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Un mare di mostre

Autore:
Roda, Anna
Fonte:
CulturaCattolica.it

Eccoci già arrivati alla fine di giugno. Quanti tra noi presto partiranno per i monti o per il mare. Non c’è località italiana che non proponga una iniziativa culturale o una mostra d’arte.
Ne abbiamo selezionato alcune. Troverete di certo quella che fa per voi.
Ordiniamo le nostre proposte in ordine cronologico e perciò iniziamo dalle rassegna archeologiche.

A Tivoli presso la Villa Adriana si terrà fino all’autunno la mostra Frammenti del passato. Tesori dall’ager tiburtinus. La ricchezza de potenziale archeologico preservato nel sottosuolo del nostro paese è ben espressa dai pregevoli frammenti storico-artistici che emergono dal programma di scambi e prestiti internazionali recentemente intrapreso dal nostro paese per impiegare in maniera più efficace e fattiva i tesori a disposizione dei musei italiani ma mai esposti per problemi di spazi o allestimenti. Per questa ragione sono stati selezionati diversi reperti estremamente interessanti, la cui valenza storico-artistica sarà spiegata e chiarita tramite il suggestivo percorso espositivo che accompagna le nude pareti del Canòpo. In questa cornice così evocativa si ricostruisce il ruolo chiave rivestito da Tivoli tanto nei rapporti commerciali quanto nelle relazioni diplomatiche e di comunicazione intercorse tra i popoli del Lazio ed i Sabini. Dalla pace del 338 a.C., a seguito della quale la città entrò a far parte del mondo romano, fino ai tragici esiti delle guerre civili, che funestarono la morte della repubblica e tormentarono la nascita dell’impero, Tivoli vide crescere il suo peso politico e la sua importanza economica all’interno del territorio romano. Segno del riconosciuto prestigio sono le lussuose ville e residenze di campagna che la nobiltà della capitale non cessò mai di edificare proprio in questi luoghi. E’ proprio il fastoso complesso residenziale fatto erigere da Adriano che sancisce in maniera definitiva ed incontrovertibile l’idea rivestita da Tivoli nell’immaginario collettivo della Roma imperiale: un paradiso di ozi agresti e bucolico.

Anche la cittadina di Adria ha aperto una sezione del suo Museo Archeologico dedicato proprio alla civiltà romana. Dopo un lungo e faticoso periodo di lavori e riallestimenti hanno trovato posto i numerosi reperti che ci mostrano le vicende dell’Atria della prima età imperiale: un tempio, il teatro, l’anfiteatro e il foro riprendono vita grazie a interessanti ricomposizioni tridimensionali. La seconda ala è dedicata alle due ville del Delta del Po sorte lungo importanti arterie di traffico per via di terra e di acqua. Al termine del percorso che ricostruisce le due ville (I-V sec.), si trova uno spazio che presenta reperti che documentano il passaggio di Adria dall’antichità al medioevo e i suoi rapporti con Ravenna. Veri protagonisti di questo nuovo allestimento sono i preziosi e bellissimi vetri romani; ad essi è dedicata la scenografia di maggior impatto visivo: una grande vetrina speciale, dagli innovativi effetti illuminotecnici.

A Roma presso gli spazi espositivi del Colosseo troviamo una mostra che vuole raccontare l’epopea della dinastia Flavia e che prosegue in un percorso che tocca anche i monumenti flavi nell’area del Foro e del Palatino con altri due punti espositivi: la Curia (Foro romano) e il criptoportico neroniano (Palatino). Dopo una lunga e onorata carriera al servizio degli imperatori giulio-claudii nell’ambito dell’amministrazione provinciale e dell’esercito, al momento della morte di Nerone - avvenuta nel 68 d.C. - Vespasiano si trova in Medio Oriente al comando dell’esercito incaricato di reprimere la grande rivolta giudaica, iniziata nel 66 d.C. La scomparsa violenta in un solo anno, il 69 d.C., degli imperatori Galba e Ottone, e l’eliminazione di un terzo, Vitellio, da parte dello stesso Vespasiano, gli aprono la via del potere. Viene acclamato imperatore dall’esercito, ad Alessandria, e nel 70 si insedia a Roma. Si trattò di un evento traumatico e del tutto imprevisto, poiché alla dinastia giulio-claudia, appartenente alla più alta nobiltà repubblicana, si sostituiva una famiglia modestissima, di origini sabine, priva di tradizioni aristocratiche, segnando una rottura definitiva con la gestione monopolistica del potere da parte dell’aristocrazia senatoria di Roma. In effetti Vespasiano, ricordato come uomo semplice e dotato di un notevole senso dell’umorismo, proveniva da una sconosciuta famiglia del ceto equestre ed era quello che oggi si definirebbe un self made man. Quando arrivò alla massima carica dello Stato aveva già 60 anni. Svetonio, principale fonte storica con il suo De Vita Caesari, riporta che Vespasiano trovò le finanze statali in una situazione drammatica. L’ammanco alle casse imperiali ammontava a 40milioni di sesterzi. A ciò si aggiungeva la debolezza della potenza militare dell’Impero, sottoposto a numerose guerre civili. Quest’ultimo problema venne risolto instaurando una ferrea disciplina nell’esercito. Nel campo delle finanze non solo impose un drastico taglio alle spese di corte, ma introdusse anche nuove imposte. La politica finanziaria di Vespasiano permise di appianare il debito pubblico e consentì anche degli importanti investimenti in lavori pubblici che cambiarono il volto della capitale. Vespasiano muore nell’estate del 79 d.C.. Gli succede suo figlio Tito che, comunque, aveva affiancato il padre nell’esercizio del potere. L’idea centrale della mostra è l’immagine di Vespasiano, la novità della sua figura di homo novus, non aristocratico, nel ruolo di imperatore, e la politica popolare e innovativa che esercitò a Roma e nelle province dell’Impero. I primi progetti del suo governo presero le mosse dalla restituzione alla città degli spazi che arbitrariamente Nerone aveva “privatizzato” e incluso nella propria reggia, tra questi la valle tra Oppio, Celio e Palatino che Vespasiano trasformò nel luogo più celebre della romanità: il Colosseo. Al posto del lago artificiale che faceva parte dell’estesa Domus Aurea di Nerone,Vespasiano avvia la costruzione dell’Amphitheatrum Flavium destinato ai popolari spettacoli dei gladiatori e fa costruire una monumentale fontana, la Meta Sudante. È solo nell’80 d.C. che il figlio Tito, ormai imperatore, inaugura il Colosseo, terminato, però, dal fratello Domiziano.Il secondo grande tema della mostra è Roma, che conobbe con la dinastia flavia un’intensa stagione edilizia che ne cambiò radicalmente il volto. I monumenti di epoca flavia sono illustrati da frammenti di una grande pianta della città, incisa su lastre di marmo e in mostra, denominata dagli studiosi forma urbis. Con Vespasiano e soprattutto con l’ultimo principe della dinastia, Domiziano, che affidò i suoi progetti alle audaci soluzioni dell’architetto Rabirio, a Roma si raggiunge il pieno sviluppo della grande architettura di rappresentanza, ma anche dell’urbanistica e dell’architettura dei quartieri privati e residenziali: sorgono così i monumentali complessi del Templum Pacis, del Colosseo, del grandioso palazzo dinastico sul Palatino (la Domus Flavia), e ancora il Foro Transitorio, il Tempio di Giove Capitolino (che viene ricostruito due volte, la prima da Vespasiano e la seconda da Domiziano), e sorgono anche - alla luce del disegno di propaganda dinastica elaborato da Domiziano - i vari edifici destinati al culto della gens Flavia: il Tempio di Vespasiano divinizzato (nel Foro), il Divorum (nel Campo Marzio), e il Templum Gentis Flaviae (sul Quirinale).

Presso gli spazi espositivi del Museo Archeologico Nazionale di Napoli, troviamo la mostra Il Teatro Antico e le Maschere. La rassegna si articola in quattro sezioni, in cui si vuole mostrare le caratteristiche del teatro antico, grazie soprattutto alla presentazione dei numerosi materiali – soprattutto di età romana - presenti nelle collezioni del Museo. Si inizia con le origini del teatro, per giungere poi al teatro greco e romano. In questa sezione è presentato un considerevole numero di riproduzioni di maschere, restituite dagli scavi delle antiche città sepolte dall’eruzione vesuviana del 79 d.C. e destinate all’ornamento di giardini o alla decorazione architettonica. Sono presentate anche maschere di marmo e terracotta relative ai singoli tipi rappresentativi dei personaggi del teatro tragico e della commedia; ad esse sono affiancate le testimonianze restituite, a Pompei ed Ercolano, dalla pittura parietale di IV. La terza sezione riguarda il teatro popolare campano. Viene qui presentato al pubblico, per la prima volta nella sua integrità, un interessante rinvenimento risalente alla prima fase degli scavi di Pompei: un gruppo di 15 maschere in gesso, a grandezza naturale, che verosimilmente costituiscono i modelli di cui un artigiano si serviva per la realizzazione di esemplari destinati alla scena. Nell’ambito della varietà di tipi appartenenti per lo più a personaggi della commedia, è significativa la presenza di una maschera maschile del personaggio comico della farsa atellana, Buccus, come si deduce dal nome che resta inciso nel gesso. A queste maschere, si affiancheranno alcuni esemplari in terracotta, da Pompei, che trovano significativo riscontro in alcuni dei modelli in gesso, come il personaggio dal grosso naso adunco, per il quale il più immediato richiamo è costituito dalla più recente maschera di Pulcinella. Da ultimo è presentata una sezione è dedicata agli edifici teatrali antichi della Campania. In essa il visitatore troverà la documentazione e tutte le notizie storiche utili, che potranno indurlo a visitare alcuni di essi attualmente accessibili, come il teatro di Neapolis – di recentissima scoperta -, quello di Pompei, con il piccolo Odeon e, nell’area flegrea, i resti del teatro di Miseno e il piccolo edificio noto come “sepolcro di Agrippina” a Bacoli.

Mostra di particolare interesse quella che viene presentata a Impruneta (Fi). Risale al 1309 un atto notarile, conservato all’Archivio di Stato di Firenze, che documenta la nascita della corporazione dei fornaciai imprunetini. La mostra Il cotto dell’Impruneta. Maestri del Rinascimento e le fornaci di oggi, nasce proprio per ricordare tale evento e per far conoscere una produzione artistica poco nota, con l’esposizione di importanti sculture e di manufatti antichi e moderni. Orci, vasi, tegole e mattoni sono i materiali identitari della civiltà toscana e restano tutt’oggi la principale attività artigianale e industriale di Impruneta. La mostra si articola in quattro sezioni: Maestri del Rinascimento, Il cotto nell’architettura toscana, le eccellenze dell’artigianato, Le fornaci di oggi. La prima sezione è proprio il cuore del progetto e vuole mostrare la rinascita della terracotta, considerata da Plinio madre di tutte le arti e che, scomparsa nel Medioevo, recupera la sua centralità nel Quattrocento. Attraverso l’esposizione di capolavori di maestri quali Brunelleschi, Ghiberti, Donatello, Nanni di Bartolo, Michelozzo e Luca della Robbia la terracotta esprime le istanze innovative del Rinascimento con pari dignità delle opere realizzate in materiali nobili come bronzo e marmo. La rinascita della scultura in terracotta, arte in grande uso nel mondo antico, ma scomparsa nel Medioevo, avviene nei primi anni del Quattrocento. La critica recente ha sottolineato il ruolo centrale svolto da questa tecnica per la ricerca quattrocentesca che determinerà la rinascenza delle arti. E poi troviamo una parte dedicata alla vitalità della terracotta di Impruneta, ancora evidente nel lavoro delle fornaci. Sono diciassette quelle ancora attive, sparse su tutto il territorio comunale: alcune ormai storiche, altre di recentissima fondazione, lavorano esclusivamente il galestro cavato in zona, impiegando pratiche artigiane immutate da secoli, che solo in parte sono state affiancate da più moderne tecnologie. Due sono i settori produttivi in cui sono impegnate le fornaci imprunetine: quello della fabbricazione di materiali per l’edilizia – dai pregiati pavimenti in cotto o coccio pesto alle moderne pareti ventilate e frangisole – e quello della foggiatura di orci, conche, vasi e altri arredi da giardino, lavorati ancora a mano con le tecniche del cosiddetto “lavoro fondato” a colombino, del calco o del guscio. La Casa delle Esposizioni di Illegio (Ud) ha scelto da tempo di seguire percorsi tematici piuttosto particolari; quest’anno il tema è Apocrifi. Memorie e leggende oltre i Vangeli. Attraverso un’ottantina di capolavori si seguono alcuni episodi curiosi della storia sacra, che non sono menzionati nei testi canonici. Fulcro dell’esposizione è Il riposo nella fuga in Egitto di Caravaggio a cui fa contorno opere di Guercino, Dürer, Andrea del Sarto e altri autori meno noti. Tra i temi analizzati troviamo L’adorazione dei Magi, L’ Infanzia di Maria e la sua Assunzione. Nel quadro di Caravaggio in mostra viene svelato un messaggio “in codice”in esso contenuto. Lo spartito musicale che san Giuseppe tiene in mano di fronte all’angelo è un mottetto composto dal fiammingo Noël Bauldewijn nel 1519. Si tratta del “Quam pulchra es et quam decora”, dedicato alla Vergine Maria ed ispirato dal Cantico dei Cantici. Il quadro, quindi, racchiude in sé una chiave di lettura mistica. Uno degli organizzatori conferma: «È una specie di didascalia cifrata che ci spiega lo spirito con cui l’artista ha dipinto questo capolavoro, il messaggio che il committente gli ha domandato di inscrivere nella scena».

A Scandiano (Re) stanno continuando i restauri della Rocca dei Boiardo, per il recupero di spazi da adibire a manifestazioni e spettacoli. I lavori di restauro però hanno anche riportato alla luce, nella saletta identificata come il Camerino del Paradiso, delle tracce pittoriche decorate da Niccolò dell’Abate attorno al 1540-43 con la raffigurazione delle Nozze di Psiche nella volta e con figure di musicanti nei peducci di sostegno. Dopo oltre duecento anni i frammenti superstiti del Camerino, conservati nella Galleria Estense, saranno esposti nella sede originaria a documentare uno dei momenti più alti della storia artistica, letteraria e culturale di Scandiano, promosso dalla famiglia Boiardo e in particolare da Matteo Maria Boiardo, l’autore dell’Orlando innamorato.

Allestita presso le sale espositive di Palazzo Crepadona di Belluno la mostra Andrea Brustolon. Il Michelangelo del legno intende indagare e ripercorrere l’intera vicenda umana del geniale scultore e intagliatore (1662-1732), presentando al pubblico una nutrita antologia, circa 100, delle sue migliori opere, dall’arredo ecclesiastico al mobilio, confrontata con il contesto pittorico e scultoreo coevo. Un percorso espositivo di oltre 100 opere che permette al visitatore di seguire concretamente l’intero processo creativo dello scultore, rimanendo affascinato dalla sua straordinaria capacità di dare al legno, contemporaneamente, forza plastica e pittoricismo. Opere sacre e profane di altissima qualità, con virtuosismi decorativi ineguagliabili e in grado di raggiungere vertici di pathos straordinari. La mostra arricchisce con gli itinerari sul territorio. Belluno offre al visitatore la possibilità di ammirare le opere e le imponenti pale di Brustolon custodite nel Duomo, nella chiesa di Santo Stefano e in quella di San Pietro: luoghi per i quali esse furono pensate e scolpite. Quindi, un itinerario nella provincia bellunese che conduce ad ammirare, in un incrocio tra suggestioni paesaggistiche e capolavori d’arte, opere rappresentative di quel virtuosismo, di quella ricchezza d’invenzioni, della perfezione tecnica e dell’intensità espressiva dell’arte del Maestro, definito da Honoré de Balzac il Michelangelo del legno. La conoscenza della pratica scultorea e pittorica nelle produzioni autografe e di bottega di Brustolon si è ampliata notevolmente in questi ultimi anni, anche a seguito delle campagne di restauro che hanno interessato i grandi altari lignei conservati nel bellunese e alcuni importanti gruppi scultorei. Se permangono ancora incertezze sull’organizzazione della bottega brustoloniana è altresì evidente che la pratica di opere, soprattutto complesse come gli altari, richiedeva comunque una bottega allargata, in cui la figura dello scultore era coadiuvata da quella dell’intagliatore, dei marangoni e dei doratori. Il processo di costruzione dell’opera passava attraverso diverse fasi, dalla progettazione grafica allo studio analitico dell’intervento, sia nella pianta che nella sintassi strutturale. Fondamentale era il repertorio grafico, necessario punto di partenza nel processo di lavorazione dell’opera e usato anche come tramite per la committenza. Oltre alla fase progettuale appare certo l’intervento diretto di Brustolon nella parte scultorea dei lavori autografi, così come risulta sicuramente opera di Andrea, o eseguito sotto la sua direzione, il trattamento pittorico effettuato di solito presso la bottega; il fatto poi che, nel contratto per l’Altare di San Valentino, si precisi che l’opera sarebbe stata posta in loco da “qualche assistente in vece del Sud.to Brustoloni” fa presumere che lo scultore sovrintendesse abitualmente a tutte le produzioni della bottega. Peculiarità dei lavori di Brustolon è proprio il trattamento pittorico, che maschera e simula supporti diversi: dal richiamo alle decorazioni barocche in stucco attraverso la biaccatura, alla doratura brunita, fino alla doratura a missione o alla simulazione della pietra e del marmo. L’uso di patinature pigmentate raffinatissime, stese su essenze pregiate come il bosso, sul pero o sul cirmolo, con gusto spiccatamente pittorico, in modo da rendere intrigante a chi guardi la percezione del materiale di partenza, caratterizza dunque – sin da principio – le produzioni brustoloniane, ineguagliabili per raffinatezza d’esecuzione e gamma cromatica.

Nel quarto centenario della nascita, Cesena celebra Giovan Battista Salvi e il suo cristallino talento formale che anticipa i preraffaelliti dell’Ottocento. La mostra propone una selezione di capolavori dell’artista marchigiano accanto a tele di Annibale Carracci, Guido Reni, Guercino, Domenichino, Francesco Albani, Carlo Dolci e Simone Cantarini. A uno dei più singolari e ineffabili artisti del Seicento, Giovan Battista Salvi (1609–1685), è dedicata questa rassegna su un artista considerato fino ad ora un solitario, ma del quale si vuole proporre una nuova lettura storico critica che ne restituisca i valori concettuali e, anche se può apparire strano, la lucida modernità del suo programma artistico. Quello sguardo sospeso e incantato, quell’urgenza di purezza che due secoli dopo cercheranno anche i preraffaelliti, i nazareni e numerosi altri artisti dell’Ottocento. Non a caso il sottotitolo della mostra recita Un preraffaellita tra i puristi del Seicento. Cesena celebra il Sassoferrato partendo dal nucleo dei cinque capolavori conservati nella Pinacoteca Comunale (un Angelo annunziante, tre Madonne ed una Madonna col Bambino). A partire da questo prezioso patrimonio d’arte, di storia e di fede, da queste famosissime Madonne che trovano repliche e varianti, copie dipinte, santini e riproduzioni oleografiche diffuse per tutto il pianeta, la mostra,inoltre, propone un’ampia e affascinante rassegna, raccogliendo opere autografe dell’artista marchigiano provenienti dalle Gallerie Nazionali di Roma, Firenze e Urbino, oltre che da prestigiose collezioni private, tra cui l’unico Autoritratto conosciuto del Sassoferrato, conservato agli Uffizi. Accanto a venticinque opere di Giovan Battista Salvi la mostra propone una selezione di tele eseguite da altri importanti pittori classicisti allo scopo di tracciare una ideale linea purista intorno all’arte italiana del Seicento. Alcune di queste sono importanti opere inedite, come una Madonna col Bambino dipinta su carta da Annibale Carracci, una Sibilla di Guercino, un Cristo benedicente di Dolci, un San Giovanni Battista di Cantarini o una Vanitas di Michele Desubleo. Esiste un profondo legame di ammirazione ed eredità tra Giovan Battista Salvi e il suo grande conterraneo Raffaello. L’occasione di avere contemporaneamente allestite la mostra cesenate del Sassoferrato e quella che Urbino dedica al Sanzio ha ispirato un collegamento ideale: un’opera del Salvi posseduta dal Palazzo Ducale di Urbino sarà ospite a Cesena mentre prenderà il suo posto una Madonna cesenate del Sassoferrato.

A Bassano del Grappa (Vi) fino al 4 ottobre si potranno ammirare una serie di stampe dei più importanti incisori della storia dell’arte. Gli antichi armadi-espositori della Sala del Tesoro del Museo Remondini ospitano, esattamente per sei mesi, uno spettacolare squarcio della Collezione di famiglia messa insieme, generazione dopo generazione, dalla celebre dinastia di stampatori bassanesi. Sono pezzi d’eccezione che i Remondini hanno acquistato in tutta Europa, un po’ per farne modello della loro produzione volutamente “popolare”, molto per passione. Sono opere di Dürer, Schongauer, Sadeler (tratte dai Bassano), Carpioni, Rembrandt, Tiepolo, Ricci, Canaletto… Accanto ai capolavori dei grandi maestri, l’esposizione propone, ed è elemento di ulteriore interesse, altri tesori del Patrimonio Remondiano custodito nelle raccolte non esposte dei Musei Civici di Bassano. Va detto che tutto ciò che viene proposto in questo nuovo allestimento è patrimonio del Museo Remondini che, per evidenti ragioni di conservazione, propone i suoi tesori con nuove presentazioni a cadenza semestrale. Alcuni dei capolavori che i Remondini hanno collezionato sono affiancati, nella magnifica esposizione ordinata nella Sala del Tesoro, da riprese remondiniane degli originali, stampe che hanno contribuito a diffondere nei cinque continenti quelle immagini. In taluni casi, alle opere a stampa vengono affiancate le matrici, in legno o in rame, utilizzate per realizzarle. Tra le rarità proposte in questa mostra vi sono anche matrici superstiti di incisioni di cui si è invece perduta memoria. Oppure matrici di capi d’opera della Stamperia come quelle (ad essere esposta è la serie completa di 12) de “I miracoli di Sant’Antonio da Padova”. E ancora matrici lignee e stampe originali di altre incisioni che grazie ai Remondini divennero oggetto di culto in molte famiglie: la “Pentecoste” di Tiziano incisa da John Baptist Jackson o “La resurrezione di Lazzaro” del fiammingo Abram Blomaert incisa da Sebastiano Lovison o ancora “La Crocefissione” di Charles le Brun incisa da Giuseppe Bortignoni. La mostra non si limita a proporre incisioni celebri e già ben note ma si sofferma anche su delle rarità come “La Fontana dell’amore”, proposta e studiata per l’occasione. Non poteva poi mancare un omaggio ad alcuni dei best seller Remondinini, opere che trovarono diffusione mondiale e che ancora oggi richiamano immediatamente la memoria della Stamperia: “Il Cane Barbino “ e “Il Gatto Domestico” sono sicuramente fra questi, così come “Il Paese della cuccagna, dove meno si lavora più si guadagna” o l’ “Africa” della serie fortunatissima dei “Continenti”.

A Villa Olmo a Como la mostra Chagall, Kandinsky, Maleviç. Maestri dell’Avanguardia russa presenta ben ottanta opere, tra oli, tempere e disegni, provenienti dai maggiori musei e collezioni private russe, con le quali si ripercorrerà la grande stagione delle Avanguardie Storiche russe, dai primi del Novecento agli inizi degli anni Trenta, con capolavori di Vassily Kandinsky, Marc Chagall, Kazimir Malevič e Pavel Filonov. ll percorso espositivo si focalizzerà sulle opere che Kandinsky, Chagall, Malevič, Filonov realizzarono nel periodo a cavallo della prima guerra mondiale, quello cioè più fervido e produttivo di tutta la loro carriera, in cui lo slancio rivoluzionario si trasformò presto in disillusione. Tra le opere di maggior importanza e fascino si incontrano i dipinti astratti di Kandinsky realizzati tra il 1915 e il 1919, come Due ovali e Ouverture. Bordo viola, entrambi del 1919, o i due oli su vetro del 1918 intitolati La cavallerizza e La cavallerizza sulla collina. Di Kazimir Malevič verranno presentate oltre 20 opere che ripercorrono interamente la ricerca dell’artista nato a Kiev ma stabilitosi in Russia, fin dai primi anni del Novecento, in cui manifesta un’apertura nei confronti della pittura europea - impressionista, postimpressionista e Nabis - come ne Il riposo. Alta società in cappello a cilindro del 1908 o Autoritratto del 1910, passando attraverso le opere cubofuturiste, dai riferimenti espliciti a Léger, alla fase suprematista culminante nel Quadrato rosso del 1915, fino alla tarda produzione neofigurativa che Malevič sviluppa negli anni del regime comunista instaurato dopo la rivoluzione del 1917. Opera chiave di questa fase è Testa di contadino del 1928-29, scelta come immagine simbolo dell’appuntamento comasco. Tra le curiosità che la mostra di Villa Olmo proporrà, è la ricostruzione, fin nei minimi particolari, della stanza di Marc Chagall, con tutti i mobili e le suppellettili, nella quale il grande pittore russo visse e lavorò, quando abitava a Vitebsk, sua città natale. Tra i capolavori spiccano inoltre un Autoritratto con tavolozza del 1914, L’Ebreo rosso del 1915 e Lo specchio, enigmatica opera ricca di spunti e suggestioni, sempre del 1915. Il progetto espositivo permette inoltre di focalizzare l’attenzione su Pavel Filonov, figura oggi molto celebrata in Russia, ma ancora poco conosciuta nel resto del mondo; un pittore visionario, sontuoso e a tratti apocalittico, in cui convive quella combinazione di misticismo e sensualità che rappresenta tuttora un tratto distintivo dell’arte russa, ben rappresentata nell’opera Famiglia contadina del 1914.

A Milano presso la Galleria d’arte sacra dei contemporanei di Villa Clerici vien presentata una mostra piccola, ma quanto mai suggestiva, che ci permette anche di presentare questa raccolta, unica nel suo genere di arte contemporanea. L’immagine di Pio XII nell’arte contemporanea in occasione del settantesimo anniversario della sua ascesa al soglio pontificio. Le opere presentate sono 8, realizzate tra i maggiori artisti italiani contemporanei: Floriano Bodini, Egidio Boninsegna, Ettore Calvelli, Narciso Cassino, Eugenio Manfrini, Francesco Messina, Luciano Minguzzi, Aurelio Mistruzzi. Ad aprire la rassegna sono le medaglie di Aurelio Mistruzzi (1880-1960) ed Egidio Boninsegna (1869-1958), troviamo poi la grande statua in bronzo di Minguzzi (1911-2004), non un ritratto psicologico, ma la quintessenza dell’autorità e del ruolo di papa Pacelli. Più spirituale è invece l’immagine che ne da Narciso Cassino (1914-2003), mentre di Manfrini (1917-2004) troviamo i bozzetti pe runa statua ordinata dal successore di Pacelli, papa Giovanni XXIII. In occasione di quella committenza risultò vincitore Messina (1900-1995), ritenuto il più idoneo a soddisfare le esigenze celebrative ed estetiche che l’autorevolezza del pontefice imponeva. Da ultimo troviamo una piccola scultura di Bodini (1933-2005), un tema, quello dei “Pontefici” su cui ritornò più volte nella sua carriera artistica. L’ultima proposta per l’estate riguarda una mostra naturalistica, dedicata ai cristalli.

A Firenze nelle sale del Museo di Storia Naturale potremo ammirare capolavori naturalistici appartenenti alla collezione privata di Adalberto Giazotto. È come entrare in un fuoco d’artificio e restare abbagliati dal caleidoscopio di colori e forme. Meraviglia e stupore (per chi ci crede anche benefiche energie) accolgono i visitatori appena varcata la soglia delle sale buie dove risplendono miriadi di cristalli naturali: enormi quarzi viola, acquamarine celesti-azzurre e poi malachiti, smeraldi, calciti, topazi, piriti, zolfi, mirabili concrezioni intatte rubate alla profondità della terra. Sono 547 esemplari unici al mondo, appartenenti alla collezione privata di 800 pezzi di Adalberto Giazotto, docente di fisica dell’Università di Pisa. I pezzi più belli della sua collezione sono esposti nelle nuove sale della Specola, contigue alla Tribuna di Galileo, fino a poco tempo fa deposito delle raccolte ornitologiche del museo. Dice il collezionista: «Ho iniziato a 3 anni, in Val d’Aosta. Lì raccoglievo i primi sassi aperti con i quarzi. A Cogne c’erano le miniere di ferro e magnetite. Poi per hobby ho iniziato a studiare il mondo minerale», mostrando gli ultimi acquisti: una tormalina dalle miniere dell’Afghanistan, un’acquamarina dal Pakistan e una calcite su ametista dal Brasile. Pezzi straordinari, sfumati di colori, con forme sfaccettate e purezza uniche. Geometria aggressiva, per mostrare la perfezione della materia caotica. Anni di ricerche, di scambi di pezzi come è di rito tra collezionisti. Di colpi di fortuna alle aste per aggiudicarsi alcune raccolte rare, di viaggi in tutto il mondo per ottenere il cristallo più bello, raro o unico. Svettano dai vetri come gioielli costosissimi, e lo sono davvero visto che i cristalli sono stati assicurati per 25 milioni di euro. «E ci sono voluti centinaia di milioni di anni per essere prodotti in un contesto geologico particolare» precisa Giovanni Pratesi, direttore del Museo, sottolineando il valore di questi beni naturalistici da tutelare, come dimostra il gigantesco smeraldo, o un’acquamarina di 60 chili ritrovata in Karakorum, di 15 mila carati. Elegantissime composizioni, vibrano tutte le gradazioni del rosa, del giallo-arancio nei cristalli di zolfo dalle miniere siciliane vicino ad Agrigento, dei viola delle ametiste boliviane, i rossi della cuprite che arriva dalla Namibia: materiali estremamente deperibili. Per questo ogni minerale è stato trattato e consolidato con un idoneo procedimento.

Frammenti del passato. Tesori dall’ager tiburtinus
Tivoli (Rm) - Villa Adriana
9 aprile 2009 - 1 novembre 2009
Orari: 9.00-19.30
Biglietti: 10€ intero, 6,75€ ridotto

Museo Nazionale Archeologico di Adria
Adria (Ro) - Museo Archeologico (Via degli Etruschi 1)
Orari: tutti i giorni 9.00-20.00
Biglietti: 2€ intero, 1€ ridotto

Divus Vespasianus. Il bimillenario dei Flavi
Roma - Colosseo
29 marzo 2009 - 31 agosto 2009
Orari: 8.30-19.00
Biglietti: 12€ intero, 7,50 ridotto

Il teatro antico e le maschere
Napoli – Museo Archeologico Nazionale
26 giugno 2009 – 31 agosto 2009
Orari: 9.00-20.00 chiuso il martedì
Biglietti: 6,50€ intero, 3,25€ ridotto


Il cotto dell’Impruneta. Maestri del Rinascimento e le fornaci di oggi
Impruneta (Fi) - Basilica e chiostri di Santa Maria e Loggiati del Pellegrino
26 marzo 2009 - 26 luglio 2009
Orari: giovedì - domenica 9.00-13.00/15.00-19.00
Biglietti: 5€ intero, 3,50€ ridotto
Informazioni: www.imprunetacotto.it

Apocrifi. Memorie e leggende oltre i Vangeli
Illegio (Ud) - Casa delle Esposizioni
24 aprile 2009 - 4 ottobre 2009
Orari: 10.00-19.00 chiuso il lunedì
Biglietti:: 7€ intero, 5€ ridotto
Informazioni: www.illegio.it

Nicolò dell’Abate alla corte dei Boiardo. Il Paradiso ritrovato
Scandiano (Re) - Rocca dei Boiardo (Piazza Boiardo)
10 maggio 2009 - 11 ottobre 2009
Orari: martedì- venerdì 15.30-19.30; sabato- domenica 10.00-19.00 chiuso il lunedì
Biglietti: 8€ intero, 5€ ridotto

Andrea Brustolon. Il Michelangelo del legno
Belluno - Palazzo Crepadona.
28 marzo 2009 - 12 luglio 2009
Orari: tutti i giorni 9.00-19.00; venerdì e sabato 9.00-20.00
Biglietti: 10€ intero, 7€ ridotto
Informazioni: www.brustolon.it

Il Sassoferrato. Un preraffaellita tra i puristi del Seicento
Cesena - Galleria Comunale d’Arte (Palazzo del Ridotto)
16 maggio 2009 - 25 ottobre 2009
Orari: martedì - domenica 9.30-12.30/17.00-20.00
Ingresso gratuito
Informazioni: www.cesenacultura.it

Dürer, Tiziano, Rembrandt, Tiepolo. I grandi incisori ospiti dei Remondini
Bassano del Grappa (Vi) - Museo Remondini
Orari: martedì sabato 9.00-13.00/15.00-18.00; domenica e festivi 10.30-13.00/15.00-18.00
Biglietti: 4€ intero, 3€ ridotto
Informazioni: www.comune.bassano.vi.it.it

Chagall, Kandinsky, Maleviç. Maestri dell’Avanguardia russa
Como - Villa Olmo
4 aprile 2009 - 26 luglio 2009
Orari: martedì, mercoledì, giovedì 9.00-20.00; venerdì, sabato, domenica 9.00-22.00
Biglietti: 9€ intero, 7€ ridotto

L’immagine di Pio XII nell’arte contemporanea
Milano - Villa Clerici / Galleria d’arte sacra dei contemporanei
16 giugno 2009 - 18 luglio 2009
Orari: lunedì - venerdì 9.30-12.30/14.00-16.30; sabato e domenica su appuntamento solo per gruppi e associazioni
Biglietti: 5€ intero, 2,50€ ridotto

Cristalli. La più bella mostra di minerali al mondo
Firenze - Museo di Storia naturale La Specola
1 aprile 2009 - 1 ottobre 2009
Orari: tutti i giorni 9.30-16.30 chiuso il lunedì
Biglietti: 10€
Informazioni: www.mostracristallifirenze.it

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