Il senso di gratitudine rivela chi è il lettore
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Ci sono due ordini di risposte. Le prime stanno sul piano umano e impongono di essere critici e severi: la maggior parte dei libri in commercio non merita, e difatti finisce per restare invenduta per il 98%. In questo ordine di considerazioni, una persona che desidera il bene non può permettersi la leggerezza di mettere Umberto Eco o Calvino o Moravia sullo stesso livello di un Dostoevskij o un Manzoni, di un Chesterton o un Guareschi: i primi non hanno ciò che rende scrittore uno scrittore, la pietas. Per questo invito a prediligere autori ed editori "alternativi agli alternativi", usando il criterio del classico: un libro è un classico quando apre un mondo, svela un passato e predispone un presente migliore. Si parta da opere antiche o moderne, a seconda dei gusti.
Il secondo ordine di risposte sconfina nel campo spirituale: si consideri la vita di ciascuno come un breve percorso tra l'origine (creati da Dio Padre) e la mèta (ammessi alla gloria dei Santi). In questa luce, le letture, l'apprendimento e la formazione della persona che ognuno di noi è, si muovono entro una libertà impensabile: non conta da dove si parte né dove si arriva. Conta l'amore con il quale si studia, un amore che Spinoza ha ben definito amor Dei intellectualis: amore della mente verso Dio. Tale amore si alimenta solo di cibi a lui convenienti: e difatti ci sono molti bei libri, più di quanto si possa supporre. Perciò il criterio di lettura, qui, vuole che un libro sia buono quando, finito di leggerlo, proviamo gratitudine e riconoscenza.
Apertura di un mondo e gratitudine, insomma, rivelano la bontà dell'aver letto. Una volta considerate queste due dimensioni, anche la riforma scolastica più sciagurata appare nelle sue vere dimensioni "lillipuziane". E l'esperienza della lettura torna così a essere un itinerarium cioè un viaggio dell'animo attraverso la Creazione, lungo il quale s'incontrano gli altri e la realtà.