Condividi:

Mostre di Dicembre 2017

Autore:
Roda, Anna
Fonte:
CulturaCattolica.it

Le proposte per dicembre sono molto interessanti e ci permettono di spaziare nei più diversi campi dell’arte e della cultura.

Iniziamo dalla Val d’Aosta, in particolare dal polo museale della fortezza di Bard. La mostra Capolavori dell’Accademia Nazionale di San Luca. Da Raffaello a Balla, con ben 115 opere rappresentative della preziosa collezione di Palazzo Carpegna a Roma, ci permette di fare un ampio percorso nella storia dell’arte italiana. Il percorso espositivo nelle sale delle Cannoniere segue un ordine cronologico partendo dal XVI secolo sino al XX secolo e si apre con l’opera più preziosa della mostra, un affresco raffigurante un putto dipinto da Raffaello Sanzio e opere che documentano i centri rinascimentali più influenti nella Penisola, la Toscana e il Veneto, con capolavori di Agnolo Bronzino, Giambologna, Jacopo da Bassano e Palma il Giovane. Il Seicento è rappresentato da opere di Guido Reni, Guercino e Gian Lorenzo Bernini. Capolavori di Rubens e Van Dyck e di esponenti della pittura fiamminga e olandese testimoniano il respiro internazionale della collezione. Giovan Battista Piazzetta e le splendide vedute archeologiche di Giovanni Paolo Pannini documentano la sezione dedicata al Settecento, che si chiude con il bellissimo olio di Angelika Kauffmann, l’Allegoria della Speranza. L’Ottocento si apre nel segno del ritratto: Andrea Appiani, Elisabeth Vigée-Lebrun, i gessi di Canova e Thorvaldsen e l’Atleta Trionfante di Francesco Hayez. La parte finale è dedicata al movimento milanese degli Scapigliati, con dipinti di Tranquillo Cremona e Federico Faruffini. Esposti anche due olii di Giacomo Balla, un Autoritratto e il grande Contadino del 1902.

La prossima tappa è a Torino presso il Museo di Arti Decorative Accorsi Ometto per la mostra Giacomo Grosso, una stagione tra pittura e Accademia. La rassegna si concentra sull’attività pittorica dell’artista (1860-1938), sugli anni d’insegnamento all’Accademia e sulla sua partecipazione ai grandi eventi internazionali. In particolare, viene posto in risalto il suo impegno nell’ambito di una ritrattistica di sicura fascinazione: un aspetto quanto mai determinante nella vicenda artistica del pittore, che appartiene alla cultura figurativa della fine del XIX e dell’inizio del XX secolo. Giacomo Grosso fu uno dei pittori piemontesi più conosciuti e amati nel periodo a cavallo tra Otto e Novecento. Allievo di Andrea Gastaldi e poi, per quarantasei anni, docente di pittura all’Accademia Albertina di Torino, fu Senatore del Regno d’Italia e autore di mirabili ritratti, grazie ai quali ottenne la sua maggiore notorietà: tra le sue innumerevoli opere, si ricordano i dipinti dedicati ai Duchi d’Aosta, Lorenzo Delleani, Arturo Toscanini e Giuseppe Verdi, senza tralasciare i quadri più celebri come La nuda (1896) e Signora in aperta campagna (Ritratto di Carola Reduzzi).

Sempre Torino ma per una mostra fotografica abbastanza curiosa, ma sicuramente di grande attualità Arrivano i Paparazzi! Fotografi e divi dalla Dolce Vita a oggi. La mostra si compone di centocinquanta immagini che raccontano l’epopea della “fotografia rubata”, da la Dolce Vita a oggi, in Italia e nel mondo, dove il mondo è soprattutto, anche se non solo, quello dello scandalo e del gossip. Sono fotografie che hanno segnato per sempre la percezione popolare dei personaggi pubblici, attori, cantanti, politici. Donne soprattutto. ‘Rubate’ dei momenti privati, quando, smessa la maschera del ruolo, ridiventano persone (quasi) qualsiasi. In mostra, fra i Vip e le Star di ieri e di oggi, troviamo Anita Ekberg, Marilyn Monroe, Jackie Kennedy, Lady D, Sofia Loren, Brigitte Bardot con scatti di famosi fotografi come Tazio Secchiaroli, Marcello Geppetti, Ron Galella, Lino Nanni e progetti fotografici di artisti contemporanei come Alison Jackson, Ellen von Unwerth e Armin Linke.

Spostiamoci ora a Novara per una mostra di pittura che vuole presentare la ricca raccolta di Vittorio Sgarbi, dedicata alla madre, Rina Cavallini. Nel Castello di Novara, dove saranno esposte oltre 120 opere, tra dipinti, disegni e sculture, dalla fine del Quattrocento all’Ottocento, esposizione che vuole dar conto in primis della peculiare e complessa “geografia artistica” della nostra nazione; saranno rappresentate infatti le principali “scuole” italiane: lombarda (Giovanni Agostino da Lodi, Morazzone, Schivenoglia, Francesco Hayez), marchigiana (Johannes Hispanus, Cola dell’Amatrice, Battista Franco, Giovanni Francesco Guerrieri, Simone Cantarini, Andrea Lilio, Sebastiano Ceccarini, Giovan Battista Nini, Francesco Podesti), veneta (Pietro Liberi, Johann Carl Loth, Simone Brentana, Enrico Merengo), ferrarese (Nicolò Pisano, Garofalo, Giovanni Battista Benvenuti detto l’Ortolano, Sebastiano Filippi detto Bastianino), emiliana e romagnola (Niccolò dell’Arca, Francesco Marmitta, Ferraù Fenzoni, Guercino, Matteo Loves, Guido Cagnacci, Anna Morandi Manzolini, Giacomo Zampa, Mauro Gandolfi), toscana (Giovanni Martinelli, Giacinto Gimignani, Pietro Paolini, Simone Pignoni, Alessandro Rosi, Onorio Marinari, Giuseppe Moriani, Pietro Balestra, Giovanni Duprè), romana (Cavalier d’Arpino, Artemisia Gentileschi, Pseudo Caroselli, Bernardino Nocchi, Giuseppe Cades, Antonio Cavallucci, Innocenzo Spinazzi, Agostino Masucci). Il percorso offrirà al visitatore un’ampia panoramica sulla natura e sulla funzione di dipinti e sculture (pale d’altare, quadri “da stanza”, miniature, bozzetti e cartoni preparatori, etc…), nonché sui soggetti affrontati dagli artisti, da quello sacro, alle raffigurazioni allegoriche e mitologiche (Ignaz Stern, Simone Pignoni, Filippo Comerio, Vincenzo Morani), dal ritratto (Lorenzo Lotto, Luciano Borzone, Philippe de Champaigne, Ferdinand Voet, Baciccio, Pier Leone Ghezzi, Giorgio Domenico Duprà, Giovanni Antonio Cybei, Giacomo de Maria, Lorenzo Bartolini, Raimondo Trentanove, Vincenzo Vela), al paesaggio e la veduta (Jan de Momper, Giuseppe Bernardino Bison, Antonio Basoli, Giuseppe Bernardino Bison), alla scena di genere (Eberhart Keilhau detto Monsù Bernardo, Matteo Ghidoni detto dei Pitocchi).

Le nostre proposte ci portano ora a Milano.
Cominciamo dal piccolo museo di San Fedele con una rassegna dedicata al Natale dal titolo “Eccomi” dal turbamento alla gioia. Una serie di dipinti dal XVI al XX secolo raffiguranti l’Annunciazione sono l’occasione per riflettere su una delle più suggestive e poetiche iconografie dell’arte cristiana. Fra le opere in mostra si segnalano una rara tavola di Giovan Mauro della Rovere detto il Fiammenghino, due preziosi rami realizzati da Carlo Maratta e Giovanni Stanchi detto Dei Fiori e una piccola e intensa tela di Mario Sironi. Il passaggio dall’Incommensurabile del Divino nel finito avviene attraverso una parola che in pittura diviene gesto ed espressione di un volto. Anche se a tale momento chiave del Vangelo vengono dedicati pochi versetti (Lc1, 26-38), questi sono piuttosto articolati, scandendo una sequenza repentina: il saluto dell’Angelo che entra nella casa di Maria, il turbamento di Lei, la rassicurazione di Lui, l’annuncio del concepimento del Figlio dell’Altissimo, la perplessità e l’obbiezione di Lei che non conosce uomo, la seconda rassicurazione dell’Angelo che estende a Elisabetta il miracolo del concepimento sovrannaturale, infine l’accettazione di Maria, che dichiara il suo emozionato e pieno di grazia: “Eccomi”. L’“Eccomi” di Maria disarma il dover essere imposto a chi vive sotto la Legge, trasformandolo in accoglienza della chiamata divina. L’“Eccomi” di Maria è un delicato e potente cenno della testa, un inclinarsi del capo che assume su di sé l’esperienza dell’incontro numinoso con l’Angelo, assorbendola e rilanciandola trasformata. Nell’attimo dell’Annunciazione il Dio di Israele trasferisce a una donna poco più che bambina il suo nume. Il termine latino numen indica il far cenno con il capo, il comando, la volontà, la potenza della Somma Divinità che tutto può con il solo cenno della testa. Maria, dichiarandosi la “serva del Signore”, abbassa il capo e, rialzandolo, annuisce. Un “sì” in grado di mutare il turbamento e il terrore inizialmente provocati dal Messaggero divino in “grande gioia”. Grande gioia che da intima e personale “sarà di tutto il popolo” con l’Annuncio ai pastori e che con l’Epifania raggiungerà tutti i popoli della Terra, compiendo la sua portata universale.

Giunto alla sua decima edizione, il tradizionale appuntamento natalizio con l’arte di Palazzo Marino torna in Sala Alessi con un capolavoro di Tiziano, la maestosa pala d’altare Sacra conversazione 1520 (Pala Gozzi) proveniente dalla Pinacoteca Civica "Francesco Podesti" di Ancona. Insieme all’indiscussa importanza storico-artistica del dipinto di Tiziano, la scelta del Comune testimonia la vicinanza di Milano alla città di Ancona, che svolge un ruolo fondamentale come centro di raccolta e riparo di numerose opere d’arte, tra cui molti capolavori, provenienti dai territori marchigiani colpiti dal terremoto. Grazie a un importante progetto allestitivo, i visitatori potranno straordinariamente osservare non solo il capolavoro di Tiziano ma anche il retro della tavola, dove sono presenti schizzi a matita, in parte ombreggiati a pennello, realizzati dallo stesso Tiziano e raffiguranti varie teste, una delle quali potrebbe essere il bozzetto per il Bambino in una prima stesura del dipinto. La possibilità di ammirare anche il retro della grande pala d’altare (olio su tavola, 312 x 215 cm) consentirà di scoprire come venivano realizzate nel Cinquecento queste opere che tanta importanza e diffusione hanno avuto nella storia dell’arte del nostro Paese. Dipinta nel 1520 dall’allora trentenne Tiziano per il mercante di Dubrovnik Luigi Gozzi, e destinata all’altare principale della chiesa di San Francesco ad Alto ad Ancona, la Sacra Conversazione è il primo dipinto firmato e datato di Tiziano a noi noto: in un cartiglio in basso si legge infatti ALOYXIUS GOTIUS RAGOSINUS / FECIT FIERI / MDXX / TITIANUS CADORINUS PINSIT. La tavola è una tappa decisiva nell’affermarsi di una nuova forma di pala d’altare, svincolata dagli schemi architettonici e prospettici del Quattrocento. Una rivoluzione che era stata intuita da Leonardo con la Vergine delle Rocce, proseguita da Raffaello, ma interpretata da Tiziano con uno spirito aperto alla natura. L’opera appartiene al tradizionale genere iconografico della pala d’altare definita ‘Sacra Conversazione’: la Madonna con il Bambino appare improvvisamente in un cielo di nuvole in vibrante movimento, infuocato dalla luce magica del tramonto; in basso contemplano sbigottiti la visione San Francesco, a cui era dedicata la chiesa che ospitava la pala, e San Biagio protettore della città dalmata, che indica al committente inginocchiato l’apparizione celeste. Immerso in una calda luce reale, un paesaggio irripetibile, dove spiccano in primo piano le relazioni visive tra i personaggi: ognuno guarda qualcuno, sino ad arrivare al Bambin Gesù che a sua volta punta lo sguardo all’esterno, sullo spettatore, che viene così a diventare parte dell’opera stessa. Sullo sfondo della rappresentazione, ben visibile, il bacino di San Marco con il Palazzo Ducale e il suo campanile. Un dipinto grandioso che unisce Venezia, Ancona e Dubrovnik: Tiziano sembra suggerire un’alleanza tra i tre più importanti porti dell’Adriatico, sullo sfondo delle turbolenze politiche sul suolo italiano e dell’espansionismo ottomano. A valorizzare ancor di più il capolavoro, l’impianto illuminotecnico a cura dell’architetto Francesco Murano, che utilizzerà la tecnica della luce miscelata, ottenuta componendo luci calde e fredde.

Passiamo ora ad una mostra che piacerà tanto ai bambini e a tutti i tifosi. Celo celo manca... è il tormentone che ha unito generazioni di tifosi di tutte le squadre nella storica tradizione della raccolta e dello scambio di figurine. Quella dei tifosi per la loro squadra è una storia d’amore incondizionato che continua a trasmettersi anche attraverso gli Album Calciatori Panini. Il Milan ha voluto celebrare la storia, le origini e l’evoluzione degli album e delle figurine in Italia proprio attraverso il racconto dello storico marchio. Nasce così l’esposizione temporanea, che ha avuto anche il patrocinio del Comune di Milano, allestita all’interno del Museo Mondo Milan Calciatori – figurine in mostra. Un percorso carico di emozioni e ricordi, da cui ogni appassionato potrà uscire anche con qualcosa di unico, la figurina più rara di tutte: la propria. È stata installata, infatti, una postazione MyPanini che permetterà di scattarsi una foto e stampare la propria figurina in 9 copie come ricordo della mostra da ritirare al termine della visita. L’esposizione si sviluppa attraverso 4 sale: la sala introduttiva è dedicata alle prime apparizioni della figurina sportiva nel mercato italiano, non come prodotto editoriale, bensì come gadget abbinato ad altre merci, come ad esempio caramelle e cioccolatini. All’interno di questa sala sono visibili molti elementi esposti per la prima volta in originale. Nella seconda sala una parete mostra una selezione di figurine, tra cui molte che ripropongono i grandi campioni rossoneri, dal primo album della stagione 1961-1962 fino a quello attuale. Ogni visitatore potrà così scoprire l’evoluzione grafica del prodotto e trovare, tra quelli esposti, il proprio beniamino. Nella terza sala, il focus è la produzione industriale della figurina con l’esposizione di attrezzature autentiche e le matrici utilizzate per la stampa. Nella quarta e ultima sala il visitatore scoprirà il cimelio più prezioso dell’intera mostra. Per la prima volta sarà visibile il disegno di copertina dell’edizione originale dell’Album Panini. Si tratta del bozzetto realizzato a mano da Giuseppe Panini, che ha fondato la storica casa editrice. L’immagine ritrae Nils Liedholm, leggendario capitano e poi allenatore del Milan, nell’atto di colpire il pallone di testa. Completa l’allestimento di questa sala l’esposizione di due fogli di stampa originali, quello dell’edizione ‘61-’62 e quello attuale, prima del taglio delle figurine.

Proponiamo ora due mostre fotografiche
La prima è una mostra, nata da un progetto di Fondazione Paolo VI per il Sacro Monte di Varese e Parrocchia di Santa Maria del Monte in Varese e realizzata grazie al sostegno di Regione Lombardia e alla collaborazione di Regione Piemonte, che si presenta come un’esposizione fotografica composta da 57 pannelli sui quali le immagini fotografiche unite a brevi presentazioni storico-artistiche raccontano i nove Sacri Monti prealpini. Marco Beck Peccoz, (Torino, 1968), vive a Milano e dal 1991 lavora come fotografo free-lance per gruppi editoriali italiani ed esteri (come Gruppo L’Espresso, RCS Periodi, Mondadori, Edizioni Conde’nast, La Stampa, Le Monde, Fairchild Publication e molti altri), facendo reportage di viaggio, ritratti, fotografie, d’architettura, vita quotidiana, avvenimenti sportivi, culturali, musicali e pubblicità. Ha pubblicato anche vari libri sul territorio italiano e ritrae “on location” manager di importanti imprese italiane.
Le immagini fotografiche che Peccoz propone in questa mostra sono scorci architettonici e vedute paesaggistiche suggestive che vogliono raccontare in maniera semplice, senza pretese scientifico-documentaristiche, ciò che ha reso i nove Sacri Monti del Piemonte e della Lombardia sito seriale UNESCO. Le foto, dedicate a tutti e nove i Sacri Monti, sono coinvolgenti e vogliono suscitare il lato più emotivo dei visitatori, portandoli ad innamorarsi del loro Patrimonio culturale. Questi luoghi - carichi di storia, arte e spiritualità - attraverso la bellezza e la gradevolezza delle architetture, delle cappelle e dei loro manufatti artistici (affreschi e statue), si integrano perfettamente anche nel contesto naturalistico e paesaggistico di colline, boschi e laghi che fanno loro da cornice. La scelta di una mostra itinerante, è dettata dall’intrinseca finalità comunicativa e di valorizzazione del progetto stesso: gli spazi espositivi selezionati sono catalizzatori di interesse e collocati al di fuori dei contesti territoriali degli stessi Sacri Monti, affinché il patrimonio culturale possa essere comunicato in modo più diffuso ed attirare nuovi pubblici.

Arriviamo ora alla seconda mostra fotografica allestita presso il CMC - Centro Culturale di Milano; si tratta di una retrospettiva dedicata a Franco Pagetti (1950), fotogiornalista tra i più autorevoli a livello internazionale, che vanta collaborazioni con le più importanti testate, come The New York Times, Newsweek, Time, The New Yorker, Stern, Le Figaro, Paris Match, The Times of London e altre. La mostra, dal titolo Tutti i confini ci attraversano, inaugura la trilogia che CMC e Admira dedicano al tema “L’uomo e il confine”. Per la prima volta a Milano, la rassegna permette di incontrare da vicino la forza delle fotografie di Pagetti il cui fiuto giornalistico lo porta a essere presente - spesso per primo - nei teatri di guerra del pianeta, dall’Afghanistan al Kosovo, da Timor Est al Kashmir, dalla Palestina alla Sierra Leone e al Sud Sudan oltre che, con temi diversi, in altri paesi quali Cambogia, Laos, Vaticano, Arabia Saudita, Indonesia. La cifra stilistica di Pagetti si riconosce per la sua capacità di trovare l’uomo dentro le situazioni più difficili e di vivere il proprio ambiente attraversato da “confini” visibili e invisibili. Secondo Pagetti, c’è sempre la persona anche nel soldato che esegue degli ordini, c’è il suo volto nell’uomo che combatte, che fugge, che soffre, che resiste. Pagetti coglie con le sue immagini i confini che ci attraversano nei monti e villaggi dell’Afghanistan, paesaggi silenziosi come quelli del pastore errante di Giacomo Leopardi, o negli scatti in bianco e nero di ritratti di uomini e donne in preghiera nelle loro case, mentre fuori imperversa la battaglia, per rivelare quella differenza tra Sciiti e Sunniti che si manifesta nel modo di pregare, o ancora negli orizzonti di muri urbani o geografici di Palestina, Irlanda, Afghanistan, e persino nel paradossale confine fragile dell’amore che ha cucito le tende colorate che campeggiano nelle vie sventrate di Aleppo, dono delle donne per proteggere i loro mariti e figli dai cecchini nemici.

Vogliamo presentare insieme le due mostre organizzate dal MUDEC.
La prima vuole presentare la figura del valoroso faraone Amenofi II e il periodo in cui visse (1427-1401 a.C.), mostra che ha lo scopo di presentare gli aspetti principali della civiltà dell’antico Egitto.
La vita di Amenofi II è narrata attraverso l’esposizione di statue, armi, stele commemorative e evocazioni dell’Egitto di cui egli fu eroico protagonista. La sua instancabile attività militare ed edilizia e i paesaggi egiziani vengono evocati virtualmente con esperienze immersive nelle atmosfere nilotiche. La vita quotidiana delle classi sociali più vicine alla corte è illustrata, tra l’altro, con oggetti legati alla moda e alla cura del corpo, che mostrano il livello tecnologico e sociale raggiunto in questo periodo della storia egizia. Segue una sezione che, attraverso il tema delle concezioni funerarie, fornisce spunti di riflessione sulla lunga durata e complessità della civiltà egizia. Infine si raggiunge il cuore della mostra: un’esperienza unica permette di entrare nella sala a pilastri della tomba di Amenofi II e vivere la sensazionale scoperta archeologica di questa sepoltura nella Valle dei Re tramite i documenti originali di Victor Loret, l’archeologo che la scoprì, oggi proprietà dell’Università Statale di Milano. Fra i tesori conservati nella tomba vi erano le mummie di molti faraoni, che là erano stati nascosti per sottrarli alle offese dei profanatori di tombe.

Nella stessa sede è organizzata una rassegna multimediale totalmente immersiva dedicata al padre fondatore della Secessione Viennese. La vita, le figure e i paesaggi di Gustav Klimt, ma anche la pittura e l’architettura, le arti applicate, il design e la moda della Vienna secessionista di fine ‘800-inizi ’900: ecco i protagonisti assoluti di un vero e proprio excursus multisensoriale, ideato da Cross Media, che racconta attraverso immagini, suoni, musiche, evocazioni l’universo pittorico, culturale e sociale in cui visse e operò Klimt e in cui il pittore austriaco fu assoluto protagonista. L’obiettivo di questo percorso espositivo multimediale è quello di proporre al visitatore un nuovo modello di fruizione dell’opera d’arte attraverso le potenzialità sempre più allargate delle nuove tecnologie. Entusiasmare, affascinare, emozionare e meravigliare il pubblico di giovani e adulti invitandoli ad approfondire la conoscenza del maestro, la comprensione dei suoi lavori e del contesto, la tecnica pittorica e la lettura stilistica attraverso macro-ingrandimenti dei dettagli delle opere. In un’unica “experience-room” il visitatore potrà vivere un’esperienza immersiva a 360° che coinvolgerà tutto lo spazio disponibile senza soluzione di continuità; dalle pareti al soffitto fino al pavimento le immagini delle opere diventeranno un unico flusso di sogno, di forme fluide e smaterializzate in motivi evocativi dell’arte di Klimt, dagli esordi agli ultimi dipinti. Settecento opere, per una visione completa dell’opera del pittore altrimenti impossibile da ammirare in un unico evento espositivo.
Accanto all’arte di Klimt sarà possibile ammirare anche le fotografie d’epoca sulla vita dell’artista e le ricostruzioni 3D della Vienna dei primi del ‘900, con i suoi luoghi simbolo, i costumi, la moda di una capitale europea in assoluto fermento, comprese le sue innovative architetture come Palazzo della Secessione a Vienna, con il magnifico fregio di Beethoven. Questo il contesto socioculturale in cui si formò, visse e operò Klimt, una chiave di volta imprescindibile per capire al meglio la poetica dell’autore. Strauss, Mozart, Wagner, Lehár, Beethoven, Bach, Orff e Webern, accompagneranno il visitatore con una coinvolgente colonna sonora a testimoniare quanto la musica influenzò l’opera di questo grande artista. Infine l’esperienza culturale si completerà con l’apparato informativo e didattico dell’area d’introduzione alla mostra.

Arriviamo all’ultima proposta meneghina. Il 27 novembre del 1957 apriva a Milano, in viale Regina Giovanna, il primo supermercato italiano. A 60 anni dalla fondazione, Esselunga ripercorre la sua storia con una mostra. Non un’esposizione tradizionale, ma un viaggio-spettacolo ideato per divertire, un regalo per i clienti, per Milano e il territorio. Protagonista non solo Esselunga, ma anche i cambiamenti di stile, di costume e di abitudini, che hanno attraversato l’Italia negli ultimi 60 anni. Un percorso in oltre 10 ambienti che, come in una macchina del tempo, permetterà al visitatore di rivivere o scoprire una parte della propria storia. Come uno scrigno che si anima, gli ambienti svelano avvenimenti del passato, curiosità, retroscena. Molti gli oggetti e i documenti inediti, a partire dagli appunti autografi di Bernardo Caprotti, fondatore di Esselunga. Tra gli elementi “spettacolari”, un esclusivo zootropio, dispositivo ottico che permetterà di vedere come si preparano le lasagne Esselunga, uno dei prodotti più apprezzati; un’installazione di carrelli, icona stessa del supermercato; una stanza caleidoscopica immersiva che racconta le produzioni; uno scenografico trono a forma di fragola dove potersi sedere e scattare fotografie e selfie. Ad accogliere il visitatore, superato l’ingresso con i carrelli e le casse degli anni ‘60, uno show immersivo, per rivivere l’apertura del primo negozio e l’emozione provata dai clienti dell’epoca che, per la prima volta, si trovavano davanti a un assortimento così ricco di prodotti. Lo spettacolo prosegue negli ambienti successivi e mette in scena i più importanti avvenimenti che hanno segnato l’evoluzione della grande distribuzione: l’apertura dei banchi di gastronomia, con i primi piatti pronti negli anni ‘70, l’avvento rivoluzionario del codice a barre e la nascita dei magazzini automatizzati negli anni ‘80. Il 1995, anno dell’introduzione della Carta Fìdaty e dei Punti Fragola, che hanno portato nelle case degli italiani esclusivi oggetti di design. Non manca un’area dedicata alle grandi campagne di comunicazione: “Da noi la qualità è qualcosa di speciale”, o “Famosi per la qualità” con i celebri personaggi tra i quali “John Lemon”, “Aglio e Olio”, “Mago Melino”, “Bufala Bill”.

Le nostre proposte ci portano ora a Cremona, al Museo Ala Ponzone per una mostra monografica su Luigi Miradori (1605-1656), detto il Genovesino. Un pittore che viene descritto come un uomo “allegro, bizzarro e faceto” che, come fosse un personaggio dei suoi quadri, girava per la città con una berretta rossa in testa e la barbetta sul mento. Un autore che oggi è possibile scoprire attraverso le sue tele. Nei suoi quadri è infatti immediatamente visibile la formazione genovese, fortemente influenzata dalla pittura del Caravaggio. I suoi ritratti sono caratterizzati da una grande capacità di penetrazione psicologica; le scene sacre vengono tutt’oggi considerate tra le interpretazioni più intense e originali della pittura del seicento. L’abilità del Genovesino sta infine nell’eseguire piccole figure, con un pittura vivace e connotata da una grande libertà inventiva, in grado di regalarci uno spaccato vividamente realista sugli anni subito successivi alla peste manzoniana del 1630.
Le tracce del Genovesino si possono trovare tutt’oggi a Cremona, non solo nei quadri presenti in Pinacoteca, ma anche osservando le grandi tele di Palazzo Comunale e visitando la Cattedrale e le chiese che l’hanno visto all’opera e che tutt’oggi conservano questi capolavori.

La realtà dello sguardo. Ritratti di Giacomo Ceruti in Valle Camonica, si tratta di una mostra organizzata a Breno (Bs), una mostra imperdibile. A 250 anni dalla scomparsa di Giacomo Ceruti (Milano, 1698-1767) si viole fare il punto sull’attività di ritrattista che il grande pittore svolse in Valle Camonica. Per la prima volta sono presentati quasi tutti i ritratti eseguiti da Ceruti per le famiglie di Valle Camonica. Il Ritratto di Elisabetta Albrici è stato scelto come immagine simbolo della mostra anche perché apprezzato da Roberto Longhi, che lo vide, insieme al suo pendant (il Notaio Alessandro Bonometti, anch’esso in mostra), nella collezione Lechi di Brescia. La serie di dipinti esposti, tredici complessivamente, convocati sia da raccolte pubbliche sia da importanti collezioni private, consente di circoscrivere meglio il rapporto tutt’altro che episodico instaurato da Ceruti con la Valle Camonica dal 1725 al 1740 circa. Le ricerche d’archivio compiute in questa circostanza hanno chiarito i dati biografici dei personaggi effigiati, permettendo in tal modo di approfondire le conoscenze delle principali famiglie locali, come i Cattaneo di Breno, di cui Ceruti eseguì i ritratti di almeno cinque componenti, legati da parentela (fratelli, cugini, mogli). Emerge così l’importanza assegnata al ritratto quale strumento di promozione, usato per favorire l’ascesa sociale di questi personaggi, che per la maggior parte erano dottori in legge, avvocati, magistrati e notai, quindi non provenienti dalle schiere dell’antica nobiltà. Fa eccezione soltanto il Ritratto di un Federici, di recente identificato in un gentiluomo del più illustre casato aristocratico di Valle Camonica. Si tratta di un dipinto che rivela un diverso approccio di Ceruti nei confronti del genere del ritratto, dopo che il pittore ebbe la possibilità di conoscere da vicino la tradizione figurativa veneta (dal 1736, infatti, Ceruti da Brescia si trasferì a Padova e a Venezia). Nella posa disinvolta, nell’attenzione al lusso (il riflesso del velluto), nella mis en page decisamente più scenografica, il Federici dimostra di recepire i codici della ritrattistica internazionale, di cui Venezia era uno dei centri più aggiornati. A differenza di quest’ultima opera (da collocare intorno al 1735-1740) gli altri dipinti in mostra sono databili tra il 1725 e il 1732, caratterizzati da una maggiore essenzialità descrittiva che appunta l’attenzione su pochi dettagli, sufficienti però a individuare la professione degli effigiati (si veda, per esempio, la penetrante immagine del Ritratto del sacerdote Giulio Cattaneo). Ceruti intende prima di tutto approfondire l’indagine psicologica degli effigiati, senza cedere ad alcun compiacimento estetico, anzi, con uno sguardo disincantato che mette in evidenza le imperfezioni dei corpi, più che esaltarne la bellezza. La sfilata di personaggi in mostra è emblematica di quale fosse l’approccio del pittore di fronte alla “realtà”, che si evince nella gamma cromatica spenta e nei toni tra il bruno e il grigio (assai significativo, a questo proposito, è il Ritratto del notaio Alessandro Bonometti). Il titolo intende dunque evocare non soltanto la straordinaria fedeltà al “vero” dei personaggi effigiati da Ceruti, descritti in modo da essere individualmente memorabili, ma anche l’attitudine del pittore, il cui sguardo sulla realtà è posto con una onestà che si vorrebbe far corrispondere alla sua indole. Da queste considerazioni è nata l’idea di proporre “la realtà dello sguardo” quale slogan di questa esposizione, che si presta a interpretazioni diverse, ma che, in qualche modo, ambisce a ricomprenderle tutte.

Arriviamo a Mantova, presso il centro espositivo di Palazzo Te per una rassegna dedicata al tessuto, in particolare all’imprenditore e mecenate Antonio Ratti. La vita di Antonio Ratti è un intreccio tra impresa e arte, creatività e promozione culturale, pubblico e privato. Il suo pensiero nasce dall’idea che la cultura, la conoscenza e l’arte siano strumenti fondamentali per interpretare il proprio tempo. La sua passione lo porta, a soli trent’anni, a trasformare uno studio di disegno in impresa, fondando nel 1945 la “Tessitura Serica Antonio Ratti”, per la creazione e la commercializzazione di tessuti per cravatte e foulards. È la prima tappa di una lunga e progressiva attività imprenditoriale che culminerà nel Gruppo Ratti, attualmente presieduto da Doni Ratti, che si attesta come eccellenza mondiale nella produzione di tessuti creati sviluppando una forte ricerca creativa e tecnologica. La mostra intende restituire il ritratto di un personaggio raffinato ed elegante, poliedrico ed eclettico, che, investendo nella formazione delle risorse umane e nella valorizzazione del tessuto come arte, ha saputo dare risalto alla qualità dei prodotti tessili. Alta qualità, sperimentazione e innovazione sono le caratteristiche che distinguono l’operare di Antonio Ratti, raccontate nella mostra a Palazzo Te trasversalmente in un percorso che prevede un dialogo con le sale monumentali per poi svilupparsi negli spazi espositivi delle Fruttiere. Una parte della mostra è dedicata alla storia dell’azienda, che nel 1958 inaugura a Guanzate (Como) le moderne strutture disegnate da Tito Spini, un nuovo modello di architettura industriale che si identifica con la volontà di creare le condizioni ideali di lavoro per sostenere la qualità del prodotto, in un mondo fortemente dinamico e in continua espansione. Nel nuovo stabilimento la visione di Ratti prende forma e si realizza il ciclo completo di produzione. Come testimoniano gli scatti del fotografo industriale Roberto Zabban, la Palazzina dei Servizi Sociali, luogo polifunzionale e multimediale destinato ai lavoratori, ospita importanti eventi culturali e artistici, laboratori, rassegne teatrali e concerti.
La prima produzione di disegni di Antonio Ratti (1934-40) è il ponte di collegamento con la sezione dei tessuti storici della collezione della FAR. Il disegno declinato nei vari significati del termine – a mano libera, tecnico, ma anche come sinonimo di progetto, messe in carta per tessuti operati, per sciarpe e cravatterie – illustra il processo tradizionale e la genesi completa di un tessuto.
Negli anni Sessanta e Settanta, la passione per il tessuto e tutte le sue declinazioni nelle diverse epoche e aree geografiche porta Antonio Ratti a dare vita a una collezione tessile privata, strumento di studio, ricerca e ispirazione, ampliata anche in seguito alle acquisizioni aziendali di imprese storiche del settore. In mostra si può ammirare un’ampia selezione di reperti della collezione storica, ora patrimonio della Fondazione: dai tessuti copti e pre-colombiani ai velluti rinascimentali, dai serici francesi e inglesi del Seicento e Settecento alle cravates e ai nastri di fine Ottocento.
Nel 1985 nasce la Fondazione Antonio Ratti, strumento di promozione e divulgazione culturale, ora presieduta da Annie Ratti. Negli anni successivi viene istituito il Museo Studio del Tessuto e realizzato un catalogo multimediale della collezione. Attraverso attività come il Corso Superiore di Disegno e il successivo Corso Superiore di Arti Visive, ora CSAV-Artists Research Laboratory, giovani artisti internazionali e importanti esponenti dell’arte contemporanea hanno occasione di approfondire le proprie ricerche lavorando insieme negli spazi della Fondazione.
Antonio Ratti promuove il tessuto: dall’attenzione per la storia e la tradizione nelle diverse culture del mondo, alla visione di nuove frontiere produttive, tecnologiche e geopolitiche.

Arriviamo in Veneto, a Vicenza per la mostra Le ambre della principessa. Il progetto espositivo è stato pensato per accompagnarvi alla scoperta dei tesori archeologici dell’antica Puglia, rinvenuti nel 1800, quando esplose tra la nobiltà europea l’interesse per i manufatti della civiltà greca e romana. La passione per l’antico si tradusse concretamente in una frenetica ricerca di reperti.
Tornava alla luce in quegli anni lo splendore di Pompei, di Paestum e delle sepolture nei siti campani e pugliesi, colme di vasi figurati, ori, gioielli, armature e pitture. Proprio in questo frangente si è formata la collezione Caputi costituita da ceramiche attiche e magnogreche ritrovate a Ruvo di Puglia, nella provincia di Bari. Oltre alle opere esposte appartenenti alle raccolte d’arte del Gruppo bancario, al Pontificio Seminario Regionale Pugliese di Molfetta e al Museo Archeologico Nazionale di Napoli (partner dell’iniziativa), a Palazzo Leoni Montanari potrete trovare delle videoproiezioni animate che raccontano la Ruvo archeologica, uno dei principali scavi ottocenteschi, e l’appassionante storia di Carolina Bonaparte Murat, regina di Napoli e grande collezionista di vasi.

Eccoci a Venezia nella suggestiva sede del Palazzo Ducale per la mostra Tesori dei Moghul e dei Maharaja. La collezione Al Thani. La mostra è, in particolare incentrata su pietre preziose con inscrizioni reali. Il pubblico è condotto ad ammirare, attraverso i tesori della Collezione Al Thani, l’incredibile assortimento di gemme dinastiche a partire da due diamanti universalmente noti: l’Idol’s Eye (Occhio dell’idolo), il più grande diamante blu tagliato del mondo e Arcot II, uno dei due diamanti donati alla regina Charlotte – moglie del re Giorgio III (1738-1820) – da Muhammad ’Ali Wallajah, nawab di Arcot (1717-1795) – provenienti entrambi dalle leggendarie miniere di Golconda. Questi due pezzi unici sono esposti insieme a smeraldi e spinelli in parte incisi con i nomi e i titoli dei sovrani che li possedettero. Punti focali dell’esposizione sono il gusto artistico Moghul e il suo dialogo con la cultura europea, instauratosi a partire dal Rinascimento e incentrato sul reciproco scambio di stili e tecniche. La profondità del legame tra Europa e India è attestata dall’uso frequente nella gioielleria indiana della smaltatura, una tecnica ispirata proprio all’arte delle corti rinascimentali. La seconda sezione della mostra è dedicata ad alcuni suggestivi esemplari in giada e cristallo di rocca, due materiali molto apprezzati alla corte Moghul. Nella cultura islamica, la giada era considerata una pietra propiziatrice di vittoria e si credeva perfino rivelasse la presenza del veleno e ne contrastasse gli effetti. I gioielli indiani sono spesso caratterizzati da una raffinata decorazione a smalto policromo e dall’uso del kundan una tecnica che consente di montare le gemme con l’oro senza il ricorso a griffe ma semplicemente avvolgendo il castone con lamine malleabili di oro puro che sviluppano un legame molecolare intorno alla pietra. La terza sezione presenta dunque una selezione di manufatti realizzati secondo queste tecniche e provenienti da diverse regioni del subcontinente indiano. Incentrata su ornamenti e simboli del potere, la quarta sezione propone un repertorio di manufatti straordinari che copre un arco cronologico dal XVII al XX secolo. L’obiettivo di questo segmento della mostra è far luce sulle manifestazioni del potere nell’ambito della corte, sia sotto l’influenza Moghul sia della Compagnia delle Indie Orientali o dell’amministrazione britannica.

Presso il Castello di Udine troviamo una rassegna dedicata alla Prima Guerra Mondiale, presentata secondo una particolare prospettiva L’offensiva di carta. La Grande Guerra illustrata, dalle collezioni Luxardo al fumetto contemporaneo. La Collezione rappresenta molto di quanto si produsse negli anni del conflitto su tutti i fronti e in tutte le lingue. Vi compaiono le pubblicazioni ufficiali, strumenti di propaganda dei vari Governi e Comandi; ma anche e soprattutto ciò che nelle trincee, con l’uso del ciclostile (all’epoca si chiamava velocigrafo), producevano – in presa diretta – coloro che quel conflitto lo vivevano e subivano in prima linea. Su fronte italiano (analogamente a quanto accadeva per tutte le parti coinvolte nel conflitto) dietro a questi strumenti all’apparenza spontanei, si muoveva il potente “Servizio Propaganda” (detto “Servizio P”), voluto dallo Stato Maggiore dopo la sconfitta di Caporetto. A partire dal gennaio 1918 infatti, si decise che ciascuna Armata, e a scendere ciascun Corpo sino al singolo Battaglione, venisse affiancato da un “Ufficio P”, con il compito di occuparsi del morale delle truppe, di assicurare loro assistenza, ristoro e svago nel tempo libero, e infondendo negli animi fiducia e, se possibile, buon umore. Le riviste di trincea sono il frutto più evidente di questo titanico sforzo propagandistico. Alla fine della guerra, solo in Italia, se ne conteranno quasi un centinaio, e nei soli ultimi mesi del conflitto il numero dei materiali cartacei scambiati al fronte, sganciati sulle linee nemiche o diffusi all’interno del Paese raggiunse l’iperbolica cifra di 62 milioni di pezzi fra riviste, cartoline, manifesti, bollettini.
Una vera e propria offensiva di carta realizzata a suon di proclami, di messaggi ripetuti con ritmo martellante, di incitamenti, di richieste imperiose o suadenti di arguzie... di tutto quanto possa ristabilire la fiducia nelle proprie forze e la fede nella vittoria. Anche rebus, sciarade, concorsi a premi sono infatti piegati allo scopo. Con questi nuovi strumenti, ad essere attuata è una nuova chiamata alle armi, che coinvolge dietro alle linee del Piave tutte le componenti sociali e culturali del Paese, giovani intellettuali socialisti e cattolici, chiamati a militare nelle file del Servizio P e destinati, solo qualche anno dopo, a percorrere destini molto diversi. Sulle pagine delle riviste di trincea si cimentano così scrittori, giornalisti, editorialisti e “matite” più o meno famose (molti gli illustratori arruolati come ufficiali o sotto ufficiali) come Umberto Bunelleschi, Antonio Rubino, Aldo Mazza, Filiberto Scarpelli, Eugenio Colmo (noto come Golia), Bruno Angoletta, Mario Sironi, Ardengo Soffici, Carlo Carrà, il giovane “caporale” Giorgio de Chirico, Enrico Sacchetti, Mario Buzzi, che negli anni successivi diverranno protagonisti nel mondo dell’illustrazione di libri o riviste, del manifesto o dell’arte e della pittura.

Al Museion di Bolzano è stata allestita la mostra. Hämatli & Patrae. Con questa rassegna ci si propone di rileggere i concetti di Heimat e patria alla luce della situazione attuale in Europa. Qui globalizzazione e immigrazione fanno emergere tutta la fragilità delle democrazie e dei valori liberali, mentre spinte populistiche destabilizzano i fondamenti politici e sociali. Hämatli & Patrae presenta opere, video, documenti e pubblicazioni e si sviluppa attraverso una struttura dialettica, mettendo in dialogo concetti e qualità, anche opposti.

Dal Veneto all’Emilia. Arriviamo a Ferrara, presso il Palazzo dei Diamanti per conoscere l’arte affascinante di un pittore poco conosciuto Carlo Bononi (1569-1632), il cui nome è stato accostato a quelli di Tintoretto e Caravaggio. Guido Reni ne ammirava la «sapienza grande nel disegno e nella forza del colorito». Pochi sono stati capaci di dipingere nudi maschili più potenti e seducenti di quelli di Carlo Bononi. Le sue tele sono vere e proprie meraviglie pittoriche create in tempi tragici, di carestie e pestilenze, nell’Italia di inizio Seicento. A servizio, ma non troppo, della Controriforma. La mostra è la prima monografica a lui dedicata e fa luce su un autore per troppo rimasto in ombra. Pittore di scene mitologiche nonché di grandi cicli decorativi sacri e di pale d’altare, Bononi elabora un linguaggio pittorico che pone al centro l’emozione, il rapporto intimo e sentimentale tra le figure dipinte e l’osservatore. Negli anni drammatici dei contrasti religiosi, dei terremoti e delle pestilenze, il sapiente uso della luce e il magistrale ricorso alla teatralità fanno di lui uno dei primi pittori barocchi della penisola, come testimoniano le seducenti decorazioni di Santa Maria in Vado del 1617 circa. Ma Bononi fu anche un grande naturalista: nelle sue opere il sacro dialoga con il quotidiano. Tele come il Miracolo di Soriano o l’Angelo custode mostrano quanto acuta fosse per l’artista la necessità di calare il racconto sacro nella realtà, incarnando santi e madonne in persone reali e concretamente riconoscibili. In questa prospettiva, pochi come lui hanno saputo coniugare il nudo maschile con le esigenze rappresentative dell’Italia ancora controriformista di inizio Seicento: i suoi martiri e i suoi santi sono dipinti con perfezione potente e, al contempo, suadente, ma senza alcun gusto voyeuristico.

Giungiamo a Forlì, agli spazi espositivi dei Musei di San Domenico per una mostra fotografica dedicata a Elliott Erwitt (Parigi, 1928), fotografo tra i più rappresentativi e amati del Novecento e anche del nuovo millennio. Personae è il titolo della mostra che raccoglie 170 scatti che ripercorrono la carriera dell’artista. Con una particolarità: per la prima volta vengono esposte insieme fotografie in bianco e nero e a colori, selezionate dallo stesso Erwitt. Se gli scatti in bianco e nero sono celeberrimi e considerati oramai icone della fotografia, quelli a colori sono pressoché inediti. La mostra comprende ritratti di celebrità – come Marilyn Monroe, Che Guevara, Sophia Loren, John Kennedy e Arnold Schwarzenegger –, soggetti e scene di vita che accomunano la quotidianità di qualunque persona, osservati attraverso lo sguardo empatico e ironico che contraddistingue Erwitt e che lo hanno reso il “fotografo della commedia umana”. E poi gli scatti di André S. Solidor, l’alter ego con il quale Erwitt ha firmato i suoi scatti a colori, irriverenti ed eccentrici, digitali e “photoshoppati”. L’altra faccia – non contraddittoria, ma complementare – della sua produzione in bianco e nero, decisamente più poetica e artistica, a tratti trasognata.

Toscana, Pistoia per un importante appuntamento: il restauro e la riconsegna alla città di un’opera di Luca della Robbia nella mostra La Visitazione di Luca della Robbia. La Visitazione, collocata abitualmente nella chiesa di San Giovanni Fuorcivitas – dove tornerà al termine dell’esposizione –, da oggi potrà essere ammirata da vicino nello splendore dell’invetriatura pienamente recuperata nel suo candore, dopo il restauro presso l’Opificio delle pietre dure di Firenze. Sarà un inedito rapporto di visione in cui oltre all’abituale veduta frontale si potrà cogliere il caldo abbraccio tra Maria e Elisabetta anche da altri punti di vista. La collocazione temporanea in San Leone del gruppo scultoreo, vuole valorizzare la sua bellezza rendendola fruibile ai tanti visitatori. Il gruppo fu realizzato da Luca della Robbia intorno al 1445 per l’altare della Compagnia della Visitazione nella chiesa di San Giovanni Fuorcivitas di Pistoia ed è una delle prime opere in terracotta invetriata, tecnica di cui Luca è considerato l’inventore. L’artista per primo applicò alla scultura in terracotta una copertura in smalto stannifero che rendeva la superficie lucida e resistente, iniziando una produzione di grande successo. Il gruppo raffigura l’incontro tra Maria e Elisabetta, come è narrato nel Vangelo di Luca (Lc 1, 39-45). Maria, dopo aver ricevuto dall’angelo l’annuncio del concepimento di Gesù, va a trovare la cugina Elisabetta che, nonostante l’infertilità e l’età avanzata, è al sesto mese di gravidanza. Appena Elisabetta sente il saluto di Maria, il bambino che ha in grembo (Giovanni il Battista), sussulta di gioia. Maria risponde innalzando a Dio un canto di lode, il Magnificat.

Sempre Pistoia ma per una mostra dedicata ad uno scultore contemporaneo pistoiese, Marino Marini (1901-1980). La mostra Marino Marini, Passioni visive nasce dal desiderio di far dialogare l’opera di Marino Marini con le maggiori vicende dell’arte italiana e internazionale con cui essa si è confrontata. Manca ancora, nella vicenda espositiva e nella letteratura scientifica sull’artista, un serio lavoro di contestualizzazione storica e stilistica della sua attività. Lo stato odierno degli studi sembra richiedere questa prospettiva, pena l’isolamento dell’artista e la sua esclusione dalle ricostruzioni correnti che riguardano la vicenda del modernismo novecentesco. Marini da subito si impose come uno scultore di primaria importanza. Presente sin dagli anni Trenta nelle più significative rassegne nazionali, egli sviluppò precocemente contatti e relazioni internazionali; e nel secondo dopoguerra il diffondersi della sua fama all’estero decretò l’ingresso delle sue opere nei principali musei e nelle più significative collezioni private straniere. Lo scopo della mostra è di indagare l’officina di invenzioni plastiche di Marino Marini ponendole in relazione diretta, immediatamente percepibile, con i grandi modelli della scultura del 900 cui egli ebbe accesso; e, inoltre, con alcuni, scelti esempi di scultura dei secoli passati (antichità egizia, greco arcaica ed etrusca; scultura medievale; scultura del Rinascimento; scultura dell’Ottocento) che furono consapevolmente recuperati da lui e dai maggiori scultori della sua generazione. Ognuno dei riferimenti proposti è sicuramente documentato: la sua accessibilità a Marino Marini è comprovata per vie documentarie, o di circolazione culturale del modello, o di dirette relazioni biografiche tra Marino e gli altri artisti. Nei saggi e nelle schede del catalogo che accompagnerà l’esposizione queste relazioni saranno esplicitate e discusse.

Arriviamo a Firenze per una mostra agli Uffizi dedicata all’anniversario della Riforma protestante. Il 31 ottobre 1517 vennero affisse alla porta della Schlosskirche di Wittemberg le Novantacinque tesi contro la prassi della vendita delle indulgenze e l’autorità del papa, evento che aprì la strada alla Riforma protestante. Per celebrare la ricorrenza del cinquecentenario, gli Uffizi presentano, nella mostra allestita in Sala Detti, un prezioso nucleo di dipinti di soggetto luterano appartenenti alle collezioni medicee. Saranno esposte infatti le icone della nuova Chiesa riformata: i ritratti di Martin Lutero e di Filippo Melantone, i due teologi promotori del movimento riformatore; di Lutero, già monaco agostiniano, e della moglie Caterina von Bora, monaca cistercense; dei fratelli Federico III il Saggio e Giovanni, Elettori di Sassonia e sostenitori politici della Riforma. Tutti questi dipinti sono accomunati dall’essere usciti dalla florida bottega di Lucas Cranach il Vecchio, pittore ufficiale della nuova corrente religiosa. A questi si affianca una copia antica di un ritratto di Lutero, il dittico di Adamo ed Eva, capolavoro di Lucas Cranach, e una Madonna col Bambino e il San Giovannino, prove della padronanza del pittore nell’interpretare temi sacri sia attinenti alla nuova spiritualità riformata, sia a quella cattolica. La ricorrenza offre l’occasione di riflettere sulla particolare concentrazione di questi soggetti nelle collezioni medicee, certo dovuta in parte all’efficacia della macchina di propaganda luterana. Infatti, così come le traduzioni della Bibbia - curate personalmente da Lutero e dai suoi più stretti collaboratori, adeguandole ai diversi livelli di alfabetizzazione per una diffusione capillare - rispondevano a un’attenta politica linguistica e delle immagini, in campo prettamente artistico Lucas Cranach il Vecchio (Kronach 1472 – 1553 Weimar), amico personale di Lutero e pittore di corte dell’Elettore Palatino Federico III il Saggio, creò le opere da far circolare come manifesti della nuova ideologia. L’artista, sostenitore di Lutero e del suo programma, formulò così l’iconografia ufficiale della ritrattistica dei capi del movimento, improntandola alla massima semplicità: Lutero e Melantone, e anche della moglie del primo, Caterina von Bora, la cui effige in coppia con quella del marito attestava l’abolizione del celibato dei sacerdoti. Anche gli Elettori Palatini Federico III il Saggio e suo fratello Giovanni I il Costante furono oggetto del programma iconografico. In mostra anche i ritratti di personalità di ambito fiorentino che furono inquisite per aver manifestato il loro interesse verso le nuove teorie religiose: Pietro Carnesecchi di Domenico Puligo e Bartolomeo Panciatichi di Agnolo Bronzino. Infatti il clima circolante a Firenze negli anni Quaranta del Cinquecento, mentre i rapporti fra Cosimo I e la chiesa di Paolo III Farnese erano al massimo della tensione, era imbevuto delle nuove dottrine che si stavano propagando nei circoli intellettuali di letterati, artisti, funzionari di corte, vescovi, e nell’Accademia Fiorentina. Cosimo I si spese in una difesa a oltranza di queste personalità, ma non sempre con successo, come nel caso di Carnesecchi, che fu giustiziato.

Trasferiamoci a palazzo Pitti per una mostra che presenta il recente acquisto di un importante dipinto di Anton Raphael Mengs (Aussig, 1728 – Roma, 1779). La tela raffigura due dei figli di Pietro Leopoldo di Lorena, Federico e Maria Anna, vestiti in abito contemporaneo e colti in un interno di Palazzo Pitti. Eseguito durante il soggiorno fiorentino dell’artista, all’inizio degli anni Settanta del Settecento, il quadro non venne mai concluso; trattenuto dal pittore passò in eredità alla figlia, finché di recente è stato riscoperto presso un suo discendente. L’opera viene messa a confronto con la versione del ritratto dei giovanissimi figli di Pietro Leopoldo realizzata da Mengs nella medesima occasione per il nonno materno Carlo III, re di Spagna, raffigurante i principini in abito di corte spagnolo (Madrid, Prado), oltre che con un ritratto del loro fratello Francesco, futuro imperatore d’Austria, di Johann Zoffany (Francoforte sul Meno 1733 – Strand on the Green, 1810). Ciò per mettere in evidenza il modello ritrattistico espresso da Mengs nel nuovo dipinto delle Gallerie degli Uffizi, "illuminato" e vicino alla impostazione di Zoffany che pochissimi anni dopo ritrasse la famiglia lorenese regnante per la nonna paterna, l’imperatrice consorte Maria Teresa d’Austria, sempre a Palazzo Pitti, ma in abiti moderni e circondati da oggetti di studio e da libri. Un nuovo e moderno modello ritrattistico quindi che, pur sempre all’interno dell’Antico Regime, contrappone gl’infanti madrileni ai giovani, illuminati principi viennesi.

Chi non conosce il Colosseo? Ebbene Roma dedica una mostra a questa icone dell’arte di tutti i tempi. La rassegna è suddivisa in sei sezioni ordinate cronologicamente, l’influenza storico-culturale dell’anfiteatro si riscontra negli ambiti più diversi: dalla pittura al restauro, dall’architettura all’urbanistica, dallo spettacolo alla letteratura, dalla sociologia alla politica.
Nel tempo, il monumento diventa simbolo per eccellenza di eternità e potenza, di civiltà e cultura. Ancora oggi all’attenzione della cronaca internazionale, il Colosseo è presente nell’immaginario collettivo non solo degli italiani: il suo mito continua.

Capolavori dell’Accademia Nazionale di San Luca. Da Raffaello a Balla
Bard (Ao) – Forte, Sala delle Cannoniere
1 luglio 2017 - 7 gennaio 2018
Orari: Feriali: 10.00 | 18.00
Sabato, domenica, festivi: 10.00 | 19.00
Biglietti: 8€ intero, 6€ ridotto
Informazioni: www.fortedibard.it

Giacomo Grosso, una stagione tra pittura e Accademia
Torino – Fondazione Accorsi Ometto
28 settembre 2017 -7 gennaio 2018
Orari: martedì- venerdì 10.00-13.00/14.00-18-00; sabato e domenica 10.00-13.00/14.00-19.00, chiuso lunedì
Biglietti: 10€ intero, 8€ ridotto
Informazioni: www.fondazioneaccorsi-ometto.it

Arrivano i Paparazzi! Fotografi e divi dalla Dolce vita a oggi
Torino – Camera (Centro italiano per la fotografia)
13 settembre 2017 - 7 gennaio 2018
Orari: lunedì 11.00 – 19.00; mercoledì, venerdì, sabato, domenica 11.00 – 19.00; giovedì 11.00-21.00, chiuso martedì
Biglietti: 10€ intero, 6€ ridotto
Informazioni: www.camera.to

Le Stanze Segrete di Vittorio Sgarbi
Novara – Castello Visconteo Sforzesco
21 settembre 2017 – 14 gennaio 2018
Orari: lunedì – domenica 10.00-19.00
Biglietti: 10€ intero, 7€ ridotto
Informazioni: www.lestanzesegretedivittoriosgarbi.it

“Eccomi” Dal turbamento alla gioia
Milano – Museo di San Fedele
23 novembre 2017 – 22 dicembre 2017
Orari: mercoledì, giovedì, venerdì 14.00-18.00; sabato 10.00-18.00, domenica 14.00-18.00
Biglietti: 3€
Informazioni: www.sanfedeleartefede.it

La Sacra Conversazione 1520 (Pala Gozzi)
Milano – Palazzo Marino
5 dicembre 2017 – 14 gennaio 2018
Orari: Tutti i giorni 9.30 - 20.00; giovedì 9.30 - 22.30
Ingresso libero
Informazioni: www.comune.milano.it

Calciatori. Figurine in mostra
Milano – Casa Milan
25 marzo 2017 – 31 dicembre 2017
Orari: tutti i giorni 10.00-19.00
Biglietti: 15€ intero, 12€ ridotto
Informazioni: www.casamilan.acmilan.com

Lo sguardo sui Sacri Monti. I nove Sacri Monti prealpini. Fotografie di Marco Beck Peccoz
Milano – Palazzo Lombardia
16 novembre 2017 – 5 gennaio 2018
Orari: lunedì - venerdì: 10.30- 18.30
Ingresso gratuito
Informazioni: www.regione.lombardia.it

Tutti i confini ci attraversano
Milano – Centro Culturale di Milano (L.go Corsia dei Servi 4)
6 ottobre 2017 – 21 dicembre 2017
Orari: martedì – venerdì 10.00-19.00; sabato e domenica 15.30-19.30, chiuso lunedì
Ingresso libero
Informazioni: www.centroculturaledimilano.it

Egitto. La straordinaria scoperta del faraone Amenofi II
Milano – MUDEC
13 settembre 2017 – 7 gennaio 2018
Orari: lunedì 14.30-19.30 , martedì , mercoledì,venerdì. domenica 09.30-19.30 ; giovedì e sabato 9.30-22.30
Biglietti: 5€ intero, 3€ ridotto
Informazioni: www.mudec.it

Klimt experience
Milano – MUDEC
26 luglio 2017 – 7 gennaio 2018
Orari: lunedì 14.30-19.30 , martedì , mercoledì,venerdì,/ domenica 09.30-19.30 ; giovedì e sabato 9.30-22.30
Biglietti: 12€ intero, 10€ ridotto
Informazioni: www.mudec.it

Supermostra: 60 anni di spesa italiana
Milano - The Mall (Piazza Lina Bo Bardi, 1)
29 novembre 2017 – 6 gennaio 2018
Orari: tutti i giorni 10.00-20.00; venerdì 10.00-22.00
Ingresso libero
Informazioni: www.esselunga.it

Genovesino
Cremona – Museo Civico Ala Ponzone
6 ottobre 2017 – 6 gennaio 2018
Orari: martedì – domenica 10.00-17.00, chiuso lunedì
Biglietti: 10€ intero, 8€ ridotto
Informazioni: www.mostragenovesino.it

La realtà dello sguardo. Ritratti di Giacomo Ceruti in Valle Camonica
Breno (Bs) – Museo Camuno
16 settembre 2017 - 7 gennaio 2018
Orari: sabato e domenica 9.00-12.00/15.00-18.00
Ingresso libero
Informazioni: www.vallecamonicacultura.it

Il tessuto come arte: Antonio Ratti imprenditore e mecenate
Mantova – Palazzo Te
1 ottobre 2017 – 7 gennaio 2018
Orari: lunedì 13.00 – 18.30 martedì – domenica 9.00 – 18.30
Biglietti: 12€ intero, 8€ ridotto
Informazioni: www.centropalazzote.it

Le ambre della principessa
Vicenza – Gallerie d’Italia ( Palazzo Leoni Montanari)
4 febbraio 2017 – 7 gennaio 2018
Orari: martedì - domenica 10.00- 18.00, chiuso lunedì
Biglietti: 5€ intero, 3€ ridotto
Informazioni: www.gallerieditalia.com

Tesori dei Moghul e dei Maharaja. La collezione Al Thani
Venezia – Palazzo Ducale
9 settembre 2017 – 3 gennaio 2018
Orari: tutti i giorni 8.30-17.30
Biglietti: 20€ intero, 13€ ridotto
Informazioni: www.palazzoducale.visitmuve.it

L’offensiva di carta. La Grande Guerra illustrata, dalle collezioni Luxardo al fumetto contemporaneo
Udine – Castello
31 marzo 2017 – 7 gennaio 2018
Orari: martedì- domenica 10.30-19.00 , chiuso lunedì
Biglietti: 8€ intero, 4€ ridotto
Informazioni: www.comune.udine.gov.it

Hämatli & Patriae
Bolzano – Museion
16 settembre 2017 - 14 gennaio 2018
Orari: martedì - domenica 10.00 - 18.00, giovedì 10.00 - 22.00
Biglietti: 7€ intero, 3.50€ ridotto
Informazioni: www.museion.it


Carlo Bonomi. L’ultimo segnatore dell’Officina ferrarese
Ferrara – Palazzo dei Diamanti
14 ottobre 2017 – 7 gennaio 2018
Orari: tutti i giorni 9.00-19.00
Biglietti: 11€ intero, 9€ ridotto
Informazioni: www.palazzodiamanti.it

Elliott Erwitt. Personale
Forlì – Musei di San Domenico
23 settembre 2017 – 7 gennaio 2018
Orari: martedì – venerdì 9.30-18.30; sabato e domenica 10.00-19.00, chiuso lunedì
Biglietti: 11€ intero, 9€ ridotto
Informazioni: www.mostraerwittforlì.it

La Visitazione di Luca della Robbia
Pistoia – Chiesa di San Leone
22 luglio 2017 – 7 gennaio 2018
Orari: tutti i giorni 10-00-17.00
Ingresso libero

Marino Marini. Passioni visive
Pistoia – Palazzo Fabroni
16 settembre 2017 – 7 gennaio 2018
Orari lunedì-venerdì 10.00 - 20.00; sabato 10.00 - 22.00; domenica 10.00 - 20.00
Biglietti: 12€ intero, 9€ ridotto
Informazioni: www.marinomarinipassionivisive.it

I volti della Riforma. Lutero e Cranach nelle collezioni medicee.
Firenze – Uffizi
31 ottobre 2017 - 7 gennaio 2018
Orari: martedì – domenica 8.15-18.50, chiuso lunedì
Biglietti: 12,50€ intero, 6,25€ ridotto
Informazioni: www.uffizi.it

I nipoti del re di Spagna: il ritratto di Federico e Maria Anna di Lorena di Anton Raphael Mengs
Firenze – Palazzo Pitti
18 settembre 2017 - 7 gennaio 2018
Orari: martedì – domenica 8.15-18.50, chiuso lunedì
Biglietti: 13€ intero, 6,50€ ridotto
Informazioni: www.uffizi.it

Colosseo, un’icona
Roma – Colosseo
8 marzo 2017 - 7 gennaio 2017
Orari: tutti i giorni 8.30 – 16.30
Biglietti: 12€ intero, 7,50€ ridotto
Informazioni: www.archeoroma.beniculturali.it

Vai a "Mostre"