Mostre Marzo 2020
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Numerose e di ampio respiro sono le proposte che vogliamo segnalare per il mese di marzo.
I nostri suggerimenti iniziano da Aosta per un ricco percorso espositivo di 80 opere tra dipinti, disegni e grafiche del pittore Carlo Fornara. Carlo Fornara (1871-1968) sta riacquistando il ruolo di primissimo piano che ebbe nell’arte italiana ed europea a cavallo tra Otto e Novecento e la mostra aostana lo evidenzia al di là di ogni dubbio. Riserve e preconcetti sono nati dalla percezione di Fornara nella riduttiva veste di imitatore di Giovanni Segantini; nonostante fosse suo assistente nell’estate 1898, e imparò profondamente la lezione del grande maestro che doveva scomparire tredici mesi più tardi, Fornara visse una sua personale interpretazione del Divisionismo.
La mostra, la prima rassegna monografica in Valle d’Aosta dedicata al pittore piemontese, è focalizzata sui due decenni cruciali della parabola di Fornara, l’ultimo dell’Ottocento e il primo del Novecento, ed esamina la stagione più intensa della sua produzione, in parallelo alla genesi e all’apice del Divisionismo in Italia. Il periodo simbolista di Fornara, oltre al capolavoro L’Aquilone, è qui rappresentato da La leggenda alpina e da due studi a olio, mentre nella sezione dei disegni, alcuni fogli di grande formato, quali quello per il manifesto stradale del Sempione e Allegoria dei monti, raccontano di un’esperienza che più tardi l’autore preferì occultare. Chiusa la parentesi simbolista, il primo decennio del Novecento è segnato da una ricerca di obiettività verso la natura, spoglia dell’espressionismo che aveva dominato le stagioni tra la fine dell’apprendistato vigezzino e la maturazione divisionista che, con En plein air, anticipa di alcuni mesi l’incontro con Segantini.
Arriviamo a Torino presso la Pinacoteca Albertina. Nel 1986 l’artista sovietico Il’ja Glazunov, durante il periodo riformatore della perestrojka, è riuscito a far rivivere questa gloriosa Accademia di Belle Arti di Mosca che tanto seguito aveva avuto nel corso dell’Ottocento e nel periodo delle avanguardie russe degli anni venti del Novecento. Vi ebbero influenza e vi furono ospiti artisti come Lentulov, Konchalovsky, Mashkov, Rodchenko, come anche Malevich e Kandinsky.
Fondamentalmente legata alla tradizione pittorica dei grandi modelli della pittura e della scultura classica, in primis italiana, o alle rievocazioni storiche e religiose del folclore e del sentimento popolare russo, l’Accademia a metà negli anni ’20 fu fusa con altre istituzioni più tecniche che artistiche per volere dello stesso Lenin, in nome di un certo disprezzo per la pittura antica e i modelli classici a favore del cosiddetto “realismo socialista” che voleva avvicinare l’arte alle classi proletarie in chiave di propaganda politica. Oggi, scomparso il suo rifondatore, Il’ja Glazunov, questa particolarissima Accademia è retta dal figlio Ivan Glazunov, artista di grande rilievo, in nome di un ritorno a quei temi cari alla cultura del popolo russo, alla sua letteratura, alla sua musica, al suo teatro e al suo più antico mondo poetico ovvero lo sguardo alla storia nazionale, al sentimento e alla tradizione religiosa popolare e alla mitologia del popolo russo insieme ai suoi paesaggi e visioni architettoniche. L’aspetto educativo della composizione pittorica impartita in questa scuola, porta in auge un sistema codificato e mai superato della tecnica artistica e realizzativa delle opere: composizione dal vivo dei soggetti, studio ed equilibrio dello spazio da rappresentare, attenzione alle atmosfere luministiche e accurata distribuzione nello spazio dei movimenti dei personaggi dipinti, ma soprattutto approfondimento della psicologia dei personaggi negli eventi narrati che ci introducono in una rappresentazione quasi teatrale di particolare fascino e significazione. I ventidue dipinti in mostra sono per lo più di grandi dimensioni e sono stati realizzati tutti da studenti come tesi di diploma o durante i diversi anni di corso di studio all’Accademia Glazunov, in un arco temporale che va dal 1999 al 2019; In questi lavori scelti è predominante il carattere storico, religioso nonché il folclore popolare della grande nazione russa.
Rimaniamo sempre in tema di Divisionismo con la mostra organizzata a Novara, presso il Castello Visconteo Sforzesco dal titolo Divisionismo La rivoluzione della luce. Il Divisionismo nasce a Milano, sulla stessa premessa del Neo-Impressionnisme francese – meglio noto come Pointillisme -, senza tuttavia che si possa parlare di influenza diretta. Muove dall’idea che lo studio dei trattati d’ottica, che hanno rivoluzionato il concetto di colore, debba determinare la tecnica del pittore moderno. Si sviluppa nel Nord d’Italia, grazie soprattutto al sostegno di Vittore Grubicy de Dragon, mercante d’arte, critico, pubblicista e a sua volta pittore, che con il fratello Alberto gestisce a partire del 1876 una galleria d’arte a Milano. E’ Vittore a diffondere tra i pittori della sua scuderia il principio della sostituzione della miscela chimica dei colori tradizionalmente ottenuta sulla tavolozza, con un approccio diretto all’accostamento dei toni complementari sulla tela. Da dato chimico, il colore diventa fenomeno ottico e alla dovuta distanza l’occhio dello spettatore può ricomporre le pennellate staccate in una sintesi tonale, percependo una maggior luminosità nel dipinto. Presto il Divisionismo da Milano e dalla Lombardia si allarga al Piemonte: la pennellata divisa è destinata a diventare strumento privilegiato nella traduzione di una poetica della natura o di una messa a fuoco delle tematiche sociali. Solo Gaetano Previati, irreducibilmente antirealista sin dagli esordi, elabora una visione simbolista che scaturisce dal mito, da un’interpretazione visionaria della storia o dall’iconografia cristiana, agli antipodi di quella di Segantini sempre legata alla radice naturalista di una percezione panica dell’alta quota. Ordinata in otto sezioni tematiche, l’esposizione consta di settanta opere tutte di grande qualità e bellezza, provenienti da importanti musei e istituzioni pubbliche e da collezioni private.
Siamo a Milano per un nutrito numero di mostre.
Presso la Galleria d’Arte Moderna di Milano è allestita la mostra Canova. I volti ideali, un prezioso percorso che per la prima volta ricostruisce nelle sue sale la genesi e l’evoluzione delle celebri “teste ideali”, il particolare e fortunato filone della sua opera dedicato alle molte e diverse declinazioni della bellezza femminile e realizzato all’apice della sua carriera. Le opere, 37 di cui 24 di Canova, in mostra provengono dai principali musei nazionali e internazionali. Negli ultimi dodici anni di attività, quando è lo scultore più famoso e più richiesto d’Europa, Antonio Canova si dedica a una serie di effigi femminili di personaggi ideali che ha immediata fortuna tra i contemporanei, sia tra la committenza che tra la critica dell’epoca. Nel percorso espositivo vengono presentate le diverse versioni dello stesso soggetto realizzate da Canova, su tutte la Vestale, realizzata in tre versioni e qui riunite per la prima volta. Accanto alle opere del maestro del Neoclassicismo sono anche proposti preziosi confronti con opere che vanno dall’antichità ai nostri giorni, che da un lato indicano i modelli da cui lo scultore prese spunto, dall’altro evidenziano il valore universale della sua arte.
In chiaro dialogo con la mostra della GAM alle Gallerie d’Italia troviamo la rassegna Canova | Thorvaldsen. La nascita della scultura moderna. Il passaggio Sette-Ottocento fu un periodo in cui quest’arte ha conosciuto una decisiva trasformazione grazie al genio dell’italiano Antonio Canova (Possagno 1757 – Venezia 1822) e del danese Bertel Thorvaldsen (Copenaghen 1770 – 1844), protagonisti e rivali sulla scena ancora grandiosa di una Roma cosmopolita dove hanno avuto modo di confrontarsi con i valori universali della classicità e dell’antico. Furono infatti riconosciuti e celebrati come i “classici moderni”, capaci di trasformare l’idea stessa della scultura e la sua tecnica, creando capolavori immortali che sono diventati, anche perché continuamente riprodotti, amati e popolari in tutto il mondo. Grazie a prestigiose collaborazioni è stato possibile confrontare, per la prima volta in una mostra, i due artisti, seguendoli nel loro affascinante percorso biografico e creativo. Il paragone era avvenuto originariamente a Roma, dove hanno trascorso la maggior parte della loro vita e raggiunto la celebrità grazie a una carriera straordinaria. Canova vi si era trasferito nel 1781 da Venezia, mentre il più giovane Thorvaldsen lo raggiungerà nel 1797 da Copenaghen. Nei due decenni successivi e oltre, quando la loro presenza ha fatto di Roma la capitale della scultura moderna, furono rivali e si sfidarono sugli stessi motivi e soggetti, dandone ciascuno la propria originale interpretazione. Si trattava delle figure dell’antica mitologia che, come le Grazie, Amore e Psiche, Venere, Ebe, rappresentavano nell’immaginario collettivo occidentale l’incarnazione dei grandi temi universali della vita e della morte, come il breve percorso della giovinezza, l’incanto della bellezza, le lusinghe e le delusioni dell’amore.
Dalla scultura alla fotografia, con la rassegna dal titolo La fotografia di ricerca in Lombardia e in Italia. La rassegna ripercorre quel periodo che, dalla metà degli anni Sessanta a tutto il decennio successivo, ha visto la fotografia di tipo documentario o di reportage, spostarsi nell’ambito sperimentale delle avanguardie artistiche. Il percorso espositivo presenta 80 opere di alcuni protagonisti di quella stagione, da Ugo Mulas a Gabriele Basilico, da Paola Mattioli a Luigi Erba, da Nino Migliori a Mario Giacomelli, da Gianfranco Chiavacci a Franco Vaccari, da Mimmo Jodice a Ketty La Rocca, da Mario Cresci a Luigi Ghirri.
Anche il Centro Culturale di Milano propone un’interessante mostra fotografica dedicata alle due artiste Dorothea Lange(1895-1965) e Margaret Bourke-White (1904-1971); i cui nomi sono leggendari, per essere state a fianco degli eventi più epocali e per il modo ardito e partecipativo di raggiungere alcuni degli avvenimenti generativi del senso della nostra contemporaneità. La mostra dedicata alle due più grandi photoreporter del XX secolo è composta da 75 fotografie in bianco e nero Original print e alcune Vintage print.
La loro fotografia mette in luce la tenacia e uno sguardo autentico all’uomo che vive, condividendo il fascino e il dolore della storia, a fianco, e dentro, i fatti di popolo, persone, grandiosità e sconfitte del secolo breve. Le comunità e la persona nella più grande crisi di sistema, la depressione a seguito della crisi del 1929, l’ascesa della tecnologia industriale, le nuove scoperte aereodinamiche, la guerra, il fronte europeo e russo, la liberazione dei campi di sterminio, le nuove città, la nascita dell’India moderna, le minoranze, l’apartheid, questi alcuni dei temi e avvenimenti in mostra secondo una scelta originale e diversa dai consueti itinerari editoriali. Entrambe allieve dello stesso maestro di Fotografia, Clarence H. White di New York, differenti età di dieci anni, incrociano in America luoghi di intervento e l’apertura di studi fotografici similari tra east e west coast. Unite e diverse nella malattia che segna fin da piccola Dorothea e invece Margaret nella maturità. In modo diverso alle stesse origini della rivista Life (la Bourke-White firma la copertina del primo numero), di Magnum e della mitica galleria Aperture. La Lange, la prima donna cui il MoMa di N. Y. a un anno dalla scomparsa, dedica una intera retrospettiva, percorre la realtà come una fedele e instancabile ricerca volta a documentare e “toccare” la situazione sociale, l’evento e nel contempo il contesto. “Vivere la vita come visione è un’impresa immane, praticamente irraggiungibile. Io l’ho solo sfiorata, appena sfiorata” (D. Lange). Nella Bourke-White è forte la ricerca sociale e documentaria riguardante gli impatti del capitalismo, come il fascino per la tecnologia del secolo. I suoi temi sono simboli del moderno: sconfitte, grandiosità, povertà, umanità, atmosfere. Con grande forza compositiva e narrativa delle immagini e chiari rimandi a eventi conosciuti. Ha cercato e accolto con coraggio gli avvenimenti che le si sono presentati di fronte. «Trovare qualcosa di nuovo, qualcosa che nessuno avrebbe potuto immaginare prima, qualcosa che solo tu puoi trovare perché, oltre ad essere fotografo, sei un essere umano un po’ speciale, capace di guardare in profondità ove altri tirerebbero dritto» (M. Bourke-White)
La nostra prossima tappa è Verona con la mostra Il tempo di Giacometti da Chagall a Kandinsky. Capolavori dalla Fondazione Maeght. Si tratta di un percorso, grazie a un centinaio di opere tra sculture, dipinti e disegni, nel terreno del più alto Novecento internazionale, avendo Parigi quale centro. Una vera e propria monografica dedicata ad Alberto Giacometti, con oltre settanta opere, unitamente ad altri artisti che gravitavano nella Parigi soprattutto degli anni tra le due guerre ma anche nei due decenni successivi, da Kandinsky a Braque, da Chagall a Miró, con un’ulteriore ventina di dipinti celebri, spesso di grande formato.
La nostra tappa successiva è Venezia allo spazio espositivo Tre Oci per la mostra dedicata al fotografo francese Jacques Henri Lartigue (1894-1986) dal titolo L’invenzione della felicità. La rassegna presenta 120 immagini, di cui 55 inedite, tutte provenienti dagli album fotografici personali di Lartigue, dei quali saranno esposte alcune pagine in fac-simile. A queste si aggiungono alcuni materiali d’archivio che ripercorrono l’intera sua carriera, dagli esordi dei primi del ‘900 fino agli anni ’80 e ricostruiscono la storia di questo fotografo e la sua riscoperta. Il percorso de L’invenzione della felicità si articola intorno a questi grandi momenti di riscoperta dell’opera di Lartigue, a cominciare dalla rassegna del museo newyorkese, durante la quale sono presentati i suoi primi scatti precedenti la Prima Guerra Mondiale, e che fanno di lui l’enfant prodige della fotografia. Ispirato dai giornali e dalle riviste illustrate di quest’epoca, Lartigue s’interessa alla ricca borghesia parigina che si ritrovava ai Grandi premi automobilistici, alle corse ippiche di Auteuil, oltre che agli uomini e alle donne eleganti che le frequentavano. La ‘parte di mondo’ di Lartigue è quella di una Parigi ricca e borghese del nouveau siècle, e anche quando l’Europa verrà attraversata dagli orrori delle due guerre mondiali, Lartigue continuerà a preservare la purezza del suo microcosmo fotografico, continuando a fissare sulla pellicola solo ciò che vuole ricordare, conservare. Fermare il tempo, salvare l’attimo dal suo inevitabile passaggio. La fotografia diventa per Lartigue il mezzo per riesumare la vita, per rivivere i momenti felici, ancora e ancora
la Galleria Estense di Modena celebra la figura di Giovanni Antonio Cybei (1706-1784), grande scultore, portavoce di un linguaggio versatile, capace di moderare l’enfasi drammatica barocca con formule più sintetiche e aggraziate, che gli garantirono fortuna presso l’alta committenza italiana e le corti di Europa e Russia. La rassegna riunisce, per la prima volta, il nucleo di opere modenesi di Cybei, interprete conclusivo di una stagione ormai prossima a cedere il passo alla nuova estetica del Neoclassicismo. In particolare, saranno esposti i due busti in marmo di due storici modenesi, Carlo Sigonio e Ludovico Antonio Muratori, recentemente restaurati, commissionati per decorare la Biblioteca Estense, accanto ai modelli in terracotta degli stessi, oltre al calco in gesso dipinto del monumento equestre di Francesco III d'Este, forse il vero capolavoro dell’artista toscano.
Nella sede espositiva dei Chiostri di San Pietro a Reggio Emilia è esposto uno dei capolavori del Rinascimento: il Ritratto di giovane donna del Correggio. c.1489-1534). L’opera, eccezionale prestito dal Museo Ermitage di San Pietroburgo, giunge in una delle terre d’elezione dell’artista reggiano, a cinque secoli dalla sua esecuzione, attorno al 1520. Il dipinto è certamente il più importante ritratto eseguito dal pittore. Nulla si sa della committenza e delle successive vicende collezionistiche del quadro: la sua prima apparizione moderna è nella raccolta del principe Jusupov nella Russia dei primi anni del Novecento. Circa un secolo fa, gli studiosi si accorsero di uno degli aspetti più singolari del dipinto, ovvero della scritta che corre lungo il bordo della tazza d’oro nelle mani della ragazza: una citazione dell’Odissea di Omero che testimonia quanto il committente appartenesse a un contesto culturale di alto livello, appassionato prima di tutto di letteratura classica. Unitamente al dipinto sarà esposta una pregiata edizione del 1524 dell’Odissea di Omero, grazie al prestito concesso dalla Biblioteca Panizzi di Reggio Emilia, che permetterà di evidenziare il passo a cui il dipinto fa riferimento. L’appartenenza della giovane donna a un rango elevato è dimostrata, inoltre, dalla composta eleganza degli abiti, dalla sobria presenza di gioielli, dall’elaborata decorazione dell’acconciatura: si tratta di forme tipiche della moda femminile dei primi del Cinquecento, ma trattate con grande originalità. I tentativi di individuare la donna sono iniziati presto, e vi si cimentò per primo Roberto Longhi, uno dei più importanti storici dell’arte italiani, che volle vedere nella dama di Correggio la poetessa Veronica Gambara; altri studiosi, anche di recente, hanno proposto strade diverse per individuare la gentildonna. Al di là della sua identità, siamo davanti a una delle prove più incisive del pittore correggese, molto probabilmente da poco rientrato in Emilia dal viaggio a Roma e dal confronto con le opere di Michelangelo e Raffaello.
Siamo sempre a Reggio Emilia per un avvincente e inedito viaggio attraverso i secoli, per comprendere quanto la “decorazione e l’ornamento” raccontino di noi e del mondo, grazie alla rassegna What a wonderful world. La lunga storia dell’Ornamento tra arte e natura. L’impulso decorativo nasce con le prime tracce espressive dell’umanità, caratterizzando i fatti estetici, oggi come in passato, senza distinguerne gli elementi strutturali da quelli accessori. Siamo talmente avvolti – per così dire – dagli ornamenti, da non esserne consapevoli. Si tratta, dunque, di conoscere e ri-conoscere il lessico (solo apparentemente) minore che ci circonda negli oggetti d’uso quotidiano, nelle opere d’arte, nella moda, nell’architettura. Il percorso espositivo, attraverso oltre 200 opere, intende indagare le origini e gli sviluppi del matrimonio tra vita quotidiana, arte e decorazione per poi affrontare in modo dettagliato le esperienze di tanta arte del Novecento e del nuovo millennio in cui i temi dell’ornamento sono stati di nuovo rimessi in gioco. Oltre ad alcuni pezzi della protostoria, la mostra attraverserà più di duemila anni di storia dell’arte, dall’età romana al Medioevo fino ai giorni nostri, con opere di autori quali Albrecht Dürer, Leonardo da Vinci, Moretto, Giovan Battista Piranesi, William Morris, Alphonse Mucha, Koloman Moser, Maurits Cornelis Escher, Pablo Picasso, Henri Matisse, Giacomo Balla, Gino Severini, Sonia Delaunay, Josef e Anni Albers, Victor Vasarely, Arman, Andy Warhol, Keith Haring, Claudio Parmiggiani, Shirin Neshat.
La mostra organizzata presso il Museo Civico Medievale di Bologna è incentrata sull’affascinante e poco studiata produzione scultorea a Bologna tra XII e XIII secolo. Tali opere, principalmente grandi crocifissi, consentono di fissare una nuova tappa verso la comprensione dei modelli di riferimento nella Bologna di quel tempo. Qui, del resto, il Medioevo fu animato da un fiorente clima multiculturale, favorito sia dalla posizione strategica della città sulla Via Emilia, quindi tra gli Appennini e le direttrici verso l’Oltralpe, sia per la nascita nel tardo XI secolo di una celebre scuola giuridica. Una realtà così cosmopolita garantì un impulso costante per i contatti internazionali, l’indotto dei commerci, lo sviluppo urbano e, non ultime, le commissioni artistiche, tra cui quelle di arredi liturgici e tesori ecclesiastici destinati a soddisfare le crescenti esigenze devozionali. Oggi però di questi manufatti rimane assai poco, come documenta la scultura lignea medievale che, anche a causa della deperibilità del materiale, a Bologna conta soltanto pochi esempi secondo una tendenza che accomuna tutti i grandi centri italiani. Ciò rende ancora più emblematico il valore delle testimonianze locali superstiti che per lo più si caratterizzano di esempi monumentali di elevata qualità esecutiva. Basti menzionare il superbo gruppo della Crocifissione che campeggia nella Cattedrale di San Pietro (tra i più antichi in Italia ancora completi delle figure dei Dolenti), del tutto isolato nel panorama emiliano-padano ed esito credibile di una bottega alpina itinerante specializzata nella lavorazione del legno che realizzò l’opera entro 1184, anno di consacrazione della nuova chiesa avvenuta alla presenza di papa Lucio III. Le novità del Duecento trovano invece riscontro in un pregevole gruppo di sculture stilisticamente omogenee che raffigurano il Christus Triumphans, ormai pervase da un naturalismo gotico modulato in virtù dell’iconografia più o meno arcaizzante. Si tratta del Crocifisso ancora poco conosciuto della chiesa Santa Maria Maggiore, che oggi ritorna all'antico splendore dopo l'importante restauro finanziato dal Comune di Bologna. L’identificazione di questa importante bottega e l’occasione di esporre insieme le sue opere costituisce una significativa circostanza, non solo per rendere noti i preziosi dati di restauro e per cercare di approfondire il tema dello spazio liturgico a Bologna tra il XII e XIII secolo (anche grazie all’esposizione di coeve croci dipinte) , ma anche per misurare in dettaglio gli originalissimi effetti locali della rinascenza gotica su un genere artistico così particolare: stimolato in modo sinergico sia dalle novità d’Oltralpe, mediate nel capoluogo emiliano attraverso la circolazione di “arti minori” ( in mostra verranno esposti alcuni preziosi codici miniati ed altri oggetti liturgici) ed eruditi stranieri, sia dall’influsso di quelle toscane che proprio in città manifestarono episodi di primo piano come la famosa Arca marmorea di San Domenico, reali.
Le nostre proposte ci spostano ora a Pisa, presso Palazzo Blu, per una rassegna singolare. L’acquisto del ritratto di Artemisia Gentileschi, realizzato da Simon Vouet. Questa acquisizione conserva al patrimonio artistico italiano un’opera di grande importanza. Eseguito a Roma attorno al 1623, il dipinto è l’unico ritratto conosciuto di Artemisia Lomi Gentileschi, realizzato da un grande artista suo contemporaneo: Simon Vouet. Nel Museo di Palazzo Blu, l’opera di Vouet va ad aggiungersi alla celebre Clio Musa della Storia dipinta dalla stessa Artemisia a Napoli attorno al 1632, ai dipinti del padre Orazio e degli zii Aurelio e Baccio, componenti della famosa famiglia di pittori pisani Lomi Gentileschi. Lega l’opera a Pisa anche il suo committente: il Ritratto di Artemisia è, infatti, annoverato negli elenchi delle collezioni di Cassiano dal Pozzo, amatore d’arte formatosi tra Pisa e Firenze nipote dell’influente Cardinale Carlo Antonio Dal Pozzo, Arcivescovo di Pisa e ministro del Granduca Ferdinando I de’ Medici.
Da ultimo una grande mostra archeologica a Roma, dedicata a Cartagine.
L’esposizione è allestita nei monumentali spazi del Colosseo e del Foro Romano con oltre quattrocento reperti, provenienti dalle più prestigiose istituzioni museali italiane e straniere.
L’esposizione lega le vicende delle due grandi potenze del mondo antico – Cartagine e Roma – lungo un percorso narrativo che si snoda dalla fondazione dell’Oriente fenicio passando per la storia della città e dei suoi abitanti, l’espansione nel Mediterraneo e la ricchezza degli scambi commerciali e culturali nella fase che va dalle guerre puniche all’età augustea, sino a giungere alla complessità del processo di romanizzazione che ha portato Roma ad annientare, nella battaglia delle Egadi (241 a.C.), quella che era ormai divenuta l’unica temibile rivale per il controllo del mare.
Il percorso prosegue con la rifondazione della nuova Colonia Iulia Concordia Carthago che per tutta l’età imperiale si distinguerà per la sua superficie di oltre 200 ettari e che diverrà a tutti gli effetti una città dotata di edifici da spettacolo e lussuose abitazioni private, famose ovunque per la ricchezza dei loro mosaici policromi di cui si avranno in mostra alcuni straordinari esemplari; si conclude quindi con testimonianze del nascente cristianesimo, di cui Cartagine è in seguito diventata il centro propulsore, e con un’appendice sulla riscoperta della città alla luce dell’immaginario moderno e contemporaneo.
Carlo Fornara e il Divisionismo
Aosta – Museo Archeologico Regionale
26 ottobre 2020 – 15 marzo 2020
Orari: martedì – domenica 10.00-19.00; lunedì chiuso
Biglietti: 6€ intero, 4€ ridotto
Informazioni: www.metsarte.com
Incanti russi. Opere pittoriche di tradizione dell’Accademia Glazunov di Mosca
Torino – Pinacoteca Albertina
31 gennaio 2020 - 22 marzo 2020
Orari: tutti i giorni 10.00 -18.00; mercoledì chiuso.
Biglietti: 7€ intero, 5€ ridotto
Informazioni: www.pinacotecalbertina.it
Divisionismo. La rivoluzione della luce
Novara – Castello Visconteo Sforzesco
23 novembre 2020 – 5 aprile 2020
Orari: martedì – domenica 10.00 – 19.00; lunedì chiuso
Biglietti: 10€ intero, 8€ ridotto
Informazioni: www.ilcastellodinovara.it
Canova. I volti ideali
Milano – GAM (Galleria d’Arte Moderna)
24 ottobre 2020 – 15 marzo 2020
Orari: martedì - domenica 9.00 - 19.30; lunedì chiuso
Biglietti: 10€ intero, 8€ ridotto
Informazioni: www.gam-milano.com
Canova|Thorvaldsen. La nascita della scultura moderna
Milano – Gallerie d’Italia
25 ottobre 2020 - 15 marzo 2020
Orari: tutti i giorni 9.30- 19.30, giovedì 9.30 -22.30, lunedì chiuso
Biglietti: 10€ intero, 8€ ridotto
Informazioni: www.gallerieditalia.com
La fotografia di ricerca in Lombardia e in Italia
Milano – Spazio Eventi di Palazzo Pirelli
26 febbraio 2020 – 22 marzo 2020
Orari: lunedì- giovedì 9.30-12.30/14.15-17.30, venerdì 9.30-13.30
Ingresso libero
Informazioni: www.clp1968.it
Margaret Bourke-White /Dorothea Lange. Ricevere l’avvenimento. Due donne nei tornanti della storia
Milano – Centro Culturale di Milano
16 gennaio 2020 – 15 marzo 2020
Orari: lunedì – venerdì 10.00-13.00/ 14.30-18.30; sabato e domenica 15.30 – 19.00
Biglietti: 10€ donazione suggerita
Informazioni: www.centroculturaledimilano.it
Il tempo di Giacometti da Chagall a Kandinsky. Capolavori dalla Fondazione Maeght
Verona – Palazzo della Gran Guardia
16 novembre 2019 – 5 aprile 2020
Orari: martedì- giovedì 9.00 – 18.00; venerdì-domenica 9.00 – 20.00: lunedì chiuso
Biglietti: 14€ intero, 11€ ridotto
Informazioni: www.lineadombra.it
Jacques Henri Lartigue. L’invenzione della felicità. Fotografie 1894 – 1986
Venezia – Casa dei Tre Oci
29 febbraio 2020 – 14 giugno 2020
Orari: tutti i giorni 10.00 - 19.00; martedì chiuso
Biglietti: 13€ intero, 11€ ridotto
Informazioni: www.treoci.org
Giovanni Antonio Cybei. Un grande scultore per Modena
Modena – Galleria Estense
25 ottobre 2020 – 15 marzo 2020
Orari: martedì -sabato 8.30 - 19.30; domenica 10.00 - 18.00; lunedì chiuso
Biglietti: 6€ intero, 2€ ridotto
Informazioni: www.gallerie-estensi.beniculturali.it
Ritratto di Giovane donna del Correggio. Un capolavoro dal Museo Ermitage di San Pietroburgo
Reggio Emilia – Fondazione Palazzo Magnani
25 ottobre 2020 – 8 marzo 2020
Orari: martedì - venerdì 10.00 – 13.00 / 15.00 – 19.00; sabato e domenica 10.00 – 19.00; lunedì chiuso
Biglietti: 5€ intero, 3€ ridotto
Informazioni: www.palalzzomagnani.it
What a wonderful world. La lunga storia dell’Ornamento tra arte e natura
Reggio Emilia – Palazzo Magnani
16 novembre 2019 – 8 marzo 2020
Orari: martedì - venerdì 10.00 -13.00 / 15.00 - 19.00; sabato e domenica 10.00 - 19.00; lunedì chiuso
Biglietti: 12€ intero, 10€ ridotto
Informazioni: www.palazzomagnani.it
Imago splendida. Capolavori di scultura lignea a Bologna dal Romanico al Duecento
Bologna – Museo Civico medioevale
22 novembre 2019 - 8 marzo 2020
Orari: martedì - domenica 10.00 -18.30; lunedì chiuso
Biglietti: 6€ intero, 3€ ridotto
Informazioni: www.museibologna.it
Simon Vouet e il ritratto di Artemisia
Pisa – Palazzo Blu
28 settembre 2019 – 8 marzo 2020
Orari: martedì – venerdì 10.00 – 19.00; sabato e domenica 10.00 – 20.00; lunedì chiuso
Biglietti: 3€ intero, 2€ ridotto
Informazioni: www.palazzoblu.it
Carthago. Il mito immortale
Roma – Parco archeologico del Colosseo
27 settembre 2019 - 29 marzo 2020
Orari: fino al 15 marzo 8.30 - 17.00; dal 16 all'ultimo sabato di marzo 8.30 - 17.30;
l'ultima domenica di marzo 8.30 - 19.15
Biglietti: 16€ intero, 2€ ridotto
Informazioni: www.parcocolosseo.it