Cavelli Colombo, Angela – Vaga & C. Una strega in provincia
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Anche se si parla di una “strega” (un femminismo non ideologico) non è un romanzo fantasy.
“Vaga, presa da un’improvvisa illuminazione, alla fine aggiunse:
“Ma c’è un altro modo per vivere?”
Risposta: “Mi fai capire che in te esiste una divisione.
Sì, c’è un altro modo, è possibile, inizieremo l’analisi”.
Vaga: un nome leopardiano, scelto con cura dalla scrittrice in questo romanzo autobiografico, il primo di una tetralogia seguita nel tempo: indica bellezza, ma anche indeterminatezza e natura errabonda.
E’ una storia in cui molti della generazione del Secondo dopoguerra si riconosceranno: vita di provincia con le sue meschinità e le sue illuminazioni, finché viene a galla un disagio, un mal-essere che ingabbia, soffoca, toglie respiro alla vita. Ma, dice Giacomo Contri nella Presentazione “Vaga – che l’autrice ha la buona idea di non immaginare sola: & C. – non ci sta. Gran parte della sua storia sono le vicissitudini molteplici di questo non starci, e non si può dire che il soggetto ci perda, a dir poco. Di più: sviluppa l’idea di venirne a capo, e ne ha ben donde, perché in ciò in cui non sta, sta anche lei fino al collo e oltre. Ci sta, è il dato; non ci sta, è il giudizio…”
Con instancabile, irriducibile tenacia, Vaga cerca aiuto, finché non lo trova in uno psicanalista, e comincia a guarire. Questa storia è il suo dono ad altri simili.