Verso Pasqua. Aprile in mostra
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Un aprile ricco di iniziative culturali e mostre, forse si tratta di un modo inedito di prepararsi alla Pasqua, ma certamente può essere un contributo a guardare in modo diverso e più critico ciò che abbiamo attorno a noi.
Le nostre proposte iniziano da Milano: presso la sede espositiva di Palazzo Reale troviamo una mostra imperdibile dedicata ad Arcimboldo, uno dei pittori più suggestive del Cinquecento italiano. La personalità di Giuseppe Arcimboldo, nel passato come oggi, è stata coronata da fama e successo. Lo stesso Arcimboldo, di ritorno a Milano da Praga nel 1587, si premura di consolidare la propria fama dettando agli amici artisti, umanisti e storici le proprie imprese d’artista alla corte degli Asburgo. Il suo nome viene però presto dimenticato e nei secoli successivi la sua opera etichettata come “scuola di Leonardo”. Non c’è dubbio che il maestro di Vinci sia alla base della cultura di Arcimboldo, ma da questa inesauribile fonte d’ispirazione l’artista milanese trae le mosse per sviluppare uno stile personalissimo. Il contesto culturale in cui si muove Arcimboldo, il suo apprendistato e le sue prime opere in ambito milanese sono state finora considerate come un prologo di un’attività artistica svoltasi principalmente fuori dall’Italia. La tradizione artistica milanese e lombarda ebbe invece un ruolo fondamentale nella formulazione delle famosissime teste composte e delle “bizzarie” di Arcimboldo, come gli studiosi lombardi hanno ripetutamente sottolineato: ma tali spunti non sono stati finora recepiti dalla ricerca internazionale. Il principale obiettivo dell’esposizione milanese è quello di “restituire” Arcimboldo al suo contesto d’origine, per capire le ragioni della sua chiamata alla corte degli Asburgo (gli studi naturalistici, le coreografie per cortei e feste, o ancora i ritratti), precisare le radici culturali delle sue teste composte, e approfondire infine il ruolo giocato dall’artista nello sviluppo dei generi della natura morta e delle “pitture ridicole”. La mostra, divisa in nove sezioni, prende il via con un viaggio nella Milano cinquecentesca, un percorso tra disegni, pittura e preziosi oggetti usciti dalle officine artigianali milanesi, disegni grotteschi di Leonardo provenienti dalla Pinacoteca Ambrosiana, da Venezia e Vienna, accompagnati da disegni e dipinti di seguaci come Girolamo Della Porta, Bernardino Luini, Giovanni Antonio De Predis, Cesare da Sesto, Francesco Melzi, Giovanni Paolo Lomazzo, Giovanni Ambrogio Figino per attestare l’influenza di Leonardo nello studio della fisionomia caricata e della figura, della natura, dell’atmosfera come della flora e fauna. Da uno dei più suggestivi artisti del Cinquecento, autore peraltro di una vetrata del Duomo di Milano, passiamo ad un artista contemporaneo, Lucio Fontana, famoso per i tagli nelle tele. Forse non tutti sanno che Fontana ebbe un’importante produzione sacra. Le tre ‘Vie Crucis’ che Lucio Fontana realizzò nel decennio 1947-1957 sono esposte nel nuovo spazio espositivo di Palazzo Lombardia, inaugurato per l’occasione Regione Lombardia. La stessa Regione Lombardia decise di acquistare lo scorso anno la ‘Via Crucis bianca’ (14 ceramiche realizzate da Fontana tra il 1955 e il 1957). In mostra oltre alla ‘Via Crucis bianca’ vengono esposte la ‘Via Crucis’ in ceramica del 1947, ora in collezione privata a Parma, e la ‘Via Crucis’ in terracotta proveniente dalla Cappella dell’Istituto religioso le Carline (1956-57), oggi conservata nella Cripta della Chiesa di San Fedele a Milano, che sarà invece visibile con l’ausilio di schermi multimediali. Dopo il grande maestro Fontana alcuni giovani artisti presentati il primo dalla Galleria di Barbara Frigerio, mentre i secondi dalla Galleria Previtali. Daniele Cestari vede la città come la macchina più complessa che l’uomo abbia mai costruito: l’identità di questo singolare congegno consiste nella manifestazione, apparentemente inconoscibile, delle creazioni architettoniche. Ed è il vero carattere della città che egli cerca di esprimere attraverso i suoi dipinti. La chiave per una loro possibile lettura sta nella predilezione per i luoghi più anonimi e remoti, nei quali l’unico aspetto dinamico è dato dalle automobili di passaggio e dagli effetti di luce e ombra. Un metodo di lavoro che consiste nell’amplificazione di questo potere urbano al suo stato primordiale, e che è evidente nel tratto dominante, con le pennellate rapide e le sagome appena definite degli edifici. Con l’impressione che, a vedere tutto ciò, sia un passante che osserva la città da un taxi. Apparentemente diversissimi tra loro, i lavori di Monica Anselmi e Luigi Bianchini hanno in sé un identico approccio emotivo nei confronti della realtà. Dalle opere di entrambi gli artisti sembra levarsi un grido ruvido, una sorta di allarme, come la premonizione di un evento non necessariamente tragico, ma certamente epocale.
Monica Anselmi lavora per aggiunte e sottrazioni. I suoi quadri rispecchiano la vicenda emotiva di uno spirito ricco e inquieto, affascinante e contraddittorio, mai definitivamente appagato e in costante lotta con se stesso. Sono opere sofferte, da guardare lentamente e da conquistare palmo a palmo, sulle quali si incontrano elementi e suggestioni diverse di realismo fotografico e abbozzi incerti, volutamente non finiti. La figura femminile emerge come un’icona dalla bellezza spesso graffiata, o negata da un improvviso colpo di pennello, quasi a simboleggiare una femminilità in bilico - proprio come sta accadendo oggi - tra emancipazione e tragico ritorno al ruolo di bambola senza dignità. I colori freddi, lividi, giocati tra i grigi e gli azzurri, si alzano all’improvviso accesi da un graffio rosa o da una macchia rossa o ocra che appare come una ferita. Un gesto più misurato - sebbene altrettanto fortemente sentito - è quello che si legge nelle opere di Luigi Bianchini. Il suo grido si rapprende in lavori di grandissima eleganza esecutiva in cui la materia appare accartocciata e poi lisciata, come in un gesto di inutile pentimento. Qualcosa di umano e di carnale pervade queste opere, astratte ma gremite di riferimenti figurativi, che fanno pensare a lastre radiografiche o, talvolta, a corpi abbandonati alla decomposizione. Altre volte, tuttavia, l’artista si concede a una luminosità più diffusa, a un vago senso di ottimismo. Allora le sue visioni assomigliano a fotografie aeree del mare, oppure di cime innevate di innaturale, splendente purezza.
Torniamo ad un gigante dell’arte del Novecento europeo, Alberto Giacometti alcune delle cui opere sono esposte al MAGA di Gallarate. L’aspetto più sensazionale è proprio nel carattere intimo, privato, delle opere esposte. Peppiatt. il curatore, ha potuto scartabellare tra i materiali di Alberto Giacometti (1901-1966), che aveva lo studio a Montmartre, scovando ritratti scultorei o dipinti che raffigurano spesso membri della famiglia. Un’anima tormentata quella di Giacometti, ma non doma quella degli uomini e delle donne che l’artista raffigura. Stupenda, in apertura di esposizione, la Grande donna, statua del 1960 la cui ombra viene fatta protendere lungo la parete bianca, con effetto sinistro. Non è un caso che Peppiatt abbia scelto solo opere del dopoguerra: l’elaborazione di un lutto di massa acquista connotati metafisici, ma è incredibile come l’artista si ostini a evocare l’elemento umano dalla materia informe e tormentata. Molte le esemplificazioni espressive del processo: forse la più sorprendente è «Buste d’homme» del 1950, altra scultura dove la frontalità prospiciente del volto prende forma con uno sguardo lievemente attonito. Gli stessi sguardi sono invece più rasserenati nei ritratti di madre o in Annette assisa (Petite, del 1956, e Grande, del 1958). L’essenza umana è per Giacometti energia pura, non esistono sculture statiche, quasi una reazione dinamica alla grave fragilità delle sembianze. Le sculture ritraggono membri della famiglia Giacometti: il padre, la madre, la sorella Ottlilia e il fratello Diego. Un secondo gruppo propone invece un campione rappresentativo dei lavori figurativi del dopoguerra di Giacometti: figure intere sia maschili che femminili, un Homme qui marche, alcune di teste di Lotar una Femme de Venise e diversi busti della moglie Annette. La collezione di disegni è molto vasta e comprende tanto ritratti a figura intera quanto copie di lavori da opere classiche, insieme agli schizzi sui più diversi supporti. Benché le opere scelte siano focalizzate sul periodo della maturità artistica di Giacometti, sono molti gli aspetti della mostra che puntano verso un Giacometti intimo, com’è lecito attendersi da una collezione di proprietà della stessa famiglia Giacometti. Un’ampia sezione documentaristica, anch’essa ricca di materiali sino ad oggi inediti, completa la mostra. Vi sono presentate immagini fotografiche che ritraggono l’artista al lavoro e che raccontano delle sue frequentazioni, insieme a lettere e ad altri documenti, per far rivivere una personalità artistica d’eccezione.
Spostiamoci ora a Genova per una mostra dedicata ai sempre graditi impressionisti dal titolo Mediteraneo. Da Corot a Monet a Matisse. La sfida impossibile, la prova del fuoco: questo è stato il Mediterraneo, con la sua luce e i suoi colori, per almeno cinque generazioni di artisti, tutti calamitati in Riviera a catturare con i pennelli le magie che si creano all’infrangersi della luce sul movimento dell’acqua. E non solo l’acqua del grande mare, ma anche il suo immediato entroterra, aspro e rigoglioso al tempo stesso, lucente di un sole abbagliante che per esempio Van Gogh ha immortalato in quadri celebri, così come Cézanne. Questa mostra riunisce il meglio di quelle sfide, i magnifici capolavori che esse hanno generato. Infatti Il protagonista è proprio il Mar Mediterraneo, rappresentato nei circa 80 dipinti esposti, in cui grandi artisti si sono messi alla prova cercando di ritrarne la luce, i colori e le sfumature. Renoir, Van Gogh, Corot, Monet, Serat, Cézanne, Courbet, Matisse: sono solo alcuni dei nomi presenti alla mostra, personaggi che sono rimasti incantati dal fascino delle coste mediterranee e ne hanno fatto i loro modelli. Alcuni di loro, come Monet e Renoir hanno perfino soggiornato per un certo periodo nella località di Bordighera (IM). Anche la corrente espressionista dei Fauves ha trovato nel mare una ricca fonte d’ispirazione e a loro è dedicata una sezione espositiva all’interno della mostra.
Tappa ora a Firenze per una mostra che collega passato e presente in una serie di rimandi e suggestioni tra correnti artistiche e artisti. Si tratta di un percorso innovativo ed affascinante presso il neonato Museo Annigoni (Villa Bardini, Costa San Giorgio 2), dal titolo Novecento sedotto. Da Velázquez a Annigoni. L’allestimento mette insieme 50 opere di autori italiani e internazionali che, a cavallo fra le due guerre, hanno vissuto il fascino della pittura seicentesca. Una sorta di passione che accomunò molti autori attorno alla grande Mostra della pittura italiana del Seicento e del Settecento, allestita nel 1922 a Firenze. Un evento unico, che presentò sotto un’altra luce oltre mille opere del diciassettesimo secolo e per la prima volta raccolse sotto lo stesso tetto diverse opere del Caravaggio, al tempo ancora dimenticato. L’interesse verso la pittura del seicento investì artisti come Giorgio De Chirico, Primo Conti, Achille Fucini, Pietro Annigoni, le cui opere in mostra dialogano con i capolavori di Artemisia Gentileschi, Jusepe de Ribera, Diego Velázquez (presente l’Acquaiolo, recentemente restaurato).
Concludiamo la nostra rassegna a Roma con due eventi: il restauro e l’apertura della Casa delle Vestali e la mostra dedicata a Aleksandr Deineka. Il maestro sovietico della modernità.
Uno dei gioielli del Foro romano ritorna agli antichi splendori: dopo venti anni viene restituita alla città la Casa delle Vestali, che si trova là dove la piazza del Foro romano comincia a salire verso il Palatino, tra la via Nova e la via Sacra, dietro al Tempio di Vesta. Oggi, infatti, dopo importanti lavori di restauro, è stato inaugurato l’itinerario denominato via Nova, il tracciato stradale visibile sulla pendice Nord-Occidentale del Palatino, che con un percorso rettilineo va dalla zona a monte dell’atrium Vestae fino all’inizio del Clivo Palatino. I lavori hanno riguardato complessivamente un’estensione di 4.085 metri quadri, di cui un primo intervento che ha avuto come obiettivo la riapertura dell’Atrium Vestae, di 1.568 metri quadri. Nella casa delle Vestali vivevano le sacerdotesse consacrate al culto ancestrale, puro e nobile della dea, per celebrarlo venivano scelte dal pontefice massimo sei vergini, fra i sei e i dieci anni, di famiglie patrizie e prive di imperfezioni fisiche, che prestavano servizio per trent’anni con l’obbligo della castità. Il loro compito consisteva nel proteggere e venerare appropriatamente alcuni dei suoi simboli più sacri: il focolare di Vesta ed il Palladio, portato nel Lazio da Enea. In virtù di questo loro compito, le Vestali godevano di particolari privilegi: posti riservati per gli spettacoli e un carro personale per muoversi all’interno della città, ad esempio, ma anche la totale indipendenza dall’autorità paterna. Le strutture principali che oggi sono visibili risalgono alla ricostruzione seguita all’incendio del 64 d.C.: questo edificio venne poi fortemente modificato sotto Traiano e quindi restaurato consistentemente nel 191 d.C. da Giulia Domina. L’edificio presenta un ampio cortile interno con due piccoli bacini rettangolari alle estremità ed uno al centro, successivamente sostituito da una struttura ottagonale in muratura, forse connessa all’arredo del giardino. Il portico colonnato a due piani che circondava l’atrio era adornato dalle statue delle Vestales maximae, le decane dell’ordine. All’estremità orientale del cortile si apre un ampio ambiente coperto da una volta e fiancheggiato da tre piccole stanze per ogni lato, molto probabilmente connesso con le attività rituali delle Vestali. Gli ambienti che si aprono a Sud, invece, erano dedicati all’attività produttiva: un forno, un mulino e una cucina, mentre una serie di scale indicano la presenza di un secondo piano (riservato forse agli alloggi delle Vestali) e addirittura di un terzo, probabilmente dedicato alla servitù. All’estremità occidentale del cortile, invece, si apre una grande aula absidata, probabilmente un santuario.
Presso il Palazzo delle Esposizioni troviamo una interessante mostra di uno dei Maestri del realismo sovietico Aleksandr Deineka (1899-1969). L’arte di Deineka si distingue da quella di tutti gli altri protagonisti del Realismo Socialista per essere caratterizzata da una ricerca formale ed estetica che, pur coinvolta nelle finalità propagandistiche di regime proprie di molta parte di quel movimento, assurge ad una qualità formale e poetica che travalica le circostanze storiche in cui si è sviluppata, collocando la ricerca di quest’artista in una posizione di assoluto rilievo nella definizione dell’avanguardia realista europea. Il fondamentale viaggio di studio in Italia dell’artista, che nel 1935 soggiorna a Roma realizzando opere fondamentali, rende ancor più significativo il fatto che proprio a Roma si celebri la prima grande rassegna dedicata a questo grande talento fuori dai confini dalla Aleksandr Deineka.
Arcimboldo
Milano – Palazzo Reale
10 febbraio 2011 – 22 maggio 2011
Orari: lunedì 14.30- 19.30; gli altri giorni 9.30 – 19.30; giovedì 9.30-22.30
Biglietti: 9€
Informazioni: www.comune.milano.it/palazzoreale
Lucio Fontana Vie Crucis 1947-1957
Milano – Palazzo Lombardia (Via Galvani 27)
17 marzo 2011 – 30 aprile 2011
Orari: martedì – domenica 10.00- 19.00; giovedì 10.00-22.00, chiuso lunedì
Ingresso gratuito
Informazioni: www.regionelombardia.it , www.museodiocesano.it
In the still of the city. Daniele Cestari
Milano – Barbara Frigerio Contemporary Art
31 marzo 2011 – 30 aprile 2011
Orari: martedì – sabato 10.00-13.00/16.00-19.30; domenica 11.00-19.00
Ingresso libero
I sentimenti dell’essere. M.Anselmi e L. Bianchini
Milano – Galleria Previtali (Via Bombardini 14)
16 marzo 2011 – 20 aprile 2011
Orari: martedì – sabato 16.00-19.30, chiuso domenica e lunedì
Ingresso libero
Informazioni: www.galleriaprevitali.it
Giacometti. L’anima del Novecento. Sculture, dipinti, disegni
Gallarate – MAGA
6 marzo 2011 – 5 giugno 2011
Orari: martedì – domenica 9.30-19.30, chiuso lunedì
Biglietti: 8€ intero, 5€ ridotto
Informazioni: www.museomaga.it
Mediteraneo. Da Corot a Monet a Matisse
Genova – Palazzo Ducale
27 novembre 2010 – 1 maggio 2011
Orari: lunedì – venerdì 9.00 – 19.00; sabato- domenica 9.00 – 20.00
Biglietti: 10€ intero, 8€ ridotto,6€ scolaresche
Novecento sedotto. Da Velázquez a Annigoni
Firenze – Museo Annigoni (Villa Bardini)
16 dicembre 2010 – 1 maggio 2011
Orari: martedì – domenica 10.00-18.00, chiuso lunedì
Biglietti: 6€ intero, 4€ ridotto, 2€ scuole
Casa delle Vestali
Roma – Largo della Salara Vecchia 5/6
Orari: tutti i giorni 8.30-18.30
Biglietti: 12€ intero, 7,50€ ridotto
Aleksandr Deineka. Il maestro sovietico della modernità
Roma – Palazzo delle Esposizioni
19 febbraio 2011 – 1 maggio 2011
Orari: domenica, martedì, mercoledì, giovedì 10.00-20.00; venerdì- sabato 10.00-22.30, chiuso lunedì
Biglietti: 10,50€ intero, 7,50€ ridotto, 4€ scuole