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Eliot, Th. Stearns - Assassinio nella Cattedrale

Fonte:
CulturaCattolica.it
«Sii con Dio come l’uccello che sente tremare il ramo e continua a cantare, sapendo di avere le ali»
(San Giovanni Bosco)

Voglio fermare l’orologio ora. Pensare agli uomini e alle donne, ai bambini ora. Ai cristiani nel mondo ora. Adesso.
Sono persone normali, i cristiani. Non hanno più o meno cose degli altri. Non sono più buoni o più bravi e non gli è risparmiato nulla. Non il dolore, non la fatica, non il tarlo del dubbio. Non le domande, non la tentazione. Nulla.
Sono i bambini che ridono o che sono tristi nel cuore perché, piccoli, devono portare pesi più grandi di loro. Sono bambini come tutti i bambini del mondo, i bambini dei cristiani.
E gli adulti? Chissà quante madri staranno accudendo i propri figli, o sistemando la casa, o il giardino. O staranno facendo la spesa, lavando, stirando. O leggendo, scrivendo. O saranno al lavoro, o in vacanza. O a chiacchierare con le amiche.
Qualcuna sarà in travaglio, o starà partorendo. Qualcuna, ora, starà facendo l’amore, o si sarà appena innamorata.
Quante donne cristiane, ora, saranno nel silenzio di una chiesa in preghiera, o in ospedale, ad assistere qualcuno. O in missione. A prendersi cura di fratelli che non sono fratelli di sangue ma fratelli in Cristo, anche se cristiani non sono.
Penso agli uomini ora. Ai cristiani ora. Al lavoro, anche gli uomini. Adesso, in questo momento, in qualche parte del mondo qualcuno sta donando l’intera sua vita a Lui: al suo Signore. Padri staranno seguendo i figli, mariti saranno con le loro mogli. E’ sabato pomeriggio. Molti si dedicano al loro hobby, o sono in relax. Qualcuno starà leggendo il giornale, o un libro, o sarà davanti alla tivù.
E gli anziani? Raccontano la storia e raccontano storie, gli anziani. Sono la memoria del futuro.
Non sono diversi dagli altri, i cristiani nel mondo ora: nel preciso momento in cui a loro sto pensando, di loro scrivo.
Condividono gli stessi spazi degli altri, hanno a disposizione, ogni giorno, le stesse 24 ore degli altri. Mangiano, bevono, ridono, piangono, amano, soffrono, cadono, si rialzano, lavorano, si divertono, stanno insieme, stanno da soli… come tutti.
Pregano, questo sì. E si accostano ai sacramenti. E vivono la vita come «vocazione».
Sanno di essere stati «chiamati per nome», desiderati, amati, scelti dalla notte dei tempi. Sanno di avere ricevuto un compito. Quale compito? Vivere. Vivere «oggi». Vivere «ora». Vivere ricordando il compito, facendo fruttare i talenti (non importa quali e quanti. I talenti. Non importa se il mondo è capace di chiamarli «talenti» o nemmeno li sa riconoscere. I talenti. Dio sa che talenti ha dato a ciascuno. Di quelli ci chiederà conto). Vivere, collaborando come sono capaci, alla costruzione del Regno. Vivere con gli altri nei luoghi in cui vivono gli altri, ma, nel cuore, indelebile, il sigillo di Lui, «Padre nostro».
Cercano il martirio, i cristiani? Sono masochisti? Vogliono soffrire, veder morire ammazzati i loro genitori, la moglie, i figli, i fratelli? O farsi saltare in aria per eliminare dalla faccia della terra chi non la pensa come loro? No.
Ora, adesso mentre scrivo, però lo so che uomini donne anziani bambini cristiani in qualche parte del mondo (Africa, Asia, Vicino e Medio Oriente…) sono in cammino perché costretti ad andar via dalla loro terra, dalla terra dei padri e degli antenati. Un popolo in fuga.
O, nei Paesi in cui sono, soffrono perché il cerchio si stringe e la loro libertà non è diritto acquisito ma «gentile concessione» e ha scritto – anche se non la vedi – la data di scadenza. Bomba ad orologeria. Bomba innescata.
O stanno morendo proprio ora, adesso, mentre io sto scrivendo e il mondo tollerante, democratico, pacifista, garantista, pluralista, antirazzista, globalizzato finge di non vedere.
Ora, proprio in questo momento, uomini, donne, anziani, bambini cristiani stanno morendo, innocenti, solo per quel sigillo di Figli impresso, indelebile, nel cuore.
Pregano e vengono attaccate le loro chiese. Portano crocifissi al collo e devono nasconderli. A volte è la legge che glielo impone.
Devono nasconderli anche nella civilissima Europa, quella in prima fila per tutte le Dichiarazioni di tutti i diritti? Sì, anche in Europa devono, a volte.
Non cercano il martirio le donne, gli uomini, gli anziani, i bambini cristiani. Vorrebbero solo poter vivere. In pace. Regalerebbero al mondo lo sguardo con cui sono guardati, l’amore con cui sono amati, la misericordia con cui vengono abbracciati, la carità che è la sovrabbondanza di ciò che hanno ricevuto.
Voglio fermare l’orologio ora, alle 16.30 di sabato 23 giugno. Ora che sono a pagina 93 del libro che sto leggendo. Ora che lo chiudo, mi fermo, penso ai cristiani perseguitati nel mondo.
Per loro scrivo. Per loro prego…

«Diletti figli, noi non consideriamo un martire semplicemente un buon cristiano che è stato ucciso perché è cristiano: questo ci farebbe soltanto rattristare. Né lo consideriamo semplicemente un buon cristiano che fu eletto tra le schiere dei Santi: perché questo ci farebbe soltanto rallegrare: e mai il nostro rattristarci e il nostro rallegrarci sono come quelli del mondo.
Un martirio cristiano non avviene mai per caso, perché non si diventa Santi per caso. E ancora meno un martirio cristiano è l’effetto della volontà di un uomo di diventare Santo, così come potrebbe con la volontà e con qualche macchinazione diventare reggitore di altri uomini. Un martirio è sempre un disegno di Dio, per il suo amore per gli uomini, per avvertirli e guidarli, per riportarli sulla sua strada. Non è mai un disegno dell’uomo; perché il vero martire è colui che è diventato lo strumento di Dio, che ha perduto la sua volontà nella volontà di Dio, e che non desidera più niente per se stesso, neppure la gloria di essere un martire.
Sicché, come sulla terra la Chiesa si rattrista e si rallegra insieme, in un modo che il mondo non può capire, così in Paradiso i Santi stanno molto in alto proprio perché qui, su questa terra, sono stati molto in basso; e si contemplano non come noi li vediamo, ma nella luce della Divinità dalla quale essi traggono il proprio essere».
(Dalla predica di Thomas Becket, Arcivescovo di Canterbury, la mattina di Natale del 1170, nel testo teatrale di T. S. Eliot, Assassinio nella Cattedrale, Bompiani, pag. 93).

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