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#Giuda, non sei mio fratello!

Autore:
Mondinelli, Andrea
Fonte:
CulturaCattolica.it

Mai come in questo tempo il discorso su Giuda è entrato prepotentemente nei discorsi ecclesiali, con una sorta di riabilitazione più o meno marcata. Per esempio il discorso a inizio novembre di padre Amedeo Cencini a Radio Maria: fratello (?) Giuda Iscariota come primo apostolo entrato in paradiso.
Oggi, è diventato l’icona della pecorella smarrita, la pecora smarrita più perfetta nel Vangelo (QUI).
Per fare un po’ di chiarezza ci faremo aiutare dalla bellissima riflessione del Venerabile mons. Fulton Sheen su Giuda, contenuta nel suo “Il sacerdote non si appartiene”. Iniziamo da una domanda semplice: a cosa è dovuto il tradimento di Giuda? Alla sua avidità? Vediamo:

Di dove comincia il declino spirituale? Qual è il primo sintomo di tutta una catena di peccati? I nemici tradizionali della spiritualità sono il mondo, la carne e il demonio, ma non vengono, essi, per secondi? Non si ha forse il distacco da qualcosa prima che sia possibile un attaccamento a qualcosa? Si dice spesso che Giuda, esempio supremo dell’apostolo caduto, fosse stato prima di tutto corrotto dall’avidità. Il Vangelo non convalida questa tesi. È concepibile che l’avidità sia stata il suo movente quando accettò di seguire Cristo, e deve avere richiesto una certa vigilanza per impedire che trapelasse, che venisse scoperta.
[…] Fu la cupidigia l’inizio della caduta di Giuda? Fu la cupidigia l’inizio della caduta di Giuda? No! La prima testimonianza della caduta di Giuda risale al momento in cui Nostro Signore annunciò l’Eucaristia. La storia di Giuda è strettamente connessa alla Pasqua ebraica. Fu a una Pasqua ebraica che Nostro Signore annunciò per la prima volta l’Eucaristia, e a un’altra Pasqua ebraica che l’istituì. Nell’anima di Giuda, la prima frattura si ebbe quando Nostro Signore disse che avrebbe dato all’uomo il suo Corpo e il suo Sangue come cibo. Il crollo definitivo avvenne la notte dell’Ultima Cena, quando il Signore Santissimo mise in atto la sua promessa.
Il primo accenno a Giuda come traditore la Bibbia ce lo offre non quando egli rivelò la sua avidità, ma quando Nostro Signore si dichiarò il Pane di Vita. […] «Non ho forse scelto io voi, i Dodici? Eppure uno di voi è un diavolo!». Egli parlava di Giuda, figlio di Simone Iscariota: questi infatti stava per tradirlo, uno dei Dodici (Gv 6, 70).
[…] Il fatto che volesse arraffare denaro fu l’effetto, non la causa che portò alla rovina il suo sacerdozio.

In che modo Giuda si pentì? Molto chiara la spiegazione di Mons. Sheen:

Sia Pietro che Giuda si pentirono, sebbene in maniera del tutto diversa. E, uscito, pianse amaramente (Lc 22, 62). Allora Giuda, il traditore, vedendo che Gesù era stato condannato, si pentì e riportò le trenta monete d’argento ai sommi sacerdoti e agli anziani dicendo: «Ho peccato, perché ho tradito sangue innocente» (Mt 27, 3-4). Per quale ragione uno è in testa e l’altro in coda alla lista? Perché Pietro si pentì nel Signore, mentre Giuda si pentì in se stesso. La differenza era enorme, come quella che vi può essere tra il deferire una causa all’autorità divina e il deferirla a se stessi; tra la Croce e il lettino dello psicanalista. Giuda riconobbe di avere tradito il «sangue innocente» ma non volle mai esserne lavato. Pietro sapeva di aver peccato e cercò la Redenzione. Giuda sapeva di aver commesso un errore e cercò l’evasione, diventando il capolista di una lunga serie di fuggitivi che voltano le spalle alla Croce. Il perdono divino ha in sé il presupposto della libertà umana, mai quello della sua distruzione. […] La differenza tra il pentirsi nel Signore e il pentirsi in se stessi, come fecero rispettivamente Pietro e Giuda, fu più tardi commentata da Paolo con queste parole: perché la tristezza secondo Dio produce un pentimento irrevocabile che porta alla salvezza, mentre la tristezza del mondo produce la morte (2Cor 7, 10). Ambedue vivevano nello stesso ambiente religioso, udivano dal Verbo le stesse parole, erano investiti dallo stesso vento della grazia. Eppure, la loro reazione interiore li fece tanto diversi: Allora due uomini saranno nel campo: uno sarà preso e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una sarà presa e l’altra lasciata (Mt 24, 40-41). Giuda era il tipo che dice: «Sono un cretino!»; Pietro quello che dice: «Sono un peccatore!». È paradossale, ma noi cominciamo a essere buoni soltanto quando ci accorgiamo di essere cattivi. Giuda sentì il disgusto di sé, che è una specie d’orgoglio. Pietro non aveva avuto esperienze deplorevoli e la sua fu metànoia, un mutamento del cuore. […] Giuda andò al confessionale del padrone che l’aveva pagato; Pietro a quello di Dio. Giuda si addolorò per le conseguenze del suo peccato come una donna nubile si addolora per la sua gravidanza. Pietro soffriva per il peccato in sé, perché aveva ferito l’Amore.


E per terminare la questione più importante:

Qualunque esempio, consiglio, amicizia è senza frutto per chi intende fare il male. Una delle più cocenti espressioni di dolore che siano mai uscite dalle labbra di Gesù fu pronunciata per esprimere il suo amore per Giuda e per lamentare la decisione presa dall’apostolo rinnegato di peccare con tutta libertà.
[…] Ma benché il Signore tenesse spalancata la porta, Giuda non volle entrare. Anzi, fu piuttosto Satana a entrare in lui. E allora, dopo quel boccone, satana entrò in lui. Gesù quindi gli disse: «Quello che devi fare fallo al più presto» (Gv 13, 27). Satana non possiede che le vittime volontarie

In allegato tutta la riflessione del Ven. Fulton Sheen. Assolutamente da leggere!

Venerabile mons. Fulton Sheen, prega per noi

Giuda secondo il Ven. Fulton Sheen
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