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Andreolli, Marco - Freddo dentro

Autore:
Rossi, Valerio
Fonte:
CulturaCattolica.it
Marietti 1820, Milano 2012, € 16,00

È un’estate inconsuetamente trascorsa fra le montagne del Tirolo, così care anche all’autore, a imprimere nella vita di Francesca e Giacomo Cassina, suo figlio, il segno indelebile dell’amicizia con Anna e Johann Innerkofler, anch’essi madre e figlio, un’amicizia che rimarrà sempre un punto certo sullo sfondo delle loro esistenze e del loro destino.
Fra fine Ottocento e inizio Novecento si snodano le vicende di questo romanzo, che vedono l’appassionato incontro di due donne e il procedere dell’itinerario di due giovani vite verso la presa di coscienza di una realtà che, nell’abisso della Grande Guerra, tra il sangue, il fango e il crepitio delle mitraglie, si dipingerà di colori sempre più tetri. Una tragedia insensata, che sembra avvolgere tutto e tutti, che squassa il cuore dello stesso padre di Johann, Werner, uomo solare ed estremamente positivo nello sguardo sull’esistenza, tormentandone le notti che precedono la volontaria ma disillusa partenza per la difesa dei confini della sua patria. E proprio quando starà per avviarsi verso il fronte, nel momento del saluto alla moglie e ai figli, emergerà la sua incrollabile certezza attraverso le parole rivolte a Johann: «Non c’è il male in tutto questo. Credimi, non c’è il male, stanne certo. Non avere mai paura di quello che succede». È la certezza, testimoniata dagli Innerkofler con una salda discrezione, che, anche quando le cose sembrano volgere al male, la realtà è già abitata da chi continuamente opera con il suo sguardo d’amore per ciascuno e continuamente la salva. Una positività che non è frutto di un generico ottimismo, ma è figlia di un’inquietudine e, nello stesso tempo, di una inesausta fiducia nella bellezza di tutto il reale, che nasce certamente anche dall’esperienza dell’amore fra Werner e Anna, un amore saldo e senza confini, rispettoso di «quello spazio sconosciuto e necessario» che è l’inesauribile segreto di colei che gli è data come sposa (ed è proprio quello spazio, denso di «mistero», che Francesca e il marito Carlo non hanno saputo accogliere e che è divenuto per loro, negli anni, un «abisso sempre più vuoto»).
Il dramma del reale, dunque, non soffoca gli uomini che sanno accettarlo e viverlo fino in fondo, nella coscienza della propria piccolezza e del bisogno di qualcosa che, venendole incontro, la colmi e la conduca a salvezza. Uomini «attaccati a una speranza che non conosciamo e di cui non possiamo fare a meno», perché «si possa trascinare queste ossa oltre la viltà che vorremmo nascondere», come dice Johann nell’ultima parte del romanzo.
A prezzo di grandi fatiche e di una sofferta “umiliazione”, nell’esperienza vissuta fra uomini «fulgidi, di una bellezza suprema» costretti a combattere in condizioni estreme su creste innevate, sarà Giacomo a riconoscere di non potere tutto da solo, a capire che «ci vuole coraggio per dire non ce la faccio». In lui, nel figlio, arriva così a compiersi il sofferto itinerario della madre, Francesca, un personaggio che emerge con grande forza nella prima parte del libro, in pagine che affascinano perché debordanti della sua inquietudine, della sua ansia di essere sempre all’altezza, della sua dedizione, delle sue aspirazioni profonde mai pienamente espresse. Una donna che vive con intensità il dramma del vivere, nel desiderio inappagato di un compimento di quella promessa di amore di cui Carlo, sposo quasi sempre assente ed estraneo al suo tormento, non sembra nemmeno accorgersi.

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