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Cather, Willa - La morte viene per l’arcivescovo

Autore:
Mocchetti, Giovanni
Fonte:
CulturaCattolica.it
Ed. Giano 2004, Euro 16,00

Morirò dell’aver vissuto…Il libro della Cather rappresenta in assoluto la scoperta più stupefacente fatta quest’anno relativa alla mia passione per la lettura e per l’esperienza di compagnia autentica costruita sulla comune tradizione di appartenenza alla Chiesa; ma credo che un libro come quello di questa scrittrice USA abbia un valore universale per la sua intensità narrativa, per la grandezza umana dei suoi protagonisti, per la modernità dei suoi contenuti (per quanto sia stato scritto nel 1927!), per la molteplicità delle emozioni che sa evocare nella semplicità della sua scrittura. Da ultimo: dopo aver letto Ungaretti, Betocchi, Flannery O’Connor, Péguy, Chesterton, T. S. Eliot, Graham Greene... insomma le opere dei maggiori scrittori e poeti cattolici del ‘900, chi avrebbe immaginato d’incontrare un romanzo così profondamente cristiano, come “La morte viene per l’arcivescovo” scritto da un’autrice dichiaratamente protestante e lesbica? Lo Spirito Santo soffia dove vuole!!
Il titolo è desunto dalle ultime straordinarie cinquanta pagine del testo, pagine in cui il protagonista, dopo trent’anni di esperienza di evangelizzazione missionaria nel New Mexico, popolato da Najavos e avventurieri, si prepara a morire serenamente a Santa Fè, dove tutto era cominciato. “…ma non è stato così male, vero Jean? Abbiamo fatto le cose che avevamo progettato di fare, tanto tempo fa, quando eravamo seminaristi, almeno alcune. Realizzare i sogni della propria giovinezza: questo è quanto di meglio può accadere ad un uomo…”. Innanzitutto il romanzo è l’affascinante storia di due giovani amici che decidono di partire dalla Francia per andare a fare i missionari nelle terre aride e selvagge del Colorado e del New Mexico nella seconda metà dell’’800; dotati di temperamenti diversi, ma pieni di entusiasmo e accomunati dalla tensione ideale di “raccontare” Cristo in una terra evangelizzata nel ‘600 dai Francescani, ma poi abbandonata a se stessa. Il legame tra i due protagonisti, padre Latour (che diventa arcivescovo) e padre Vaillant, fondato su una tenace corrispondenza affettiva e radicato nella fede, li spinge verso l’ignoto e l’avventura di luoghi in cui si può essere uccisi da banditi; non accettati da tribù indiane perseguitate dai bianchi o da preti immorali e corrotti; essere colti da tempeste di neve o di sabbia o, infine, incontrare uomini e donne che hanno seppellito in una caverna la pisside e il calice dorati dei primi martiri francescani e che, tramandato il ricordo di generazione in generazione, li dissotterrano per consegnarli, secoli dopo, a questi due nuovi annunciatori della “buona novella”. Un romanzo d’avventura, epico o lirico nelle descrizioni di certi paesaggi; sorprendente nel delineare certi personaggi – indimenticabili quello della vecchia indiana che coltiva per 19 anni la fede nonostante la persecuzione dei suoi padroni e che l’arcivescovo incontra di notte nella chiesa e verso cui si sente “servo” per la tenacia e la semplicità con cui essa ha perseverato nella tradizione ricevuta nella sua giovinezza; quello del Navajo che salva l’arcivescovo dalla tempesta conducendolo nella grotta sacra al suo popolo, rendendolo partecipe di una religiosità arcaica che si perde nella notte dei tempi… E poi: l’amico padre Vaillant che, dopo aver evangelizzato i Pueblos se ne va con un carro tra i cercatori d’oro di Denver; la costruzione di una cattedrale con l’arenaria gialla che ricorda i colori della terra d’origine dei due preti (il sud della Francia), le lunghe distanze coperte sempre a cavallo di notte e di giorno come dei cow-boys con le fatiche sostenute dal motto mariano “Auspice, Maria!” per arrivare alle conclusive frasi profondamente commoventi: “…era solamente in quella solitudine di amore che la vita di un prete poteva assomigliare a quella del Signore, non una solitudine di negazione, ma di fioritura perpetua…una vita non doveva essere priva di grazia se era ricolma di Colei che era piena di Grazia…. Quando la campana della cattedrale rintoccò appena dopo il tramonto, la popolazione messicana di Santa Fè cadde in ginocchio, molti altri, pur non inginocchiandosi, pregarono nel loro cuore; Eusabio e tutti i giovani navajos si allontanarono per raccontarlo alla loro gente; il mattino dopo, il vecchio arcivescovo giaceva davanti all’altare maggiore nella chiesa che aveva edificato…” Decisamente questi due personaggi ricordano la grande avventura umana e cristiana del nostro amato Giovanni Paolo II!!!

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