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Mostre maggio 2013

Fonte:
CulturaCattolica.it

Ci stiamo avvicinando alla bella stagione, stagione di uscite anche solo di pochi chilometri, anche solo per raggiungere il centro magari della nostra stessa città. Ecco allora le proposte di maggio, di cui una gran parte nel capoluogo lombardo.

Anche questa volta Milano come centro non solo di affari, non solo di effimero, ma anche centro dell’arte e della cultura a 360°. Segnaliamo allora le mostre che ci sembrano imperdibili.
La nostra selezione inizia dalla mostra proposta dal Musei dei Beni culturali Cappuccini, dal titolo Venti capolavori per raccontare la carità. Nell’intento di riconfermare la propria identità di Museo dei Cappuccini, strettamente legato alla realtà storica, culturale, spirituale, sociale dell’ordine dei frati minori Cappuccini, e dietro stimolo da parte di Opera San Francesco per i Poveri, con cui condivide spazi attigui e finalità di accoglienza verso il prossimo e i bisognosi, il Museo presenta un percorso biblico-iconografico sulla Carità a partire dal comandamento nuovo dato da Gesù amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato”. La mostra segue tre filoni: 1- La Carità donata: la traditio legis, ovvero la consegna della legge da parte del Cristo; l’iconografia di Gesù Buon Pastore: colui che per amore si fa carico di chi gli è stato affidato (nonché immagine di passaggio nell’iconografia cristiana, dal tempo pagano, di questo tema si vedrà anche la ripresa dell’iconografia avvenuta); l’ultima cena in cui Gesù fa dono totale di sé;
2- Immagini di Carità: Buon samaritano e allegorie della Carità, Opere di Misericordia;
3- la consapevolezza e l’impegno della comunità francescana/cappuccina verso l’amore per il prossimo. Il percorso si snoda a partire dalle più antiche immagini fraternità individuabili nell’agape fraterna, passando dalle raffigurazioni dell’ultima cena, svolgendosi poi nelle differenti diramazioni del riconoscimento nell’amore di Cristo e per Cristo (forza centrifuga e centripeta dell’amore) l’origine imprescindibile della carità che porta all’azione, e delle figure o di momenti della storia della Chiesa e, in maniera più specifica, del francescanesimo.
Anche se costituita da un’unica opera, la mostra presente al Museo Diocesano è di grande importanza e forte impatto emotivo: si tratta de I tre crocifissi, capolavoro giovanile di Vincenzo Foppa (1427 ca.-1516 ca), proveniente dall’Accademia Carrara di Bergamo, attualmente chiusa per importanti lavori di ristrutturazione. Tradizionalmente datata al 1456, o riferita al 1450 in base alla recente rilettura dell’iscrizione da parte della critica, la tavola è considerata una delle opere più importanti di Vincenzo Foppa, agli esordi del suo percorso. Un arco di ispirazione classica, ripreso da modelli padovani, introduce la scena e si spalanca su un passaggio incantato, di sapore ancora tardogotico, in cui castelli e paesi conducono lo spettatore fino all’orizzonte vibrante di luce. I corpi dei tre crocifissi, modellati da un sapiente chiaroscuro e prospetticamente impostati, rivelano una precoce attenzione del pittore verso le importanti novità che Donatello proprio in quel momento stava elaborando a Padova, aprendo anche per la Lombardia una nuova stagione artistica. Il dipinto di Foppa offre così l’occasione per approfondire il tema del Rinascimento lombardo, di cui il pittore fu uno degli esponenti più importanti, anche per la conquista di una nuova spazialità. L’esposizione fornisce anche lo spunto per visitare gli affreschi della Cappella Portinari, realizzati dal maestro bresciano tra il 1464 e il 1468, nella basilica di Sant’Eustorgio, attigua al Museo.
Facciamo ora un lungo salto temporale e andiamo al XIX secolo con la pittura di Guglielmo Ciardi, un tardo vedutista veneto, esposto al GAM Manzoni. Cantore delle magiche atmosfere di Venezia, della sua laguna e del territorio circostante, erede predestinato di Canaletto, Guardi e Bellotto, Guglielmo Ciardi (Venezia 1842-1917) è stato l’ultimo grande interprete del vedutismo veneto dell’Ottocento a livello internazionale.
La fortunata parabola artistica di Ciardi, inizia nel 1860 sui banchi dell’Accademia di Belle Arti di Venezia e si conclude con tutti gli onori nella stessa città lagunare nel 1917. L’attuale rassegna intende ripercorrere le tappe fondamentali dell’epopea artistica del pittore veneziano al fine di valorizzarne l’originalità – soprattutto nella pittura di paesaggio e nella veduta.
In mostra possiamo trovare venticinque capolavori provenienti dalle più prestigiose collezioni italiane e straniere, che documentano di Ciardi la formazione accademica maturata seguendo le lezioni del maestro Domenico Bresolin; l’incontro a Firenze con Telemaco Signorini e i macchiaioli toscani; le conversazioni avute con il critico Diego Martelli; il successivo incontro a Roma con il pittore Nino Costa; e soprattutto il suo amore profondo per la conoscenza diretta della natura, per il paesaggio –”fatto dal vero e studiato ad occhi aperti” – immortalato nei luoghi a lui più cari, da Venezia alla laguna, dal Sile alla campagna trevigiana sentita”come una liberazione dalla città”. Il percorso espositivo, rigorosamente cronologico, prende le mosse dal ritrovato capolavoro Canale della Giudecca del 1867 e da Mattino di maggio del 1869, fondamentale per la comprensione della prima formazione dell’artista. Gli anni Settanta sono documentati da Mattino in laguna, Barche di pescatori in laguna, Vele al sole, opere in cui il pittore, nel sigillo di una concordia serena tra uomo e ambiente, ritrae le figure dei pescatori che spingono in mare le loro barche: il tutto reso con macchie festevoli di colore che hanno un’ascendenza non tanto nell’ambiente dei Macchiaioli toscani, quanto in Luca Carlevaris e nei vedutisti veneti del Settecento. Mulino sul Sile e Mercato a Badoere documentano invece l’interesse di Ciardi per gli improvvisi sbalzi cromatici della campagna veneta, diventandone un interprete fedele, al punto da immergersi pienamente, grazie alle lunghe permanenze nelle località sopracitate, nel contesto di vita popolare e dedicando molte opere al lavoro e alla faticosa vita dei contadini, senza per questo tralasciare l’eco delle pause liete, come nel caso delle celebri riprese del mercato di Badoere. Il percorso della mostra trova poi il suo apice nella straordinaria veduta di Sant’Erasmo (1889) e nella grande tela del Canal Grande, inviata dall’artista all’Esposizione Internazionale di Berlino del 1891, da allora mai più esposta al pubblico e solo di recente riapparsa in una prestigiosa collezione privata europea. Barconi e vele nella laguna di Venezia (1892), che anticipa le sperimentazioni dei primi anni del Novecento, è la degna conclusione del percorso espositivo.

Milano capitale anche del design: ecco una mostra organizzata dai poco noti Musei d’Impresa che ci presenta il cambiare del gusto dei nostri anni. L’esposizione rappresenta un affascinante viaggio alla scoperta delle ricche collezioni di circa 50 musei e archivi d’impresa italiani: un viaggio che accompagna nella rievocazione di storie straordinarie di uomini, imprese e oggetti che hanno lasciato il segno nella nostra società e nella nostra cultura e che insieme hanno contribuito a fare del “made in Italy” una sorta di marchio che tutti ci invidiano. La mostra si snoda attorno a quattro aree tematiche: la prima si concentra sulla Storia e la Memoria delle imprese e su come i musei e gli archivi tengano traccia dei cambiamenti documentando l’evoluzione, negli anni (con materiale fotografico, immagini, oggetti), della cultura materiale della nostra società. La seconda sezione tocca i temi del Mito e della Passione evidenziando come alcuni prodotti del made in Italy (citando a titolo di esempio la macchina da caffè anni 50, la Ferrari, la Vespa) siano diventati veri e propri oggetti culturali carichi di valenze simboliche e parte di un immaginario collettivo nazionale e internazionale. Segue la sezione Scoperta e Meraviglia dedicata al mondo che sta dietro agli oggetti che usiamo quotidianamente senza mai chiederci da dove vengano, come siano stati progettati e prodotti e di come siano arrivati fino a noi. Anche in questo caso, musei e archivi d’Impresa, raccontano storie curiose e poco conosciute. La quarta e ultima sezione Identità e Innovazione testimonia, invece, come i musei e gli archivi di impresa siano da una parte luoghi preziosi di conservazione e valorizzazione di una risorsa difficilmente imitabile come l’eredità storica e culturale dell’impresa stessa e, dall’altra, una preziosa fonte di ispirazione nello sviluppo di nuove strategie aziendali, offrendo anche lo spunto per iniziative volte a rafforzare il senso di appartenenza ad un insieme di valori che affonda le radici in una storia condivisa.

Una quinta sezione è rivolta alla valorizzazione di Museimpresa – Associazione Italiana dei Musei e Archivi d’Impresa, nata a Milano nel 2001 per volontà di Assolombarda, con l’obiettivo di individuare, promuovere e mettere in rete le imprese che hanno scelto di privilegiare la cultura nelle proprie strategie di comunicazione, come strumento di sviluppo economico e valore aggiunto per l’azienda.

Ci spostiamo ora da Milano per la provincia. Andiamo a Seregno per una mostra monografica della pittrice contemporanea Mariateresa Carbonato, dal titolo Lo spazio ospitale. Da sempre la pittura della Carbonato è una meditazione sui luoghi domestici: fuga di stanze, scale, soglie, finestre, ma anche spazi esterni, paesaggi che stanno appena oltre le mura domestiche: giardini, alberi in fiore o carichi di frutti e il variare delle stagioni con i loro colori più caratteristici. In questi spazi silenziosi, inondati dalla luce, chi vi abita è il primo ospite se sa guardare con meraviglia e occhi limpidi le cose che popolano tale spazio: arredi semplici, essenziali, oggetti quotidiani e familiari. Questi oggetti assumono allora il valore di simbolo, di segno perché rimandato ad un Altro, che abita silenzioso e inafferrabile il quotidiano.

Andiamo ora a Sondrio per un evento importante: la beatificazione di Nicolò Rusca (21 aprile), arciprete di Sondrio alla cui figura ed opera è dedicata una mostra. In due sedi espositive vengono presentati eventi di diversa natura, ma correlati tra loro, che offrono un percorso articolato e suggestivo delle vicende terrene del Beato e insieme la visione del contesto e dei tempi difficili in cui si è trovato a vivere. A palazzo Sertoli è presentata una sequenza di 18 pannelli di grandi dimensioni, con testi realizzati dai ragazzi del Liceo scientifico Pio XII . Nella sede del museo, a Palazzo Sassi de Lavizzari, saranno esposti cinque ritratti inediti della serie gli arcipreti di Sondrio, due effigi seicentesche del Beato Nicolò Rusca, e le immagini dei protagonisti del rinnovamento della chiesa dopo il Concilio di Trento in area lombarda e ticinese Carlo e Federico Borromeo, Feliciano Ninguarda. Nicolò Rusca nacque il 20 aprile 1563 a Bedano, nei pressi di Lugano (allora diocesi di Como). Dopo aver frequentato il Collegio Elvetico, fondato a Milano da Carlo Borromeo per la formazione di chierici provenienti dal territorio svizzero, venne ordinato prete il 23 maggio 1587. Parroco a Sessa in Svizzera per due anni, in seguito fu nominato arciprete di Sondrio, territorio politicamente soggetto alle Tre Leghe Grigie (oggi Canton Grigioni), che avevano occupato la Valtellina, con Bormio e Chiavenna, dal 1512. Nei quasi trent’anni di permanenza a Sondrio – dal 1591 al 1618 – Rusca svolse esemplarmente il suo ministero, divenendo un modello di prete “rinnovato”, secondo il concilio di Trento. Non di meno, fervente fu la sua azione a difesa della dottrina cattolica, mossa dal desiderio di preservare e ravvivare la fede delle popolazioni della valle, dove si andava diffondendo, grazie anche ai dominatori Grigioni, in maggioranza passati alla Riforma, la predicazione di ministri protestanti. Se da una parte rimase sempre fermo quanto ai contenuti dottrinali e all’appartenenza ecclesiale, dall’altra mostrò sincero rispetto verso le persone di diversa fede (il pastore di Sondrio, Scipione Calandrino, e il governatore e storico grigione, Fortunato Sprecher). All’inizio del Seicento la situazione politico-religiosa interna alle Tre Leghe condusse lo Stato retico a un periodo di forte disorientamento, con sollevazione di alcuni Comuni che, confluiti nei pressi di Thusis, istituirono un tribunale per i sospettati di tradimento. Iniziarono così processi sommari e faziosi, influenzati da alcuni pastori riformati di tendenza radicale.
Ne fu vittima, tra gli altri, Nicolò Rusca, che già aveva subìto due processi, nel 1608-1609, da cui era uscito completamente scagionato. Nella notte tra il 24 e il 25 luglio 1618 venne sequestrato da uomini armati, scesi a Sondrio attraverso la Valmalenco. Condotto prima a Coira, poi a Thusis, il primo settembre fu processato, affermando sempre di essere innocente. Posto sotto tortura, morì la sera del 4 settembre 1618.

Da Sondrio voliamo a Brescia, presso il Museo Diocesano una mostra di curioso interesse, in cui rivive l’età del Rame (3400 - 2200 a.C.), un millennio fondamentale per l’umanità in cui “nascono” l’aratro, la ruota, l’aggiogamento degli animali per la trazione, il carro a quattro ruote, lo sviluppo della metallurgia del rame, spesso in lega con l’arsenico, l’agricoltura e l’allevamento, attività che favoriscono nuovi assetti economici e sociali. La scelta di Brescia a sede per questa esposizione non è casuale: è proprio nel bresciano, infatti che sono tornate alla luce le testimonianze più rilevanti di insediamenti dell’età del rame in Italia. La necropoli di Remedello Sotto, in provincia di Brescia, dopo 128 anni dalla sua scoperta costituisce ancora la documentazione principale per la ricostruzione dell’età del Rame in area padana. Ma nuove scoperte sono documentate a Volongo in provincia di Brescia, Fontanella Mantovana, Cumarola e Spilamberto in provincia di Modena, Bologna, Forlì e Cesena e in altre località della pianura padana e dei primi contrafforti che la circondano. Si tratta di necropoli, talvolta molto ricche di manufatti. Ma la mostra da conto anche di un altre suggestive testimonianze: le notissime statue-menhir che, insieme alle incisioni rupestri della Valcamonica, forniscono una iconografia fondamentale per la comprensione del periodo e che in mostra saranno oggetto di ampia illustrazione attraverso l’esposizione di alcuni originali e di rilievi a grandezza naturale. Il diffondersi, nell’Età del Rame, in tutta la regione alpina delle stele antropomorfe, statue-menhir, grandi composizioni monumentali nell’arte rupestre, statue-stele, è tutt’ora oggetto di diverse interpretazioni: opere legate a nuove concezioni religiose, al culto degli antenati fondatori dei clan, al manifestarsi dell’ideologia indoeuropea o rappresentazione antropomorfica delle divinità. Il fenomeno non è circoscritto alla regione alpina, ma presenta una vasta diffusione dalle steppe a nord del Mar Nero fino alla penisola iberica. Nella mostra sarà illustrato tutto il complesso dei ritrovamenti avvenuti nel 1991 e 1992 al giogo di Tisa, al confine tra Italia e Austria attraverso copie dei materiali, pannelli didattici e la ricostruzione a grandezza naturale dell’uomo del Similaun con tutto il suo abbigliamento ed equipaggiamento. Saranno forniti i risultati delle ricerche più recenti condotte sulla mummia: analisi del DNA, suo inquadramento negli attuali aplogruppi delle popolazioni europee, aspetti paleopatologici, stato di salute, cause che ne determinarono la morte a 3150 m di quota. Particolare attenzione sarà posta nel confronto tra i materiali posseduti da Ötzi (ascia in rame, cuspidi di freccia, pugnale in selce) e quelli relativi alla cultura di Remedello.

Ci spostiamo ora in Veneto. Una prima tappa a Treviso, presso la Casa dei Carraresi per una mostra dedicata all’Oriente. Per la prima volta escono dal Tibet e dalla Cina oltre 300 preziosi reperti databili dal XIV secolo ai tempi nostri che raccontano la storia, l’arte e la cultura di questi popoli. Una sezione della mostra illustra la situazione storica nella quale si è venuto a trovare l’altopiano tibetano attraverso i secoli fin dai tempi nei quali Gengis Khan lo incluse nel grande Impero mongolo-cinese del XIII secolo. Tra i reperti esposti in questa sezione, oltre a mappe, carte geografiche e documenti storici di varie epoche, risulteranno di particolare interesse i doni che i vari Dalai Lama presentarono alla Corte imperiale di Pechino e le antiche statue del Buddismo tantrico al quale si erano convertiti gli imperatori Ming e Qing. Un’ampia sezione della rassegna è inoltre dedicata al grande numero di divinità buddiste tibetane e alla produzione di statue e dipinti religiosi a loro dedicati, così da poter spiegare ai visitatori le particolari specificità del Buddismo tantrico della setta dei Berretti Gialli, alla quale appartengono i Dalai Lama fin dall’inizio dell’istituzione della loro carica. Accanto all’incredibile statuaria, che raggiunge punti artistici di notevole valore, saranno esposti anche gli oggetti di culto tuttora usati nei monasteri e nei templi durante le cerimonie rituali. Tra questi, gli strumenti musicali ricavati da ossa umane, come è nella particolare tradizione del Tantrismo. Un’altra sezione di rilevante interesse artistico è quella riservata alle Tangke, i famosi dipinti sacri che oltre a rappresentare le storie del principe Siddharta (il Budda storico) celebrano la ritualità nei monasteri e nei templi con la raffigurazione dei Dalai Lama e dei monaci nelle loro attività religiose. Come noto le Tangke vengono esposte nei templi solo in particolari occasioni di feste e di riti, quindi la loro visione è particolarmente rara, ed eccezionale per un paese estero. Inoltre, alla vita del popolo, ai suoi costumi, alle sue folkloristiche tradizioni, è dedicata una sezione nella quale saranno esposti abiti, ornamenti, gioielli e oggetti di uso quotidiano. In questo modo viene spiegata la vita dei pastori che da secoli è rimasta immutata e testimonia la forte spiritualità di quello che è definito Il Popolo delle Nevi.
A Padova troviamo una mostra dedicata a De Nittis, importante pittore dell’Ottocento italiano ed europeo. Con 120 capolavori provenienti dai più prestigiosi musei e collezioni pubbliche italiane e francesi si potrà ricostruire il percorso artistico di De Nittis (1846-1884), uno dei protagonisti assoluti della pittura dell’Ottocento europeo.

La statura internazionale di De Nittis, il più grande insieme a Boldini degli Italiens de Paris, si deve al fatto che ha saputo reggere il confronto con Manet, Degas e con gli Impressionisti con cui ha condiviso, pur nella diversità del linguaggio pittorico, l’aspirazione a rivoluzionare l’idea stessa della pittura, scardinando una volta per sempre la gerarchia dei generi, nel raggiungimento di quell’autonomia dell’arte che sta alla base della modernità. E come i francesi, ha affrontato gli stessi temi: il paesaggio, il ritratto e la rappresentazione della vita moderna, catturata nel caso di De Nittis nelle strade delle due metropoli che erano in quegli anni le grandi capitali dell’arte e della mondanità: Parigi e Londra Non mancano, all’interno del percorso espositivo, ordinato in sezioni cronologiche, un approfondimento sul periodo di formazione di De Nittis, avvenuta a Napoli. È qui che s’immedesima nella natura, trasponendo sulla tela quella che chiamava l’atmosfera diversamente identificata secondo il mutare delle stagioni e delle ore del giorno. La mostra mette in rilievo il suo stile unico e inconfondibile, capace come pochi di riflettere lo spirito del tempo, colto da un osservatorio privilegiato come era quello di Parigi, tra la fine del Secondo Impero e i nuovi fasti mondani della Terza Repubblica. Nell’immaginario collettivo convivono una Parigi e una Londra di De Nittis, assolutamente diverse da quelle di altri pittori del tempo. Tra il 1864 e il 1884, l’artista ha rappresentato attraverso una serie di capolavori, che saranno visibili a Padova, i luoghi privilegiati della mitologia del “moderno”. Nella sua straordinaria avventura pittorica, De Nittis riusciva continuamente a catturare motivi, sia dalla natura ritratta en plein air – dalle campagne della Puglia, alle pendici del Vesuvio, alle rive della Senna e del Tamigi – sia dalla vita che scorreva frenetica lungo i boulevard o gioiosa nei parchi e nei santuari della mondanità come gli ippodromi o il celebre salotto della principessa Matilde.

La prossima tappa del nostra itinerario è Piacenza per una mostra che desterà qualche stupore: chi sa che la famosa Madonna Sistina di Raffaello, ora a Dresda, era stata dipinta per una chiesa piacentina? A 500 anni dalla nascita della Madonna Sistina, Piacenza ripercorre con una mostra didattico - documentaria, la storia e la fortuna del celebre dipinto di Raffaello, nato per Piacenza e che dal 1754 è conservato a Dresda, dove si trova tuttora. La Madonna Sistina fu dipinta da Raffaello tra il 1512 e il 1513, su committenza di papa Giulio II Della Rovere per il monastero benedettino di San Sisto in Piacenza, presso il quale era in corso di edificazione la nuova chiesa progettata da Alessio Tramello. Esposta per la prima volta nel 1514 all’inaugurazione solenne della chiesa, la preziosa pala d’altare vi rimase fino a quando gli amministratori del monastero, per mettere riparo ai pesanti debiti accumulati nel tempo, decisero di accettare l’offerta di acquisto del Grande Elettore di Sassonia e Re di Polonia, Augusto III. Fu così che nel gennaio del 1754, il quadro lasciò Piacenza per Dresda, dove giunse il primo di marzo. Fin dai giorni successivi al suo arrivo, la Madonna Sistina divenne l’opera più ammirata della collezione di Augusto III, passando da esempio della devozione cattolica alla madre di Dio a emblema degli ideali di grazia e umanità nel cuore dell’Europa riformata. Nel corso del tempo la sua immagine ha ispirato poeti e filosofi, cristiani e materialisti, storici dell’arte e grandi romanzieri dell’Ottocento, fino ai teorici delle avanguardie del Novecento. A cinquecento anni dalla sua nascita, questa mostra documentaria intende celebrare l’immagine più famosa del mondo nella città per cui era stata dipinta e alla cui storia è indissolubilmente legata. Il percorso della mostra comprende queste tappe: Il monastero di San Sisto, Raffaello e il committente Giulio II, La Madonna Sistina , La vendita del dipinto, Fortuna e peripezie della Madonna Sistina, La copia del dipinto di Raffaello, La lunetta della bottega raffaellesca, Ipotesi sulla cornice originale, L’immagine della Madonna Sistina tra marketing e pubblicità. Il percorso espositivo si completa con la visita al monastero di San Sisto, dove, in sostituzione all’originale, fu esposta una copia, sovrastata da una lunetta. Il restauro ha portato in luce interessanti novità sulle due opere: la copia non è settecentesca, come si è sempre creduto, ma più antica; la lunetta si è invece rivelata opera della bottega di Raffaello.

Spostiamoci ora a Firenze, agli Uffizi per una rassegna sul Manierismo. La mostra rappresenta il primo evento espositivo dedicato all’attività degli artisti spagnoli approdati in Italia fra l’inizio del Cinquecento e gli anni venti del secolo, partecipi del fervido clima culturale animato a Firenze, a Roma e a Napoli. Nel numero di queste personalità, spinte al viaggio da un vorace desiderio di confronto con i testi fondamentali dell’arte moderna, si contano figure come quelle di Alonso Berruguete, di Pedro Machuca, di Pedro Fernández (meglio noto come lo “Pseudo-Bramantino”), di Bartolomé Ordóñez e Diego de Silóe, provenienti da diverse località della penisola iberica - Palencia, Toledo, Murcia e Burgos - e capaci di imporsi come protagonisti del ‘manierismo’ europeo. Sono le fonti storico-artistiche italiane a riconoscer loro una posizione preminente sulla scena internazionale del Cinquecento. Giorgio Vasari, ad esempio, nelle Vite de’ più eccellenti pittori, scultori ed architettori ricorda il Berruguete accanto a Rosso e Pontormo nello studio delle opere di Michelangelo e Leonardo; ma anche Pietro Summonte, celebre letterato campano, cita i lavori di Ordóñez e De Silóe in una lettera del 1524 sui più importanti monumenti di Napoli.
La mostra si articola pertanto in quattro sezioni che, nel rispetto di una scansione geografica, intendono accostare prestigiosi capolavori creati da simili artisti a straordinarie testimonianze della produzione italiana fra Quattro e Cinquecento. In quella d’apertura, dedicata a Firenze, si ricostruisce l’attività italiana di Alonso Berruguete, studiata da Roberto Longhi e Federico Zeri: si potranno così confrontare direttamente le opere riferite all’artista - oggi per lo più conservate agli Uffizi e in altri importanti musei italiani e stranieri (la Collezione Loeser in Palazzo Vecchio e la Galleria Borghese a Roma) - valutandone allo stesso tempo la modernità nell’accostamento a risultati significativi di pittori e scultori a lui contemporanei, fra cui Andrea del Sarto, Rosso, Pontormo, Baccio Bandinelli e Jacopo Sansovino. Si potrà giudicare il peso che la tradizione cittadina ebbe sull’arte di Alonso anche grazie ad autografi di Donatello, Leonardo, Michelangelo, Filippino Lippi e Piero di Cosimo, tutti presenti in mostra. Nella seconda sezione, attorno alle tavole di Pedro Machuca, si riflette invece sul contributo di questo pittore alla bottega di Raffaello a Roma fra gli anni dieci e venti, verificando l’influenza che la lezione del Sanzio ebbe sull’Italia del Sud attraverso i dipinti di Pedro Fernández, attivo nella penisola fra Milano, il Lazio e la Campania.
La terza sezione propone al pubblico alcune eccezionali sculture eseguite da Bartolomé Ordóñez e Diego de Silóe durante la loro residenza partenopea nel secondo decennio del secolo, vertici assoluti della statuaria ‘manierista’: di esse si illustreranno i riflessi sulla cultura campana, grazie alle opere di Girolamo Santacroce e di Domenico Napolitano. Nell’ultima sezione della mostra si presentano invece creazioni realizzate da questi stessi artisti iberici al loro rientro in patria, fra Valladolid, Granada e Toledo, così da permettere ai visitatori di valutare l’eredità della lezione italiana sul loro stile e sul loro linguaggio figurativo.

Concludiamo con una puntata a Roma per l’imperdibile mostra monografica su Tiziano. Quadri come il Concerto e la Bella di Palazzo Pitti, la Flora degli Uffizi, la Pala Gozzi di Ancona, la Danae di Capodimonte, il Carlo V con il cane e l’Autoritratto del Prado o lo Scorticamento di Marsia di Kromeriz sono solo alcune delle opere più conosciute di Tiziano (Pieve di Cadore 1485 circa - Venezia 1576) che sono esposte alle Scuderie del Quirinale. Una mostra concepita per concludere idealmente l’ampio progetto di rilettura della pittura veneziana e di riflessione sul ruolo cardine che essa avuto nel rinnovamento della cultura italiana ed europea. Un percorso che le Scuderie del Quirinale hanno sviluppato analizzando l’opera dei protagonisti della rivoluzione pittorica moderna - da Antonello da Messina a Giovanni Bellini, da Lorenzo Lotto a Tintoretto - di cui Tiziano è testimonianza finale e altissima quale artista europeo per eccellenza. Visitando la mostra è possibile ripercorrere i tratti salienti dell’inarrestabile ascesa del grande artista italiano: dagli esordi veneziani in seno alle botteghe di Giovanni Bellini e Giorgione all’autonomia acquisita con le grandi tele per i dogi, gli Este e i Della Rovere fino ad arrivare alle committenze imperiali di Carlo V e poi del figlio Filippo II. Decennio per decennio, l’intera carriera di Tiziano sarà rappresentata al massimo livello sottolineando il magistrale senso del colore e l’evoluzione di una pennellata capace di travalicare i limiti dell’immaginario pittorico. Attraverso confronti iconografici - tra i molti, emblematico, quello tra la Crocifissione della chiesa dei domenicani di Ancona, il Crocifisso dell’Escorial di Madrid e il frammento di Crocifissione oggi alla Pinacoteca Nazionale di Bologna - il pubblico potrà percepire direttamente la novità d’impostazione e la grammatica compositiva del Maestro, in una mostra attenta a narrarne non solo la fondamentale dimensione di pittore religioso ma anche la complessa attività di ritrattista della nobiltà del tempo.
Venti capolavori per raccontare la carità
17 marzo 2013 – 16 giugno 2013
Milano – Musei dei Beni Culturali dei Cappuccini (Via Kramer 5)
Orari: martedì, mercoledì, venerdì 15-18.30; giovedì, sabato, domenica 10.00-18.30; lunedì chiuso
Ingresso libero
Informazioni: www.museodeicappuccini.it

Vincenzo Foppa. I tre Crocifissi
19 marzo 2013 – 2 giugno 2013
Milano – Museo Diocesano
Orari: tutti i giorni 10.00-18.00, chiuso lunedì
Biglietti: 8€ intero (4€ martedì), 5€ ridotto
Informazioni: www.museodiocesano.it

Guglielmo Ciardi. Protagonista del Vedutismo veneto dell’Ottocento
12 aprile 2013 – 31 maggio 2013
Milano - GAM Manzoni (Via Manzoni 45)
Orari: martedì – sabato 10.00-13.00/ 15.00-19.00
Ingresso libero
Informazioni: www.gammanzoni.com

Che storie! Oggetti, miti e memorie dai Musei e dagli Archivi d’Impresa
11 aprile 2013 – 12 maggio 2013
Milano – Palazzo della Ragione
Orari: lunedì 14.30 – 19.30; martedì- domenica 9.30 – 19.30; giovedì: 9.30 – 22.30
Ingresso libero
Informazioni: www.museoimpresa.com

Lo spazio abitato. Personale di Mariateresa Carbonato
5 maggio 2013 – 15 maggio 2013
Seregno (MB) - Galleria Civica Ezio Mariani (via Cavour, 26 Seregno MB)
Orari: tutti i giorni 16.00-19.00
Ingresso libero
Informazioni: www.mcarbonato.it

“…mi spinge il zelo di drizzar tutti al cielo…” Nicolò Rusca arciprete di Sondrio, testimone della fede
15 aprile 2013 – 8 giugno 2013
Sondrio - Galleria Credito Valtellinese ( Piazza Quadrivio n. 8) e MVSA (Palazzo Sassi de’ Lavizzari,Via Maurizio Quadrio n. 27)
Orari: martedì- venerdì 9.00 – 12.00 / 15.00 – 18.00; sabato 9.00 – 12.00; lunedì e domenica chiuso
Ingresso libero
Informazioni: www.creval.it

L’età del Rame. La pianura padana e le Alpi al tempo di Őtzi
26 gennaio 2013 – 15 maggio 2013
Brescia – Museo Diocesano (Via Gasparo da Salò 13)
Orari: 9.00-12.00/15.00-18.00, chiuso mercoledì
Biglietti: 5€ intero, 2,50€ ridotto
Informazioni: www.diocesi.brescia.it/museodiocesano/

Tibet. Tesori dal tetto del mondo
20 ottobre 2012 – 2 giugno 2013
Treviso – Casa dei Carraresi
Orari: lunedì, martedì, giovedì 9.00 – 19.00; mercoledì: 9.00 – 21.00; venerdì, sabato e domenica: 9.00 – 20.00
Biglietti: 13,00€ unico (compresa audioguida), 10,00€ ( ragazzi sino ai 18 anni, compresa audioguida)
Informazioni: www.laviadellaseta.info

De Nittis
19 gennaio 2013 – 26 maggio 2013
Padova – Palazzo Zabarella
Orari: tutti i giorni 9.30-19.00, chiuso lunedì
Biglietti: 12€ intero, 9€ ridotto
Informazioni: www.palazzozabarella.it

Un Raffaello per Piacenza
23 marzo 2013 – 9 giugno 2013
Piacenza - Spazio Mostre di Palazzo Farnese (piazza Cittadella 29) e chiesa di San Sisto (Via San Sisto 9)
Orari: Palazzo Farnese martedí, mercoledí, giovedí 9.30 – 13.00; venerdí, sabato, domenica ore 9.30 – 13.00/ 15.00 – 18.00
Chiesa di San Sisto lunedì-venerdì 8.00-12.00/ 16.00-18.00; sabato 8.00-10.30/ 15.00-17.00; domenica 15.30-16.30
Biglietti: 6€ intero, 4,50€ ridotto
Informazioni: www.palazzofarnese.piacenza.it

Norma e capriccio. Spagnoli in Italia agli esordi della “maniera moderna”
5 marzo 2013- 26 maggio 2013
Firenze – Uffizi
Orari: martedì- domenica 8,15-18,50, chiuso lunedì
Biglietti: 6,50€ intero, 3,25€ ridotto
Informazioni: www.uffizi.firenze.it


Tiziano
5 marzo 2013 – 16 giugno 2013
Roma – Scuderie del Quirinale
Orari: lunedì- giovedì 10.00- 20.00; venerdì 10.00- 22.30; sabato 9.30- 22.30; domenica 9.30- 20.00
Biglietti: 12€ intero, 9,50€ ridotto
Informazioni: www.scuderiequirinale.it

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