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Guardini, Romano - La morte di Socrate

Fonte:
CulturaCattolica.it ©
Morcelliana

Brescia, 1998

Pagine: 334

Prezzo: € 18,07

Il testo La morte di Socrate pur essendo un classico, non è forse tra le opere di Romano Guardini più conosciute. Ci permettiamo quindi di segnalarlo anche perché risulta sicuramente una lettura di grande interesse per chiunque volesse approfondire la vicenda socratica. In questa opera Guardini analizza i quattro dialoghi platonici (Eutifrone, Apologia, Critone e Fedone) che trattano direttamente del processo e della morte di Socrate. L'interesse dell'autore è rivolto a questa tematica in quanto ritiene che la figura di Socrate, come afferma egli stesso nella prefazione, abbia "una sua potenza esemplare come non l'ha forse nessun'altra figura storica" (p.7), e la ritiene pertanto incontrabile anche per l'uomo di oggi.
Infatti, "non tutte le personalità offrono ugualmente la possibilità di quello che si dice un incontro […] Incontrare qualcuno significa imbattersi in una figura storica che sia inconfondibilmente se stessa e tuttavia rappresenti valori universali […] Socrate è probabilmente colui che maggiormente possiede questo potere toccante e commovente" (pp. 7,8). Inoltre, l'autore non ignora certo il fatto che, nei Dialoghi in questione, emerga insieme al pensiero di Socrate quello di Platone; tuttavia ciò non costituisce un'obiezione insormontabile proprio perché "la figura di Socrate negli scritti platonici è essa stessa frutto di un incontro: perfettamente reale, ma sentita e disegnata da Platone - allo stesso modo che Platone è a sua volta incancellabilmente colui che ha subito l'influsso di Socrate" (p. 8).
I temi trattati nell'analisi dei dialoghi platonici sono molteplici; mi permetto solo di segnalarne un paio trovati da me particolarmente interessanti.
In primo luogo, Guardini evidenzia come ciò che muova Socrate a filosofare e a scontrarsi con il mondo ateniese sia un'istanza di carattere religioso: la percezione di essere chiamato a compiere un compito, l'aderire al progetto di un altro. Pertanto, secondo Guardini, la posizione di Socrate non è quella di certo razionalismo, potremmo dire di stampo illuministico, che contrappone per principio la ragione all'esperienza religiosa, ma quella di colui che, vivendo in modo autentico la stessa esperienza religiosa, non può fare a meno di criticare certi atteggiamenti, ormai decaduti a superstizione, della religiosità tradizionale greca. La voce del daimonion, infatti, non va intesa come "la voce o la protesta della ragione o della coscienza, come vorrebbe l'interpretazione razionalistica; si tratta invece di un monito che viene "dall'altro" ed ha carattere divino" (p. 22).
In secondo luogo, Guardini evidenzia come la tesi del "sapere di non sapere" socratico non vada intesa in un senso scettico, ma come la premessa per un'autentica ricerca della verità. Allo stesso tempo essa esprime la sproporzione avvertita dall'uomo nell'intraprendere tale impresa. Dalla coscienza della grandezza ed insieme della miseria dell'uomo deriva anche l'ironia socratica: "Egli "sa che non sa nulla" ma non da scettico, bensì con la coscienza di dover perciò indagare tanto più decisamente e con la fiducia che l'indagine porterà un giorno a reali scoperte. Perciò fa la commedia con chi è sicuro nella sua ignoranza, ma non già per renderlo ridicolo, bensì per metterlo in moto […] L'ironia socratica è la mancanza di illusioni rispetto alla natura dell'uomo, è passione per lo studio e ad un tempo profonda bontà […] Non basta: nell'ironia si rivela una particolare esperienza dell'esistenza. L'esistenza è grandiosa, stupenda, terribile enigmatica e molte altre cose ancora: ma è anche piena di contraddizioni e persino strana" (p. 28).

(A cura di Giulio Luporini)

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