«Percuoterò il pastore e saranno disperse le pecorelle del gregge». Onore a Mons. #Cavina
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Ho appreso con sgomento la notizia delle dimissioni del Vescovo Mons. Cavina che rinuncia alla guida della sua Diocesi di Carpi.
Qui la cronaca come riportata da Matteo Matzuzzi sul Foglio di oggi, 27 giugno 2019:
«Mons. Francesco Cavina, che di anni ne ha solo 64, saluta tutti e rinuncia a guidare la diocesi di Carpi, piccola sì ma che durante il suo mandato - sette anni, fu nominato da Benedetto XVI nel 2012 - ha potuto vantare l’invidiabile record di ospitare due Papi andati fin lì in visita. Se ne va perché non ne poteva più di essere passato e ripassato nel tritacarne mediatico, con giornali che imbastivano articolesse finalizzate a smascherare “la santa alleanza”, i torbidi legami tra il vescovo e il vicesindaco, uniti nel voler abbattere il primo cittadino. Malaffare locale sul quale la procura di Modena aveva indagato a lungo (anche su mons. Cavina), salvo poi concludere che a carico del presule non c’era nulla, tanto da chiedere - e ottenere - l’archiviazione. Così la grande inchiesta che l’Espresso aveva pubblicato ad aprile si è trasformata, come accade di solito, in un elenco di chiacchiere di provincia, supposizioni e naturalmente intercettazioni. Tutte riservate e penalmente non rilevanti ma che sulla stampa ci sono finite eccome, messe nero su bianco e offerte al godimento dell’eccitato pubblico amante di forche e avido di gossip di bassa lega. I fatti: il vicesindaco di questo centro della pianura padana avrebbe cercato la sponda del vescovo per rimuovere il suo superiore e per conquistare l’appoggio del presule avrebbe spinto per patrocinare e sostenere con quindicimila euro - la mole del losco affare è tutta qui - l’evento “Fontane danzanti”, spettacolo a corredo del ritorno della statua della Madonna Assunta in cattedrale dopo il terremoto del 2012.
Peccato che l’iter si sia concretizzato secondo le regole, tant’è che il sì del comune è stato deliberato all’unanimità. Il sindaco messo nel mirino dal diabolico duo, vice e vescovo, era in prima fila in cattedrale ad applaudire sorridente il ritorno della statua. Ecco che allora la grancassa mediatica, a corto di spunti interessanti e rilevanti, ha puntato ogni sua fiche sui “segreti” di Cavina, sul marchio cainesco di essere stato nominato, quasi fosse un indizio di grave colpevolezza, da Ratzinger - evidentemente l’estensore della romanzesca inchiesta non era a conoscenza del legame che sussiste tra il vescovo e l’attuale Pontefice e, soprattutto, tra il vescovo e l’attuale segretario di stato, prova ne sono le numerose (molto numerose) udienze private di questi anni. Si tira in ballo perfino Vatileaks. E l’archiviazione? Pazienza.
“Una delegittimazione continua” Il danno al vescovo presunto iperconservatore - qualifica peraltro poco corrispondente alla realtà, ammesso che sia una discriminante tra l’agire bene e l’agire male - è fatto e irreparabile. “I sette anni di ministero in mezzo a voi sono stati segnati da continui tentativi di delegittimazione, nonché, negli ultimi tempi, da intercettazioni telefoniche a seguito di denunce di presunti reati alla Procura della repubblica”, ha scritto Cavina in una lettera diffusa ieri alla diocesi. “Ho sempre rispettato la giustizia e i suoi operatori e sempre li rispetterò. Peraltro, l’aspetto più doloroso per quanto mi riguarda è che l’intera indagine si è contraddistinta per una diffusione mediatica, in tempo reale, di parte dell’attività degli inquirenti, anche quando si versava in pieno segreto istruttorio. Si è arrivati a pubblicare anche il contenuto di telefonate legate al mio ministero sacerdotale ed episcopale. Successivamente - sono sempre parole del vescovo dimissionario - ottenuta la completa archiviazione della mia posizione (richiesta dallo stesso organo inquirente e avallata senza riserva dal Giudice per le indagini preliminari per l’infondatezza delle accuse), la gogna mediatica a cui sono stato sottoposto non si è interrotta”. Da qui la decisione di andarsene, “esclusivamente per l’amore che porto a questa chiesa locale alla quale ho cercato di dare tutto quanto era nelle mie possibilità. Spero che ora i riflettori si spengano e sia restituita alla diocesi la necessaria tranquillità”. Fatto fuori il vescovo archiviato, il Papa ha nominato - anche qui - un amministratore pro tempore, in attesa che i violenti marosi si plachino.»
Sorgono spontanee alcune domande:
1. Chi ha pensato e permesso questo ignobile attacco, addirittura pubblicando le telefonate private del Vescovo?
2. In questo clima di sbandierata sinodalità, come si sono mossi – pubblicamente, come pubblica era l’offesa e la denigrazione – i confratelli nell’episcopato?
3. Se tanto è lo sdegno per le immagini che mostrano quel papà e la sua figlia morti annegati per entrare illegalmente negli USA, perché altrettanto sdegno non si è manifestato per l’umiliazione selvaggia di un Padre e Pastore della Chiesa? Non muoiono o si uccidono solo i corpi, ma le ferite e le devastazioni dell’anima non meritano altrettanto rispetto e denuncia?
4. Vengono sempre in mente le parole del pastore Martin Niemöller: «Prima di tutto vennero a prendere gli zingari, e fui contento, perché rubacchiavano. Poi vennero a prendere gli ebrei, e stetti zitto, perché mi stavano antipatici. Poi vennero a prendere gli omosessuali, e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi. Poi vennero a prendere i comunisti, e io non dissi niente, perché non ero comunista. Un giorno vennero a prendere me, e non c’era rimasto nessuno a protestare».
Abbiamo chiesto a Mons. Negri, Arcivescovo emerito di Ferrara-Comacchio, una sua personale riflessione.
Mons.Mons. Cavina mi è stato amicissimo ed io ho cercato di corrispondere a questa amicizia: non ci siamo incontrati su interessi particolari, opzioni particolari, opinioni particolari e meno che mai su progetti particolari; ci siamo incontrati (è incredibile dirlo anche fra noi Vescovi) sulla fede.
Questo impeto di dedizione a Cristo, questa confidenza con Lui, grande Presenza nella nostra vita: questo desiderio di assecondare la Sua missione nel mondo, mettendo lietamente e faticosamente le nostre vite al servizio della missione della Chiesa, in tutti i suoi aspetti; abbiamo respirato insieme la vera aura del Concilio, così come San Giovanni Paolo II l’attualizzò e la rese eredità di tutto il popolo Cristiano: la missione. Questa volontà inesorabile di comunicare Cristo a tutti gli uomini: con la certezza che si comunica all’uomo quello che l’uomo desidera, quello che l’uomo aspetta senza desiderarlo veramente - qualche volta, addirittura, negandolo - perché l’uomo, come ci ha insegnato Pascal, supera infinitamente l’uomo; Mons. Cavina è stato un pastore. Nel suo abbraccio trovava posto un’intera comunità Cristiana, dalla quale non faceva ovviamente nessuna separazione, addirittura nessuna distinzione: portava con sé il suo popolo, tutto il suo popolo, come si evince anche dall’ultima testimonianza: “l’uomo del popolo”, si sarebbe detto una volta. “L’uomo del popolo” perché un uomo di Dio: l’uomo di Dio diventa uomo del popolo ed accompagna il suo popolo a entrare baldanzosamente nel mondo: laici vivi, attivi, intraprendenti, come disse Benedetto XVI nella sua indimenticabile visita nell’allora mia diocesi di San Marino Montefeltro; Mons. Cavina ha guidato un popolo e quando questa guida gli è sembrata che si stesse compromettendo, e perdesse la pace, (per quella che ha chiamato la gogna mediatica), ha reso le armi.
Ma in questo rendere le armi ha affermato più forte e più limpido la sua fede in Cristo, nella chiesa e noi, per questo, con tanta gratitudine e affetto, gli siamo vicini.
Ed ecco la lettera di Mons. Cavina alla Diocesi per rendere conto del suo gesto:
«Cari sacerdoti, religiosi, religiose, fedeli,
I sette anni di intenso e sofferto lavoro alla guida della diocesi mi hanno portato a maturare la consapevolezza, con stupore e riconoscenza, che il Signore, nonostante le mie fragilità e povertà, si è fidato di me e mi ha affidato la ricostruzione materiale, morale e spirituale della comunità di Carpi, colpita nel 2012 da un terribile terremoto pochi mesi dopo il mio ingresso.
Rimangono particolarmente indelebili nella mia memoria le visite che il Papa emerito Benedetto XVI e Papa Francesco hanno riservato alla diocesi come segno di attenzione per la comunità diocesana e il suo pastore.
Tuttavia, i sette anni di ministero in mezzo a voi sono stati segnati da continui tentativi di delegittimazione, nonché, negli ultimi tempi, da intercettazioni telefoniche a seguito di denunce di presunti reati alla Procura della Repubblica.
Ho sempre rispettato la Giustizia e i suoi operatori e sempre li rispetterò, peraltro, l’aspetto più doloroso per quanto mi riguarda è che l’intera indagine si è contraddistinta per una diffusione mediatica, in tempo reale, di parte dell’attività degli inquirenti, anche quando si versava in pieno segreto istruttorio. Si è arrivati a pubblicare anche il contenuto di telefonate legate al mio ministero sacerdotale ed episcopale.
Successivamente, ottenuta la completa archiviazione della mia posizione (richiesta dallo stesso organo inquirente e avallata senza riserva dal Giudice per le indagini preliminari per l’infondatezza delle accuse), la gogna mediatica a cui sono stato sottoposto non si è interrotta.
Queste vicende mi hanno portato, dopo aver molto pregato e chiesto consiglio a persone sagge ed autorevoli, a maturare una sofferta decisione. Vi comunico, pertanto, che il Santo Padre, Francesco, dopo ripetute richieste, ha accolto in data odierna, con dispiacere, le mie dimissioni da Vescovo della diocesi di Carpi e ha provveduto a nominare l’Arcivescovo Metropolita di Modena, S.E. Mons. Erio Castellucci, Amministratore Apostolico di Carpi.
Ho ritenuto di fare un passo indietro esclusivamente per l’amore che porto a questa Chiesa locale alla quale ho cercato di dare tutto quanto era nelle mie possibilità. Spero, in tale modo, che ora i riflettori si spengano e sia restituita alla diocesi la necessaria tranquillità per compiere la sua missione e a me la serenità e la pace per dedicarmi alla sola ragione per la quale ho donato la mia vita al Signore: annunciare ai fratelli le meraviglie del Suo amore.
Ringrazio tutti coloro che mi hanno voluto bene e aiutato in questi sette anni di ministero episcopale, perdono chi mi ha fatto del male, e chiedo a mia volta di essere perdonato da chi avessi, senza intenzione, fatto soffrire.
Se qualcuno ritiene di avere ricevuto qualche bene e aiuto dal mio servizio pastorale domando la grazia di una preghiera.
Ai tanti sinceri amici che riceveranno la notizia delle mie dimissioni da questa comunicazione, voglio dire che non potevo fare diversamente perché vincolato dal segreto pontificio.
Diceva San Pio da Pietrelcina: L’uomo potrà sfuggire alla giustizia umana ma non a quella divina. Pertanto, al Signore, Giudice giusto ed imparziale, affido questi miei sette anni di episcopato perché, a tempo debito, dia a ciascuno secondo le sue opere.
Giunga a tutti, per l’ultima volta, la mia benedizione, certi che il bene seminato e l’amore dato e ricevuto non andranno perduti e sicuramente porteranno frutti inattesi.
Sono certo che la Vergine Maria, assunta in cielo, venerata nella cattedrale di Carpi con una devozione popolare che mi ha sempre commosso, continuerà a vegliare sulla mia persona e ad intercedere anche per me.
Francesco Cavina»