Caro Presidente Napolitano…
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Giro d’Italia (per il Montefeltro) e Visita del Presidente della Repubblica Italiana nella nostra Repubblica hanno almeno ottenuto un risultato tangibile: le strade riasfaltate e sistemate. A parte gli scherzi e le battute, almeno dalla visita del Presidente Napolitano ci aspettiamo tante cose, non solo di esprimergli la gratitudine per quanto fatto per San Marino, ma – visto il prestigio che lo circonda – vorrei fargli conoscere la riflessione di un giovane che, qualche tempo fa, gli ha scritto una lettera aperta, che forse sarà rimasta chiusa nei cassetti delle varie segreterie (al plurale, perché Lorenzo si è rivolto anche a Renzi, ottenendone la stessa attenzione).
Ecco dunque quanto questo giovane ha scritto: «Sono Lorenzo Moscon, ho 20 anni e desidero scrivervi in merito a un tema d’attualità che ritengo fondamentale e di cui già da alcuni anni si sta occupando il Parlamento, ovvero l’Eutanasia.
Mi sono deciso a scrivervi a seguito delle parole del Presidente della Repubblica che ha dichiarato: “indispensabile che il Parlamento si occupi dell’eutanasia.”
Mi sento molto chiamato in causa da un argomento di bioetica così importante e decisivo in ragione della mia esperienza personale: sono affetto da triplegia spastica che mi costringe fin dalla nascita su una sedia a rotelle e ho subito sei interventi chirurgici, dai quali ho ricavato un’esperienza che mi permette di testimoniare quale sia lo stato fisico ed emotivo di un paziente che si trovi costretto in un letto di ospedale.
Posso assicurare grazie a tale esperienza che nella condizione di malattia ho sempre avvertito il bisogno manifesto e oggettivo di essere voluto bene ed amato. La sofferenza, che è uno stato psicologico in questo caso determinata da un dolore fisico, può essere eliminata, anziché intraprendendo un sentiero definitivo come quello dell’eutanasia, mediante una relazione interpersonale che rammenti al malato il valore incommensurabile della propria dignità, dignità che può essere dimostrata grazie alla capacità universale dell’uomo, per esempio di amare, di apprezzare le arti (ad es. letteratura, pittura, scultura, musica), di ragionare, di dialogare, interrogarsi sul senso delle cose, sulla loro origine, il loro scopo, il loro modo di essere, a prescindere dalla loro utilità. La sofferenza fisica e spirituale può essere lenita dalla vista di una persona cara e grazie alla costanza di un rapporto affettivo interpersonale disinteressato, come ho potuto sperimentare in modo costante.
Ogni uomo ha un’inclinazione costitutiva all’autoconservazione: infatti l’uomo è un essere vivente e in quanto essere vivente è costituzionalmente orientato alla vita: un essere vivente orientato alla non vita è in contraddizione con la sua caratteristica costitutiva rappresentata dal fatto che, come dice il nome stesso, è vivente. Pertanto suicidio ed eutanasia sono malvagi perché contraddicono direttamente uno dei fini-beni dell’uomo.
Pur nel condizionamento innegabile della sofferenza e della malattia, si può vivere per riconciliarsi con una persona, per assolvere a degli obblighi morali, per fare testamento.
[…*] Si sente spesso parlare di eutanasia come atto di libertà, intesa come assoluta auto-determinazione dell’agire umano e totale sovranità dell’uomo su se stesso, ma a ben vedere, questo atto è in contraddizione lampante con il concetto stesso di libertà, infatti la libertà di vivere è presupposto fondamentale che permette di esercitare ogni altra forma di libertà e l’eutanasia la distrugge.
Io Lorenzo, non posso fare a meno di fidami di Lei, la mia libertà mi porta a fidarmi di Lei, Presidente. Per questo mi sono permesso di sottoporre alla Sua attenzione ciò che a me realmente sta a cuore e in cui io credo fermamente.
La ringrazio sin d’ora».
Confido anch’io che queste parole di un giovane, nelle condizioni indicate, valgano infinitamente più delle mie, e tocchino il cuore così sensibile del Presidente Napolitano.