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L’amore vero nel Cantico dei Cantici

Fonte:
CulturaCattolica.it
Se Benigni, per parlare dell’amore fisico, carnale, del Cantico dei Cantici, lo applica a qualunque forma di amore, anche quello omosessuale, è solo uno scivolone pagato al dazio del politically correct o mostra una dimensione dell’amore che stride con quello che lo stesso Cantico vuole indicare ed esaltare?
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Non guardo San Remo. Una amica mi ha chiesto un parere sulla performance di Benigni sul Cantico dei Cantici. Sono dovuto andare su Raiplay per rendermene conto. E l’ho visto. Ho anche letto quanto ne dice Avvenire (ed è sempre una forma di masochismo, da troppo tempo oramai). Mi sono fatto una idea.
La esprimo con una immagine: se qualcuno mi dona una torta, buonissima, una delle mie preferite, in cui però è stata messa una piccola dose di cianuro, potrò ancora dire che questa torta è buona? O forse il veleno ne mostrerà la natura cattiva, al di là del gusto piacevole?
Fuor di metafora, il fatto che Benigni, per parlare dell’amore fisico, carnale, del Cantico dei Cantici, lo applichi a qualunque forma di amore, anche quello omosessuale, è solo uno scivolone pagato al dazio del politically correct o mostra una dimensione dell’amore che stride con quello che lo stesso Cantico vuole indicare ed esaltare?

E, per applicare il criterio morale che illumina e giudica la verità e la bontà di una azione, ricordo che «bonum ex integra causa, malum ex quocumque defectu», come ho ritrovato espresso in un articolo che illustra quanto il Card. Antonelli esprime al riguardo delle unioni illegittime: «In particolare, riguardo alle unioni illegittime scrive, alla luce del principio, purtroppo spesso dimenticato da più di qualcuno, bonum ex integra causa malum ex quocumque defectu, “Certamente anche le unioni illegittime contengono autentici valori umani (per esempio, l’affetto, l’aiuto reciproco, l’impegno condiviso verso i figli), perché il male è sempre mescolato al bene e non esiste mai allo stato puro. Tuttavia bisogna evitare di presentare tali unioni in se stesse come valori imperfetti, mentre si tratta di gravi disordini. […] La legge della gradualità riguarda solo la responsabilità soggettiva delle persone e non deve essere trasformata in gradualità della legge, presentando il male come bene imperfetto. Tra vero e falso, tra bene e male non c’è gradualità. Mentre si astiene dal giudicare le coscienze che solo Dio vede, e accompagna con rispetto e pazienza i passi verso il bene possibile, la Chiesa non deve cessare di insegnare la verità oggettiva del bene e del male, mostrando che tutti i comandamenti della legge divina sono esigenze dell’amore autentico …”. Questo si applica, ovviamente, anche alle unioni omosessuali. Non è quindi pensabile un perdono da parte di Dio senza conversione e questo vale per tutte le possibili situazioni prese in esame, ma in modo particolare nei casi di matrimoni naufragati anche per la colpa di uno solo dei coniugi, che mai potrà giustificare un nuovo matrimonio, data la validità del precedente. Non dimentichiamo che al riguardo abbiamo delle definizioni chiare del Concilio di Trento che non possono essere messe in discussione se non minando l’attendibilità dello stesso istituto conciliare e del Magistero.»

Che dire allora di questa performance di Benigni? Credo che il cedimento a proposito dell’amore omosessuale (non sottinteso, ma esplicitato chiaramente) mostri la sostanziale equivocità del termine amore in tutto il suo spettacolo, che non riesce quindi a dare dell’amore come cantato dal Cantico stesso tutta la sua profondità e verità.

Meglio farsi accompagnare, nella lettura di questo testo altissimo della Sacra Scrittura, dalle immagini di Marc Chagall, così bene illustrate e commentate da sr Maria Gloria Riva nelle pagine che seguono.

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