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Arte ed artisti tra modernità e tradizione

Autore:
Roda, Anna
Fonte:
CulturaCattolica.it ©

Arte recente, nata verso agli inizi dello scorso secolo, la fotografia è divenuta forma espressiva caratteristica della nostra età, trasformandosi da mezzo documentario a mezzo di ricerca artistica (basti pensare a tale proposito le immagini di grandi maestri come Capa, Smith, Doisneau, Ghirri…).
A Reggio Emilia, nella prestigiosa sede di Palazzo Magnani, dal 17 ottobre si è aperta la mostra fotografica "James Nachtwey, fotografo di guerra": in 160 fotografie è documentata l'attività del fotografo americano (Syracuse-N.Y.-, 1948), uno dei più coraggiosi fotoreporter del nostro tempo.
Profondamente segnato dalle immagini della guerra in Vietnam, Nachtwey, da autodidatta si è avvicinato al mondo della fotografia, lavorando per diverse importanti riviste e divenendo freelance dal 1980. Memorabili sono i suoi reportage nelle zone di guerra: dal Nicaragua alla Somalia, dalla Cecenia al Kosovo, dalle Torri Gemelle di New York ai bombardamenti di Baghdad (in uno dei quali è stato gravemente ferito nel 2003).
Non puramente documentario l'occhio fotografico di Nachtwey; l'artista svela, nella serrata sequenza delle fotografie esposte a Reggio Emilia, una calda pietas, un'attenzione profonda ed umana verso gli uomini, considerati nella loro singolarità.
Lo stesso Nachtwey, che con Enzo Bianchi, priore della comunità monastica di Bose ha tenuto l'incontro d'apertura dal titolo " Dialogo sulla guerra", ha così dichiarato "Io voglio registrare la storia attraverso il destino di individui. Io non voglio mostrare la guerra in generale, né la storia con la 's' maiuscola, ma piuttosto la tragedia di un singolo, di una famiglia…sono stato un testimone e queste fotografie sono la mia testimonianza. Ho dato conto della condizione delle donne e degli uomini che hanno perduto tutto, le loro case, le loro famiglie, le loro gambe…nonostante tutte queste sofferenze ciascun sopravvissuto possiede ancora l'irriducibile dignità che è propria di ogni essere umano…"
Complementare, a nostro avviso, la mostra fotografica di Grazia Lissi, presso la suggestiva sala Federiciana della Biblioteca Ambrosiana, dal titolo "L'ora della luce - la preghiera dei monaci".
La Lissi, che abbiamo incontrato, è una giovane fotografa specializzata in ritratti di uomini dello spettacolo, cantanti ed attori, libera professionista e collaboratrice alla pagina culturale del quotidiano di Como La Provincia.
La rassegna, confluita in un bel volume dell'editrice Ancora, presenta in una quarantina di scatti un lavoro di ricerca iniziato nel 1998 sull'esperienza di preghiera monastica. La visione di queste fotografie (primi piani di monache e monaci, momenti della vita quotidiana dei monasteri) ci è parsa la risposta alla tragedia umana della guerra testimoniata da Nachtwey.
Come bene ci ha detto l'autrice, la scelta monastica della clausura e l'esperienza totalizzante della preghiera non sono fughe dal mondo, ma sono un modo inedito e più profondo per immergersi completamente nelle sofferenze e nelle ansie di tutti. Non solo, come si può leggere nella introduzione della Lissi: "(la preghiera) è una ricerca di Dio fatta di attesa, non di conquista, tanto meno di pretesa, attraversata anche da dubbi e delusioni, e tuttavia sempre accompagnata da un'ostinata speranza che si affaccia in modo sorprendente proprio là dove, a volte, pare che tutto si annulli".
Ogni immagine viene accompagnata da una frase tratta dai maestri della spiritualità cristiana, proponendo al visitatore e al lettore, un inusuale itinerario di riflessione, scevro da facili consolazioni o sterili approcci oleografici.
James Nachtwey, fotografo di guerra
Reggio Emilia, Palazzo Magnani
17 ottobre 2004 - 16 gennaio 2005
Orari: 9.30 -13.00/ 15.00 - 19.00; chiuso il lunedì
Biglietti: 6 euro intero; 4 € ridotto; 2 € studenti
Grazia Lissi, L'ora della luce - la preghiera dei monaci
Milano, Biblioteca Ambrosiana, sala Federiciana
18 ottobre 2004 - 14 novembre 2004
Ingresso libero; catalogo edizioni Ancora (12 euro in mostra, 14 euro in libreria)

Dal 10 ottobre a Ravenna è possibile visitare la più grande mostra monografica italiana dedicata ad Alberto Giacometti (1901- 1966), l'artista svizzero che con le sue figure filiformi è divenuto uno dei maestri riconosciuti del Novecento.
L'esposizione, curata da Jean-Louis Prat e Claudio Spadoni, con circa cento pezzi offre l'opportunità di indagare in modo completo il processo creativo dell'artista: dai bozzetti su cara fino alle realizzazioni plastiche e pittoriche.
Giacometti ha lasciato diretta testimonianza nei suoi scritti di questo suo continuo lavorio, un tormento esistenziale e creativo che non conobbe mai tregua, un avvicinarsi al reale con occhio stupito per scorgerne la misteriosa origine e le fragili ed effimere manifestazioni visive. Così possiamo leggere: "…prima c'era la realtà comune o banale: stabile, no?...ogni giorno mi svegliavo nella mia camera, c'era la sedia con l'asciugamano sopra: questo mi impressionava…perché tutto aveva l'aria di immobilità assoluta. Una specie di inerzia, di perdita di peso…allora è avvenuta una trasformazione nella visione di tutto…come se il movimento non fosse più altro che una successione di punti di immobilità…perché prima vedevo attraverso uno schermo, cioè attraverso l'arte del passato, e poi, a poco a poco, ho visto un po' senza questo schermo e il noto è diventato l'ignoto, l'ignoto assoluto… L'arte mi interessa molto, ma la verità mi interessa infinitamente di più…" e in un altro punto "…questa avventura (quella del creare artistico, n.d.r.) la vivo veramente…che in mostra ci siano cose riuscite o mancate mi è indifferente… non ho niente da chiedere se non di poter continuare perdutamente… il mondo mi sorprende ogni giorno di più. Diventa o più grande o più meraviglioso, più inafferrabile, più bello. Il dettaglio mi appassiona, il piccolo dettaglio, come l'occhio in un volto o il muschio su un albero… sono i dettagli a fare la bellezza di una forma…"
Queste lunghe citazioni ci permettono di capire quel lavorio di cui si diceva prima e di collocare nella posizione esatta le opere presenti a Ravenna, tra cui il famosissimo "Homme qui marche II" (1960), icona della modernità nella fragile consistenza dell'essere umano, dissolto dalla perdita di un centro, che pure tenta la sfida del tempo e dello spazio e inoltre le 150 litografie del libro "Paris sans fin", il cui filo conduttore è la descrizione di luoghi e persone legare a Giacometti, una specie di diario visivo, dove la particolare tecnica è "mezzo per fare in fretta, impossibile tornare sul già fatto, lavorare di gomma, ricominciare tutto di nuovo".
A conclusione del suggestivo percorso una cinquantina di ritratti fotografici dell'artista, scattati da Ernest Scheidegger nel corso della loro lunga amicizia e un'intervista del 1963 realizzata dalla televisione svizzera, nella quale l'artista disse: "Sono uno scultore mancato"(!!)
Di altra natura, di altra intensità la piccola mostra realizzata in occasione del 150° anniversario della proclamazione del dogma dell'Immacolata Concezione, "La Vita di Maria nell'Arte. Grandi dipinti dal XVI al XIX secolo".
Nella suggestiva cornice della Lodovica, antica casa colonica un tempo proprietà in Oreno (Milano) della famiglia Borromeo, per l'iniziativa dei coniugi Crippa, è stata realizzata una raccolta di dipinti a tema mariano provenienti dalle più varie zone d'Europa. Pur nella diversità di stili e di qualità e personalità artistiche, emerge chiaro il soggetto: la vita della Vergine dalla sua presentazione al Tempio, ancora bambina, fino al su misterioso transito, detto anche dormitio.
Tra i quadri esposti ne segnaliamo due di particolare bellezza ed intensità: "Il riposo durante la fuga in Egitto" opera seicentesca di un Maestro olandese dell'ambiente di Van Dick; rispetto alla analoga tela di Van Dick, conservata a Palazzo Pitti a Firenze, si nota come il nostro anonimo abbia utilizzato il medesimo cartone in controparte rispetto all'originale. Altro quadro suggestivo è "Maria svenuta per il dolore sulla via del Calvario" di Alois Delug (Bolzano 1859-Wien 1930): le dimensioni imponenti della tela quasi ci immettono nella scena stessa, noi personaggi tra i personaggi sacri. La Vergine e le dolenti sono in primo piano, in un paesaggio aspro e roccioso, a un lato, in uno scorcio ardito, si vede avanzare il Cristo sotto il peso della croce.
Il bel catalogo che accompagna l'esposizione spiega la genesi e gli intenti dei curatori, i signori Crippa e il prof. Luciano Vitali, esperto d'arte e storia dell'iconografia sacra dell'Università Cattolica di Brescia: "raccontare la fede attraverso la bellezza dei dipinti è da considerare un mezzo semplice per avvicinare la Parola ai giovani e ai cristiani meno inclini alla lettura dei testi sacri, adempiendo quindi ad un importante scopo catechetico."
Quasi a sigillare la peculiarità educativa della mostra i curatori hanno invitato alcune personalità del mondo ecclesiastico ad inviare le loro riflessioni su alcuni dipinti; ne è uscito un secondo volume di riflessioni che completa ed impreziosisce il primo più spiccatamente storico-artistico.
Alberto Giacometti
Soggetta Lombardesca, Museo d'Arte della Città, Ravenna
10 ottobre 2004 - 20 febbraio 2005
orari: 9.00- 13.00 / 14.00- 18.00 (martedì, mercoledì, giovedì); 9.00 - 13.00/ 14.00 -20.00 (venerdì); 10.00 - 19.00 (sabato, domenica), lunedì chiuso
Biglietti: 8 € intero, 6 € ridotto
La Vita di Maria nell'Arte. Grandi dipinti dal XVI al XIX secolo
La Lodovica, Oreno di Vimercate (Milano)
19 settembre 2004 - 12 dicembre 2004-10-22
orari: 10.00 - 12.00 / 14.00 - 18.00 (giovedì, sabato e domenica)
per gruppi: tutti i giorni su appuntamento (039. 62 56 41)
Ingresso a pagamento, gratuito per scolaresche ed oratori.

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