Mostre Aprile 2019
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La ricca serie di proposte di aprile, dove le vacanze pasquali potranno essere tempo utile per visitare alcune di queste rassegne, inizia da Torino.
Presso il polo espositivo di Palazzo Madama abbiamo la mostra Madame Reali. Cultura e potere da Parigi a Torino, Cristina di Francia (Parigi 1606 – Torino 1663) e Giovanna Battista di Savoia Nemours (1619 – 1724). La mostra documenta la vita e le azioni di due donne che impressero un forte sviluppo alla società e alla cultura artistica nello stato sabaudo tra il 1600 e il 1700. Due figure emblematiche della storia europea, che esercitarono il loro potere declinato al femminile per affermare e difendere il proprio ruolo e l’autonomia del loro Stato. Le azioni politiche e le committenze artistiche delle Madame Reali testimoniano la ferma volontà di fare di Torino una città di livello internazionale, in grado di dialogare alla pari con Madrid, Parigi e Vienna.
Con oltre 120 opere, tra dipinti, oggetti d’arte, arredi, tessuti, gioielli, oreficerie, ceramiche, disegni e incisioni, la mostra ripercorre cronologicamente la biografia delle due Madame Reali e racconta le parentele che le collegano alle maggiori case regnanti europee, le loro azioni politiche e culturali, le scelte artistiche per le loro residenze, le feste sontuose, la moda e la devozione religiosa. L’allestimento sviluppa un itinerario attraverso la vita di corte in epoca barocca, negli stessi ambienti in cui vissero le due dame, documentate non solo nella loro immagine politica, ma anche in quella più intima e femminile.
Spostiamoci ora a Vinovo (To) per una ricca ed eterogenea esposizione di porcellane della Reale Manifattura di Vinovo dal titolo Oro Bianco: la ricerca della bellezza. La mostra rappresenta un’importante opportunità per presentare al pubblico gli aspetti storicamente e artisticamente più significativi che hanno preso vita tra le mura del castello. Sono infatti esposte per la prima volta, nel luogo in cui sono state create, circa 200 porcellane e materiali. La manifattura di Vinovo fu l’unica in Piemonte a essere fondata sotto l’egida della monarchia sabauda tanto da potersi fregiare del titolo di “Regia Fabbrica di Porcellane”. Il percorso espositivo è diviso in cinque sezioni che ripercorrono cronologicamente i tre periodi di produzione dal 1776 al 1822: la gestione Hannong- Brodel, quella Gioanetti e, infine, quella di Lomello. Sarà per la prima volta parzialmente visibile l’interessante ciclo dipinto con stemmi del secolo XVI recentemente restaurato nella torre nord del Castello.
Alessandria è la prossima tappa delle nostre proposte con la rassegna Alessandria scolpita: 1450-1535. Sentimenti e passioni fra Gotico e Rinascimento. La mostra di Palazzo Monferrato intende offrire ai visitatori la possibilità di conoscere il patrimonio artistico figurativo prodotto sul territorio dell’Alessandrino tra Gotico e Rinascimento con l’esposizione di statue lignee policrome, a confronto con tavole dipinte e oggetti di oreficeria. Alessandria e il suo territorio guadagnarono presto un rango rispettabile sull’orizzonte dei comuni medievali del Nord d’Italia e una dimensione architettonica e monumentale che purtroppo, oggi, si legge con gran fatica a seguito delle demolizioni sette e ottocentesche e della generale riplasmazione della città che hanno completamente stravolto la stratigrafia urbana medievale. Alessandria, infatti, conosce proprio tra Quattro e Cinquecento una qualità culturale che ne esalta il ruolo di epicentro territoriale e di cerniera tra realtà diverse (soprattutto Milano e Pavia da un lato, e Genova dall’altro), all’insegna di un grande rinnovamento figurativo che si manifesta soprattutto nel campo della scultura in legno policromo, ancora ben rappresentata in zona da molte opere di assoluto livello. Le opere in mostra si pongono l’obiettivo di valorizzare questo periodo che coincide con gli anni di effettivo dominio sforzesco sulla città, un periodo in cui Alessandria diventa un importante snodo e un naturale corridoio culturale che salda Milano e Genova, raccontando una storia dimenticata o dissimulata che proietta Alessandria e il suo territorio in una dimensione extra regionale, ricca di accenti propositivi che si esprimono in particolar modo attraverso la scultura lignea policroma, che addirittura elabora in questa fase modelli suoi propri, specie nel vastissimo campo dei crocifissi. Per offrire un più ampio quadro d’insieme su un periodo di notevole fermento artistico e culturale di una città che esce dal gotico per protendersi verso un nuovo umanesimo, la scultura dialoga necessariamente con dipinti, oreficerie e selezionate sculture in pietra e tarsie.
La prossima tappa è Milano.
Cominciamo da una mostra che vuole scandagliare le fasi edilizie del Teatro alla Scala.
La mostra racconta lo sviluppo di un teatro che dalla sua nascita è stato specchio della città e delle sue trasformazioni: Teatro di palchettisti sorto in solida pietra dopo l’incendio del Teatro di Corte, l’edificio del Piermarini ha accolto una società in costante evoluzione, riflettendone lo sviluppo: alle modifiche negli arredi e nelle decorazioni si sono aggiunti interventi strutturali che ne hanno fatto un palcoscenico sempre all’avanguardia anche dal punto di vista tecnico-architettonico. La recente e coraggiosa ristrutturazione affidata all’architetto Botta, portata a termine nei tempi previsti, è una nuova testimonianza della capacità del nostro Teatro e di Milano di ripensarsi in funzione delle nuove esigenze funzionali, artistiche ma anche urbanistiche mantenendo un giusto equilibrio tra rinnovamento costante e conservazione di un patrimonio storico-architettonico che è ormai patrimonio di tutta l’umanità. Nei prossimi anni il progetto di Botta sarà completato con l’edificio di via Verdi che garantirà nuovi spazi per le attività artistiche, tecniche e amministrative rendendo ancora più efficiente e coordinata l’attività. Raccontare questa storia iniziata 240 anni fa e ancora così vitale significa raccontare l’energia e l’eccellenza di Milano. La Scala sarà nelle vie della città anche con la promozione della mostra che includerà una campagna pubblicitaria sui tram con lo slogan “Monumento in Movimento”: un modo scherzoso per sottolineare la dinamicità che ha sempre contraddistinto il nostro Teatro ma anche il suo legame con la città.
Milano celebra Angelo Morbelli (Alessandria 1853 - Milano 1919), uno dei più importanti artisti dell’Ottocento, caposcuola del Divisionismo italiano, in occasione del primo centenario della sua scomparsa, con una serie d’iniziative che avrà uno dei suoi momenti più alti nella retrospettiva.
Il percorso costituito da poche opere, ma estremamente significative, ruota attorno ad alcuni autentici capolavori di Angelo Morbelli, come Visita alla stalla del 1886, o Venduta! del 1897, ultimo di una serie di tre opere realizzate a partire dalla metà degli anni ottanta, o ancora Per sempre, del 1906, capolavoro divisionista, che manca da una rassegna pubblica dal 1982. A questi si aggiungono dipinti come la prima versione dell’Ave Maria della sera del 1910, Tetti sotto la neve del 1912, la prima versione de La sposa (1909), o Risaiuole (1897), opera importante per approfondire le trasformazioni della tecnica divisionista utilizzata da Morbelli, in parallelo con lo sviluppo dell’interesse per il tema del lavoro femminile, in particolare di quello svolto nelle risaie.
Prosegue a Casa Manzoni la mostra didattico bibliografica Il crocchio supra-romatico della contrada del Morone. In via Morone 1 la famiglia Manzoni si trasferisce nel 1814 e da lì assiste all’assassinio del ministro Giuseppe Prina, poi al ritorno degli Austriaci a Milano, e alla contestuale nascita del periodico “Biblioteca Italiana” che, per opposizione, porterà alla fondazione del “Conciliatore”. Alessandro Manzoni non collabora al periodico di regime, né al “Conciliatore”, ma il Romanticismo entra nella sua casa attraverso gli amici militanti, Tommaso Grossi,. Ermes Visconti, Giovanni Torti, Pietro Borsieri, Giovanni Berchet, Silvio Pellico, e le apparizioni di Vincenzo Monti, di Niccolò Tommaseo e di Giacomo Leopardi. La mostra si articola in 12 sezioni: Il “Crocchio supra-romantico della contrada del Morone”. 1818 – 1848,La morte di Giuseppe Bossi, Le Muse consenzienti, Le muse segrete, L’attributo “Romantico”, Il “Conciliatore”, Lo Spielberg, Il romanzo storico, Giacomo Leopardi milanese, Arte romantica, Romanticismo musicale, Oltre il Quarantotto.
Galleria d’Arte Sacra dei Contemporanei di Milano ospita, una mostra di grande significato storico e artistico che documenta la svolta verso l’arte contemporanea di papa Paolo VI, raccontata attraverso le opere degli artisti che gli furono amici. L’esposizione, dal titolo ”Torniamo amici”. Paolo VI e gli artisti, presenta 50 lavori, tra dipinti, disegni, sculture, bozzetti, grafiche, raramente o mai esposti al pubblico, di autori quali Aldo Carpi, Francesco Messina, Trento Longaretti, Silvio Consadori, Floriano Bodini, Luigi Filocamo, Lello Scorzelli, Virginio Ciminaghi, Angelo Biancini, Eros Pellini, Ettore Calvelli e altri, ai quali si affiancano importanti prestiti, provenienti dalla Collezione d’Arte Contemporanea dei Musei Vaticani e dalla Collezione Paolo VI - Arte Contemporanea di Concesio (BS). Il titolo dell’iniziativa prende spunto dalla domanda - Ritorniamo a essere amici? - che Paolo VI rivolse agli artisti invitati per l’udienza a loro dedicata nel maggio del 1964 nella Cappella Sistina. Un’offerta che tendeva a ricostruire il dialogo tra gli artisti e la committenza ecclesiale che si era notevolmente affievolito da almeno due secoli: da un lato la Chiesa si era limitata a chiedere una stanca imitazione di modelli, canoni e stilemi tratti dagli antichi maestri, dall’altro gli artisti erano andati a cercare ispirazione altrove, distanti dai temi dell’annuncio cristiano. La svolta impressa da Paolo VI ottenne il risultato di produrre una scossa nella ricerca artistica nell’ambito del sacro. Fu proprio alla Galleria d’Arte Sacra dei Contemporanei - fondata nel 1955, durante il suo primo anno di mandato come Arcivescovo di Milano - che Giovanni Battista Montini ebbe l’occasione, grazie anche alla figura carismatica del suo primo direttore, Dandolo Bellini, di venire in contatto e instaurare un rapporto di amicizia e di collaborazione con un gruppo di autori attenti a coniugare i temi del sacro con i linguaggi artistici del ‘900. Tra questi, si segnalano Angelo Biancini, Floriano Bodini, Aldo Carpi, Virginio Ciminaghi, Silvio Consadori, Luigi Filocamo, Kengiro Azuma, Trento Longaretti, Enrico Manfrini, Francesco Messina, Luciano Minguzzi, Eros Pellini, Mario Rudelli, Aligi Sassu, Lello Scorzelli, Gianluigi Uboldi.I
Il Museo Diocesano di Milano Carlo Maria Martini propone un’iniziativa dal grande valore storico-artistico: un confronto ravvicinato tra le due versioni in gesso della predella raffigurante la Pietà e il bozzetto al vero per la monumentale pala dell’Assunta, realizzati da Lucio Fontana per il Duomo di Milano. Un’occasione unica per ammirare queste tre opere, eccezionalmente riunite assieme e, al tempo stesso, per riflettere sul percorso creativo sacro dell’artista italo-argentino. L’esposizione è, infatti, allestita all’interno della Sala Fontana del Museo Diocesano che accoglie alcuni dei bozzetti in gesso per il concorso della quinta porta della cattedrale del 1950 e la Via Crucis bianca in ceramica del 1955. La Deposizione di Cristo, bozzetto della predella della Pala dell’Assunta, presentata da Lucio Fontana alla Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano nel 1954, è un modello in gesso, esposto solo recentemente al pubblico in quanto giacente presso il Cantiere Marmisti della Veneranda Fabbrica, noto fino ad oggi soltanto grazie a riproduzioni fotografiche d’archivio. La scena vede la Vergine inginocchiata sorreggere il corpo del Cristo morto semisdraiato di spalle con la testa completamente riversa all’indietro. Il bozzetto al vero della Pala della Vergine Assunta venne creato da Fontana nel 1954-1955, a seguito del concorso bandito nel novembre 1950 dalla Veneranda Fabbrica del Duomo in concomitanza con la proclamazione del dogma dell’Assunzione di Maria da parte del Papa Pio XII. L’opera rappresenta una Vergine Assunta di dimensioni monumentali, ai piedi della quale è collocata una predella di dimensioni più ridotte raffigurante la Pietà. L’opera non venne mai portata a termine e il progetto rimase incompiuto. Nel 1972, tuttavia, venne realizzata una fusione postuma in bronzo, oggi temporaneamente collocata sull’altare di Sant’Agata nel Duomo di Milano.
Da ultimo presso la Galleria Building troviamo una mostra del fotografo Vincenzo Castella (1952); l’artista ritrae il mondo non come somma di forme, linguaggi e oggetti ma come correlazione di spazi privati e collettivi della nostra società. La mostra, che si compone di trenta opere di medio e grande formato, oltre cento immagini inedite del lavoro sulla costruzione dello stadio di San Siro e tre proiezioni video, vuole essere un’antologia inedita sul lavoro svolto da Vincenzo Castella a Milano. Artista riconosciuto a livello internazionale, la produzione di Castella si colloca principalmente nell’ambito della fotografia di paesaggio, inteso come contesto costruito dall’uomo e ambiente scenico proprio delle città. Il titolo della mostra è significativo, chiara intenzione di un tributo alla città protagonista dell’esposizione e filo conduttore di una produzione che compare nella ricerca di Vincenzo Castella già dalla fine degli anni ottanta. Milano è per l’artista città d’adozione, attuale residenza, il luogo dove la ricerca sulla città ha il suo inizio. Il progetto espositivo è costruito attraverso immagini di grande formato, caratteristiche della produzione di Castella, presentate in tre sezioni: Rinascimento, Contesto Urbano e Natura. La mostra si apre con le vedute di interni rinascimentali milanesi, chiese, angoli e mura sacre fra i più noti, come il Cenacolo vinciano e la Chiesa di Santa Maria delle Grazie, che costituiscono la parte più recente della produzione dell’artista. Gli spazi del primo e del secondo piano ospitano gli scatti sul contesto urbano di Milano, con un approfondimento sulla costruzione dello stadio di San Siro, serie del 1989 da cui successivamente prende forma e si sviluppa la produzione artistica legata agli spazi urbani.
Al terzo piano il tema è legato alla natura: Castella non cerca una natura paesaggistica, ma guarda a una natura interna, mediterranea e tropicale, collezionata e adattata all’altezza di una architettura che la ospita, sviluppata attraverso l’educazione umana. Un’attenzione che inizia per l’artista nel 2008 e che tutt’oggi prosegue come tensione per un’ipotesi di nuove riflessioni. La rappresentazione e così l’analisi della città si compongono dall’esperienza di ambienti così diversi tra di loro, legati concettualmente da un approccio di straniamento: mentre tutte le foto ritraggono luoghi quotidiani ed accessibili, ripresi da punti di vista terrestri – l’artista e lo spettatore fanno sempre parte dello stesso spazio, interno all’architettura, interno alla metropoli – le immagini sono tutt’altro che comuni. La misura della distanza crea una sensazione di straniamento, un nuovo punto di vista.La realizzazione delle stampe di grande formato, sui cui l’artista è solito lavorare, richiede grande impegno e tempi lunghi nella preparazione dell’opera finale. Questo approccio di lavoro fa sì che la produzione delle immagini di Vincenzo Castella si distribuisca nel tempo in modo rarefatto, con opere di una cura e una qualità del dettaglio estremi.
All’Orangerie della Reggia di Monza sono esposte 140 opere di uno degli assoluti maestri del Novecento che meglio ha saputo interpretare la società contemporanea: Andy Warhol. L’alchimista degli anni Sessanta. Queste opere del padre della Pop Art, ci permettono di ripercorrere il suo universo creativo, attraverso le icone più riconoscibili della sua arte, dalle serie dedicate a Jackie e John Kennedy a quelle consacrate al mito di Marilyn Monroe, dalla osservazione critica della società contemporanea, attraverso la riproduzione seriale di oggetti della quotidianità consumista, all’analisi degli altri aspetti come la musica o la rivoluzione sessuale.
Presso le Scuderie del Castello Visconteo di Pavia vicenda di Vivian Maier (1926-2009), una fotografa ancora in gran parte avvolta nel mistero, diventata celebre solo dopo la sua scomparsa. Dagli autoritratti alla fotografia di strada, la mostra incanta per la qualità del suo lavoro, capace di unire il reale (rappresentato anche nei suoi aspetti sociali più difficili) a una bellezza compositiva rara. A fronte del lascito sconfinato di fotografie e rullini, sono ancora poche le informazioni che tratteggiano Vivian Maier: nata a New York nel 1926, trascorse la prima parte della sua vita in Francia, per poi tornare negli Stati Uniti nel 1951. Lavorò per tutta la vita come tata per le benestanti famiglie della Grande Mela; non si sposò mai e non ebbe figli propri. La fotografia fu la sua unica e pervasiva passione: vissuta come necessità, bisogno di registrazione del reale, mezzo per affermare la propria esistenza. Il desiderio di “scattare” superava addirittura quello di verificare i risultati, come dimostrato dai numerosi rullini mai sviluppati. Quando aveva pochi dollari in tasca preferiva destinarli a un nuovo rullino su cui imprimere le sue visioni, piuttosto che allo sviluppo delle fotografie. Dopo la sua scomparsa, fu l’agente immobiliare John Maloof a recuperare il suo patrimonio costituendone l’archivio: acquistò all’asta 120mila negativi, che la fotografa aveva dovuto cedere negli anni Novanta al suo definitivo tracollo finanziario. Grazie alla sensibilità di Maloof e alla sua fortunata acquisizione possiamo ricostruire oggi la vicenda della fotografa-bambinaia dal lascito sterminato in cui c’è ancora tanto da scavare.
La nostra prossima tappa è Bergamo. Bergomum è la prima, grande mostra che ricompone in un racconto complessivo le tracce di una storia millenaria che l’archeologia ha riportato in luce sotto la pelle della città. Il visitatore, come un antico romano, percorre il tragitto che conduce nel cuore di Bergomum, con i suoi suoni e i suoi abitanti, il foro monumentale, l’anfiteatro per i giochi gladiatori, il teatro, le botteghe, le terme pubbliche e le ricche domus.
Eccoci a Trento, presso il Castello del Buonconsiglio per la mostra Colori fluttuanti: la carta marmorizzata tra Oriente e Occidente. La manifattura della carta marmorizzata è antichissima, nasce in Giappone nel XII secolo e nel corso del Cinquecento conquista e affascina l’intera Europa. Allestita nella sala delle Marangonerie la rassegna, attraverso una ricca selezione di carte marmorizzate, alcune opere di artisti contemporanei come Philip Taaffe e Ugo Zovetti oltre ai video dell’artista turco Garip Ay, oltre ad antichi libri e oggetti rilegati o rivestiti con carta marmorizzata, sarà possibile ripercorrere la storia di questa tecnica proveniente dall’Oriente e diffusasi in Turchia e poi in Europa, riconoscerne e apprezzarne le diverse caratteristiche e i suoi molteplici utilizzi, dall’uso decorativo al suo impiego nella dimensione meditativa e nella previsione del futuro
Parte integrante e molto stimolante per il pubblico sarà il laboratorio gestito dal curatore della mostra Lorenzo Pontalti assieme a studenti del Liceo artistico ‘A. Vittoria’ di Trento formati dai Servizi educativi del museo in un progetto di alternanza scuola-lavoro.
Al Museo di Castelvecchio di Verona è aperta la mostra “Bottega, Scuola, Accademia. La pittura a Verona dal 1570 alla peste del 1630”. L’esposizione pone l’attenzione sul panorama artistico veronese tra la fine del XVI secolo e l’inizio di quello successivo, un crogiolo ricco di novità.
In un contesto che vedeva presenti a Verona figure di rilievo, come Bernardino India e Paolo Farinati, e la vicinanza con il vivace ambiente veneziano, la necessaria premessa ai successivi sviluppi fu la presenza in città alla metà del ‘500 della bottega di Domenico Brusasorzi e del figlio Felice, una delle più attive, sia per quanto riguarda la produzione di opere pittoriche sia per la presenza al suo interno di numerosi apprendisti e discepoli. La mostra propone l’analisi dell’eredità di Felice Brusasorzi raccolta dai suoi allievi, tra i quali vengono ricordati con attenzione Sante Creara, Alessandro Turchi, Pasquale Ottino e Marcantonio Bassetti. I disegni e dipinti esposti evidenziano come il periodo giovanile di questi artisti sia stato molto influenzato dal lessico del maestro, per poi differenziarsi, in seguito, grazie all’influsso di altri autori.Questo fondamentale periodo della produzione artistica veronese fu bruscamente interrotto dalla peste del 1630, che portò alla morte di molti pittori e che mutò in maniera radicale la sensibilità di coloro che sopravvissero, aprendo la strada a una stagione dell’arte veronese.
Da Kandinsky a Botero. Tutti in un filo, il titolo della mostra allestita a Venezia presso Palazzo Zaguri. QuandoVassily Kandinsky, precursore e fondatore della pittura astratta, nel 1925 dipinse Rosso, Giallo, Blu mai avrebbe immaginato che un italiano, innamorato dell’arte contemporanea, del suo quadro avrebbe fatto un arazzo talmente bello da sembrare un dipinto. La rassegna costituisce un evento di respiro internazionale, un’esposizione mai vista finora. Cento gli arazzi esposti nei quattro piani del palazzo veneziano, per un valore complessivo di circa cinquanta milioni di euro. La maggior parte proviene da una delle ultime arazzerie italiane, quella fondata nel 1960 da Ugo Scassa, il cui sogno, mai realizzato in vita, era proprio di esporre le proprie opere a Venezia. Cento manufatti, tessuti per ore da abili mani femminili al telaio ad alto liccio per decenni, grazie all’intuizione e alla lungimiranza di questo italiano che abbandona l’edilizia per fare della propria passione, l’arte contemporanea, un mestiere. Sono opere capaci di stupire e “catturare” chiunque, per la finezza dell’ordito, la maestria nel miscelarne i colori sulla tela, filo dopo filo, intreccio dopo intreccio, per dar vita a capolavori che hanno arredato i grandi saloni delle feste nella grande stagione delle turbonavi italiane.
Canova | George Washington, la prima mostra dedicata all’unica opera eseguita da Canova per l’America, presso la Gypsotheca e Museo Antonio Canova di Possagno (Tv). La rassegna ripercorre la storia del capolavoro perduto, probabilmente il monumento pubblico meno conosciuto fra quelli eseguiti da Canova. Il riunisce per la prima volta il modello preparatorio in gesso a grandezza naturale (mai uscito prima d’ora dall’Italia), quattro bozzetti preparatori e i relativi disegni e incisioni. Sarà esposto anche il ritratto a olio di Canova dipinto nel 1816 da Thomas Lawrence, anch’esso prestato dalla Gypsotheca e Museo Antonio Canova di Possagno assieme al modello e ai bozzetti. Fu il Parlamento della Carolina del Nord a Raleigh a commissionare nel 1816 una statua a figura intera di George Washington da collocare nella sala del Senato. Thomas Jefferson, convinto che nessuno scultore americano fosse all’altezza dell’incarico, propose il nome di Antonio Canova, allora uno degli artisti europei più celebrati. La statua, prima e unica opera eseguita da Canova per gli Stati Uniti, su suggerimento di Jefferson, rappresentava il primo presidente della nazione nelle vesti di un condottiero romano, mentre stila il proprio discorso di commiato. L’opera venne svelata nel 1821 e il plauso fu tale da richiamare visitatori da ogni dove. Solo un decennio più tardi un tragico incendio divampò nel palazzo del Parlamento riducendo la statua a un ammasso di frammenti.
La mostra “Aztechi, Maya, Inca e le culture dell’antica America”, al MIC di Faenza presenta circa trecento reperti (terrecotte e tessuti) insieme ad altre opere (propulsori dorati, sculture, stele, ecc.). L’esposizione offre una sintesi nuova e aggiornata sulle più importanti culture dell’antica America e presenta al contempo alcuni dei temi più interessanti emersi dalle ricerche più recenti: la conquista dell’America vista dalla parte dei vinti, la condizione della donna, i sistemi di calcolo dell’antico Perù e l’arte precolombiana presentata come arte e non solo come archeologia. Il MIC di Faenza possiede una delle più interessanti collezioni italiane d’arte precolombiana, costituita da quasi 900 reperti. Il primo nucleo importante risale al prebellico. La collezione si arricchì poi nel dopo guerra, grazie alle donazioni di musei e istituzioni come l’Instituto Nacional de Arqueología y Historia di Città del Messico, The University Museum di Philadelphia, Museo Nacionál de Antropología y Arqueología di Lima, Museo Nacionál di San José ed è accresciuta fino ad oggi grazie a numerose donazioni private, alcune anche recenti.
Le sale del Palazzo del Podestà di Montevarchi (Ar), recentemente restaurato, ospitano la mostra Botticelli, Della Robbia, Cigoli. Montevarchi alla riscoperta del suo patrimonio artistico, che mette insieme per la prima volta capolavori e importanti opere d’arte realizzate nel territorio di Montevarchi ponendo l’accento sulla rilevante importanza socio-culturale e artistica della città tra la fine del ‘400 e la fine del ‘700. Opere d’arte che, per circostanze di vario genere, sono state allontanate dai luoghi per i quali sono state realizzate e rappresentano il frutto delle grandi committenze per gli enti religiosi di Montevarchi. Il percorso espositivo comprende nove dipinti e una statua in terracotta e il ruolo di protagonista spetta ad un autentico capolavoro come l’Incoronazione della Vergine e Santi di Sandro Botticelli, (Firenze 1445 – 1510), uno dei maggiori esponenti del Rinascimento fiorentino. L’opera, ad olio su tavola, di grandi dimensioni, è stata presumibilmente realizzata tra il 1498 e il 1508 per l’altare maggiore della chiesa francescana di San Ludovico ed è divisa in due livelli, uno terreno e uno celeste, da un piano di nuvole. Nella parte inferiore, sopra un prato fiorito, si può vedere un’assemblea di santi, tra cui proprio Ludovico da Tolosa, che rivolgono lo sguardo al cielo dove la Vergine è incoronata da Dio Padre insieme ad un affollato coro di angeli. Un altro capolavoro presente in mostra è l’imponente Miracolo della mula di Giovanni Martinelli (Montevarchi 1600 – Firenze 1659), uno degli artisti più affascinanti ed enigmatici della pittura del Seicento, anche se, allo stesso tempo, tra i meno conosciuti. Questo dipinto, ad olio su tela, è stato realizzato nel 1632 probabilmente proprio a Montevarchi con il pittore “suggestionato da ciò che il territorio gli suggeriva”. Anche quest’opera era stata dipinta per la Chiesa di San Ludovico ma oggi è custodita a Pescia nella Chiesa di San Francesco. Nella mostra è possibile ammirare anche un altro capolavoro recuperato, un bellissimo dipinto del pittore Jacopo Vignali (Pratovecchio 1592 - Firenze 1664) che raffigura il Beato Felice da Cantalice che riceve il Bambino Gesù dalle mani della Vergine. La tela, eseguita in origine per il Convento dei Frati Cappuccini di Montevarchi, era stata trasferita negli anni ‘90 del secolo scorso a Firenze, nella sede centrale dei Cappuccini presso il convento di Montughi, in seguito all’abbandono del convento montevarchino da parte dei frati.
“Leonardo disegnato da Hollar” inaugura l’attività espositiva della Fondazione Rosanna & Carlo Pedretti nella nuova sede della Fondazione, nella villa Baronti-Pezzatini storico edificio recentemente restaurato, nel cuore di Vinci (Fi), città natale di Leonardo. L’esposizione è il primo degli eventi realizzati dalla Fondazione Pedretti ed è dedicata a colui che più d’ogni altro studioso ha approfondito la conoscenza Leonardo da Vinci e la divulgazione della sua opera in Italia e nel mondo, Carlo Pedretti. A lui si deve l’idea, circa un decennio or sono, di valorizzare le trentuno incisioni di Wenceslaus Hollar (1607-1667), che acquistò negli anni cinquanta del Novecento, rare testimonianze dell’interesse per i disegni di Leonardo nel Seicento e importante veicolo di studio e diffusione dei disegni leonardiani di caricature e grottesche. Quelle in mostra, mai esposte prima d’ora, non sono incisioni qualunque ma spesso dei ‘primi stati’, ovvero opere tirate direttamente dall’artista. E’ la prima mostra dedicata alle incisioni di Hollar che si tiene in Italia. L’interesse primario di Leonardo per la rappresentazione delle emozioni nei ritratti, si concentra su tutte le manifestazioni degli stati d’animo, gioia e dolore, amplificate dalla freschezza dell’età giovanile o dal degrado della senilità. nei disegni invece Leonardo è immediato e spontaneo: sulla carta, il suo gusto per il grottesco e il suo desiderio di evidenziare le anomalie fisiognomiche trovano piena libertà d’espressione. Con penna e inchiostro nascono le teste caricate e grottesche, deformazioni continuamente mutate e sempre più esagerate del carattere umano, che “senza fatica si tengono a mente”. Riflesso del fascino che Leonardo subisce dall’infinitamente brutto, deforme, decadente, sgradevole come esatto opposto dell’infinitamente bello, raffigurato nei suoi volti di divina dolcezza e bellezza suprema. Come egli stesso annotò: “Le bellezze con le bruttezze paiono più potenti l’una per l’altra”.
L’Accademia delle Arti del Disegno di Firenze presenta l’opera del pittore Andrey Esionov (Tashkent, 1963), maestro dell’arte figurativa russa contemporanea con una mostra dal titolo Neo-nomadi e Autoctoni. Il titolo della mostra deriva dal ciclo di lavori “Neo-nomadi”, un’analisi dedicata a un evento strutturale che si sta realizzando in tutto il mondo: l’umanità in movimento, dai grandi flussi migratori fino al turismo di massa. Questo fenomeno non è visto con lo sguardo di chi accoglie o di chi migra, ma da una prospettiva inedita, quella dall’estraneo che è in grado di coglierne sfumature e paradossi. L’esposizione racconta quindi i mutamenti e le contraddizioni di un’umanità in costante movimento, attraverso 42 opere, tratte da otto diverse serie di acquerelli, con le quali l’artista realizza una riflessione critica, surreale e pungente intorno allo scenario delle metropoli contemporanee e all’umanità che le popola. La mostra “Neo-nomadi e Autoctoni” rappresenta uno dei principali avvenimenti artistici italiani del 2019 e sarà la prima tappa di un ciclo di mostre personali volte a far conoscere in Italia l’arte, la ricerca artistica e la poetica di Andrey Esionov.
Presso il polo museale di Santa Maria della Scala di Siena troviamo la mostra Una città ideale. Dürer, Aldorfer e i Maestri Nordici della Collezione Spannocchi di Siena. L’esposizione si configura come una tappa del processo di riunificazione dei dipinti della Collezione Spannocchi, donati al Comune nel 1835 e conservati in larga parte nella Pinacoteca Nazionale e nel Museo Civico di Siena, presso il Santa Maria della Scala. La mostra in attesa dell’auspicata ricomposizione di quella che è senz’altro la più rilevante raccolta senese, sia per l’elevata qualità delle opere che per la storia del collezionismo cittadino, intende proporre una significativa selezione delle opere fiamminghe e ‘nordiche’ della Collezione Spannocchi, esposte in un percorso tematico ed organizzate cronologicamente. L’occasione è data dalla possibilità di ottenere in prestito i due straordinari pannelli di Albrecht, Altdorfer raffiguranti Storie di san Floriano, alla Galleria degli Uffizi dal 1914, ma già facenti parte della Collezione. Fra i dipinti più importanti, preziosa risulta la tela di Albrecht Durer con il mirabile San Girolamo, firmato e datato 1514, l’elegante Lucrezia di pittore legato alla cerchia di Lucas Cranach, La decapitazione del Battista, attribuita ad un artista tedesco collaboratore di Altdorfer e la Torre di Babele, dove l’anonimo pittore indulge nella animata descrizione di un’umanità intenta alle occupazioni più disparate in cui spicca l’imponente costruzione centrale, ricca di ardite soluzioni architettoniche.
Arriviamo a Roma. Presso Palazzo Venezia possiamo vedere in mostra il prezioso busto in terracotta raffigurante San Lorenzo, realizzato da Donatello. Donato de’ Bardi, detto Donatello (1386- 1466) fu il più celebrato scultore fiorentino del quindicesimo secolo e uno dei più grandi scultori di ogni tempo. Partito da un clima ancora largamente connesso al cosiddetto Gotico internazionale, l’artista s’impose ben presto insieme a Brunelleschi e a Masaccio per la carica innovativa, diventando uno degli alfieri del primo Rinascimento. Il busto in terracotta di San Lorenzo fu realizzato per il portale maggiore della Pieve di San Lorenzo a Borgo San Lorenzo nel Mugello, una chiesa posta una quarantina di chilometri a nord di Firenze. La datazione sembra cadere intorno al 1440, negli stessi anni in cui Donatello realizzava il David in bronzo – che ancor oggi ispira il famoso premio cinematografico – e dunque poco prima del cruciale soggiorno a Padova. Anche per via della sua collocazione disassata il San Lorenzo rimase per molti secoli nell’oblio. Già transitato nelle collezioni dei principi di Liechtenstein, è stato riscoperto dalla critica soltanto nel 2003, con il suo ingresso nella collezione di Peter Silverman e Kathleen Onorato. Il busto viene attualmente considerato una delle più serie e importanti acquisizioni al catalogo di Donatello.
Al Museo Ebraico e al Museo di Scultura Antica Giovanni Barracco abbiamo la mostra sull’archeologo e mercante d’arte Ludwig Pollak (Praga 1868 – Auschwitz 1943).
Le opere in mostra ripercorrono la storia professionale e personale del grande collezionista: dalle sue origini nel ghetto di Praga, agli anni d’oro del collezionismo internazionale, alla tragica fine nel campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau. Mostra dedicata alla vita e all’attività scientifica dell’archeologo Ludwig Pollak in occasione dei 150 anni dalla nascita e a 80 anni dalla promulgazione delle Leggi razziali in Italia. Archeologo, grande connoisseur, tra i più importanti mercanti d’arte dell’epoca, Ludwig Pollak è ricordato anche per importanti scoperte, tra cui il ritrovamento del braccio originale del Laocoonte e dell’Atena di Mirone. La sua appartenenza al mondo culturale e religioso ebraico ha inoltre favorito i suoi legami di amicizia e collaborazione con eminenti personalità della cultura viennese di fine secolo, in particolare con Sigmund Freud. Purtroppo l’origine ebraica ha anche comportato il tragico epilogo della sua vita ad Auschwitz, dove è stato deportato con la moglie e due figli nel 1943. Le oltre cento opere in mostra (dipinti, sculture antiche, vasi greci, acquerelli, libri rari e fotografie d’epoca, inediti documenti d’archivio) nella sede del Museo Barracco e nella sede del Museo Ebraico di Roma ripercorrono le tante storie che accompagnarono la vita del grande collezionista.
Per la prima volta a Napoli arriva una grande retrospettiva Escher. La mostra presenta oltre alle opere del visionario genio olandese, amatissimo dal vasto pubblico, anche un’ampia sezione dedicata all’influenza che il suo lavoro e le sue creazioni hanno esercitato sulle generazioni successive, dai dischi ai fumetti, dalla pubblicità al cinema: un percorso di circa 200 opere che parte da Escher per arrivare ai giorni nostri. Relatività (1953), Vincolo d’unione (1956), Metamorfosi II (1939) e Giorno e notte (1938) sono solo alcune delle opere iconiche che hanno reso celebre Maurits Cornelis Escher (1898-1972) e che, in occasione della mostra partenopea, sono affiancate da un’inedita selezione di opere prodotte dall’artista durante il suo viaggio – avvenuto nella primavera del 1923 – lungo la Costiera Amalfitana fino a Ravello. Un viaggio lungo la penisola che lo segna profondamente anche a livello personale: in Campania conoscerà infatti la giovane svizzera Jetta Umiker che, l’anno dopo, diventerà la sua moglie. A far da cornice ai due sposi in una foto storica, una veduta mozzafiato dall’alto di Atrani con la sua chiesa che troneggia su uno sperone a strapiombo sul mare. Una chiesa che è un motivo ricorrente nelle opere di Escher tanto da trovarsi anche alla fine della famosa Metamorfosi II. In questo viaggio a più riprese, nel 1931 Escher visita Vietri sul Mare, Amalfi, Ravello, Scala, Positano, Praiano e Conca dei Marini. Da qui nascono disegni che si tradurranno in ben 15 stampe tra cui Atrani, Costa di Amalfi (1931), Case in rovina ad Atrani (1931), San Cosimo, Ravello (1932) e Il Borgo di Turello (1932). Nel Sud Italia Escher maturò buona parte di quelle idee e suggestioni che caratterizzano, nel segno della sintesi tra scienza e arte, la sua matura produzione e gli studi sulle forme che lo hanno reso unico nel suo genere.
Pompei e gli Etruschi è il titolo della mostra allestita alla Palestra Grande degli scavi di Pompei, che affronta la controversa e complessa questione dell’ “Etruria campana” e dei rapporti e contaminazioni tra le élite campane etrusche, greche e indigene, al cui centro vi è Pompei.
Circa 800 reperti provenienti da musei italiani e europei, esposti in 13 sale allestite nel portico nord della Palestra grande, consentono un excursus dalle prime influenze etrusche in Campania prima di Pompei, alla Pompei - città nuova etrusca in una Campania multietnica, fino al suo tramonto, e alla memoria di alcune usanze etrusche che si conservarono ancora per qualche tempo. Materiali in bronzo, argento, terracotte, ceramiche, da tombe, santuari e da abitati, consentono di analizzare e mettere a confronto più elementi per affrontare le controverse dinamiche della presenza etrusca in Campania. Fulcro della mostra sono i ritrovamenti venuti alla luce dai recenti scavi nel santuario extraurbano del Fondo Iozzino - tra i principali santuari (oltre a quello di Apollo e di Atena) fondati a Pompei alla fine del VII sec a.C - che hanno restituito una grande quantità di materiale di epoca arcaica e servizi per le libagioni rituali con iscrizioni in lingua etrusca. Questi materiali si affiancano, in mostra, a quelli provenienti dalle altre città etrusche della Campania - Pontecagnano in primis e Capua - dove sono noti luoghi di culto importanti, con caratteristiche simili a quello del Fondo Iozzino.
Tra le ultime proposte ricordiamo che ad Acquaviva delle fonti (Ba) - Palazzo de’ Mari / Sammichele di Bari (Ba) – Castello Caracciolo è allestita la rassegna le “Carceri d’invenzione” di Giovanni Battista Piranesi (1720-1778). Secondo Marguerite Yourcenar sono «una delle opere più segrete che ci abbia lasciato in eredità un uomo del XVIII secolo». Per la scrittrice belga, le sedici incisioni che l’artista veneziano realizzò fra il 1745 e il 1750 rappresentano «la negazione del tempo, lo sfalsamento dello spazio, la levitazione suggerita, l’ebbrezza dell’impossibile raggiunto o superato». Hanno le peculiarità del sogno. O, per meglio dire, dell’incubo. Ma, a differenza di quanto accade nell’attività onirica, qui la vertigine provocata dalle forme labirintiche, dagli inganni prospettici, dall’affollarsi e dal moltiplicarsi di figure, è dominata dal preciso e vigilante controllo del pensiero dell’artefice che costruisce un mondo geometrico le cui misure sono il risultato di una «molteplicità di calcoli che si sanno esatti e che conducono a proporzioni che si sanno sbagliate», sempre secondo la Yourcenar. Piranesi, rivoluzionando gli stilemi canonici della rappresentazione della prigione – gabbia di ferro o cella chiusa da massicce sbarre –, esprime l’angoscia di una concezione dell’esistenza come eterno inarrestabile ritorno del dolore e del male.
Da ultimo a Palermo troviamo la rassegna Rosalia eris in peste patrona a Palazzo Reale. Dopo il ritrovamento dei resti mortali di santa Rosalia, avvenuto nel luglio del 1624, in una grotta di Monte Pellegrino, si assiste a Palermo alla nascita di un fervido e operoso momento artistico-culturale che si traduce in opere, realizzate nei più svariati materiali, dedicate alla romita Rosalia Sinibaldi. L’esposizione, trentotto opere più disegni preparatori e materiali a stampa e d’archivio, ripercorre uno dei momenti più critici della storia di Palermo: il lasso di tempo di cinquant’anni che vede la città colpita da due terribili pestilenze, nel 1575-76 e nel 1624; la popolazione inerme e decimata cerca conforto e protezione nei tradizionali Patroni, le Sante cinque Vergini Palermitane, i Santi Rocco e Sebastiano cui subito si aggiunge in quegli stessi anni anche San Carlo Borromeo, grazie al culto introdotto in città dalla ricca “Nazione” mercantile dei Lombardi. Ma nel 1624, allo scoppio di una pestilenza ancor più devastante, il ritrovamento dei sacri resti sul Monte Pellegrino di Rosalia, romita palermitana vissuta nel Medioevo, e la contemporanea immediata cessazione del morbo, fanno sì che a lei vengano riconosciuti speciali poteri taumaturgici, da farla acclamare unica patrona contro il terribile morbo. Il trionfo del culto, immediatamente diffusosi grazie ai Gesuiti e ai Francescani in tutta Europa, ma non solo, impone subito scelte precise sull’iconografia della Santa, cui darà contributo particolare Anton Van Dyck, il grande pittore fiammingo trovatosi a Palermo in quei tristi frangenti. Su tali presupposti, la mostra si snoda attraverso un percorso che partendo dalla devozione ai Santi Patroni tradizionali, esemplificata da una serie di importanti dipinti e sculture cinquecentesche realizzate in quegli anni, arriva sino al trionfo del culto di Rosalia quale unica patrona, configurato da altrettante opere, soprattutto pale d’altare, commissionate ad artisti famosi, come Anton Van Dyck, Pietro Novelli, Vincenzo La Barbera e Mattia Preti. Spiccano, nel percorso espositivo, le opere di Mattia Preti provenienti dal Museo di Capodimonte e quelle di Pietro Novelli che giungono da Como relative al culto della Santa in Lombardia. La devozione a Santa Rosalia non è, fatto esclusivo, della storia e delle tradizioni siciliane. La Fondazione Federico II con questa mostra ne sottolinea, dopo attente e dettagliate ricerche, quell’elemento che la vede travalicare i confini dell’Isola. È nel rapporto con la “Nazione” dei lombardi che se ne trova una delle massime espressioni. L’Alta Lombardia, tra il XV e il XIX secolo, fu caratterizzata da un processo emigratorio verso la città di Palermo. Un flusso che si sviluppò, principalmente, nel Seicento. Ciò che ne venne fuori fu una collaborazione volta alla raccolta di offerte in danaro destinate all’acquisto di beni materiali da inviare alle comunità ecclesiali di origine. Fra i doni, si annoverano varie suppellettili sacre in argento, ancor oggi conservate nelle chiese lombarde.
Madame Reali. Cultura e potere da Parigi a Torino
Torino – Palazzo Madama
20 dicembre 2018 – 6 maggio 2019
Orari: tutti i giorni 10.00- 18.00, chiuso martedì
Biglietti: 10€ intero, 8€ ridotto
Informazioni: www.palazzomadamatorino.it
Oro Bianco: la ricerca della bellezza
Vinovo (To) – Castello della Rovere
17 febbraio 2019 - 28 aprile 2019
Orari: sabato e domenica ore 9.30 -12.30/ 14.30 - 19.00
Biglietti: 7€ intero, 5€ ridotto
Informazioni: www.comune.vinovo.to.it
Alessandria scolpita: 1450-1535. Sentimenti e passioni fra Gotico e Rinascimento
Alessandria – Palazzo del Monferrato
14 dicembre 2018 - 5 maggio 2019
Orari: da martedì a venerdì 16-19; sabato e domenica: 10-13 / 16-19
Biglietti: 5€ intero, 3€ ridotto
Informazioni: www.palazzomonferrato.it
“La magnifica fabbrica” 240 anni del Teatro alla Scala. Da Piermarini a Botta
Milano – Museo del Teatro alla Scala
4 dicembre 2018 - 30 aprile 2019
Orari: tutti i giorni 9.00-17.30
Biglietti: 7€ intero, 5€ ridotto
Informazioni: www.museoscala.org
Angelo Morbelli (1853-1919). Tra Verismo e impegno sociale
Milano – Galleria Enrico
28 febbraio 2019 – 13 aprile 2019
Orari: lunedì 15.00-19.30, martedì - sabato 10.00-12.30/15.00-19.30
Ingresso libero
Informazioni: www.enricogallerie.it
Il crocchio supraromantico della Contrada del Morone
Milano – Casa Manzoni
12 marzo 2019 – 27 aprile 2019
Orari: martedì – venerdì 10.00-18.00, sabato 14.00-18.00
Biglietti: 5€ intero, 3€ ridotto
Informazioni: www.casadelmanzoni.it
“Torniamo amici”. Paolo VI e gli artisti
Milano – Galleria d’arte sacra dei contemporanei (GASC)
15 febbraio 2019 – 14 aprile 2019
Orari: giovedì 15.00-20.00; venerdì 15.00-18.00; sabato e domenica 10.00- 18.00
Biglietti: 7€ intero; 5€ ridotto
Informazioni: www.villaclerici.it
Lucio Fontana. Le due Pietà per il Duomo di Milano
Milano – Museo Diocesano
27 febbraio 2019 - 5 maggio 2019
Orari: martedì - domenica 10.00-18.00; lunedì chiuso
Biglietti: 8€ intero, 6€ ridotto
Informazioni: www.chiostrisanteustorgio.it
Vincenzo Castella - Milano
Milano – Galleria Building (Via Monte di Pietà 23)
27 febbraio 2019 - 27 aprile 2019
Orari: martedì – sabato 10.00-19.00
Ingresso libero
Informazioni: www.building-gallery.com
Andy Warhol. L’alchimista degli anni Sessanta
Monza – Villa Reale
25 gennaio 2019 – 28 aprile 2019
Orari: martedì-venerdì 10.00 - 19.00; sabato, domenica e festivi 10.00 - 19.30; lunedì chiuso
Biglietti: 10€ intero, 8€ ridotto
Informazioni: www.reggiadimonza.it
Vivian Maier. Street photographer
Pavia – Scuderie del Castello Visconteo
9 febbraio 2019 – 5 maggio 2019
Orari: martedì- venerdì 10.00-13.00/14.00-18.00;
Biglietti: 10€ intero, 8€ ridotto
Informazioni: www.scuderiepavia.com
Bergomum. Un colle che divenne città
Bergamo – Palazzo della Ragione
16 febbraio 2019 - 19 maggio 2019
Orari: martedì – venerdì 9.30-13.00/14.30-18.00; sabato – domenica 10.30-18.30
Ingresso libero
Informazioni: www.museoarcheologicobergamo.it
Colori fluttuanti: la carta marmorizzata tra Oriente e Occidente
Trento – Castello del Buonconsiglio
2 marzo 2019 - 5 maggio 2019
Orari: tutti i giorni 10.00-18.00, lunedì chiuso
Biglietti: 10€ intero, 8€ ridotto
Informazioni: www.buonconsiglio.it
Bottega, Scuola, Accademia. La pittura a Verona dal 1570 alla peste del 1630
Verona – Museo di Castelvecchio
17 novembre 2018 - 5 maggio 2019
Orari: lunedì 13.30–19.30; martedì-domenica 8.30–19.30
Biglietti: 6€ intero, 4,50€ ridotto
Informazioni: www.museodicastelvecchio.comune.verona.it
Da Kandinsky a Botero. Tutti in un filo
Venezia – Palazzo Zaguri
1 novembre 2018 – 1 maggio 2019
Orari: aperto tutti i giorni 10.00-20.00
Biglietti: 16e intero, 14€ ridotto
Informazioni: www.artistidelnovecento.it
Canova/George Washington
Possagno (Tv) – Museo Canova
11 novembre 2018 – 28 aprile 2019
Orari: sabato, domenica 11.00 – 15.00
Biglietti: 10€ intero, 8€ ridotto
Informazioni: www.museocanova.it
Aztechi, Maya, Inca e le culture dell’antica America
Faenza (Ra) – MIC
11 novembre 2018 – 28 aprile 2019
Orari: martedì-domenica 10.00-19.00
Biglietti: 10€ intero, 7€ ridotto
Informazioni: www.micfaenza.org
Botticelli, Della Robbia, Cigoli. Montevarchi alla riscoperta del suo patrimonio artistico
Montevarchi (Ar) – Palazzo del Podestà
20 gennaio 2019 - 28 aprile 2019
Orari: giovedì -domenica 10.00-13.00/15.00-19.00
Biglietti: 5€ intero, 3€ ridotto
Informazioni: www.comune.montevarchi.ar.it
Leonardo disegnato da Hollar
Vinci (Fi) – Villa Baronti Pezzatini
16 dicembre 2018 – 5 maggio 2019
Orari: tutti i giorni 10.00- 17.00
Biglietti: 6€ intero, 4€ ridotto
Informazioni: www.fondazionerossanaecarlopedretti.org
Andrey Esionov. Neo – Nomadi e Autoctoni. Acquarelli
Firenze – Accademia delle Arti del Disegno
5 marzo 2019 – 28 aprile 2019
Orari: martedì a sabato 10.00-13.00 / 17.00-19.00; domenica 10.00-13.00
Ingresso libero
Informazioni: www.esionov.it
Una città ideale. Dürer, Altdorfer e i maestri Nordici della Collezione Spannocchi di Siena
Siena – Santa Maria alla Scala
14 dicembre 2018 - 5 maggio 2019
Orari: lunedì, martedì, mercoledì, venerdì, sabato, domenica 10.00-19.00; giovedì 10.00-22.00
Biglietti: 9€ intero, 7€ ridotto
Informazioni: www.santamariadellascala.com
Donatello
Roma – Palazzo Venezia
12 luglio 2018 – 28 aprile 2019
Orari: martedì - domenica 8.30 - 19.30
Biglietti: 10€ intero, 5€ ridotto
Informazioni: www.art-city.it
Ludwig Pollak. Archeologo e mercante d’arte (Praga 1868 – Auschwitz 1943)
Roma – Museo Ebraico di Roma/ Museo di Scultura Antica “Giovanni Barracco”
5 dicembre 2018 - 5 maggio 2019
Orari: martedì- domenica 10.00 - 16.00
Ingresso libero
Informazioni: www.museobarracco.it
Escher
Napoli – PAN
1 novembre 2018 - 22 aprile 2019
Orari: tutti i giorni 9.30 – 19.30
Biglietti: 13€ intero, 11€ ridotto
Informazioni: www.mostraescher.it
Pompei e gli Etruschi
Pompei (Na) – Scavi, Palestra grande
12 dicembre 2018 - 2 maggio 2019
Orari: tutti i giorni 9.00-19.30
Biglietti: 15€ intero, 7,50€ ridotto
Informazioni: www.pompeiisites.org
Giovanni Battista Piranesi, Le carceri d’invenzione
Acquaviva delle fonti (Ba)- Palazzo de’ Mari / Sammichele di Bari (Ba) – Castello Caracciolo
15 dicembre 2018 – 5 maggio 2019
Orari: sabato 16.30-19.30; domenica 10.30-13 / 16.30-19.30
Biglietti: 6€ intero, 3€ ridotto
Informazioni: www.mostrepuglia.it
Rosalia eris in peste patrona
Palermo – Palazzo Reale
4 settembre 2018 - 5 maggio 2019
Orari: lunedì - sabato 8.15 -17.40; domenica 8.15- 13.00
Biglietti: 6€ intero, 3€ ridotto
Informazioni: www.federicosecondo.org