La CEI, le Messe e il governo (senza dimenticare certi Presuli)
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CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA
Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali
CS n.34/2020
Il disaccordo dei Vescovi
DPCM, la posizione della CEI
"Sono allo studio del Governo nuove misure per consentire il più ampio esercizio della libertà di culto". Le parole del ministro dell'Interno, Luciana Lamorgese, nell'intervista rilasciata lo scorso giovedì 23 aprile ad Avvenire arrivavano dopo un'interlocuzione continua e disponibile tra la Segreteria Generale della CEI, il Ministero e la stessa Presidenza del Consiglio.
Un'interlocuzione nella quale la Chiesa ha accettato, con sofferenza e senso di responsabilità, le limitazioni governative assunte per far fronte all'emergenza sanitaria. Un'interlocuzione nel corso della quale più volte si è sottolineato in maniera esplicita che - nel momento in cui vengano ridotte le limitazioni assunte per far fronte alla pandemia - la Chiesa esige di poter riprendere la sua azione pastorale.
Ora, dopo queste settimane di negoziato che hanno visto la CEI presentare Orientamenti e Protocolli con cui affrontare una fase transitoria nel pieno rispetto di tutte le norme sanitarie, il Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri varato questa sera esclude arbitrariamente la possibilità di celebrare la Messa con il popolo.
Alla Presidenza del Consiglio e al Comitato tecnico-scientifico si richiama il dovere di distinguere tra la loro responsabilità - dare indicazioni precise di carattere sanitario - e quella della Chiesa, chiamata a organizzare la vita della comunità cristiana, nel rispetto delle misure disposte, ma nella pienezza della propria autonomia.
I Vescovi italiani non possono accettare di vedere compromesso l'esercizio della libertà di culto. Dovrebbe essere chiaro a tutti che l'impegno al servizio verso i poveri, così significativo in questa emergenza, nasce da una fede che deve potersi nutrire alle sue sorgenti, in particolare la vita sacramentale.
Roma, 26 aprile 2020
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La regola aurea, anche per i religiosi: «Prima Pensa Poi Parla Perché Parole Poco Pensate Portano Pena»
Ho letto questa intervista al Card. Romeo, arcivescovo emerito di Palermo, e mi convinco sempre più della verità di quel proverbio: «Un bel tacer non fu mai scritto» o, se preferite, il decalogo della P: «Prima Pensa Poi Parla Perché Parole Poco Pensate Portano Pena».
«Eminenza, il leader della Lega Salvini aveva invocato messe col popolo per Pasqua…
“Io non polemizzo con nessuno. Mi limito in generale a dire (a) tutti quelli che hanno invocato chiese aperte e messe col popolo a Pasqua: quante volte ci sei andato tu a messa l’ultimo mese o ti sei confessato? Costoro sembrano gli anziani del Vangelo, che volevano lapidare la donna sorpresa in adulterio e nessuno ha avuto il coraggio”.
Insomma giusto o no celebrare col popolo?
“Prima di essere buoni cristiani, dobbiamo essere buoni cittadini. In quanto a questo improvviso ardore per la messa ricordo che in alcune parti del mondo, prendo proprio la Cina, non è possibile celebrare e i cattolici non perdono la fede, esistono addirittura comunità clandestine. In Amazzonia vi è chi riceve la santa comunione dopo molto tempo, eppure la fede è integra”». [https://www.lafedequotidiana.it/il-card-romeo-a-chi-invoca-chiese-aperte-e-messe-col-popolo-domando/?utm_source=WhatsApp&utm_medium=IM&utm_campaign=share]
Forse aveva ragione Ezechiele, quando parlava dei pastori che pascono se stessi e non si curano del gregge. Ma perché invocare una posizione non polemica, quando tutto il discorso vuole solo polemizzare e accusare chi chiede che la s. Messa sia vissuta (certo, nel rispetto della salute e delle giuste, se ragionevoli, disposizioni) non solo guardandola in TV o attraverso i social? Ci riempiamo la bocca di fedeltà al Papa, accusiamo chi pone domande di essere nemico, integralista, sovranista e chi più ne ha più ne metta, e poi, quando lo stesso Papa dice che le regole non devono essere troppo restrittive e fa riaprire le Chiese di Roma chiuse dal suo Vicario, oppure quando chiede che la s. Messa sia partecipata dal popolo, per non ridurre gnosticamente la fede, allora non teniamo affatto conto di quello che ci dice.
Volere la s. Messa ti fa somigliare a coloro che volevano lapidare la donna adultera? Non facciamo ridere e smettiamo di offendere la fede autentica dei semplici. Questo sì pare essere autentico fariseismo.
«Prima di essere buoni cristiani, dobbiamo essere buoni cittadini»: ma chi l’ha mai detto? O dobbiamo cambiare la Sacra Scrittura dove s. Pietro dice «Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini» perché, visto che non c’erano registratori, magari s. Pietro ha detto il contrario, o magari neppure ha detto quello?
E su Repubblica si afferma: «Accolte solo in parte le richieste della Cei per la ripresa delle funzioni religiose. Dal 4 maggio potranno essere nuovamente celebrati i funerali ma solo alla presenza degli stretti familiari (parenti di primo o secondo grado), non più di 15 persone, se possibile all'aperto e a distanza l'uno dall'altro. E tutti dotati di mascherina. No invece alle messe, nonostante la proposta articolate di misure di distanziamento da parte della Cei.» Chissà allora, per partecipare alla s. Messa d’ora in poi ci si dovrà iscrivere all’ANPI o mandare all’altro mondo qualche familiare così almeno in 15 si potrà partecipare all’Eucaristia.
Forse, a proposito della «inutilità» della s. Messa – visto quello che succede in Cina, Amazzonia e altrove, dove la fede si mantiene ugualmente – vale la pena citare la conclusione del dialogo tra il Commissario e il cristiano (moderno) citata da Von Balthasar: «Il cristiano (un po’ deluso): Voi sottovalutate la dinamica escatologica del cristianesimo. Noi prepariamo il futuro regno di Dio. Noi siamo la vera rivoluzione mondiale. Egalité, liberté, fraternité: questo è il nostro compito originario.
Il commissario: Peccato che altri abbiamo dovuto lottare per voi. Dopo, non è difficile essere presenti. Il vostro cristianesimo non vale un fico secco.
Il cristiano: Voi siete con noi! Io so chi siete. Tu pensi onestamente, sei un cristiano anonimo.
Il commissario: Non diventare insolente, giovanotto. Anch’io ora ne so abbastanza. Vi siete liquidati da soli, e con ciò ci risparmiate la persecuzione. Via.»
Possiamo fare nostra una qualsiasi delle preghiere dei Papi per i sacerdoti, ne riporto una di Giovanni XXIII: «Manda, o Gesù, operai nella tua messe che attende in tutto il mondo i tuoi discepoli e sacerdoti santi, le missionarie eroiche, le suore miti e instancabili. Accendi nel cuore dei giovani la scintilla della vocazione. Fa’ che le famiglie cristiane amino distinguersi nel dare alla tua Chiesa i cooperatori e le cooperatrici di domani.»
- DPCM, la posizione della CEI 187 KDPCM, la posizione della CEI