Mostre d’Estate 2011
- Autore:
- Curatore:
- Fonte:

Siamo arrivati all’atteso appuntamento estivo, non solo per un meritato riposo, ma anche per un riposo della mente e dello spirito che si ricreano nella vista del bello. Il bello si manifesta nell’armonia della natura, nella suggestività dei monumenti opera dell’uomo, ma anche nelle mostre che, d’estate, può essere più facile visitare. Il panorama italiano, come vi sarete accorti, è sempre denso, ricco, affascinante, tanto da soddisfare i palati artistici più esigenti, tanto ricco da esigere scelte. Quindi ecco le nostre proposte presentate in ordine geografico: dal Nord Italia al Sud dello Stivale.
Presso la Torre Saracena di Deiva Marina, suggestiva località ligure, possiamo ammirare fino al 14 luglio la mostra di Mariateresa Carbonato dal titolo “Non si vede che col cuore”. Non possono non venire alla mente i versi di Montale (Quando un giorno da un malchiuso portone/ tra gli alberi di una corte/ ci si mostrano i gialli dei limoni;) guardando i lavori di questa mostra di Mariateresa Carbonato. Viuzze liguri, finestre aperte sul mare o su interni discreti e silenziosi, portoncini solitari, muri di pietra e i limoni, alcuni semplicemente posati sul piano, altri ancora aggrappati ai rami degli alberi. La presenza dei limoni, così come quella del mare, ha il forte richiamo del segno, di un oggetto o di una realtà semplice, ma carica di richiami metafisici, un invito ad andare oltre, un invito ad abbandonare il solito modo di guardare, ovvio, scontato, un modo che appiattisce nella banalità le cose, per aderire invece ad una modalità più esigente, ma più vera perché più umana, di vedere. La tecnica usata dalla pittrice e le modalità di stesura del colore, così particolare, così vibrante, aiutano ancora di più il nostro vedere: Non si vede bene che col cuore!
Arriviamo ora in Piemonte, in un’altra bella località turistica, il lago d’Orta. Presso il Palazzo Penotti di Orta San Giulio troviamo una rassegna dedicata ai vedutisti veneti, in particolare Canaletto (1697- 1768). Il percorso ruota intorno ad un prezioso nucleo di 7 disegni di Canaletto, di proprietà della Galleria nazionale d’arte antica di Trieste, che provengono da un album smembrato e confluito in parte a Trieste, in parte alle Gallerie dell’Accademia e in parte alla Fondazione Cini di Venezia. Si tratta di fogli inediti, mai esposti al pubblico, ragione che rende ancora più eccezionale la loro proposta in mostra. Attorno al corpus grafico, a cui sono state accostate anche alcune rare acquaforti del Maestro, sono raccolti altri dipinti dell’artista e lavori degli altri vedutisti, tra cui Gaspare Van Wittel, Luca Carlevarijs, Francesco Guardi, Francesco Albotto, , accanto ai quali s’incontreranno opere che segnalano la fortuna del genere di veduta anche nell’Ottocento. I dipinti riportano alle atmosfere eleganti, alle architetture maestose, agli scorci della Venezia settecentesca, meta privilegiata del Grand Tour. Proprio i vedutisti resero possibile la diffusione del mito della città lagunare in Europa e in particolare in Inghilterra, dove il mercato accolse con entusiasmo questo genere artistico, dando origine a una grande fortuna che proseguì anche nell’Ottocento. Il mito della Serenissima trionfò nel XVIII secolo quando il viaggio di istruzione fu codificato; Venezia divenne una sua tappa irrinunciabile, e il lavoro dei vedutisti molto ricercato per fornire ai viaggiatori, importanti reliquie da riportare in patria come testimonianza di un’esperienza di vita unica.
Spostiamoci ora in Lombardia, a Pavia presso la suggestiva sede espositiva delle Scuderie del Castello Visconteo. La mostra, dal titolo Cranach, Tintoretto, Bernini e i capolavori della Galleria Nazionale d’Arte Antica di Trieste, presenta circa cinquanta capolavori di scuola veneta, lombarda, genovese, emiliana, toscana e napoletana realizzati tra il XV e il XVIII secolo. Tra questi spiccano per importanza e bellezza il Ritratto d’uomo del Tintoretto, Diana e le ninfe sorprese da Atteone di Lucas Cranach il Vecchio, il Cristo deposto di Gian Lorenzo Bernini, Madonna con Bambino e san Giovanni Nepomuceno di Pompeo Batoni. Per varietà tematiche e poetiche affrontate e per la completezza nel riproporre i momenti più rilevanti dell’evoluzione artistica nel corso dei secoli, il percorso espositivo si dimostra articolato: un vero e proprio viaggio nella storia dell’arte italiana e nelle sue variazioni stilistiche.
Giungiamo ora a Milano per una serie nutrita di mostre, dai più diversi temi. Due rassegne si occupano di Gio Ponti, uno dei Maestri del Novecento milanese. Occuparsi di Gio Ponti significa inevitabilmente ripensare alla storia dell’arte e dell’industria italiana. Figura visionaria, in bilico ed equilibrio tra innovazione e confronto in presa diretta con la realtà del proprio tempo, Ponti ha inaugurato momenti fondamentali dell’arte italiana. La prima mostra presso Palazzo Pirelli, opera dello stesso Ponti, è dedicata alla ceramica. La mostra si focalizza soprattutto sulla collezione di ceramiche e sul percorso lavorativo intrapreso dall’artista nel design per la manifattura Richard Ginori, tra il 1923 e il 1930.
Nell’ambito infatti dell’arte applicata e del nascente rapporto tra industria, artigianato e serialità, le opere di Ponti diventano il punto di partenza per un rinnovamento totale della Richard-Ginori, condotta con il complice assenso di Augusto Richard verso la modernità. . Nella mostra la ricerca tra industria e artigianato è rappresentata perfettamente: le urne, i vasi e le altre opere esposte dimostrano l’anelito verso gli ideali d’un Palladio o Vitruvio, trasfigurando classicismo e modernismo neoclassico di ritorno (Milano, anni ‘20) con cadenze figurative e metafisiche verso l’industria a venire.
Si continua al Palazzo della Triennale con la mostra Espressioni di Gio Ponti. La rassegna si configura quasi come un ipertesto in cui navigare: maioliche, mobili, oggetti di puro design, studi, modelli, disegni, dipinti e via andando. Un rimando perfetto della complessità dell’artista, poliedrico e curioso come solo i veri innovatori sanno essere. Non mancano i filmati, in una selezione impagabile per comprendere appieno la figura di Ponti. Più di 250 gli oggetti/opere presenti all’interno, per scatenare la curiosità degli astanti e invitarli agli Itinerari illustrati dalla Triennale verso edifici simbolo dell’attività del maestro che hanno profondamente inciso e caratterizzato il tessuto urbanistico della Milano del Novecento.
Diamo spazio ora ad un’artista contemporanea già nota ai nostri lettori, con una mostra presso la prestigiosa sede del Museo Diocesano: Paola Marzoli con i quadri di Betfage. Si tratta di quattordici tele di ampio respiro, diario personale di un nuovo viaggio in Terrasanta, la terra che ormai è diventata specchio dell’anima e della vita della Marzoli. Non aride descrizioni paesaggistiche, non vedute da Grand Tour, ma momenti dell’animo, passi di un cammino dentro di sé, sempre più a fondo, sempre più a nudo, per conoscersi nella conoscenza della terra su cui Cristo posò i suoi piedi. Alberi che si stagliano contro un cielo blu cobalto: come finestre dello spirito che tra i rami cercano l’Infinito, di contro la terra, arida, spaccata quasi segno di questo scavo interiore duro, ma necessario per poi respirare nei cieli trasfigurati di Palestina.
Tanta tensione drammatica si stempera nella successiva mostra dedicata, in occasione dei 150^ dell’Unità d’Italia alle donne nello sport. Una grande passerella di campionesse sono presentate nella mostra organizzata dalla Gazzetta dello Sport in memoria del compianto direttore Candido Cannavò. La mostra è un’antologia ricca di grandi numeri degli eventi dell’Italia declinata al femminile, a partire proprio dall’anno 1861. Tredici pannelli sono dedicate alle donne pioniere negli sport, quando ancora non esisteva nemmeno l’espressione quote rosa per intenderci. Altri invece vogliono rendere omaggio alle stelle dello sport italiano. Qui la scelta del quotidiano rosa è caduta su Fiona May, Sara Simeoni e Ondina Valla (atletica leggera), Josefa Idem (canoa), Antonella Bellutti (ciclismo su pista), Mabel Bocchi (basket), Federica Pellegrini (nuoto), Giovanna Trillini e Valentina Vezzali (scherma), Deborah Compagnoni (sci alpino), Stefania Belmondo e Manuela Di Centa (sci di fondo), Francesca Schiavone (tennis), Tania Cagnotto (tuffi) 7 Alessandra Sensini (vela). Da ultimo troviamo dei pannelli dedicati alle discipline sportive, dall’atletica leggera fino ad arrivare alla vela.
Poco lontana da Milano, presso l’Abbazia di Morimondo, possiamo visitare una semplice, ma interessante mostra fotografica dal titolo Exordium. La mostra vuole presentare le origini dell’ordine cistercense fondato a Citeaux nel 1098. Con l’arrivo di Bernardo di Fontaine, poi noto come di Clairvaux, la vita dei monaci ha uno sviluppo inimmaginato, tanto che ben presto sorgono filiazioni in tutta Europa, tra cui la francese Morimond (1115). I cistercensi giungono anche in Italia e il loro primo insediamento sarà a Tiglieto nel 1120, mentre Morimondo verrà fondata nel 1134. Attraverso alcuni pannelli la rassegna vuole presentare emettere a fuoco alcune di queste informazioni, un modo per comprendere meglio la stessa Morimondo.
Spostiamoci ora a Como per una mostra dedicata a Boldini, pittore ufficiale del bel mondo di fine Ottocento-inizi Novecento. La rassegna consta di oltre 120 opere per un percorso monografico e tematico al tempo stesso, che presenta 60 capolavori del pittore ferrarese a fianco di 60 opere dei più importanti artisti di fine Ottocento italiano, da De Nittis a Corcos, da Zandomeneghi a Signorini, in grado di ripercorrere l’evoluzione del gusto pittorico che rappresentò quel felice periodo storico conosciuto come Belle Époque. Se da un lato i 60 capolavori di Giovanni Boldini, come Mademoiselle De Nemidoff (1908), Berthe che legge la dedica su un ventaglio in piedi nel salotto, Nudo di giovane donna semisdraiata (1863), Femme au gants (1888), Ritratto di Emiliana Concha de Ossa (1901), permettono di gettare una luce sull’attività internazionale di uno degli indiscussi protagonisti dell’arte italiana ed europea di fine ‘800-inizi ‘900, dall’altro, le altre opere presenti, dei più importanti artisti di fine Ottocento italiano, consentono di ripercorrere, a livello figurativo, l’evoluzione del gusto pittorico che si diffuse in tutta Europa e che rappresentò i cambiamenti di questo nuovo mondo, nei suoi aspetti estetici più peculiari, dall’emancipazione dell’individuo alla crescita della consapevolezza femminile.
Il nostro itinerario si dipana ora in Veneto. Prima tappa Verona. Presso il Museo del Risorgimento situato nell’Ex-Arsenale Austriaco è stata organizzata una mostra in occasione del centenario dell’Unità d’Italia dal titolo Verona dagli Asburgo al Regno d’Italia. Il Museo del Risorgimento. Il Museo del Risorgimento (inaugurato nel 1938 dal ministro Giuseppe Bottai a Palazzo Forti e chiuso negli anni Settanta del secolo scorso) racconta con questa esposizione il periodo tra il 1814, quando Francesco I d’Austria divenne imperatore del Lombardo-Veneto dopo le guerre napoleoniche, e il 1866, quando la città entrò a far parte del Regno d’Italia. Il percorso della mostra (che si compone di circa duecento pezzi tra dipinti, sculture, medaglie, armi, manifesti, stampe, divise militari e bandiere) offre al visitatore la possibilità di approfondire i seguenti temi: i grandi quadri per l’imperatore Francesco I, i documenti sull’arrivo a Verona nel 1857 di Francesco Giuseppe e della moglie Elisabetta Amalia Eugenia di Baviera, nota al grande pubblico come principessa Sissi, una sezione sul generale Radetsky e l’esercito austriaco, un nucleo dedicato al veronese Carlo Montanari e i martiri di Belfiore, le testimonianze su Garibaldi e i garibaldini veronesi, i cimeli sulla liberazione di Verona.
Presso la Galleria d’Arte d’Arte Moderna di Palazzo Forti possiamo visitare una mostra dedicata a Chagall (1887- 1985) dal suggestivo e esplicativo titolo Il mondo sottosopra. E’ un mondo “sottosopra”, alla rovescia quello che ricrea Chagall, dove regole e rigidità hanno ceduto il passo a sogno e fantasia, un mondo in cui «il tempo non ha sponde», per riprendere il titolo di un quadro degli anni Trenta, nel quale fidanzati, sposi, rabbini, musicisti, orologi a pendolo, carretti, asini, galli e il pittore stesso - che si è ritratto tante volte nelle sue tele - si abbandonano ad audaci acrobazie come i circensi, altro soggetto che l’artista raffigura tanto volentieri. Un uomo che cammina ha bisogno di rispecchiarsi in un suo simile al contrario, per sottolineare il suo movimento» così come «un vaso in verticale non esiste, è necessario che cada per provare la sua stabilità», annotava Chagall. Sono molti gli approcci possibili all’opera di Chagall: la relazione con i movimenti d’avanguardia a cui si è accostato nel corso della sua vita, ma da cui si è poi sempre distinto per originalità; i temi legati alle sue origini russe ed ebraiche e i suoi contenuti spirituali; la sua capacità di servirsi di tecniche miste per superare le frontiere fra pittura e grafica. La ricca rassegna si compone di quasi 140 opere, tra cui 27 opere ad olio tra cui alcuni capolavori come L’uomo con la testa rovesciata (1919), Resistenza e Resurrezione (1937-48), Schizzo per l’aria del tempo (1942), La slitta sulla neve (1944), Cavallo blu nel cielo (1946), La resurrezione in riva al fiume (1947), il circo rosso (1956-60), schizzo per il Cantico dei Cantici (1960). Accanto a queste tele vi sono 39 inchiostri e matite, circa 15 gouaches, incisioni, litografie ed acqueforti.
Arriviamo ora a Padova per riscoprire l’arte senza tempo di Guariento (attività nota 1338-1367), conosciuto anche come Maestro degli Angeli. . La mostra è articolata in più sedi espositive, ma noi segnaliamo quella presso Palazzo del mOnte di Pietà, ciascuna dedicata ad un aspetto particolare della figura e delle opere del “Maestro degli angeli”, che può essere definito il pittore di corte dei Carraresi, per loro creò un capolavoro: la decorazione della cappella della Reggia, con le straordinarie tavole con le gerarchie angeliche. In esposizione tutti i principali capolavori del Guariento che, dopo Giotto, è stato il più grande interprete della pittura del Trecento a Padova. L’artista ci porta a conoscere i diversi aspetti della vita di corte e cittadina: la letteratura, i libri, la musica, la scienza, la scultura, le arti applicate (oreficeria, ceramiche, avori, mobili), la monetazione e anche la moda. In questo grande appuntamento si possono, inoltre, ammirare anche opere di Giotto, Pietro e Giuliano da Rimini, Vitale da Bologna, Paolo e Lorenzo Veneziano, Giusto Menabuoi, Altichiero, Vivarini, Nicolò di Pietro, Giambono.
Arriviamo ora alla estrema punta est d’Italia, a Trieste per una mostra sempre legata ai 150 anni d’Unità d’Italia, visti attraverso una carrellata tra artisti ed opere pittoriche. La rassegna presenta un excursus dell’arte italiana del XIX e XX secolo, attraverso 120 opere di maestri quali Boldini, De Nittis, Fattori, Morbelli, Balla, Baj, Campigli, De Pisis, Morandi, Rosai, Sironi, Manzoni, Morlotti, Fontana e molti altri ancora.
Al pari della storia della Nazione che ha acquistato la propria unità dopo molti secoli, anche l’arte, inizialmente sviluppatasi in poli culturali ben precisi, cessa ogni distinzione locale, con l’arte e la cultura che assumono una dimensione europea e internazionale. Il ‘900 è stato indubbiamente il secolo della molteplicità dei linguaggi, in cui però si possono individuare alcuni elementi essenziali. Da un lato la destrutturazione dell’immagine, cioè quel processo che da Picasso a Bacon, distorce, frammenta, distrugge quasi l’immagine, o la svuota come De Chirico privandola di ogni significato, per giungere ad un grumo essenziale di materia, nucleo-cellula primordiale, che si dibatte in problematiche possibilità esistenziali. Dall’altro, l’astrazione, ovvero non più la rappresentazione della realtà, o i temi romantici e borghesi dell’800, ma l’immagine pensata che prende corpo e sostanza nelle liriche composizioni di Kandinskij o nelle rigorose partiture di Mondrian, per giungere poi a grovigli inestricabili, esplosioni di colori, come in Pollock, o alla pura spazialità di Fontana. Il percorso espositivo propone inoltre le ricerche di altre personalità che raccontano a vario titolo aspetti significativi della figurazione tra le due guerre. Dalle esperienze Cubiste e Informali hanno tratto invece spunto artisti quali il primo Baj, Cassinari, Crippa, Corpora, Milani, Morlotti, Tancredi e Turcato, per sviluppare un proprio personalissimo linguaggio ove il colore è l’elemento
determinante del quadro e si fa immagine. Altro personaggio cardine dell’arte italiana, e non solo, del ’900 è Piero Manzoni. Se de Chirico rende deserte e svuota le sue Piazze, Manzoni fa lo stesso, togliendo dalle sue tele i colori che l’Informale aveva sparso a profusione. L’opera di Manzoni, che anticipa molti aspetti dell’arte contemporanea, è la ricerca di una libertà assoluta, perché quella ‘piazza’ non sia più deserta, né frequentata da manichini ma da sculture vive. Il percorso si conclude idealmente con Lucio Fontana, artefice invece di una nuova spazialità, mediante segni, “tagli” e “buchi”, per mezzo dei quali viene a declinare nell’opera d’arte lo spazio reale.
Ci inoltriamo ora nelle Marche con la mostra dedicata ad un capolavoro di Piero della Francesca, la Madonna di Senigallia che, in occasione di un importante restauro ritorna nella sua città, Senigallia appunto. Due sono i temi attorno a cui ruota la rassegna: la luce ed il mistero. “Sembrano, in Piero, i colori nascere per la prima volta come elementi di un’invenzione del mondo”. Così il Roberto Longhi spiegava il senso della luce che resta uno degli aspetti più affascinanti dell’esperienza artistica di Piero Della Francesca. Già durante il suo soggiorno a Firenze Piero apprende la grande lezione di Domenico Veneziano, vale a dire una pittura luminosa, chiara, tersa che costruisce le figure nella luce. Una luce diffusa, che nasce dall’impasto cromatico del colore. Non sovrapposta, ma armoniosamente integrata al disegno. Fu poi l’incontro con la cultura fiamminga, avvenuta durante la sua attività nelle Corti di Urbino e Ferrara, ad accrescere in lui la tecnica del colore. La pittura fiamminga è nota per aver portato in Italia l’uso della pittura ad olio, offrendo al pittore la possibilità di un controllo più raffinato della luce. Piero costruisce le immagini con il colore e costruisce il colore con la luce. L’ora delle sue meditazioni pittoriche è il mezzogiorno, quando la luce zenitale cancella le ombre della terra. La Madonna di Senigallia è un dipinto in apparenza tradizionale: il soggetto è molto comune e la destinazione privata e famigliare, eppure questo capolavoro si presta a molte letture diverse e non sono ancora chiare le vicende storiche alle quali si lega. Fioccano le interpretazioni e le ipotesi. C’è chi ritiene che l’opera sia stata commissionata da Giovanna Feltria e Giovanni Della Rovere in occasione del loro matrimonio celebrato nel 1478. Per altri è stato invece un dono del padre Federico da Montefeltro alla figlia Giovanna, ma non un regalo di nozze quanto piuttosto un lascito in punto di morte. Per altri invece il dipinto fu voluto da Federico per rievocare la figura dell’amatissima moglie Battista Sforza dopo la sua scomparsa. Secondo questa tesi il luogo dove Piero della Francesca ha collocato la Madonna di Senigallia è il Palazzo di Gubbio, dimora prediletta di Battista Sforza, come dimostrato dalle travature lignee della stanza retrostante. Quindi tale tavola continua ad essere permeata di mistero non solo per ciò che silenziosamente rappresenta, ma anche per il motivo della sua commissione.
Raggiungiamo ora Firenze per la presentazione di ben tre mostre.
La prima si trova al Museo del Bargello e riguarda uno scultore cinquecentesco Bartolomeo Ammannati, in occasione del V° centenario della sua morte. La mostra prevede la spettacolare ricostruzione, nel cortile del Bargello, della prima fontana tra quella realizzate dall’Ammannati: la fontana marmorea che avrebbe dovuto essere installata nel Salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio (e perciò detta “della Sala Grande”), composta di sei grandi statue di divinità, che nei secoli ha ornato i giardini granducali di Pratolino e di Boboli, prima di giungere smembrata al Bargello. Infatti, il progetto iniziale, così suggestivo, di una fontana all’interno della Sala Grande fu interrotto nel 1560 per realizzare invece la più pubblica (e più propagandistica) Fontana di Piazza - o del “Biancone”- pure affidata all’Ammannati, al quale il Duca commissionò pochi anni dopo anche la Fontana della sua Villa di Castello, con il gigantesco Ercole e Anteo di bronzo al centro del giardino e vari animali all’interno della grotta. La mostra sarà dedicata a queste tre fontane, che bene illustrano la politica del Granduca nella valorizzazione estetica e spettacolare dell’acqua - ma anche nella razionalizzazione e nella innovazione tecnica davvero prodigiosa - di questo bene essenziale al benessere dei sudditi. Altre opere scultoree dell’Ammannati (quali la celebre Leda e il Cigno, il Monumento Nari, il Genio Mediceo, il Marte gradivo, la Venere del Prado), oltre a disegni, progetti, documenti, completano l’esposizione.
Passiamo poi alla sede museale di Palazzo Pitti per le due successive mostre. La prima dedicata ai Tesori del Cremlino. Il Palazzo del Cremlino di Mosca, cuore politico dell’antica Russia, ospita il ‘Tesoro dei Gran Principi e degli Zar’, oggetti preziosi appartenuti agli imperatori e cimeli legati ai nomi di famosi governanti e uomini politici. Una ricca selezione viene presentata al Museo degli Argenti in occasione delle celebrazioni dell’Anno Italia – Russia. Altri oggetti del XII – XIII secolo provengono dalla Cattedrale dell’Annunciazione del Cremlino, cui appartiene il prezioso corredo dell’icona nota come la ‘Madonna Bogoljubskaja’ e una straordinaria collezione di gemme bizantine, giunte a Mosca grazie ai rapporti, stretti e costanti, con Costantinopoli, considerandosi la corte di Mosca legittima erede dell’Impero bizantino. Nel XIV secolo nel Palazzo dell’Armeria del Cremlino era stato impiantato un vasto complesso di laboratori, detti “palaty”, per la produzione di manufatti destinati alla corte dello zar: il laboratorio dell’oro (zolotaja palata), quello dell’argento (serebrjannaja palata) e l’atelier della zarina (carycina palata), dove le migliori cucitrici in oro confezionavano e decoravano gli sfarzosi abiti della famiglia dello zar e delle alte gerarchie della Chiesa. Nelle botteghe si producevano poi finimenti per cavalli e carrozze e nel più antico e più vasto dei laboratori (oružejnaja palata) si fabbricavano le armi. L’antico tesoro dei Gran Principi di Mosca e dei primi Zar andò disperso a seguito dei tragici eventi che seguirono la morte di Ivan IV il Terribile. Il figlio, lo zar Fëdor, morì senza eredi e il fratellastro più giovane, Demetrio, era stato forse assassinato per ordine di Boris Godunov, che di fatto aveva retto lo Stato in suo nome e che fu quindi zar di Russia dal 1598 al 1605. E’ in questo tumultuoso periodo che si inseriscono alcune attività diplomatiche tese a cementare i rapporti fra la corte fiorentina dei Medici e quella degli zar di Mosca. Il Granduca Ferdinando I sostenne l’importante missione commerciale guidata nel 1602 dal mercante livornese Avraham Lussio, finalizzata al libero commercio nelle terre russe, promettendo lo stesso privilegio ai mercanti russi che fossero giunti in Toscana. Nel suo secondo viaggio in Russia (1603) il Lussio portò con sé tre preziosi vasi in cristallo di rocca, diaspro e agata della collezione medicea con il preciso scopo di mostrarli “a l’imperatore de’ Moscoviti”. Negli anni che seguirono la nuova dinastia dei Romanov ricostituì un proprio tesoro. Grazie alla politica di apertura verso l’esterno, il Seicento è uno dei periodi di maggior splendore dell’arte russa: arrivano alla corte di Mosca orafi e armaioli stranieri e di conseguenza nuove tecniche di lavorazione e nuove tipologie; gli smalti colorati cominciano ad acquisire un ruolo preponderante nell’arte orafa della capitale, come risalta nella straordinaria coppa d’oro appartenuta allo zar Michail Fëdorovic, unico manufatto superstite di questo tipo.
La seconda è invece dedicata all’Opificio delle Pietre Dure e si collega alle iniziative per i 150 anni dell’unità d’Italia, focalizzandosi su un tema specifico, fiorentino e internazionale al tempo stesso: quello del nuovo percorso apertosi dopo il 1861 per la brillante manifattura artistica, che per tre secoli era fiorita all’ ombra della corte granducale di Toscana, diventando celebre in tutta Europa per le sue inimitabili creazioni in pietre dure. Fu con l’avvento del regno d’Italia che l’antica Galleria dei Lavori, di fondazione medicea, dovette modificare il suo status di laboratorio al sevizio esclusivo della corte, per aprirsi al mercato e offrire le sue sempre eccellenti creazioni a una clientela privata, fra la quale non mancarono committenti regali, come lo zar di Russia e Ludwig II di Baviera. Le creazioni che l’Opificio delle Pietre Dure andò realizzando negli ultimi decenni dell’ Ottocento, anche quando destinate al ceto borghese allora emergente si distinsero per ricchezza dei materiali e squisitezza tecnica, patrimonio irrinunciabile dell’antico “commesso fiorentino”. Pannelli parietali, piani di tavolo, cofanetti, sculture in pietre dure e oggetti di arredo, periodicamente inviati alle Esposizoni Internazionali, a partire da quella che nel 1861 celebrò a Firenze l’unità d’Italia, affascinano per lo splendore cromatico delle pietre rare, messe in opera con esercitata sensibilità pittorica, ma anche per le invenzioni decorative aggiornate sul gusto artistico del tempo, delle arti applicate come della pittura e della scultura, esse pure rappresentate in mostra attraverso esempi che restituiscano il tessuto artistico entro il quale operava l’antico laboratorio, con la nuova denominazione di Opificio delle Pietre Dure. A loro volta, le realizzazioni dell’Opificio furono il riferimento quasi obbligatorio per i laboratori privati cittadini di mosaico fiorentino, in ascesa all’epoca presso il pubblico e alle Esposizioni, e dei quali la mostra seleziona le produzioni più significative, alcune delle quali incontrarono il gusto di Vittorio Emanuele II, che le acquistò per la reggia di Palazzo Pitti. La mostra è la prima dedicata all’ultima attività artistica dell’Opificio, sinora rimasta un po’ al margine degli studi ed esposizioni dedicati alla sua storia plurisecolare, e ne rivela il luminoso tramonto, che non fu declino. Arte elitaria, orgogliosamente fedele alla sua grande tradizione, rappresentata per prototipi in apertura della mostra, il commesso in pietre dure non volle né poté adeguarsi alle esigenze del mercato: da fine secolo, l’Opificio scelse di trasferire il suo tesoro di ineguagliata manualità e le innovative tecnologie introdotte in laboratorio, e documentate in mostra, alle nuove esigenze di conservazione del patrimonio artistico nazionale.
Ultima tappa del nostro lungo viaggio è la Sicilia con la città di Marsala, sempre per una mostra dedicata al centenario unitario. Ad essere esposti nella Pinacoteca di Marsala non sono i paesaggi storici, quelli dell’arte antica o moderna, ma i paesaggi degli anni più recenti, così come li hanno metabolizzati artisti degli ultimi decenni, tra gli altri: Music, Guccione, Birolli, Morlotti, Levi, Moreni, Ruggeri, Battaglia, Forgioli, Sassu, Treccani, Gianquinto in circa venti tele, riuscendo a delineare, con la sensibilità che degli artisti è propria, un viaggio pittorico nella pratica del paesaggio come elemento fondante di un sentimento di riconoscimento e di identità. Il richiamo all’ “Articolo 9” della Costituzione sottolinea come il paesaggio sia un bene della Nazione, un bene la cui tutela è obbligo primario dello Stato e di tutti i suoi cittadini. Quello che si è voluto realizzare è un percorso nel Novecento, indipendentemente dal registro linguistico adottato, in cui mutano luci, forme e colori. Mutano anche le concezioni della pittura di paesaggio: dalla stagione del realismo a quella dell’ultimo naturalismo in cui la dimensione paesaggistica assumeva il carattere di una visione lirica e interiorizzata, sino ad alcune delle esperienze più recenti in cui il dato di natura è ritornato, dopo un momentaneo oblio, al centro degli interessi pittorici.
“Non si vede che col cuore” Dipinti e disegni di Mariateresa Carbonato
Deiva Marina (SP) – Torre Saracena
18 giugno 2011 – 14 luglio 2011
Orari: venerdì 20.00-22.00, sabato 18.30-22.30, domenica 9.30-12.30
Ingresso libero
Informazioni: per altri giorni ed altri orari cell. 339 147 70 32
Canaletto e i vedutisti. L’incanto dell’acqua
Orta San Giulio (No) – Palazzo Penotti Umbertini
21 maggio 2011 – 18 settembre 2011
Orari: lunedì – domenica 10.30-19.30, venerdì- sabato 10.30- 22.00
Biglietti: 7€ intero, 5€ ridotto
Informazioni: www.canalettoaorta.it
Cranach, Tintoretto, Bernini e i capolavori della Galleria Nazionale d’Arte Antica di Trieste
Pavia – Scuderie del Castello Visconteo
2 aprile 2011 – 17 luglio 2011
Orari: martedì – venerdì 10.00-13.00/15.00-18.00, sabato e domenica 10.00-13.00/14.00-19.00
Biglietti: 7€ intero, 5€ ridotto
Informazioni: www.scuderiepavia.it
Gio Ponti. Il fascino della ceramica
Milano – Palazzo Pirelli (Via Fabio Filzi 22)
5 maggio 2011 – 31 luglio 2011
Orari: martedì – venerdì 15.00-19.00
Ingresso libero
Informazioni: telefonare al 0541 78 76 81
Espressioni di Gio Ponti
Milano – Triennale (Viale Alemagna 6)
6 maggio 2011 – 24 luglio 2011
Orari: martedì - domenica 10.30 – 20.30, giovedì - venerdì 10.30 – 23.00; chiuso lunedì
Biglietti: 8€ intero, 5,50€ ridotto
Informazioni: www.triennale.org
Betfage. Paola Marzoli opere 2009 – 2011
Milano – Museo Diocesano
21 giugno 2011 – 3 settembre 2011
Orari: martedì – sabato 19.00-24.00
Ingresso libero
Informazioni: www.museodiocesano.it
La donna è sport
Milano – Museo del Risorgimento
10 giugno 2011 – 25 settembre 2011
Orari: martedì – domenica 9.00-13.00/14.00-17.00, chiuso lunedì
Ingresso libero
Informazioni:
Exordium
Abbazia di Morimondo (Mi)
14 aprile 2011 – 31 luglio 2011
Orari: domenica 15.00-18.00
Ingresso libero
Boldini e la Belle Époque
Como – Villa Olmo
26 marzo 2011 – 24 luglio 2011
Orari: martedì – giovedì 9.00-20.00, venerdì – domenica 9.00-22.00, chiuso lunedì
Biglietti: 10€ intero, 8€ ridotto
Informazioni: www.grandimostrecomo.it
Verona dagli Asburgo al Regno d’Italia. Il Museo del Risorgimento
Verona – Ex Arsenale austriaco
14 maggio 2011 – 11 settembre 2011
Orari: martedì – domenica 10.30-19.30, chiuso lunedì
Biglietti: 4€ intero, 1€ ridotto studenti
Informazioni: www.comune.verona.it
Chagall. Il mondo sottosopra
Verona – Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Forti
9 aprile 2011 – 10 luglio 2011
Orari: martedì – domenica 10.30 – 19.00, chiuso lunedì
Biglietti: 8€ intero, 6€ ridotto
Informazioni: www.palazzoforti.it
Guariento e la Padova carrarese
Padova – Palazzo del Monte di Pietà
16 aprile 2011 – 31 luglio 2011
Orari: tutti i giorni 9.00-19.00, chiuso lunedì
Biglietti: 8€ intero, 6€ ridotto
Informazioni: www.guariento.it
150 anni d’arte. Da Fattori a Fontana
Trieste – Scuderie del Castello di Miramare
17 aprile 2011 – 28 agosto 2011
Orari: martedì – domenica 10.00-19.00, chiuso lunedì
Biglietti: 8€ intero, 6€ ridotto
Informazioni: www.tadinoartecontemporanea.com
La luce e il Mistero. La Madonna di Senigallia nella sua città
Senigallia (An) – Rocca Roveresca
18 giugno 2011 – 10 luglio 2011
Orari: tutti i giorni 8.30-19.30
Biglietti: 3€ intero, gratuito sotto i 18 anni, tra 18 e 25 anni e over 65 1,50€
Informazioni: www.madonnadisenigallia.it
L’acqua, la pietra, il fuoco. Bartolomeo Ammannati scultore
Firenze – Museo del Bargello
11 maggio 2011 – 18 settembre 2011
Orari: lunedì –domenica 8.15-13.50
Biglietti: 4€ intero, 2€ ridotto
Informazioni: www.unannoadarte.it
Il Tesoro del Cremlino
Firenze – Palazzo Pitti
27 maggio 2011 – 11 settembre 2011
Orari: tutti i giorni 8.15-18.50
Biglietti: 9€ intero, 4,50€ ridotto
Informazioni: www.unannoadarte.it
Dagli splendori di corte al lusso borghese. L’Opificio delle pietre dure nell’Italia unita
Firenze – Palazzo Pitti
11 maggio 2011 – 11 settembre 2011
Orari: tutti i giorni 8.15-18.50
Biglietti: fino alle 16.00: 13€ intero, 6,50€ ridotto; dopo le 16.00 12€ intero, 6€ ridotto
Informazioni: www.unannoadarte.it
Articolo 9. I paesaggi d’Italia
Marsala – Convento Carmine/ Pinacoteca Civica
11 maggio 2011 – 31 agosto 2011
Orari: tutti i giorni 10.00-13.00/18.00-20.00, chiuso lunedì
Biglietti: 3€
Informazioni: www.pinacotecamarsala.it