Selene, ritrova il tuo volto
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Andando in Basilica per il Corpus Domini mi sono imbattuto in alcune opere esposte sulla strada. Rappresentano delle figure femminili e credo siano state messe lì da poco. Sono dei nudi con un titolo che ne vorrebbe indicare il significato. Non sono esperto d'arte e non mi esprimo sul loro valore artistico.
Guardandole mi ha colpito un fatto: una, la prima, è un dorso senza testa. La seconda è un busto, alquanto prosperoso. La terza ha, al posto della testa, una strana forma. L'ultima, di cui ricordo il titolo, «Selene», ha un volto senza lineamenti. E questo mi ha colpito.
Ho letto, in questi giorni, l'intervento di un filosofo ucraino, Filonenko, che ha espresso questa riflessione: «I nostri cuori non sono diversi perché compiamo esperienze diverse, ma perché ognuno ha una propria comunità del cuore. Se si visita un Museo d'arte contemporanea, si vedrà di tutto, tranne che dei volti. È come se gli artisti avessero perso la capacità di dipingere volti, mentre se si osserva l'arte cristiana, non c'è nient'altro, tranne i volti». Credo che questo giudizio ci aiuti a comprendere il senso di quell'opera, «Selene». Oggi non ci sono più i volti. Non so se l'artista abbia prodotto quest'opera perché per lei questa è la situazione (quel «diventare inferno» di cui parlava Calvino, che non ci fa più riconoscere l'inferno in cui viviamo, perché ne siamo diventati parte) o perché vuole essere, il suo, un grido che ci faccia riconoscere la tragedia in cui viviamo, alla ricerca finalmente di un volto nel quale riconoscerci. Come diceva il grande regista Andrej Tarkovskij: «Lo sai bene: non ti riesce qualcosa, sei stanco e non ce la fai più. E d'un tratto incontri nella folla lo sguardo di qualcuno - uno sguardo umano - ed è come se ti fossi accostato a un divino nascosto. E tutto diventa improvvisamente più semplice».
E allora spero che tutti coloro che passeranno per questa via, vedendo questa scultura senza volto, possano interrogarsi, e mostrare quel volto che può ridare speranza agli uomini che si incontrano. Perché questo è il bisogno della nostra società: incontrare volti umani, che facciano entusiasmare alla vita, cancellando quella impressione di estraneità e di indifferenza che paralizza ogni sforzo, rendendoci uomini rassegnati sia nella scuola che nel lavoro, come nella politica e ovunque viviamo.
Anche chi non crede può fare sua questa laica preghiera di Czeslaw Milosz, Veni Creator: «Vieni, Spirito Santo, / curvando (oppure non curvando) l’erba, / apparendo (oppure no) sul capo come lingua di fiamma, / al tempo delle fienagioni, o quando va il trattore per solchi / nella valle dei boschi di noci, o quando la neve rovescia / abeti mutilati nella Sierra Nevada. / Sono soltanto un uomo - ho dunque bisogno di visibili segni, / mi stanco presto costruendo scale di astrazioni. / Pregavo talvolta (Tu lo sai) che in chiesa una statua / sollevasse per me la mano - una, un’unica volta. / Ma lo capisco, i segni possono essere solamente umani. / Desta allora un uomo, in un posto qualunque della terra, / (non me: almeno so cos’è il decoro) / e permetti che - guardandolo - io Ti possa ammirare.» (da Miasto bez imienia, La città senza nome, trad. di Valeria Rossella)
Riconosciamo i volti che ci circondano, e ritroveremo quel gusto e quella responsabilità nei confronti degli uomini nostri fratelli che farà, anche di San Marino, l'antica – e nuova – terra della libertà.