Giugno 2011 in mostra
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Con le belle e calde giornate che si stanno preparando vogliamo proporre alcune idee per le uscite fuoriporta dei nostri lettori, alla scoperta dell’arte e della cultura. La ricca proposta di questo giugno verrà presentata secondo due criteri: il primo sarà cronologico mentre il secondo seguirà una divisione per tipologia, dapprima le rassegne artistiche e in un secondo tempo le mostre fotografiche.
Il nostro percorso inizia da Venezia per una mostra dedicata al Veronese (1528-1588). L’esposizione propone al pubblico, presentati eccezionalmente ad altezza d’uomo, i tre capolavori di Paolo Veronese provenienti dal soffitto di San Sebastiano, chiesa monumento dell’opera di Paolo Veronese. Le tele raffigurano il Ripudio di Vasti, Ester incoronata da Assuero e il Trionfo di Mardocheo, scene veterotestamentarie tratte dal Libro di Ester. Il restauro delle tele, protrattosi dal novembre 2008 al gennaio 2010, ha restituito a questi straordinari dipinti la loro eccezionale qualità cromatica, luministica e compositiva. A conclusione dell’esposizione le tele torneranno definitivamente nella loro sede originaria, sul soffitto della chiesa di San Sebastiano, a circa dodici metri di altezza. Veronese intervenne sul soffitto di San Sebastiano tra la fine del 1555 e l’ottobre del 1556 con le Storie di Ester su commissione del prelato Bernardo Torlioni. L’artista, venticinquenne, stabilitosi da poco a Venezia ottiene subito il prestigioso incarico. Lavorerà per un lunghissimo periodo della sua esistenza nella chiesa, arricchendola con narrazioni storiche, immagini iconiche e motivi decorativi di notevole libertà creativa e rendendola il luogo più adatto per il suo stesso monumento funerario. La cornice di Palazzo Grimani è uno sfondo perfetto per questi capolavori; si tratta di un unicum architettonico e decorativo. Nato come dimora di Antonio Grimani (doge dal 1521 al 1523), raggiunge l’assetto attuale in successivi interventi realizzati dai suoi eredi tra il 1532 e il 1569. Il risultato è un’interessante fusione tra elementi architettonici veneziani e toscani; la stessa decorazione risente delle influenze tosco-romane con stucchi di Giovanni da Udine e pitture murali di Francesco Salviati, Camillo Mantovano e Federico Zuccari. Si tratta, nella Venezia di metà Cinquecento, di una fucina di cultura raffinata, certamente un riferimento imprescindibile per lo stesso Veronese.
Altro maestro indiscusso, tra i più amati anche dal popolo dei profani, è Michelangelo Merisi detto Caravaggio. Milano gli dedica un’interessante mostra che ne intende indagare la formazione lombardo-veneta. La mostra riunisce circa sessanta capolavori, realizzati dai più grandi interpreti del tempo del Caravaggio: Giorgione, Tiziano, Tintoretto, Lorenzo Lotto, Jacopo da Bassano, Moretto da Brescia, Giovan Battista Moroni, Gerolamo Savoldo, Vincenzo e Antonio Campi, Giovanni Ambrogio Figino e Simone Peterzano, suo maestro, artisti che documentano il delinearsi di un nuovo gusto e di una nuova concezione della figura, nel suo rapporto con lo spazio e con la luce, che è fondamentale per la crescita del giovane Merisi. In mostra, ovvio, anche Caravaggio, documentato dalla presenza di un’opera altamente significativa: la Flagellazione di Cristo proveniente dal Museo di Capodimonte (Napoli). L’opera, nella sua struggente e sensuale bellezza, viene esposta per la prima volta a Milano dopo la celebre mostra del 1951. Quanto alla ricostruzione della sua formazione, seguendo le parole del noto storico dell’arte Roberto Longhi, “…non si pretende di segnare itinerari precisi ai suoi viaggi (o siano pure vagabondaggi) di apprendista; ma non si potrebbe porli mai in altra zona da quella che da Caravaggio porta a Bergamo, vicinissima; a Brescia e a Cremona, non distanti; e di lì, a Lodi e a Milano. Era questa la plaga dove un gruppo di pittori lombardi, o naturalizzati, tenevano aperto da gran tempo il santuario dell’arte semplice”. Longhi quindi afferma che per gli anni giovanili è bene rintracciare le sue “strade di predestinazione fra il 1584 e il 1589 circa” nelle “strade di Lombardia”, ovvero è proprio il mondo artistico tra Veneto e Lombardia che può aver ispirato e formato Caravaggio e la cui eco riaffiora costantemente nelle sue opere. La mostra, divisa in sei sezioni, illustra il contesto artistico in cui Caravaggio si trova ad operare nei primi anni della sua ricerca artistica. Documentato, come è noto, nella bottega milanese di Simone Peterzano, dal 1584 e per almeno quattro anni, Michelangelo Merisi ha modo di lasciarsi suggestionare dalle opere di straordinari artisti, attivi tra Venezia e Milano.
Sempre Milano, ma questa volta abbiamo presso la Fondazione Arnaldo Pomodoro, troviamo due pittori moderni che si misurano con un grande della cultura, Dante Alighieri e in particolare con un suo capolavoro, l’Inferno. Le xilografie del maestro del Surrealismo e le serigrafie dell’artista statunitense esponente della Pop Art, sono sotto gli occhi del grande pubblico, che avrà modo di conoscere la personalissima lettura che, uno all’insaputa dell’altro e in un periodo pressappoco coevo, i due artisti hanno dato del medesimo testo: l’Inferno di Dante Alighieri. Un evergreen della letteratura classica; capolavoro di tutti i tempi, denso di figure, atmosfere e situazioni forti, truculente, terrificanti, che non potevano non impressionare spiriti estremi e visionari, come quelli di un Dalì o di un Rauschenberg. Un’opera, fanno notare i critici, che trasuda immaginazione in ogni sua piega, con una carica creativa e visionaria più unica che rara, per il tempo in cui fu scritta, e che ancora oggi ne decreta l’estrema modernità. Alla luce di questo, anche Dalì e Rauschenberg non ebbero difficoltà a coniugarne la loro personale vena interpretativa, dando vita, il primo, a 34 xilografie tratte da un centinaio di tavole, frutto di cinque anni di lavoro. E il secondo, a 34 serigrafie, che sono il risultato di una ricerca estetica condotta alla fine degli anni ‘50 del secolo scorso. Nell’Inferno di Dalì, colpiscono le prospettive dilatate, i colori chiari ed eterei, i corpi di dannati e peccatori incredibilmente contatti, quasi liquefatti; i tratti sproporzionati e grotteschi di mostri, diavoli e creature scabrose. In quello di Rauschenberg, invece, balza forte all’occhio una sorta di attualizzazione (l’inferno è un mondo che sta al di qua), realizzata assemblando fotografie, oggetti, pezzi di giornali, e trasponendoli su tessuto con l’ausilio di solventi.
Spostiamoci ora a Ravenna presso la sede espositiva del Museo della città. Come si presenta il panorama artistico italiano alla conclusione del secondo conflitto mondiale? Per la prima volta in modo complessivo la mostra L’Italia s’è desta 1945 –1953. Arte in Italia nel secondo dopoguerra da De Chirico a Guttuso, da Fontana a Burri ne fa un’ampia e organica ricognizione grazie a ben oltre 160 opere. In una manciata d’anni, dal 1945 al 1953, il fervore innovativo delle ultime generazioni cambia decisamente volto all’arte italiana, da Milano a Roma, da Venezia a Torino. Pur da sponde diverse, in alcuni casi decisamente contrapposte, la premessa comune degli artisti italiani sembra non poter essere che la rimozione quasi senza appello di quasi tutto ciò che era accaduto fra le guerre, compresi “maestri” come Carrà, De Chirico, Morandi, Sironi ed altri che la mostra documenta. Si guarda soprattutto a Picasso, al Picasso di Guernica, inteso come modello stilistico e insieme ideologico. L’arco di tempo analizzato nel percorso espositivo ha proprio come termine il 1953, quando all’artista spagnolo viene dedicata in Italia una vasta rassegna a Roma e a Milano. Un vivo fermento artistico anima la penisola, sono gli anni della dura contrapposizione fra figurazione realista e i diversi astrattismi; sono gli anni del Fronte nuovo delle Arti, di Forma 1, dello Spazialismo, del MAC, del Nuclearismo, del Gruppo degli Otto; sono gli anni di Afro, di Baj, di Burri, di Dorazio, di Dorfles, di Fontana, di Guttuso, di Leoncillo, di Vedova, per citarne solo alcuni; sono gli anni in cui gli artisti italiani cercarono una nuova libertà espressiva dopo la tragedia della guerra.
Facciamo tappa ora a Firenze sempre per una mostra dedicata ad alcuni grandi del Novecento, dal titolo Picasso Mirò Dalì. Giovani e arrabbiati: la nascita della modernità. Dedicata alla produzione giovanile di maestri che hanno avuto un ruolo decisivo per gli esordi dell’arte moderna, la mostra prende in esame il periodo pre-cubista di Picasso con suoi lavori anteriori al 1907, mentre le opere di Miró realizzate fra il 1915 e il 1920 sono presentate in relazione con quelle di Dalí del quinquennio 1920-1925 per porre in evidenza le differenze e relazioni stilistiche che caratterizzano il periodo precedente all’adesione dei due artisti alla poetica del Surrealismo. Cresciuti in Catalogna, i tre artisti raggiunsero la fama in Francia, dove i primi due scelsero di vivere e costruire la propria carriera, mentre Dalí decise di rimanere in Spagna. L’esposizione è strutturata come un film composto da flashback che rinviano a una serie di incontri che viaggiano a ritroso per riannodare le fila di un racconto: comincia con la visita di Dalí a Picasso (1926), traccia poi la nascita della modernità attraverso le risposte di Dalí a Miró, evidenzia l’incrocio fra Miró e Picasso (1917) e termina ancor prima dell’arrivo del giovanissimo Picasso a Parigi nel 1900, all’inizio del nuovo secolo. Esposto in questa mostra per la prima volta fuori dalla Spagna il quaderno di Picasso Cahier 7 del 1907, che raccoglie i primissimi schizzi per il suo rivoluzionario capolavoro Les Demoiselles d’Avignon, che hanno rappresentato sollecitazioni fortissime per Dalí e Miró e in generale punto di partenza per la nascita del linguaggio dell’arte moderna. Dedicata alla produzione giovanile di maestri che hanno avuto un ruolo decisivo per gli esordi dell’arte moderna, la mostra prende in esame il periodo pre-cubista di Picasso con suoi lavori anteriori al 1907, mentre le opere di Miró realizzate fra il 1915 e il 1920 sono presentate in relazione con quelle di Dalí del quinquennio 1920-1925 per porre in evidenza le differenze e relazioni stilistiche che caratterizzano il periodo precedente all’adesione dei due artisti alla poetica del Surrealismo.
Dopo Firenze la nostra tappa è Roma per ben tre mostre. La prima è dedicata ad una pittrice tra le più suggestive del secolo passato, Tamara de Lempicka, artista più nota e amata del periodo Déco simbolo delle istanze moderniste degli anni Venti e Trenta, viene presentata per la prima volta in questa mostra attraverso un confronto diretto tra le sue opere e quelle dei suoi contemporanei. Tamara de Lempicka pseudonimo di Tamara Rosalia Gurwik-Górska nacque a Varsavia il 16 maggio 1898 e morì a Cuernavaca il 18 marzo 1980. Iniziò a studiare pittura alla Académie de la Grande Chaumiere e alla Académie Ranson con maestri come Maurice Denis e André Lhote. Qui affinò il suo stile personale, fortemente influenzato delle istanze artistiche dell’Art Déco, ma al contempo assai originale. Nel 1922 espone al Salon d’Automne, la sua prima mostra in assoluto. In breve tempo divenne famosa come ritrattista col nome di Tamara de Lempicka. In questa esposizione si propone una nuova lettura delle opere della Lempicka, scaturita da ricerche inedite che costruiscono ex novo la storia di molti dipinti; documenti di un legame finora sconosciuto con Prampolini, confermato dalla storia di un dipinto in mostra; diverse opere mai esposte in Italia, tra le quali l’eccezionale prestito di cinque dipinti della collezione di Jack Nicholson; un eccezionale ritrovamento, un importante dipinto del 1923, Portrait de Madame P., finora considerato perduto, noto solo attraverso un’antica foto in bianco e nero.
Continuiamo con una mostra dedicata alla moneta italiana dalla lira all’euro. Progettata nel quadro delle celebrazioni per il 150° anniversario dell’Unità nazionale, la mostra promossa dalla Banca d’Italia fa rivivere uno degli aspetti meno conosciuti del nostro processo di unificazione: come fu costruita la moneta dell’Italia unita. L’adozione della lira, in sostituzione delle centinaia di segni monetari in uso fino a quel momento, fu il mezzo per avviare l’integrazione economica della penisola, aprire la strada alla partecipazione dell’Italia alle grandi trasformazioni europee e mondiali, porre le basi per il suo sviluppo futuro: gli stessi obiettivi che hanno ispirato il processo di unificazione europea e la nascita dell’euro. Attraverso installazioni multimediali e documenti d’archivio, grandi collezioni di monete e macchine industriali, oggetti d’uso comune e libri antichi, banconote moderne e forme di moneta primitiva, quelle vicende lontane sono lette con l’occhio rivolto sia alla nostra esperienza odierna, dall’introduzione dell’euro alla diffusione della moneta elettronica, sia ai riflessi che esse ebbero allora sulla vita quotidiana degli italiani. Se larga parte del materiale espositivo proviene dalle raccolte e dalle collezioni della Banca d’Italia, la mostra si avvale anche della collaborazione del Museo Nazionale Romano (grazie alla quale sono esposte un vasto numero di monete della grande collezione di Vittorio Emanuele III, che consentono di ripercorre la storia monetaria italiana lungo l’intero arco dell’Ottocento), degli Archivi di Stato (da cui provengono l’originale della legge sulla unificazione monetaria del 1862, lettere di cambio medievali e altra documentazione) e di numerosi altri archivi, musei, biblioteche e collezionisti privati.
Il racconto prende le mosse dai provvedimenti monetari assunti da Napoleone dopo la campagna d’Italia del 1796, quando la lira italiana viene coniata per la prima volta, per approdare al triennio 1860-62, quando prende corpo l’unificazione monetaria italiana, i cui problemi e i cui sviluppi vengono seguiti sino alla nascita della Banca d’Italia nel 1893. Alla narrazione di queste vicende si affianca quella del processo di unificazione europea, dai suoi inizi nei primi anni Cinquanta sino alla nascita dell’euro.
A conclusione una mostra polifonica con la presentazione di oltre cento capolavori dal museo di Francoforte. La mostra rappresenta la prima occasione per una presentazione in Italia delle collezioni del celebre museo di Francoforte, una delle più ricche e prestigiose raccolte europee d’arte antica e moderna, fondata nel 1815 dal mercante e banchiere Johann Friederich Städel.
La selezione proposta si orienta sulla porzione otto-novecentesca della collezione tedesca, offrendo una panoramica che spazia sulla storia dell’arte europea dai Nazareni ai Romantici, dal Realismo all’Impressionismo, dal Simbolismo alle Avanguardie. Articolata in sette scansioni stilistico-cronologiche da distribuire nelle sette gallerie ai lati della monumentale Rotonda di Palazzo delle Esposizioni, la mostra presenterà, tra gli altri, capolavori di Tischbein, Koch, Corot, Monet, Degas, Renoir, Van Gogh, Cézanne, Böcklin, Feuerbach, fino a Moreau, Redon, Hodler, Munch, Beckmann, Ernst, Klee, Picasso. La mostra apre sullo scenario del classicismo tedesco di primo Ottocento, introdotto dal celeberrimo ritratto di Goethe in riposo sullo sfondo della campagna romana, realizzato nel 1787 da Tischbein e diventato simbolo assoluto del mito italico del Grand Tour. A seguire, un vasto omaggio all’impressionismo francese - dai paesaggi realisti di Corot e Courbet al radioso impressionismo dei ritratti di Renoir fino alle sontuose atmosfere parigine di Degas. Lo snodo centrale della mostra è dedicato al Simbolismo, rappresentato dai suoi protagonisti assoluti (Böcklin, Ensor, Moreau, Munch e Redon) con le loro evocazioni di mondi immaginati e inquietanti, cui fa eco un raffinato gruppo di opere Nabis (Bonnard, Vallotton e Vuillard). La mostra dà spazio quindi a capolavori dell’Espressionismo tedesco, rappresentato dai gruppi Die Brücke (con Heckel e Nolde) e Der Blaue Reiter (con Marc e Jawlensky), la cui produzione si orienta su una formula pittorica drammatica e radicale. A Max Beckmann, artista di marca espressionista ma difficilmente riducibile ad una corrente precisa, e al suo stile potente ed incisivo che riflette le complessità della cultura europea d’inizio secolo, è dedicata un’intera sezione, mentre lo sperimentalismo visionario di artisti come Max Ernst, Paul Klee e Pablo Picasso offrono, in conclusione della mostra, una panoramica d’eccezione sul confine novecentesco della modernità.
Dedichiamo ora uno spazio a una mostra fotografica aperta in un piccolo spazio espositivo a Milano. Presso la Galleria Previtali vengono presentate alcune suggestive fotografie della bassa milanese o meglio ora chiamata Parco agricolo delle risaie, una risorsa e riserva naturalistica che è un polmone verde importante per il capoluogo lombardo. Il tono preponderante delle immagini è lirico. Con uno spirito che si potrebbe definire neoromantico, gli autori colgono il senso più profondamente poetico di questo paesaggio rurale risparmiato al cemento della metropoli. Narrano il suo respiro segreto, l’alternarsi delle stagioni. I cieli smaltati della primavera, appena sfumati da una bruma trasparente, come quelli che si vedono alle spalle della Madonna nelle Maestà del Quattrocento. Poi le foglie riarse dell’estate, soffocate e febbricitanti, e i precoci crepuscoli autunnali. E ancora l’abbacinante purezza dell’inverno, con la neve che copre i campi, gli alberi, ogni singola foglia, congelando la campagna in una fissità sublime. Ci vuole uno sforzo mentale non da poco per collocare queste immagini a Milano. Eppure è proprio qui che si trova il Parco delle Risaie: in una zona dalle atmosfere antiche e magiche a sud ovest della metropoli. Gli autori delle fotografie vivono lì vicino, oppure sono legati al Parco per altri motivi. Sono economisti come Sergio di Domenico, ingegneri come Francesca Giussani, medici come Giuliano Rovere, architetti come Giovanni Fasani, Anna Gallucci, Maria Resteghini, Letizia Valsecchi, Mario Sartori, professioniste come Arianna Forcella; tutti appassionati di fotografia. Della fotografia hanno fatto il loro secondo lavoro. Qualcuno inquadra il paesaggio in scene ampie, aperte, da reportage di viaggi. Altri scelgono il dettaglio, lo rendono protagonista di tagli fortemente evocativi. Altri ancora prediligono le mezze luci: albe e tramonti su cui costruiscono sofisticati giochi cromatici. E poi ci sono quelli che si concentrano sulla fauna e fermano nell’obiettivo il volo corale di immensi stormi di uccelli capaci quasi di oscurare il cielo. Liberi, padroni dell’aria, sono proprio gli uccelli del Parco a dare la misura di come questo grande polmone della città sia ancora sano e potente. Una risorsa da preservare con tutte le nostre forze.
Aggiungiamo un’ultima mostra, piccola ma estremamente bella. Presso la Galleria Nuages possiamo ammirare le opere del maestro Griffa, poi raccolte in un piccolo libro, che ci raccontano l’avventura di Shacketon nel 1914 al Polo Sud. Lo stesso Griffa, curioso ed infaticabile viaggiatore, è giunto al Polo Sud, proprio per vedere con i suoi occhi gli stessi paesaggi che furono lo scenario imponente e drammatico del viaggio di sir Ernest Henry Shackleton e della la nave Endurance e del suo variegato equipaggio fatto di marinai, scienziati e cani slitta. Le tavole sono di grandi dimensioni e descrivono gli aspetti più interessanti del viaggio: i ghiacci dal colore livido e scintillante, le acque blu intenso, le fredde ed impervie scogliere dell’Isola di Elephant, approdo dopo l’avventuroso viaggio per la salvezza, le orche marine, gli albatross immensi e maestosi.
Veronese. Le Storie di Ester rivelate
Venezia – Palazzo Grimani
21 aprile 2011 – 24 luglio 2011
Orari: lunedì 9.00-14.00; martedì – domenica 9.00-19.00
Biglietti: 7€ intero, 5€ ridotto
Informazioni: www.polomuseale.venezia.beniculturali.it
Gli occhi di Caravaggio. Gli anni della formazione tra Venezia e Milano
Milano – Museo Diocesano
11 marzo 2011 – 3 luglio 2011
Orari: martedì –domenica 10.00-18.00 chiuso lunedì
Biglietti: 12€ intero, 10€ ridotto
Informazioni: www.occhidicaravaggio.it / www.museodiocesano.it
L’inferno di Dante Alighieri. Dalì e Rauschenberg
Milano – Museo Fondazione Arnaldo Pomodoro
7 aprile 2011 – 17 luglio 2011
Orari: tutti i giorni 11.00-19.00, giovedì 11.00-22.00, chiuso lunedì e martedì
Biglietti: 9€ intero, 6€ ridotto
L’Italia s’è desta: 1945-1953. Arte italiana del secondo dopoguerra da De Chirico a Guttuso, da Fontana a Burri
Ravenna – Museo d’Arte della città
13 febbraio 2011 – 26 giugno 2011
Orari: martedì - giovedì 9.00-18.00; venerdì 9.00-21.00; sabato e domenica 9.00-19.00 chiuso lunedì
Biglietti: 8€ intero, 6€ ridotto
Informazioni: www.museocitta.ra.it
Picasso Mirò Dalì. Giovani e arrabbiati: la nascita della modernità
Firenze – Palazzo Strozzi
12 marzo 2011 – 17 luglio 2011
Orari: tutti i giorni 9.00-20.00, giovedì 9.00-23.00
Biglietti: 10€ intero, 8,50€ ridotto
Informazioni: www.palazzostrozzi.org
Tamara de Lempicka. La regina del Moderno
Roma – Complesso del Vittoriano
11 marzo 2011- 11 luglio 2011
Orari: lunedì- giovedì 9.30-19.30, venerdì-e sabato 9.30-23.30, domenica 9.30-20.30
Biglietti: 12€ intero, 8,50€ ridotto
La moneta dell’Italia unita. Dalla lira all’euro
Roma – Palazzo delle Esposizioni
5 aprile 2011 – 3 luglio 2011
Orari: martedì, mercoledì, giovedì: 10.00 - 20.00, venerdì- sabato: 10.00 - 22.30, domenica: 10.00 - 20.00, chiuso lunedì
Ingresso gratuito
Informazioni: www.palazzoesposizioni.it
100 capolavori dallo Städel Museum di Francoforte Impressionismo, Espressionismo, Avanguardia Roma – Palazzo delle Esposizioni
1 aprile 2011 – 17 luglio 2011
Orari: Orari: martedì, mercoledì, giovedì: 10.00 - 20.00, venerdì- sabato: 10.00 - 22.30, domenica: 10.00 - 20.00, chiuso lunedì
Biglietti: 10€ intero, 7,50€ ridotto
Informazioni: www.palazzoesposizioni.it
Parco delle risaie, cuore agricolo di Milano
Milano – Galleria Previtali (Via Lombardini 14)
26 maggio 2011 – 25 giugno 2011
Orari: martedì - sabato 16.00 - 19.30
Ingresso libero
Informazioni: www.galleriaprevitali.it
Giorgio Maria Griffa. Sir Ernest Henry Shackleton
Milano – Galleria Nuages (Via del Lauro 10)
26 maggio 2001- 16 luglio 2011
Orari: martedì – venerdì 14.00-19.00; sabato 10.00-19.00
Ingresso gratuito
Informazioni: www.nuages.net