma l’obiezione è funzionale alla vita, non alla morte” chiarisce il senatore e vicepresidente del Centro Studi Alfredo Mantovano all’inizio dell’incontro.
L’obiezione di coscienza è il luogo dove “si misura il fondamento della dignità umana”, e dove “si manifestano le contraddizioni conseguenti ad una incontrollata proliferazione dei diritti, spesso avvenuta trascurando i corrispondenti doveri ed il fondamento degli uni e degli altri, che la Chiesa ravvisa nella dignità inalienabile dell’essere umano in quanto creato da Dio”. È il messaggio che il Segretario di Stato della Santa Sede Pietro Parolin ha inviato al convegno, che conclude dicendo: “il vero problema posto dall’obiezione di coscienza non è solo quello della sua affermazione, ma anche della sua limitazione, al fine di evitare che una indiscriminata affermazione del diritto di obiezione comporti un’anarchia di fatto ed una arbitraria sottrazione agli obblighi di legge”.
Il tema del contrasto tra legge e coscienza si tradurrebbe, secondo Piercamillo Davigo, presidente dell’Ass. Naz. Magistrati, nella “disobbedienza della legge. Il cristianesimo stesso nasce con l’obiezione dei martiri al sacrificio per l’imperatore, che era dovuto per legge.” Ma “tra obiezione profetica e riconosciuta c’è un’area grigia, tollerata.” Al processo di Norimberga, in fondo, i gerarchi nazisti “sono stati processati per aver obbedito al proprio governo e non alla propria coscienza.” È quanto afferma il direttore dell’European Centre for Law and Justice, Grégor Puppinck, secondo il quale, “fare il bene ed evitare il male, è espressione di una convinzione, un ragionamento di coscienza alla luce delle proprie convinzioni morali.” L’obiezione morale, dunque, non può essere disconosciuta dalle autorità, senza fare violenza ed ingiustizia.
La coscienza poi, vista come forma di libertà, è stata declinata nelle diverse professioni, non solo quella dei medici. Piero Uroda, Presidente dell’Unione Cattolica Farmacisti italiani, ha sottolineato l’opposizione dei farmacisti di vendere prodotti “come fossimo macchinette”, nel rispetto della propria coscienza. Ciò comporta un grosso rischio di perdita del proprio posto di lavoro. Relativo all’ambito educativo, invece, l’intervento di Massimo Gandolfini, Presidente del comitato Difendiamo i nostri figli, per il quale “Pensare che si possa introdurre un’educazione dei bambini a costruire un genere non armonico con l’identità sessuata, noi lo vediamo semplicemente come una enorme e forte violenza nei confronti del bambino.” Nella legge 107 della Buona scuola, “all’art. 1 del comma 16, in tre righe è contenuto tutto quello che serve per introdurre il gender nella scuola: ‘contro le discriminazioni sessuali alle identità di genere’. Solo in un secondo momento ci siamo accorti che al Miur erano state accreditate 29 associazioni LGBT e nemmeno una delle nostre. Che è come se per tutelare un pollaio assumessimo una decina di volpi.
Viviamo in un momento storico dove il diritto all’obiezione di coscienza viene da più parti messo in discussione e fortemente svilito, se non osteggiato come se non avesse patria in uno Stato laico e liberale. L’obiezione di coscienza, invece, come sottolineato ampiamente dai relatori del convegno è un diritto inalienabile dell’individuo, garantito dall’art. 2 della Costituzione, e, come afferma il magistrato Rosario Livatino “rappresenta il riconoscimento del foro interno da parte dello Stato laico”.

Vai a "Ultime news"