Mostre ottobre 2013
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Cominciamo con due mostre archeologiche: la prima è stata organizzata a Padova e cerca di indagare l’antico popolo dei Veneti. In esposizione troviamo quasi 2000 oggetti, emersi dagli scavi archeologici, che raccontano la cultura, le credenze ed i modi di vivere dei veneti antichi, il popolo vissuto nell’area del Nord-Est italiano nel corso del I millennio a.C. Questi oggetti raccontano come i Veneti antichi vivevano, come costruivano le loro abitazioni, come si procuravano il cibo, come seppellivano i propri defunti, come si rivolgevano alle divinità, come si rapportavano ai popoli confinanti e a quelli più lontani con cui entravano in contatto. La mostra pone l’accento su aspetti di grande rilevanza culturale: la pratica della scrittura, per esempio, e il suo legame con la realtà del sacro, la padronanza nella lavorazione del bronzo e la sua traduzione, sul piano dell’espressione artistica, nei repertori decorativi dell’arte delle situle, oggetti sulle cui superfici animali fantastici si intrecciano a scene di vita quotidiana, a momenti rituali, a processioni e a teorie di guerrieri. Una serie di filmati e postazioni multimediali arricchiscono la visita, ma di grande impatto sono anche alcune ricostruzioni, mirate a suscitare l’attenzione, ma soprattutto l’emozione, nel visitatore: vedere l’interno di un’abitazione, con arredi e suppellettili; entrare in un santuario e percepirne l’atmosfera sacrale; vedere un imponente tumulo funerario nel quale sono presenti numerose tombe a carattere famigliare, cui si aggiungono sepolture equine: momenti di grande impatto emotivo, a completamento di una visita dall’alto potere comunicativo.
Spostiamoci ora a Firenze, presso il Museo Archeologico troviamo una mostra dedicata agli Etruschi della Maremma. Ad introdurre il visitatore nel territorio oggetto della indagine, sono la riproduzione di una mappa secentesca della Toscana meridionale a terra, e immagini del paesaggio maremmano alle pareti; il percorso prosegue poi, idealmente, attraverso i maggiori centri urbani della Maremma etrusca (Populonia, Vetulonia, Marsiliana) fino ai centri rurali minori (Pitigliano, Poggio Buco). Tra i pezzi di maggior pregio sono i Flabelli bronzei da Populonia, l’urna cineraria in argento da Vetulonia, gli avori, il busto in lamina bronzea e la maschera funeraria in argento da Marsiliana. Nelle vetrine sono esposti servizi per il banchetto e il simposio sia in metallo che in ceramica. Lo scopo della mostra è quello di ricostruire, attraverso i preziosi materiali che le sepolture hanno restituito, la società etrusca del VII e VI sec. a.C., all’apice del suo splendore. I materiali, tutti appartenuti alla classe economicamente e politicamente dominante, ostentano ricchezza e costituiscono simboli del potere detenuto dagli aristocratici “signori di Maremma”. Gli oggetti esposti sono frutto di tecniche importate o apprese da artigiani orientali se non addirittura costose importazioni dalla Grecia o dal vicino Oriente.
Conclude questa prima sezione antica una mostra realizzata ad Aquileia (Ud) in occasione dell’anniversario costantiniano (313-2013). La rassegna infatti vuole cogliere l’occasione dei 1700 anni degli accordi di Milano del 313 tra Costantino e Licinio, con cui si confermava la tolleranza per il culto cristiano, sancita solo due anni prima dall’editto di Galerio, per ripercorrere un momento particolarmente fecondo per Aquileia. Il percorso espositivo si articola in sezioni che approfondiscono con oltre 200 preziosi reperti il nuovo ruolo politico e amministrativo che si aggiunse alla già rinomata funzione come emporio commerciale e nodo strategico sulle vie tra l’Italia e l’Illirico (i Balcani). Il grande sviluppo monumentale e urbano, che si vuole raccontare con la mostra, portò Aquileia a essere una delle sedi più importanti nell’Italia Annonaria: nuova residenza degli imperatori, strettamente collegata con la nuova capitale Milano. Ausonio, nella seconda metà del IV secolo, la ricorderà tra le nove più importanti città dell’impero, celeberrima per i suoi complessi monumentali e per il porto. In particolare il percorso allestito a Palazzo Meizlik si articola in cinque sezioni introdotte dalla riproduzione di una delle grandi strade d’accesso della città: la prima sezione “L’imperatore, il vescovo, la città” raccoglie le testimonianze della presenza dei militari, della corte e dell’imperatore ad Aquileia: quattro miliari, rinvenuti a Villesse e restaurati per l’occasione testimoniano l’importanza strategica della città. In questa sezione anche la testa di Costantino proveniente dai Musei Vaticani e i solidi dell’imperatore. La seconda sezione “La Grande Aquileia di Costantino” dedicata alla “rivoluzione urbanistica” della città tra la fine del III e i primi decenni del IV con particolare riferimento a mura, foro, residenza imperiale, circo, zecca, grandi terme, porto e mercati. In mostra i clipei restaurati, una serie di anfore di produzione iberica, orientale, africana e italica, la riproduzione di una delle lastre decorate del foro (pluteo) su cui all’inizio del IV secolo sono state inserite le iscrizioni dei personaggi notevoli della storia di Aquileia, la statua di Diomede dalle Grandi Terme e le monete della zecca. Nella terza sezione “L’Aquileia di Teodoro” si parla della comunità cristiana di Aquileia e del rapporto con la persistenza dei culti pagani: in mostra oggetti di uso comune legati ai culti pagani e testimonianze del cristianesimo. La quarta sezione è il preludio alla visita dei resti conservati in basilica: sono esposti i frammenti degli affreschi originali, mentre un suggestivo filmato ci restituisce la ricostruzione virtuale della basilica in epoca costantiniana. L’ultima sezione “Vivere ad Aquileia nel IV secolo” è dedicata ai principali contesti di domus del IV secolo: vi sono esposti oggetti della vita quotidiana, monili, un frammento di affresco della Stalla Violin e il mosaico del Buon Pastore, che viene esposto in anteprima assoluta dopo il lungo restauro eseguito dal Gruppo Mosaicisti Ravenna in attesa di venire ricollocato nell’area del fondo Cossar.
Ci spostiamo ora, come per magia, in un’epoca, il barocco, noto per il suo amore verso il curioso, lo straordinario, l’eccentrico. A dare sostegno a questa interpretazione di un’epoca è la mostra realizzata a Firenze dal titolo suggestivo, Diafane Passioni . Avori barocchi dalle corti europee. Dalla metà del Cinquecento, per circa due secoli, la scultura in avorio fu apprezzata e ricercata dalle corti europee come una delle massime e più sofisticate forme di espressione artistica. I più importanti scultori del periodo barocco, sia in Italia che nei paesi transalpini e addirittura nelle colonie portoghesi e spagnole, si cimentarono in questa tecnica raffinatissima e difficile, che univa alla perizia dell’artefice la preziosità della materia prima. In tutta Europa, imperatori e granduchi, papi e principi, altissimi prelati e ricchi banchieri si contendevano l’opera degli scultori in avorio, e spesso formavano collezioni di capolavori eburnei, che andavano dagli esemplari figurativi veri e propri ai tour de force torniti. L’Italia giocava un ruolo chiave per la più grande fioritura della scultura in avorio tra il Cinque e il Settecento: la seconda dopo quella gotica, che aveva avuto il suo centro a Parigi. Le zanne dell’elefante arrivavano in Europa attraverso le grandi città portuali, Venezia, Genova, e Napoli, con Roma i centri principali della lavorazione della preziosa ed esotica materia, ricercata particolarmente per la sua qualità mimetica di raffigurare l’incarnato umano. L’ammirazione per l’avorio nell’Italia del Sei e Settecento favorì inoltre il collezionismo di avori africani e indiani, oltre a quelli tardoantichi e medievali. Proprio a Firenze fra il XVII e XVIII secolo si formarono le prime collezioni di avori di epoche passate, e proprio qui si pubblicarono i primi studi dedicati agli avori medievali. Con Ferdinando I de’ Medici (1549-1609) a Firenze, ebbe inizio una delle più spettacolari collezioni di avori in Europa, che continuò ad arricchirsi fino al tramonto della dinastia, raggiungendo numerose centinaia di esemplari. Per quantità, per qualità ed importanza dal punto di vista storico artistico, la raccolta medicea raggiunse livelli pari solo a quelli della corte imperiale di Vienna e di quella principesche di Dresda e di Monaco. Coppe e rilievi, composizioni mitologiche e scene di genere, santi e ritratti di principesse, scarabattole e torri tornite: ogni aspetto dell’arte figurativa e astratta è riflesso nell’arte eburnea raccolta a Firenze. La maggior parte degli avori dei Medici si trovano ora nel Museo degli Argenti a Palazzo Pitti, e costituiscono una delle grandi attrazioni nelle sale del pianterreno, dove il visitatore entra in un mondo magico di forme diafane, dalla grazia fiabesca. Questa è una mostra di quasi centocinquanta pezzi, che unisce i tesori fiorentini a pregevoli esemplari provenienti dai più importanti musei stranieri e ad altri avori mai visti prima, custoditi in collezioni private, dà vita a un nuovo e spettacolare capitolo della storia dell’arte: un capitolo mai studiato prima, soprattutto nel suo aspetto “internazionale”, così peculiare del collezionismo mediceo. La mostra si articola in varie sezioni che percorrono l’arte dell’avorio dal Quattrocento, quando catturò l’attenzione di Lorenzo il Magnifico, al maturo Rinascimento, fino all’esplosione del Barocco con opere degli scultori fiamminghi e tedeschi più famosi del periodo, da Leonhard Kern a François du Quesnoy, da Georg Petel a Balthasar Permoser.
Rimaniamo sempre a Firenze, ma poniamo ora attenzione ad un’altra figura di mecenate mediceo. Dopo aver citato Ferdinando I de’ Medici (1549-1609) nella precedente mostra, ora parliamo di un’altro Ferdinando de’ Medici (1663-1713), noto come, collezionista e mecenate. Figlio di Cosimo III e di Marguerite - Louise d’Orléans, Ferdinando coltivò fin da giovanissimo una grande passione per il teatro, la musica e le arti figurative. La mostra infatti vuole rendere la complessità dei suoi interessi e la novità delle sue scelte che convogliarono su Firenze, allo scadere del Seicento e nel primo decennio del XVIII secolo, i grandi protagonisti di quell’era (musicisti, strumentisti, pittori, scultori). Il percorso espositivo si articolerà in sezioni che illustreranno le complesse problematiche legate alle scelte culturali di Ferdinando, presentando anche gli edifici nei quali il suo mecenatismo prese vita. Una sezione introduttiva presenterà il principe in effige e la famiglia d’appartenenza, con opere di Giovan Battista Foggini, Justus Suttermans, Anton Domenico Gabbiani. La seconda sezione illustrerà gli inizi del mecenatismo e del collezionismo di Ferdinando, esplicitatisi soprattutto nella villa di Pratolino, luogo prediletto dal principe, nella quale, accanto a musici, cantanti, costumisti e compositori, fanno comparsa i grandi scenografi bolognesi, i Bibbiena, mentre la residenza si trasforma nei decori interni e si arricchisce di opere dei pittori preferiti da Ferdinando in quel periodo: tra questi, i toscani, Livio Mehus, Pier Dandini, Domenico Tempesti ma anche ‘stranieri’ quali il romano Crescenzio Onofri o il padano Cristoforo Munari, tutti impegnati a produrre opere spesso strettamente legate all’edificio e alle attività ludiche che vi si praticavano. La terza sezione interesserà invece il rinnovamento di palazzo Pitti, del teatro della Pergola e del Duomo fiorentino in occasione delle nozze di Ferdinando con la principessa Violante Beatrice di Baviera (1689). In questo frangente la reggia subì radicali trasformazioni che interessarono il piano nobile, gli appartamenti degli sposi, i mezzanini rinnovati con grande fantasia, documentati in mostra da memorie e disegni preparatori degli artisti che vi lavorarono (Luca Giordano, Diacinto Maria Marmi, Alessandro Gherardini, Giovanni Battista Foggini, Anton Domenico Gabbiani). Al contempo si darà ragione - esponendo disegni e documenti - delle cerimonie e delle feste fiorentine fatte per gli sponsali del principe. Una sezione significativa del gusto collezionistico del Gran Principe sarà la quinta, nella quale si esporranno alcune delle opere cinque - secentesche rimosse dalle chiese toscane (e non): tra queste la Madonna delle arpie di Andrea del Sarto, l’Estasi di Margherita da Cortona del Lanfranco, la Pala Farnese di Annibale Carracci, infine la Madonna col collo lungo del Parmigianino una delle acquisizioni più prestigiose d’arte del Rinascimento operata da Ferdinando allo scadere del Seicento. La sezione successiva, la sesta, sarà invece dedicata all’altra villa preferita dal Gran Principe, quella di Poggio a Caiano, rinnovata con gran fasto decorativo che ospitò, in una stanza al piano nobile, una delle raccolte più originali di Ferdinando, quella di ‘opere in piccolo’ che in mostra sarà suggestivamente ricostruita, presentando una selezione di opere che ne fecero parte, dando così ragione del gusto articolato del collezionista. La sezione settima della mostra presenterà invece le preferenze del principe per la grande scultura fiorentina di fine secolo ed in pittura il rinnovarsi del gusto di Ferdinando verso scuole ‘straniere’ ben più moderne di quella locale, quali la veneta - amatissima già in gioventù - la bolognese e la ligure (con opere di Crespi, Cassana, Fumiani, Sebastiano e Marco Ricci, Magnasco e Peruzzini) i cui maggiori protagonisti vengono a Firenze e producono per il principe alcuni dei loro capolavori. L’ultima sezione sarà dedicata agli anni finali di Ferdinando: si presenteranno gli esiti del suo collezionismo artistico, i disegni relativi al monumento celebrativo che si pensava di erigere in sua memoria, i bozzetti connessi a questo progetto, i materiali sulle esequie.
Ci trasferiamo ora a Mantova per una rassegna dedicata al mito di Amore e Psiche. Si tratta di una mostra che cerca di ritrovare il percorso dell’anima attraverso miti, simboli e arte, presentando capolavori archeologici della Magna Grecia all’arte romana,da Tintoretto ad Auguste Rodin a Salvador Dalì. Le opere archeologiche e artistiche dislocate negli spazi della residenza gonzaghesca accompagnano il visitatore alla riscoperta dell’antichissimo mito di Amore e Psiche, ripreso da Apuleio nel II secolo d.C., che narra le vicende di Psiche, mortale dalla bellezza eguale a Venere, che diventa sposa di Amore senza mai poterne vedere il viso. Una notte, istigata dalle invidiose sorelle, riesce a scoprirne il volto ma viene immediatamente abbandonata dal dio. Psiche dovrà quindi affrontare una serie di prove, al termine delle quali otterrà l’immortalità e potrà ricongiungersi al suo sposo. La mostra segue le diverse fasi del racconto di Apuleio - dalla passione alla serenità raggiunta attraverso la speranza. Il racconto prende le mosse dalla rivalità nel nome della bellezza. Psiche, nuova Afrodite terrestre, crea inconsapevolmente un sovvertimento dell’ordine cosmico che mette in grave rischio l’armonia stessa delle antiche regole del mondo degli dei. Dall’altro canto, Afrodite - dea della bellezza e dell’amore, che presiede alla fertilità del cosmo su cui agisce la potenza creatrice di Eros - è indignata per l’umana superbia di una mortale che vuole competere con il suo fascino. Si prosegue quindi con il tema delle nozze ferali di Psiche, prologo del dramma che sta per consumarsi. Una profezia vede infatti Psiche unita in matrimonio con un mostro; proprio per questo motivo, Eros ordina a Zefiro di rapirla per condurla nel suo palazzo dove, con l’ausilio della notte e del buio, potrà incontrare la sua amata. Psiche, felice nella sua nuova casa, subisce tuttavia l’invidia delle sorelle - simbolo della coscienza femminile, ovvero della voce interiore che determina l’evoluzione necessaria per attuare il superamento del semplice amore passionale - che le suggeriscono di uccidere l’amato. Psiche, in quello che rappresenta il più antico modello di atto sacrificale, attende che Eros si sia assopito per sollevare su di lui la lucerna e vederne l’aspetto animalesco: una goccia di olio bollente colpisce però il suo corpo disteso, facendolo sobbalzare e fuggire. Mentre Psiche, con l’illuminazione, determina la conoscenza del proprio amore, Eros si trova a essere sopraffatto dall’amore totalizzante della donna, che impone non l’oscurità dell’inconscio ma la luminosità della coscienza e della consapevolezza, creando un percorso che inevitabilmente conduce anche al dolore e alla separazione. Privata dell’amante, Psiche cade nella più cupa disperazione e si consegna ad Afrodite, sperando di poterne placare l’ira. La dea decide di sottoporla a una serie di quattro prove, l’ultima delle quali prevede di scendere agli inferi per chiedere a Persefone l’elisir della giovinezza perenne. Sarà una torre, simbolo del sapere umano, ad aiutarla in questa impresa; sulla strada del ritorno tuttavia la curiosità vince nuovamente la fanciulla che, inalando il fluido, cade in un sonno profondo simile alla morte. Solo Eros, che non si era mai rassegnato a vivere senza Psiche, riuscirà a risvegliare l’amata con le sue frecce amorose, assicurando al racconto il lieto fine e il tenero abbraccio. Il mito porta così alla luce uno snodo epocale nello sviluppo della religiosità antica e della concezione dell’anima: la capacità di amare è una scintilla divina, e la trasformazione dell’anima attraverso l’amore è un mistero che avvicina a dio.
Ci trasferiamo adesso a Parma per una rassegna monografica dedicata a De Pisis (1896-1956). La mostra intende presentare alcuni capolavori del maestro (circa ottanta tra dipinti e opere su carta), provenienti da musei nazionali e da collezioni private, che rispecchiano i suoi interessi principali: i luoghi innanzitutto, i volti e le persone che li abitano, la natura che li attraversa. La mostra si concentra su alcuni capi d’opera relativi ai periodi di soggiorno in una città europea nei generi del paesaggio urbano, del ritratto e del nudo maschile, della natura morta, che costituiscono i principali ambiti di ricerca del pittore, temi fissi in cui egli esprime le proprie inquietudini e il proprio aristocratico distacco dal mondo.
A Viareggio (Lu), al Centro Matteucci troviamo una mostra dal titolo Prima e dopo la Secessione Romana. Pittura in Italia 1900-1935. Costruita intorno a un nucleo portante di opere provenienti da una raffinata raccolta di arte italiana tra le due guerre, la rassegna rappresenta una deliberata novità per il Centro Matteucci, sinora impegnato a scandagliare in ogni mostra un’unica collezione: in questo caso si è invece voluto ampliare lo sguardo rispetto al periodo storico così ben rappresentato da quella raccolta e ricostruire, seppure sinteticamente, un quadro più vasto, ripercorrendo con esempi di grande qualità, scelti in poche e selezionate altre collezioni private, la cultura artistica italiana negli anni che dalla Belle Epoque attraversano la Grande Guerra, si nutrono felicemente del successivo clima europeo del “rappel à l’ordre” e approdano agli esiti, lungamente rimossi per ragioni ideologiche, ma ormai riconosciuti nel loro valore internazionale, del rinnovato classicismo degli anni Venti e dei primi anni Trenta. La mostra si apre dunque allo scoccare del XX secolo, quando si pongono le basi di tanta parte dell’arte successiva, e prima di giungere agli anni tra le due guerre appunta il suo interesse sull’avventura delle Secessioni Romane, tanto affascinante quanto poco indagata. Tre le sezioni che la compongono: “Sotto l’impulso del nuovo secolo”, “Il clima delle Secessioni Romane” e “Ritorno all’ordine, Novecento Italiano e oltre”.
La prossima è una mostra diffusa sul territorio, dal titolo significativo Capolavori in Valtiberina tra Toscana e Umbria, da Piero della Francesca a Burri e La Battaglia di Anghiari. Infatti essa si snoda tra i musei di Anghiari, Città di Castello, Monterchi, Sansepolcro. Piero della Francesca, Donatello, Perugino, Raffaello, Rosso Fiorentino, Alberto Burri: nomi eccezionali per il nuovo evento espositivo “diffuso” del progetto Piccoli Grandi Musei, che per la prima volta abbandona i confini regionali e si concentra su quel territorio che Plinio il Giovane ebbe a definire come “un immenso anfiteatro quale soltanto la natura può crearlo”. La Valtiberina, crocevia di culture e tradizioni, terra ricca di un patrimonio artistico e che riunisce i saperi di tutto il tratto centrale della penisola, è teatro della nona edizione del progetto Piccoli Grandi Musei, nato in seno all’Ente Cassa di Risparmio di Firenze per valorizzare e sostenere tutti quei musei del territorio, poco conosciuti ai più, ma non per questo meno meritevoli di interesse.
Una mostra strana, ma sicuramente gradita ai più piccoli: Torino ospita i dinosauri in una emozionante ricostruzione. Il percorso si apre con l’esemplare che incarna più di tutti le emozioni che questi grandi rettili suscitano: il Tirannosauro, che catapulta subito il visitatore sulla Terra com’era 70 milioni di anni fa. Verrà spiegata l’evoluzione del mondo illustrando le diverse età del nostro pianeta, con particolare attenzione ai tre periodi che scandirono la vita dei dinosauri: dal Triassico, 220 milioni di anni fa, passando per il Giurassico fino ad arrivare al Cretaceo, conclusosi 65,5 milioni di anni fa, momento della loro estinzione. Inoltre sono anche presenti esemplari di T-Rex, Triceratopo, Spinosauro.
Venetkens. Viaggio nella terra dei Veneti antichi
6 aprile 2013 – 17 novembre 2013
Padova – Palazzo della Ragione
Orari: tutti i giorni 9.00-19.00, chiuso lunedì
Biglietti: 8€ intero, 5€ ridotto
Signori di Maremma. Elites etrusche tra Populonia e Vulci
10 maggio 2013 -. 31 dicembre 2013
Firenze – Museo Archeologico
Orari: tutti i giorni, lunedì-domenica 8.30 – 14.00; martedì-mercoledì-giovedì-venerdì 8.30 – 19.00
Biglietti: 4€ intero, 2€ ridotto
Informazioni: www.archeotoscana.beniculturali.it
Costantino e Teodoro. Aquileia nel IV secolo
5 luglio 2013 – 3 novembre 2013
Aquileia (Ud)- Palazzo Meizlik e Museo Archeologico Nazionale
Orari: lunedì – domenica 9.00-19.00
Biglietti: 9€ intero, 7€ ridotto
Informazioni: www.fondazioneaquileia.it
Diafane Passioni. Avori barocchi dalle corti europee.
16 luglio 2013 – 3 novembre 2013
Firenze – Palazzo Pitti (Museo degli Argenti)
Orari: lunedì – domenica 8.15 – 18.30
Biglietti: 10€, 5€ ridotto
Informazioni: /
Il Gran Principe Ferdinando de’ Medici collezionista e mecenate (1663-1713)
26 giugno 2013 – 3 novembre 2013
Firenze – Galleria degli Uffizi
Orari: martedì - domenica 8.15 - 18.50; chiuso lunedì
Biglietti: 11€ intero, 5.50€ ridotto
Informazioni: www.polomuseale.firenze.it/
Amore e Psiche. La favola dell’anima
13 luglio 2013 – 10 novembre 2013
Mantova - Palazzo Te e San Sebastiano
Orari: lunedì 13.00-18.00; martedì, mercoledì, giovedì 9.00-18.00; venerdì, sabato 9.00-20.00; domenica 9.00-18.00.
Biglietti: 13€ intero; 10€ ridotto
Informazioni: www.palazzote.it
De Pisis en voyage. Roma, Parigi, Londra, Milano, Venezia
13 settembre – 8 dicembre 2013
Mamiani Traversetolo (Pr) – Fondazione Magnani Rocca
Orari: martedì - venerdì 10.00 - 18.00, sabato, domenica 10.00 - 19.00, chiuso lunedì
Biglietti: 9€ intero, 5€ ridotto
Informazioni: www.magnanirocca.it
Prima e dopo la Secessione Romana. Pittura in Italia 1900-1935.
20 luglio 2013 – 3 novembre 2013
Viareggio (Lu) – Centro Matteucci per l’Arte Moderna
Biglietti: 8€
Informazioni: www.centromatteucciartemoderna.it
Capolavori in Valtiberina tra Toscana e Umbria, da Piero della Francesca a Burri e La Battaglia di Anghiari
16 giugno 2013 – 3 novembre 2013
Musei di Anghiari, Città di Castello, Monterchi, Sansepolcro
Informazioni: www.piccoligrandimusei.it
L’invasione dei dinosauri
14 agosto 2013 – 10 novembre 2013
Torino – Parco Michelotti
Orari:martedì – domenica 10.00-20.00, lunedì 14.30-20.00
Biglietti: 12€ intero, 10€ ridotto
Informazioni: 011-65 02 833