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Neuhaus, Richard John - Lo Splendore della Verità.
Perché sono diventato cattolico (e sono felice di esserlo)

Autore:
Gatta, Francesco
Fonte:
CulturaCattolica.it
Lindau 2008
€ 21,00

Richard John Neuhaus, o meglio, padre Richard John Neuhaus, era sacerdote dell’arcidiocesi di New York e viveva a Manhattan. Nato nell’Ottawa Valley, Ontario, Canada, il padre era pastore della chiesa luterana di Saint John, facente parte del sinodo del Missouri. Tale sinodo era ed è la struttura luterana più conservatrice, e non fa parte dell’ELCA (Evangelic Lutheran Church in America). Cresciuto di conseguenza nell’alveo della confessione luterana, ne fece parte per circa trent’anni. Anni in cui, come riferisce egli stesso nel presente volume, ha compiuto una sorta di lenta marcia d’avvicinamento, conclusa nell’abbraccio alla chiesa di Gesù Cristo, la chiesa più pienamente e giustamente costituita nel tempo.
Tale presa di coscienza, che detta con altri termini i cattolici romani ripetono durante la Santa Messa nel Credo, costituisce uno dei motivi cardine della conversione di padre Neuhaus, della decisione di “attraversare il Tevere”. Padre Neuhaus spiega la necessità, anzi direi l’inevitabilità, per un cristiano d’essere cattolico-apostolico-romano affermando: “Sono diventato cattolico per essere più pienamente ciò che ero e chi ero da luterano. Sono diventato cattolico quando ho scoperto che non riuscivo più a spiegare in modo convincente né agli altri né a me stesso perché non lo fossi”.
La “Lumen Gentium” è una Costituzione del Concilio Vaticano II in cui la Chiesa cattolica spiega come concepisce se stessa. Vi si asserisce che “tutta la grazia cristiana che è possibile trovare al di là dei confini istituzionali della Chiesa cattolica gravita verso l’unità con essa”. Riprendendo tale documento, padre Neuhaus si definisce “il cattolico che già ero”. Egli intende in tal modo evidenziare la continuità, più che la rottura, anzi, meglio, lo sbocco naturale della propria vita spirituale, nel passaggio dalla confessione luterana alla Chiesa di Roma. Riprendo le sue parole nel discorso fatto il giorno dell’accoglienza (sulla “barca di Pietro”):
Non posso esprimere in modo adeguato la mia gratitudine per tutto il bene che ho conosciuto nella comunità luterana. E per quanto riguarda i miei trent’anni da pastore luterano, non c’è nulla in quel ministero che vorrei ripudiare, se non i peccati e le debolezze. Niente che sia buono viene rifiutato, ma tutto viene portato a compimento”.
L’autore utilizza una bella metafora per spiegare la situazione di un cristiano non ancora pienamente cristiano: “Tutti i cristiani, se sono davvero cristiani, hanno una qualche relazione con Gesù Cristo. Se una persona è legata a Cristo, e Cristo è la testa legata al corpo, allora questa persona è legata anche al corpo di Cristo, la Chiesa, in qualche modo molto importante. Questo è ciò che sì intende quando si parla di una certa comunione imperfetta con la Chiesa”.
Ciò che caratterizza un cristiano romano, a differenza di un cristiano luterano è, per dirla con le parole di Sant’Ignazio di Loyola, il “sentire cum Ecclesia”, ossia il pensare con la Chiesa. Naturalmente il pensare con la Chiesa inizia dal pensare. Tale ragionamento necessita della convinzione di base che la Chiesa possieda il carisma e l’autorità dell’insegnamento a garanzia del consenso. Diversamente ci si costruisce la propria chiesa, creata ad hoc per sé. Ma se ci si definisce cristiani è perché si crede negli insegnamenti di Gesù Cristo, e Cristo ha creato una ed una sola Chiesa…
Parallelamente ai motivi della propria conversione, padre Neuhaus conduce un’analisi sullo stato attuale della Chiesa, ed in particolare sullo stato della Chiesa americana, anche alla luce del recente terremoto provocato dallo scandalo sessuale.
Ciò che ne trae è un sano ottimismo: nella disputa, tutta interna alla Chiesa postconciliare, tra partito della discontinuità e partito della continuità ha, naturalmente per grazia di Dio, prevalso quest’ultimo. Le proteste dei cosiddetti discontinuitari, a loro volta scissi in discontinuitari di destra e discontinuitari di sinistra, si stanno lentamente ma inesorabilmente sciogliendo, come neve al sole. I fumi del postconcilio, derivati da una spesso volutamente erronea interpretazione dei documenti conciliari, sono pressoché estinti. Nonostante tutto, “il centro tiene”. Come promesso da Gesù Cristo, lo Spirito santo è presente e conduce la “barca di Pietro” verso la meta. Ventisette anni di pontificato di Papa Giovanni Paolo II il Grande (come sovente lo chiama l’autore, con vibrante riconoscenza) hanno lasciato il segno! Ogni anno folle di giovani partecipano, con il Santo Padre, alle Giornate mondiali della gioventù. Amano definirsi i “cattolici di Giovanni Paolo”, e sono grati allo Spirito Santo per aver donato loro un pontefice con un tale carisma. Sono altresì grati allo Spirito Santo per aver guidato i cardinali, riuniti nel Conclave, all’elezione del suo più degno e naturale successore, Joseph Ratzinger, papa con il nome di Benedetto XVI. Sono questi i cattolici del terzo millennio, giovani pellegrini nella millenaria Chiesa pellegrina sulla terra.

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