Pontiggia, Giuseppe - Nati due volte
- Fonte:
Milano, 2000
Pagine: 232
Prezzo: Euro 14,98
"Questi bambini nascono due volte. Devono imparare a muoversi in un mondo che la prima nascita ha reso più difficile. La seconda dipende da voi, da quello che saprete dare. Sono nati due volte e il percorso sarà tormentato. Ma alla fine anche per voi sarà una rinascita. Questa almeno è la mia esperienza. Non posso dirvi altro."
Con queste parole uno dei personaggi di Nati due volte, un medico, si rivolge al protagonista del romanzo, il professor Frigerio, insegnante di lettere, divenuto padre da pochi mesi di Paolo, un bambino affetto da tetraparesi spastica. In esse ritroviamo anche la chiave di lettura del romanzo in cui, in capitoli brevi e tutti titolati, Pontiggia narra dal punto di vista del padre la storia della crescita di Paolo, le tappe del suo faticoso tentativo di stare nel mondo, dalla nascita alla prima adolescenza.
Ma insieme alla storia del figlio si dipana anche la storia personale di quest'uomo, costretto a fare i conti con un avvenimento inatteso che sconvolge la sua quotidianità e complica le circostanze semplici, o sempre ritenute tali, aggiungendo nuove difficoltà: ecco allora il peregrinare dei due genitori da uno specialista all'altro per avere una diagnosi certa, la ricerca di una scuola adatta, di un posto di vacanza adeguato alle necessità del ragazzo, le riunioni con i genitori di altri disabili, la gelosia del fratello….
Ma la nascita di Paolo, come anticipato dalle parole del medico che abbiamo riportato in apertura, è anche un'occasione, dolorosa certo ma a suo modo unica, perché Frigerio ripensi a se stesso, si interroghi sulle sue scelte, perché guardi sotto una nuova luce ciò che accade e osservi i comportamenti, le reazioni delle persone che ruotano intorno a Paolo.
Quella di Paolo diventa dunque una presenza provocatoria nel pieno senso del temine: essa fa venire alla luce la natura profonda, la posizione umana di chi gli sta intorno: mette in evidenza la disponibilità piena, la magnanimità e/o insieme i limiti, le meschinerie dei vari personaggi del romanzo, protagonista compreso.
In tal senso Pontiggia trova nella situazione da lui creata l'opportunità per dispiegare la sua vena di moralista, di narratore curioso del comportamento umano ancor più che di scrittore preoccupato della trama o dell'architettura della storia.
La consuetudine a osservare i comportamenti dei suoi simili gli consente di costruire un campionario di varia umanità analizzando i motivi più profondi dell'agire umano e chi è suo lettore abituale ritrova qui la sua vena riflessiva, arguta, così attenta a cogliere il dispiegarsi dell'animo umano nei suoi più vari e contraddittori aspetti.
Grazie all'acuta analisi esercitata dal suo protagonista, Pontiggia costringe anche noi lettori a ripensare al concetto di "normalità" all'apparenza così ovvio da non richiedere spiegazioni; aiutati e accompagnati dalle riflessioni di questo padre anche noi lettori siamo spinti a interrogarci su chi o cosa sia normale: è "normale" forse il direttore didattico che approfitta del suo potere di funzionario e burocrate per imporre un favore al protagonista in cambio di quello che invece dovrebbe essere un diritto di Paolo? O lo è il collega di lavoro, professor Cornali che, presuntuosamente certo delle sue capacità di insegnante rivoluzionario, usa i suoi disgraziatissimi alunni come cavie di innovativi esperimenti di valutazione e insegnamento, incurante o cieco di fronte ai loro bisogni concreti?
E, viene da chiedersi, fino a quando dura la "normalità", visto che il vecchio suocero di Frigerio perde a poco a poco la facoltà della memoria con esiti tragicomici?
In modo agrodolce siamo dunque indotti a nostra volta a interrogarci sul labile confine che divide i normali dai "diversi", per approdare alla consapevolezza o quantomeno al sospetto che i normali sono anch'essi "una specie ignorata di disabili".
Attraverso il confronto costante con la "diversità" del figlio, il protagonista cresce, acquisisce e ci trasmette la consapevolezza che troppo labile e ambiguo è il concetto di normalità per cogliere in profondità il mistero umano; occorre un diverso criterio di giudizio, un diverso punto di osservazione:
"Quando Einstein,alla domanda del passaporto, risponde razza umana, non ignora le differenze, le omette in un orizzonte più ampio, che le include e le supera.
È questo il paesaggio che si deve aprire: sia a chi fa della differenza una discriminazione, sia a chi, per evitare una discriminazione, nega la differenza". (pag. 42)
Il lavoro di scrittore di Pontiggia è consistito proprio nella ricerca di questo nuovo paesaggio, di un orizzonte più ampio di quello consentito dalla troppo angusta e inadeguata contrapposizione normalità/diversità, quasi a sottolineare che non basta nascere fisicamente integri per dirsi uomini: la pienezza umana ha bisogno di ben altro, necessita di un qualcosa, un quid che supera di gran lunga sia il dato puramente biologico di appartenenza alla specie sia le sole facoltà intellettuali, (interessante rileggere sotto questa luce i capitoli I test e La recita) : si tratta di un sovrappiù che è al tempo stesso un dono oggettivo, creaturale (la dottrina cristiana non parla forse di anima? Non ci chiama tutti figli di Dio?) ma anche una conquista, un compimento a cui si è chiamati giorno per giorno. Non a caso la dedica riportata dice: "Ai disabili che lottano non per diventare normali ma se stessi" e, a fine lettura, ci convinciamo che quella dedica riguarda ciascuno di noi.
(F.B.)