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Carini, Giuseppe - Tutto può cambiare

Fonte:
CulturaCattolica.it
L’handicap, la disperazione e l’incontro con Cristo

Ho imparato sulla mia pelle l’insopprimibile positività dell’esistenza umana accolta come dono.

C’è un a. C. (avanti Cristo) e un d. C. (dopo Cristo) per i più fortunati tra noi; cioè quel momento imprevisto e inconsapevole che segna l’inizio di una vita incomparabilmente più bella di quanto noi avessimo anche lontanamente immaginato.
Per Giuseppe Carini autore di questo piccolo capolavoro, la data è stata il 15 marzo 1969 alle ore 20,30 circa… sembra di leggere il Vangelo di Giovanni e dell’incontro dell’Apostolo avvenuto con quel misterioso Rabbì, che avrebbe rivoluzionato non solo la sua, ma la vita di ogni uomo (erano circa le quattro del pomeriggio… Gv. 2,39)

Lo iato tra i due periodi, quello anteriore al 15 marzo 1969 e quello posteriore è anche evidente nello stile con cui l’autore narra la sua esperienza.
Prima di quella data solo l’amarezza, lo sconforto, gli errori, il non senso, i perché senza risposta di uno spastico, che ha in sé, inconsapevole ma non meno doloroso, un desiderio intensissimo di vivere la propria vita; e le pagine semplici ed essenziali comunicano, senza troppe pretese e quindi con maggiore efficacia, quei sentimenti così comuni agli uomini del nostro tempo.

Poi tutto cambia, si anima, comincia la lunga scalata verso una gioia contagiosa della quale riporto solo alcune testimonianze:

“Sani” o “svantaggiati” desideriamo le stesse cose in modi diversi: i primi con minore difficoltà, i secondi con più fatica (almeno apparentemente) perché devono chiedere aiuto ai primi e sono costretti a dover mettere l’orgoglio in secondo piano: Ma anche i sani prima o poi devono chiedere aiuto a qualcuno, perché questa è la logica della vita umana. A partire dal momento in cui una persona si affaccia in questo mondo deve chiedere ai genitori il cibo (…) e ha bisogno di essere amato per formarsi una personalità (pag. 78).

In questo ruolo
(è consigliere di amministrazione della “Cooperativa di solidarietà sociale” di Piacenza con la delega, fin dalla fondazione della cooperativa, per le pubbliche relazioni) non mi sono mai sentito fuori posto, anche se poteva sembrare assurdo che una persona come me, con qualche difficoltà nel parlare, facesse da portavoce per la cooperativa. Per me è stata comunque una grande soddisfazione e ho cercato di mettere a frutto le capacità che mi ritrovavo, soprattutto quella di non farmi prendere dal panico (pag. 79).

La modalità con cui Cristo ha fatto irruzione nella gita di Giuseppe ha avuto il volto umanissimo, fragile e concreto di alcuni amici che negli anni si sono moltiplicati per quel miracolo che sempre avviene nella compagnia guidata al Destino che è la Chiesa.
Ed ecco come sintetizza alla fine del libro la sua impressionante avventura umana:
Questi amici – non finirò mai di ripeterlo – mi hanno aiutato a non piangermi addosso. Non si può vivere considerando le proprie sventure come insuperabili. In primo luogo non si tratta di problemi insormontabili; in secondo luogo, anche s e lo fossero, bisogna imparare a chiedere aiuto. E’ il segreto per non chiudersi in sé stessi nel proprio disagio. Ho imparato sulla mia pelle l’insopprimibile positività dell’esistenza umana accolta come dono.

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