La ferita di Caravaggio
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La calda estate milanese può ben vantare quest'anno un'oasi privilegiata di ristoro, ristoro del corpo e ristoro dello sguardo e dello spirito.
Presso la Pinacoteca Ambrosiana, una delle più antiche istituzioni culturali della città, si potrà ammirare, dal 2 luglio al 29 agosto, uno dei massimi capolavori di Michelangelo Merisi, meglio conosciuto come Caravaggio (1571-1610), "Il martirio di sant'Orsola", ultimo dipinto realizzato dal pittore.
L'occasione è dovuta all'impegnativo restauro appena concluso, promosso da Banca Intesa in collaborazione con le Soprintendenze napoletana e romana, un'operazione che, oltre agli aspetti conservativi, ha messo in luce nuovi dettagli, che hanno permesso agli studiosi di assegnare senza ombra di dubbio la tavola a Caravaggio.
Rispetto ad altri quadri del Merisi, di quest'ultimo abbiamo numerosi documenti: sappiamo che venne dipinto a Napoli nella tarda primavera del 1610 (Caravaggio morirà nell'estate dello stesso anno), commissionato dal principe Marcantonio Doria e inviato a Genova via nave, dove arrivò il 18 giugno. Il dipinto nel 1832 è di nuovo a Napoli, per motivi ereditari, nella collezione Doria d'Agri, poi acquisito dalla Banca Commerciale Italiana nel 1973 e dal 2001 confluito nelle raccolte d'arte di Banca Intesa.
Fu Mina Gregori, una delle più importanti studiose di Caravaggio, che nel 1974 lo assegnò al maestro lombardo, un'attribuzione stilistica, poi suffragata da prove documentarie, e ora da analisi tecnico-scientifiche.
Prima di tornare nella sua definitiva sede, il Palazzo Zevallos Stigliano a Napoli, sede di Banca Intesa, il capolavoro è stato esposto tra maggio e giugno alla Galleria Borghese di Roma (accostato al "San Giovanni Battista" e al "David con la testa di Golia"), dopo Milano (si fa presente che all'Ambrosiana è conservato un secondo Caravaggio, la "Canestra di frutta",) il quadro sarà esposto a Vicenza presso le Gallerie di Palazzo Leoni Montanari e infine a Napoli a Capodimonte, dove già è presente la "Flagellazione".
Il primo decennio del XVII secolo fu un momento molto difficile per il nostro pittore: fuggito da Roma nel 1606 a seguito dell'omicidio di Ranuccio Tomassoni, è costretto a nascondersi presso nobili protettori, ricambiando il favore con i suoi quadri, già molto richiesti da una stretta cerchia di estimatori. Dopo un primo periodo a Napoli, trova rifugio a Malta, presso l'Ordine gerosolimitano, dal quale però è espulso con disonore per motivi ancora oggi sconosciuti.
Caravaggio si ritrova allora senza appoggi e protezione, inseguito dalla giustizia pontificia e spagnola; disperato approda in Sicilia, ma presto, sentendosi insicuro, ritorna di nuovo a Napoli ospite della marchesa di Caravaggio Costanza Colonna Sforza.
È in questo contesto che viene dipinto l'ultimo suo quadro, "Il martirio di sant'Orsola".
Il committente, principe Doria, aveva richiesto un soggetto così insolito per compiacere la consorte, Isabella Tolfa, la cui figlia di primo letto aveva assunto il nome religioso di suor Orsola quando era entrata nelle monache della Trinità. Il Merisi omette ogni riferimento alla leggenda di Orsola e delle sue undicimila compagne, martirizzate dagli Unni sotto le mura di Colonia, riportata dalla "Legenda aurea" di Jacopo da Varazze, un racconto già ampiamente presente nella pittura precedente.
Il suggestivo allestimento dell'Ambrosiana ci aiuta a gustare a pieno il quadro di Caravaggio. Il pittore semplifica e riduce al minimo il racconto, limitandolo a cinque personaggi che emergono dal buio del fondo; forse la scena si svolge in una tenda o comunque in un ambiente chiuso. Una luce radente illumina solo alcuni particolari dei volti, lasciando intatto il senso di mistero e invitando al silenzio chi guarda.
Nel dipinto il dramma si è già consumato: il tiranno, che aveva chiesto la vergine in sposa ottenendo un deciso rifiuto, ha già scoccato la freccia del martirio, ma una mano, apparsa a seguito del restauro, tra l'aguzzino e la giovane, pare difendere la donna, creando al contempo la quarta dimensione spaziale e facendoci passare da semplici spettatori a protagonisti del fatto.
Orsola, stupita e pensosa, guarda la freccia e il sangue che le sprizza dal petto, insanguinandole gli abiti. Orsola è illuminata dalla luce: il volto, il petto, la ferita hanno una tonalità diversa dagli altri personaggi, il suo corpo è luce stessa, pare trasfigurato. Il martirio, il dolore del sacrificio sono già resurrezione in atto, una vocazione alla santità in Cristo che trova il suo sigillo proprio nell'attimo supremo del sacrificio; pare quasi che Orsola, in quell'attimo, che è allora, ma che è anche ora, vivo e presente sotto i nostri occhi, si renda cosciente del destino a cui è sta chiamata e sembra vibrare nella sua anima una domanda "Chi sono e chi è Colui che mi ha così, misteriosamente, chiamata?". Orsola è quella ferita e quella resurrezione ed è per questo che Orsola è il punto di consapevolezza di tutti i bruti che le urlano attorno, il punto di salvezza di tutti, ne siano inconsapevoli, troppo legati alle vicende contingenti della storia (così si possono spiegare i particolari realistici delle armature), ne siamo in attesa come lo stesso Caravaggio che compare, con la bocca spalancata, alle spalle di Orsola.
Spesso Caravaggio si è ritratto nei suoi quadri a sottolineare la sua personale e totale aderenza al mistero sacro che stava dipingendo. Il Merisi è un tutt'uno con la giovane vergine, quasi un corpo avesse due teste: una dolce, pensosa, rassegnata, l'altra vibrante e aperta in un grido, in una domanda di salvezza.
Ma non è forse questa la condizione dell'uomo cristiano? L'essere continuamente sull'orlo di un baratro, tra salvezza e condanna, ferito dal peccato e risanato dalla grazia, peccatore e redento allo stesso tempo. Caravaggio alza il volto verso la luce, lancia verso quel raggio luminoso il suo grido e, "adesivo" alla santa, chiede attraverso quel martirio e quella ferita la salvezza dalla disperazione in cui gli eventi storici e le sue decisioni di uomo lo hanno portato.
Per informazioni
www.bancaintesa.it
Milano, Pinacoteca Ambrosiana,
dal 2 luglio al 29 agosto 2004-07-02
dalle 10.00 alle 17.30 (chiuso lunedì; ingresso libero ogni venerdì alla mostra e alla pinacoteca).
Ingresso 7,5 €, ridotto 4,5 €
Vicenza, Gallerie di Palazzo Leoni Montanari
Dal 3 settembre al 10 ottobre 2004
Dalle 10.00 alle 17.30 (chiuso lunedì e martedì; ingresso sempre libero alla mostra)