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In attesa della primavera

Autore:
Roda, Anna
Fonte:
CulturaCattolica.it

Stiamo attraversando un inverno particolarmente rigido, eppure marzo sarà caratterizzato dall’arrivo della primavera. In attesa del tepore della bella stagione ecco alcune mostre, scelte nel vastissimo panorama dell’arte italiana. Le proposte vengono presentate nell’ ordine cronologico dei temi trattati.

Roma
è la capitale d’Italia e dell’arte classica del Bel Paese; ecco quindi una mostra archeologica di particolare interesse. A Palazzo Massimo è in mostra, dal 16 dicembre 2009 fino al 18 aprile 2010, uno straordinario complesso di oggetti in marmo dipinto provenienti da scavi clandestini nel territorio dell’antica Ausculum, l’odierna Ascoli Satriano (Foggia): un unicum nel panorama dell’archeologia classica. L’eccezionalità di questa serie di manufatti risiede non solo nell’alta qualità del marmo, ma anche nella decorazione pittorica, così rara nei marmi giunti sino a noi e, soprattutto, nella storia del ritrovamento di questi pezzi, per la prima volta riuniti in una mostra a Roma. Indagini del Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale hanno permesso di ricondurre al medesimo contesto archeologico diciannove elementi di marmo sequestrati nel 1978 dalla Guardia di Finanza e due esemplari conservati al J.-P. Getty Museum di Los Angeles e restituiti all’Italia nel 2007, un sostegno di mensa con grifi ed un podanipter (grande bacino cerimoniale).

Passiamo ora ad una non meno interessante mostra che si aprirà a Mantova a metà mese presso la sede di Palazzo Te e dedicata agli arazzi rinascimentali delle famiglia Gonzaga. Fin dall’antichità i tessuti preziosi sono stati la componente ornamentale mobile prediletta di re e nobili di tutta Europa e dalla metà del Trecento gli arazzi ne hanno rappresentato la parte primaria. Quei tessuti di dimensioni gigantesche, veri e propri affreschi mobili, facili da trasportare da una residenza all’altra, da appendere e staccare, non si limitavano alla funzione di difendere dal freddo e dalle intemperie, ma dovevano anche costituire uno sfondo variopinto e conforme ai desideri dei committenti e ne manifestavano la ricchezza e il prestigio. La rassegna mantovana presenta una selezione - trentaquattro opere - degli arazzi più belli appartenuti ai Gonzaga e realizzati durante il Rinascimento. I signori di Mantova acquistarono infatti degli arazzi fin dal Quattrocento, seguendo in questo l’esempio delle altre grandi famiglie italiane, come gli Estensi a Ferrara o i Farnese a Parma. Ma fu soprattutto nel Cinquecento che gli acquisti di arazzi conobbero un forte incremento per via dell’interesse nutrito verso questa particolare arte dai tre figli di Francesco II Gonzaga (1466-1519), quarto marchese di Mantova, e di Isabella d’Este (1474-1539). Quasi tutti gli arazzi furono realizzati nelle Fiandre, oppure in Italia, a opera di arazzieri di origine fiamminga. A quell’epoca i Paesi Bassi meridionali erano i maggiori produttori di arazzi, con Bruxelles come epicentro e con Anversa come principale centro di vendita grazie al porto più grande del Nord Europa, sede di un mercato apposito. Esistono numerose lettere scambiate tra il cardinale Ercole e suo fratello Ferrante e i loro agenti inviati al Nord, che ci rendono l’immagine viva di intense trattative commerciali. Gli arazzi in mostra risalgono tutti all’”epoca aurea” di quella produzione fiamminga. A Mantova sono attualmente presenti diciotto arazzi commissionati dai Gonzaga: nove arazzi degli Atti degli Apostoli, copie della serie della Cappella Sistina eseguiti su cartoni di Raffaello, acquistati dal cardinale Ercole Gonzaga e poi donati alla basilica palatina di Santa Barbara, oggi custoditi presso il Palazzo Ducale; i tre Millefiori di Isabella d’Este e sei episodi della Vita di Cristo, donati dal vescovo Francesco Gonzaga nel 1598, oggi nel Museo Diocesano. Ma la maggior parte della collezione, composta da cinquantadue pezzi, è sparsa in altre località italiane (Milano, Monselice, Trissino e Palermo) e estere (Francia, Belgio, Inghilterra, Germania, Portogallo e Stati Uniti d’America).

Ben tre città italiane, Mondovì,Trento e Roma, dedicano mostre ad uno dei protagonisti dell’arte barocca, Andrea Pozzo (1642-1709). Nato a Trento, entrò nel 1665 nella Compagnia di Gesù a Milano, portando nella congregazione le sue qualità e capacità artistiche come pittore, architetto e trattatista. A Mondovì il Pozzo fu chiamato dai suoi confratelli nel 1676 per decorare la cupola della nuova chiesa dedicata a San Francesco Saverio. Il risultato fu tale che il pittore venne richiesto a Torino per decorare la volta della chiesa dei Santi Martiri. Nel 1681 fu chiamato a Roma dallo stesso padre generale Oliva, per lavorare alla chiesa gesuita di S.Ignazio di Loyola, dove il Pozzo realizzerà il gigantesco affresco della gloria del santo. Altre prestigiose committenze, sempre all’interno del suo ordine, gli vennero dal Liechtenstein e da Vienna, città nella quale trovò la morte nel 1709 e nella quale é stato tumulato. Le tre rassegne vogliono fare luce sull’opera del pittore gesuita: a Mondovì, dopo l’impegnativo restauro degli affreschi della chiesa di Francesco Saverio, si potrà salire sui ponteggi per ammirare da vicino i lavori del Pozzo. A Trento l’esposizione intende mostrare la poliedrica figura di questo artista attraverso una quarantina di opere come pale d’altare, dipinti di devozione privata, bozzetti e disegni. A Roma ancora disegni: circa 160 bozzetti di vario tipo, senza contare i capolavori presenti nella chiesa del Gesù.

Ancora barocco, ma questa volta a Napoli, con la rassegna Ritorno al barocco. Si tratta di un ampio progetto espositivo, che comprende 6 esposizioni tematiche in altrettante sedi museali a Napoli - Museo di Capodimonte, Castel Sant’Elmo, Certosa e Museo di San Martino, Museo Duca di Martina, Museo Pignatelli, Palazzo Reale - e coinvolge l’intera città e il territorio regionale con 51 itinerari nei luoghi barocchi: chiese, certose, collegiate, palazzi, musei regionali. Ritorno al barocco è un affascinante percorso di storia e d’arte da Caravaggio a Francesco Solimena e ai tardi esponenti dell’ultima stagione del barocco napoletano. L’evento espositivo intende documentare i progressi conoscitivi degli ultimi trent’anni, dal 1979 al 2009, su aspetti, momenti e generi che caratterizzarono la stagione del barocco a Napoli, definita cronologicamente da tre momenti: l’arrivo di Caravaggio a Napoli nel 1606, la presenza in città di Luigi Vanvitelli e Ferdinando Fuga (1750) e la partenza di Carlo di Borbone per la Spagna (1759). Le 6 mostre, che costituiscono il percorso principale del Ritorno al barocco, presentano al pubblico dipinti, disegni, sculture, arredi, gioielli, tessuti, ceramiche e porcellane, provenienti da collezioni private e musei italiani e stranieri; oltre 500 opere - in gran parte inedite o recentemente restaurate - suddivise tra i molteplici e diversi aspetti rappresentati dalla produzione artistica dei centocinquanta anni di elaborazione e diffusione di questo linguaggio figurativo e culturale. L’intento è quello di restituire un’ immagine della città fatta di splendore di arte e cultura, quale apparve ai tanti viaggiatori italiani e stranieri che, con curiosità ed emozione, la visitarono nel Seicento, nel Settecento e ancora nel primo Ottocento. Un insieme straordinario, in chiese, palazzi e musei, che evidenziano e riaffermano singolarità, originalità e valori della lunga stagione di altissima civiltà europea e mediterranea quale è stata quella del barocco a Napoli.

A Venezia, presso il Museo Correr, troviamo una rassegna dedicata all’Ottocento. La collezione dei disegni dell’Ottocento veneziano del Museo Correr è una delle più ampie nel panorama della grafica di quel secolo. Si tratta di svariate centinaia di fogli di differente qualità e natura che - forse oscurati dalla celebrità dei disegni settecenteschi massicciamente presenti nelle collezioni del Correr - non hanno mai avuto l’attenzione che avrebbero meritato, rimanendo a lungo considerati un patrimonio ‘minore’ e prevalentemente utilizzati a scopo documentario. A poco a poco, però, è emersa l’eccezionale importanza di questi fondi sotto molteplici punti di vista. Nell’ambito del programma di valorizzazione dell’immenso patrimonio delle collezioni, la Fondazione Musei Civici di Venezia ne presenta con questa mostra al Correr una vasta rassegna. Sono opere in grandissima parte inedite, dovute ad autori come Caffi, Pividor, Giacomo Guardi, Moro, Bosa, Vervloet e altri. La mostra presenta opere d’argomento veneziano o concepite e realizzate a Venezia, a proposito di Venezia, o ispirate alla città e ai suoi aspetti monumentali e sociali come soggetto di esercitazione o di risonanza poetica. Sorprendente la Venezia che emerge dai disegni ottocenteschi del Correr: insieme moderna e antica, distratta e sofferente, segreta e arcinota, rivela i nervi e i muscoli di un corpo piagato ma non piegato, vitale, dinamico. Soprattutto vi si registra l’irruzione di realtà, di vero oltre la retorica e il rimpianto, oltre la nostalgia e il lamento. Una Venezia insolita e piena di fascino negli anni di Ruskin e dei primi grandi e controversi progetti di restauro, delle affermazioni di un turismo alla ricerca di sensazioni diverse dal grand tour illuminista.

Facciamo ora un deciso salto verso l’arte contemporanea e dai suggestivi disegni di Venezia passiamo alle opere di Burri e Fontana. A Catania presso la Fondazione Puglisi-Cosentino troviamo una mostra dedicata ai due prestigiosi, “scandalosi” e spericolati maestri dell’informale - non solo italiano - messi a confronto, uno al cospetto dell’altro, ciascuno con le sue provocazioni e idee visionarie che hanno infestato gli anni ‘50 e ‘60. Alberto Burri, umbro di Città di Castello, scomparso nel ‘95 a ottant’anni, con le sue audaci sperimentazioni di materiali improbabili con cui ha stravolto ogni velleità tradizionale e accademica. Lucio Fontana (1899-1968), con i suoi gesti estremi e paradossali di tagliare e bucare la tela, ma anche la materia, per conquistare una nuova dimensione spaziale, collaudando portentosi “concetti spaziali” e divenendo ideologo e fondatore dello “spazialismo”. La mostra li pone l’uno accanto all’altro, in un fitto percorso vis a vis di circa cento opere significative dei maggiori cicli della loro produzione dal ‘47 in poi, che hanno drasticamente segnato una svolta nell’arte del Novecento, divenendo punto di riferimento delle generazioni successive. Due strade maestre quelle segnate da Burri e Fontana che nel 1952 firmano il Manifesto del Movimento Spaziale per la televisione, alla Biennale di Venezia. A Burri si deve l’intuizione fenomenale del gioco spericolato che poteva offrire la scoperta della bellezza nella materia più povera e più “rifiutata”. Così, con Burri viene sviscerata tutta la forza espressiva di vecchi sacchi di juta, la fierezza di plastiche combuste, la forza ritmica di legni e ferri arrugginiti, la raffinatezza del catrame, la duttilità della pietra pomice, la poesia della segatura e della polvere di alluminio. E la mostra ripercorre tutte le varie trasfigurazioni della sua materia, tra i “Catrami”, i “Sacchi”, le “Plastiche”, le “Combustioni”, i “Ferri”, i “Cellotex”, i “Cretti”, fino allo straordinario “Cretto di Gibellina”.
In parallelo, per Fontana l’assidua definizione della spazialità avviene sotto il segno dei suoi “Concetti spaziali”, siano essi le sculture del ‘47 o i “Buchi” e i “Tagli- Attese” degli anni tra il ‘49 e il ‘58, oppure gli “Ambienti”, le “Nature”, i “Quanta” e i “Teatrini” e altre straordinarie creazioni in metallo o al neon che concludono la sua vicenda artistica.

Dopo l’arte contemporanea, ecco l’arte etnica del Museo popoli e culture di Milano con una mostra dal titolo Molas. L’arte dei Kuna di Panama. Le molas sono dei veri e propri “quadri” di tessuto, realizzati con grande senso artistico dalle donne kuna - etnia indigena di Panama - che li utilizzano come corredo. Le donne di ogni età, infatti, dalle bambine alle più anziane, vestono sempre e solo molas. Non indossarle significa non sentirsi Kuna. La mola è il simbolo fondamentale della Kunaitè sia a livello individuale che a livello sociale. A livello individuale, ogni donna è la designer di se stessa poiché crea la propria mola e la indossa a seconda dei suoi gusti e desideri, al di là delle mode o delle imposizioni iconografiche. A livello sociale, la mola distingue le donne dagli uomini all’interno della società Kuna e distingue i Kuna dagli stranieri. Questi pannelli di stoffa, parte integrante del costume, nonché simbolo del gruppo etnico panamense, presentano disegni astratti, lineari e geometrici, direttamente derivati dalle decorazioni usate originariamente per dipingere il corpo ma anche ispirati alla flora e fauna locale o alla mitologia Kuna e sono realizzati con la tecnica del reverse appliqué in una grande varietà di colori. Anticamente era appannaggio delle donne realizzare i tatuaggi, il loro ruolo di decoratrici continua ora nelle molas. Nonostante si tratti di esemplari unici, le molas risultano accomunate dall’esuberanza del colore, dalla densità dell’organizzazione decorativa e dall’equilibrio, riflettendo il solido ideale kuna di una società in cui ordine, coesione ed armonia rappresentano uno stile di vita. La ragguardevole qualità estetica delle loro creazioni è valsa a queste donne la reputazione di eccezionali artiste. Viva, varia, piena di humor, l’arte delle molas nasce dalla tradizione, ma si collega per diversi aspetti all’arte contemporanea.

A conclusione del nostro percorso due mostre di fotografia. La prima sempre a Milano allo Spazio Forma. Per la prima volta viene presentata al pubblico la straordinaria collezione di Paolo Morello, con la sua serie di opere in stampe originali che raccontano la storia della fotografia italiana dall’immediato secondo dopoguerra fino alla metà degli anni Settanta. Sono gli anni in cui la fotografia in Italia registra, in assoluto, le sue punte massime di incidenza sociale; quando, nell’immediato dopoguerra, la televisione non aveva ancora preso il sopravvento e l’informazione era mediata attraverso la stampa illustrata (e dunque, attraverso la fotografia). Proprio in quegli anni, inoltre, una generazione di giovani, per la prima volta, comincia a pensare alla fotografia come a una professione. Questa inedita osmosi tra fotoamatori e fotografi professionisti produce risultati di una qualità che non sarebbe mai più stata eguagliata. Del resto, sono stati anni cruciali per la storia italiana e la fotografia è stata lo strumento che meglio di ogni altro ha saputo rappresentare non soltanto la rapida trasformazione della società del nostro paese negli anni del cosiddetto boom economico, ma anche un sistema di valori che ancor oggi identifica la cultura italiana nel resto del mondo.
La mostra presenta 250 capolavori in stampe originali (vintage prints) dei maggiori autori italiani attivi tra gli anni Cinquanta e Sessanta. Una trentina gli autori in esposizione, tra i quali Gianni Berengo Gardin, Carlo Bevilacqua, Paolo Bocci, Piergiorgio Branzi, Giuseppe Bruno, Alfredo Camisa, Calogero Cascio, Elisabetta Catalano, Carla Cerati, Vittorugo Contino, Mario Cresci, Francesco Carlo Crispolti, Mario De Biasi, Toni Del Tin, Mario Dondero, Ferruccio Ferroni, Mario Finocchiaro, Caio Mario Garrubba, Mario Giacomelli, Mario Lasalandra, Giorgio Lotti, Pepi Merisio, Giuseppe Möder, Paolo Monti, Federico Patellani, Tino Petrelli, Vittorio Piergiovanni, Franco Pinna, Marialba Russo, Antonio Sansone, Tazio Secchiaroli, Elio Sorci. Un rilievo particolare nel percorso dell’esposizione è dedicato ad alcune serie di eccezionale valore, quali Venezia di Gianni Berengo Gardin, Budapest 1956 di Mario De Biasi, Forma di donna di Carla Cerati, Giudizio e Storia di un dramma, di Mario Lasalandra, Cronotopi di Vittorugo Contino.
La seconda mostra si trova a Palermo: La camera dello sguardo-Fotografi italiani. L’esposizione - un collettivo inedito ideato e allestito per S.Elia - ospita una collettiva ricchissima, che conta 29 autori (tra i quali due siciliani, Ferdinando Scianna e Lia Pasqualino) e 98 opere. Un lungo viaggio per immagini, dagli anni ‘50 ad oggi, un excursus di luoghi, facce, epoche, illuminazioni, pensieri e solitudini che, nella sua complessità e totalità, declina lo stile della fotografia italiana e delinea una virtuosa comunione tra fotografia e arte riconosciuta a livello internazionale. Tanti i temi, i soggetti, le storie scelti per le varie inquadrature, ma uno soltanto il denominatore che lega le immagini esposte: “La fotografia italiana introduce nell’ambito dell’immagine la torsione tipica dell’anamorfosi, che appartiene alla storia della pittura, adoperando rigorosamente gli strumenti del linguaggio fotografico. Si mette nella posizione del duello: il fotografo, di fronte al dato, non lascia scattare il dito sulla macchina precipitosamente, bensì promuove una serie di relazioni e rispecchiamenti, La fotografia non è casuale e istantanea, non è il risultato di un raddoppiamento elementare, bensì di una messa in posa che complica e rende ambigua la realtà da cui parte. Bonito Oliva definisce “pathos della distanza” la “consapevolezza di una presenza, di un diaframma costituito dal linguaggio figurativo che permette di denominare le cose ma non di possederle”. Da qui, dalla posizione volutamente ‘aliena’ del fotografo, trae origine il titolo della mostra, il riferimento forse a prima vista enigmatico a quello spazio blindato e asettico che è l’occhio del fotografo, camera dello sguardo, appunto.

Il segreto di marmo. I marmi dipinti di Ascoli Satriano
Roma – Museo Nazionale Romano (Palazzo Massimo)
16 dicembre 2009 – 18 aprile 2010
Orari: martedì – domenica 9.00-19.45, chiuso il lunedì
Biglietti: 7€ intero, 3,50€ ridotto

Gli arazzi dei Gonzaga nel Rinascimento da Mantegna a Raffaello e Giulio Romano
Mantova – Palazzo Te
14 marzo 2010 – 27 giugno 2010
Orari: lunedì 13.00-18.00, martedì-domenica 9.00-18.00
Biglietti: 10€ intero, 8€ ridotto
Informazioni: www.centropalazzote.it

Andrea Pozzo. Il trionfo dell’illusione
Mondovì (Cn) – Chiesa della Missione
20 dicembre 2009 – 30 aprile 2010
Orari: martedì – giovedì 14.00-19.00; venerdì 14.00-23.00; sabato – domenica 10.00-19.30
Biglietti: 8€ intero, 4€ ridotto
Informazioni: www.andreapozzo2009.it

Trento – Museo Diocesano
19 dicembre 2009 – 5 aprile 2010
Orari: tutti i giorni 9.30-12.30/14.00-17.30 chiuso il martedì
Biglietti: 4€ intero, 2,50€ ridotto
Informazioni: www.museodiocesanotridentino.it

Roma – Istituto Nazionale per la Grafica (Palazzo Fontana di Trevi)
5 marzo 2010 – 2 maggio 2010
Informazioni: www.unigre.it

Ritorna al Barocco
Napoli – sedi varie
12 dicembre 2009 – 11 aprile 2010
Informazioni: www.ritornoalbarocco.it

800 disegni inediti dell’Ottocento veneziano
Venezia – Museo Correr
19 dicembre 2009 – 11 aprile 2010
Orari: lunedì – domenica 10.00-17.00
Biglietti: 4€
Informazioni: www.museiciviciveneziani.it

Burri / Fontana. Materia e spazio
Catania – Fondazione Puglisi – Casentino
15 novembre 2009 – 14 marzo 2010
Orari: martedì-venerdì, domenica 10.00-13.30/ 16.00-19.30; sabato 10.00-13.30/16.00-21.30, chiuso il lunedì
Biglietti: 8€ intero, 5€ ridotto
Informazioni: www.fondazionepuglisicosentino.it

Molas. L’arte dei Kuna di Panama
Milano – Museo Popoli e Culture
17 febbraio 2010 – 17 aprile 2010
Orari: lunedì – sabato 9.00-12.30 / 14-18, chiuso domenica e festivi
Biglietti: 5€ intero, 3€ ridotto
Informazioni: www.museopopolieculture.it

La fotografia in Italia. 1945-1975 Capolavori della collezione Morello
Milano – Forma (Centro Internazionale di fotografia)
11 febbraio 2010 – 2 giugno 2010
Orari: martedì – domenica 10.00-20.00; giovedì – venerdì 10.00-22.00, chiuso il lunedì
Biglietti: 7,50€ intero, 6€ ridotto, 4€ scuole
Informazioni: www.formafoto.it

La camera dello sguardo. Fotografi italiani
Palermo – Palazzo Sant’Elia
19 dicembre 2009 – 21marzo 2010
Orari: martedì – domenica 9.00-13.00/16.00-19.30, chiuso il lunedì
Ingresso libero

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