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O'Connor, Flannery - Diario di preghiera

O’Connor, Flannery, “DIARIO DI PREGHIERA”, Bompiani 2016, € 11,00

“… Caro Dio, non posso amarTi nel modo in cui vorrei. Sei la sottile luna crescente che vedo e il mio io è l’ombra della terra che m’impedisce di vedere la luna per intero. La mezzaluna è molto bella e forse è tutto ciò che una come me dovrebbe o potrebbe vedere; ma quello di cui ho paura, caro Dio, è che l’ombra del mio io cresca a tal punto da oscurare tutta la luna, e che io giudichi me stessa dall’ombra che è nulla. Io non Ti conosco Dio, perché sono in mezzo. Ti prego, aiutami a farmi da parte” (pag.17).

Flannery O’Connor scrive queste preghiere e riflessioni interiori in un diario nel periodo in cui è stata studentessa all’Università dello Iowa, immediatamente alla fine della seconda guerra mondiale del secolo scorso: precisamente tra il 1946 e il ‘47. Aveva solo 21 anni.
Non aveva ancora pubblicato “La Saggezza del sangue”, “Il Cielo è dei violenti” e i racconti che l’avrebbero resa la più importante autrice cattolica degli USA del ‘900 (insieme a Willa Cather): solo tre anni dopo la stesura di questo testo, nel 1950, avrebbe subito il primo feroce attacco della malattia che aveva ucciso suo padre, un lupus eritematosus, che avrebbe devastato la sua pelle e le sue ossa conducendola alla morte all’età di 39 anni nel 1964.
In questa cinquantina di pagine, la giovane universitaria prega soprattutto per due cose: poter conoscere ed avvicinarsi sempre di più a Dio e diventare una scrittrice. (“… Caro Dio, Ti prego aiutami a essere un’artista. Ti prego lascia che questo conduca a Te...” pag. 43). Scriveva anche di non desiderare la sofferenza, ma che l’avrebbe accettata.
Tutto il diario è una insistente supplica a Dio affinché le permetta di adorarLo, di rendere sempre più essenziale il proprio desiderio di Assoluto, di liberarla dalla pigrizia, dall’indolenza di una preghiera fatta di formule ripetitive e stantie, di donarle delle storie da raccontare in modo tale che la gente, leggendole, possa conoscerLo.
La futura narratrice dei racconti “Un brav’uomo è difficile da trovare”, “Gli storpi entreranno per primi”, “Rivelazione”, “La schiena di Parker” domanda incessantemente a Dio di aiutarla a capire e a purificare le tre virtù teologali delle Fede, Speranza e Carità, specialmente quest’ultima, di cui spesso si sente priva a causa del proprio stupido egoismo.
La sete di conoscere il Volto di quell’infinito “che si è fatto carne e ha posto la Sua dimora in mezzo a noi” attraversa le pagine di questo straordinario ed intensissimo diario dell’anima di una ragazza che, coraggiosamente, mette a nudo se stessa di fronte a Dio supplicandoLo insistentemente di concederle la Grazia di farsi incontrare da lei in modo da poterLo amare:
“… Caro Dio, lascia che sia al Tuo servizio. Mi piacerebbe essere santa in modo intelligente, sono una sciocca presuntuosa, ma forse quella cosa indefinita in me che mi trattiene è la speranza… caro Dio, inviami la Tua Grazia…” (pag.32/42).
Proprio nelle ultime pagine di questa confessione interiore, leggiamo il passo più radicale del lavoro ascetico compiuto dalla O’Connor sulla propria persona.
Uno scavo dell’anima che ricorda, a tratti, il diario di Santa Teresa di Lisieux.
Un lavoro introspettivo caratterizzato da uno spirito fortemente battagliero verso lo spiritualismo moralista della sua epoca. Nei 14 anni di calvario sofferto della sua malattia, circondata dai pavoni che allevava nel suo giardino, la O’Connor raggiungerà i due scopi che si proponeva in questo diario: conoscere ed innamorarsi del Dio tanto atteso e scrivere di Lui nella propria narrativa .

Questa è la pagina del testo che personalmente mi ha più profondamente scosso e commosso:
“… Quello che chiedo è davvero molto ridicolo. O Signore, vado dicendo, al momento, che sono una scamorza, fai di me una mistica, immediatamente. Ma allora Dio può farlo – trasformare scamorze in mistici. Ma perché dovrebbe farlo per una creatura ingrata indolente e sporca come me. Non riesco neppure a stare in chiesa a recitare una preghiera di Ringraziamento, il rosario per me è una mera ripetizione meccanica mentre penso ad altre cose, generalmente sacrileghe. Ma mi piacerebbe essere una mistica, e subito. Caro Dio, Ti prego, dammi un posto, non importa quanto piccolo, ma fammelo conoscere e mantenere. Se io sono quella che deve lavare tutti i giorni il secondo gradino, fammelo sapere, fammelo lavare e lascia che il mio cuore straripi d’amore lavandolo. Dio ha bisogno di noi. Anche della mia anima. Allora prendila, caro Dio, anche perché essa sa che Tu sei tutto quello che dovrebbe volere….” (pag.54).
Giovanni Mocchetti