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Il diavolo fa le pentole ma non i coperchi: l'aborto è omicidio

Fonte:
CulturaCattolica.it
L'attacco alla Chiesa e alla sua difesa della vita fin dal concepimento, il suo netto NO all'aborto, si serve di articoli e giudizi dal sapore veterofemminista e ideologico. Come per l'ultimo articolo di L. Scaraffia: «Il Pontefice svolta a destra Ma sul corpo delle donne»

Un’occasione per tacere sprecata. Peccato che Lucetta Scaraffia, sul Quotidiano Nazionale, se la prenda con Papa Francesco, reo, secondo lei, di schierarsi «con la parte più tradizionalista della Chiesa». E questo perché continua a parlare dell’aborto come un «omicidio».
Suvvia, caro Papa, decida se vuole essere «progressista o conservatore», i tempi sono oramai cambiati e anche la Chiesa deve sapersi adeguare.
«Con loro [le donne], che nella Chiesa non contano niente, si può fare di tutto e il contrario di tutto senza rischiare di bruciarsi»: l’abbiamo capito benissimo. E allora non facciamoci illusioni: «Certo, da un punto di vista di politica ecclesiastica possiamo apprezzare la sua [del Papa] capacità di apparire progressista senza scontentare troppo i conservatori, ma far pagare questa abilità alle donne lo rivela molto lontano da una visione davvero nuova di riforma della Chiesa».
La maestrina ha parlato. E il Papa si adegui, se non vuole perdere il treno della storia. Giacché noi non ci facciamo illusioni, la Chiesa si giudica dai fatti, non dalle folle né dalla simpatia dei media.
E poi, «Ma perché allora i cappellani militari possono benedire le truppe prima di un assalto in cui commetteranno omicidi? Evidentemente gli omicidi non sono tutti uguali, e quelli commessi dalle donne sono più gravi perché smentiscono la loro vocazione materna».

E qui si mostra che quello che si voleva tenere nascosto, che come una ossessione spunta fuori (una volta si diceva che «il diavolo fa le pentole ma non i coperchi»): l’aborto è un omicidio (e allora il Papa ha ragione), ma siccome lo compie la donna non può essere benedetto. Mentre quello che i soldati fanno in guerra può essere pur benedetto, quindi avere l’approvazione dei «cappellani militari».
Peccato che si dimentichi che a volte la guerra è anche un doveroso atto di difesa, e che il bambino ucciso non è né aggressore né si può difendere da solo.

L’ideologia abortista, il veterofemminismo dei diritti alla autodeterminazione («il corpo è mio e lo gestisco io»), l’astio antiecclesiale sembrano riprendere vita sotto la penna della Scaraffia. Peccato che basterebbe un pizzico di ragionamento e un poco di autocritica per superare questi stantii stereotipi.
Però è vero, la questione dell’aborto non si può mettere a tacere e, come si dice spesso da chi ama la vita: «le donne meritano di più che l’aborto»!

Il rispetto della vita, di ogni vita, è l’unica strada maestra per una giustizia sociale e umana che metta al giusto posto la considerazione delle donne. E, quando sono sante (come Gianna Beretta Molla, Edith Stein o Madre Teresa), ci mostrano un universo che la fede cristiana cattolica ha saputo valorizzare e salvaguardare.

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