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La lettera enciclica “Aeterni Patris”

Autore:
Jacopo Rossi
Fonte:
CulturaCattolica.it ©
La lettera enciclica “Aeterni Patris”, scritta da Papa Leone XIII nel 1879, rappresenta il documento papale che fornisce la bussola teorica e il fondamento filosofico-razionale dell’intero corpus leonino.

L’importanza dell’enciclica è data dal fatto che essa si pone come la chiave di lettura per comprendere in profondità il pontificato di Papa Pecci e le sue opere, oltre al fatto che la stessa intende ricordare al popolo cattolico quali sono i veri fondamenti della filosofia cristiana e della teologia, i quali sono stati insidiati in epoca moderna da nuove speculazioni del pensiero che hanno introdotto in seno alla società (e anche nella Chiesa) idee rivelatesi nocive e devianti.
Con la “Aeterni Patris” Leone XIII voleva, infatti, ribadire come la Dottrina Sociale della Chiesa sia fondata sulla buona filosofia, in particolare quella tomista di San Tommaso d’Aquino.

L’enciclica si apre con una chiara affermazione di dipendenza dalla filosofia per quanto riguarda la trasmissione e diffusione della Verità Evangelica: Nostro Signore Gesù Cristo ha infatti lasciato alla Chiesa da lui stesso fondata la missione di essere maestra universale di tutti i popoli.
In forza di questo mandato la Chiesa ha così anche il compito di combattere e confutare gli errori sia per il fatto che un errore è essenzialmente contrario alla Verità che è Cristo sia perché dagli errori può nascere una cattiva filosofia la quale porta a corrompere le coscienze dei singoli.
Se la Chiesa non adempie a tale incarico, l’errata filosofia, oltre che corrompere la società, può anche creare le pericolose premesse per deviare dalla Vera Fede rivelata, distogliendo così gli esseri umani dalla retta via che conduce a Dio e introducendo false piste che portano invece a confusione, smarrimento e perdizione.
La filosofia per essere “buona” deve corrispondere alla Fede, altrimenti devia e diventa una filosofia solamente umana e divisiva perché si frammenta in una miriade di correnti polemiche, tutte autoreferenziali.
Secondo Leone XIII, dunque, la causa di tutti i mali che affliggevano la sua epoca (e che hanno in realtà accompagnato i destini umani anche per tutto il Novecento fino alle odierne conseguenze più gravi ed estreme) è scaturita dalle errate dottrine filosofiche elaborate dai filosofi a partire dal XVI secolo.

Per il Papa le ideologie moderne come l’Illuminismo, il Liberalismo o il Socialismo sono il frutto di errori nati in certe scuole di filosofia, i quali si sono poi diffusi nella popolazione. L’epoca moderna è infatti connotata da una frattura filosofica che a partire dal Cinquecento ha via via condotto a conseguenze politiche, giuridiche, sociali ed economiche.
Partendo dal presupposto che un errore genera altri errori, nel XIX secolo non vi era più una filosofia che guardava alla Verità oggettiva e unitaria (mancava quindi una filosofia “scientifica” basata su un sapere certo) bensì erano in auge correnti filosofiche contrastanti fatte di opinioni meramente speculative.
Papa Leone XIII, con grandissima lucidità intellettuale e lungimiranza, vedeva questo pericolo incombente anche sui filosofi e teologi cattolici, sia membri del clero sia laici, perché le correnti di pensiero moderne avevano la potenziale capacità di essere assimilate anche dentro la Chiesa, con il rischio (avveratosi!) che si potessero formare teologi, ad esempio kantiani, marxisti o hegeliani, la cui forma mentis era storpiata o deviata rispetto alla Verità e al Logos cristiano.
La buona e sana filosofia viene di conseguenza individuata nella Scolastica e in particolare nella Scuola domenicana di San Tommaso d’Aquino e nella Scuola francescana di San Bonaventura da Bagnoregio.
La necessità che Leone XIII esprimeva era quindi quella di tornare a quando le cose erano “sane” ossia quando la Scolastica medievale era il paradigma di riferimento della teologia e della filosofia.
Secondo il pensiero del Romano Pontefice, la Scolastica rispecchiava la buona filosofia perché seguiva la Verità, era oggettiva ed unitaria perché, anche se composta dalla Scuola domenicana e da quella francescana, era integralmente rivolta al Mistero della Divina Trinità.

Papa Leone XIII indicava in particolare la scuola domenicana di San Tommaso d’Aquino per alcuni significativi motivi: le opere di San Tommaso erano studiate nei principali ordini religiosi cattolici come quelli domenicani, gesuiti e benedettini; i concili ecumenici dal Medioevo in poi avevano sempre indicato come punto di riferimento l’Aquinate, come nel caso del Concilio di Trento; le università, scuole e accademie cristiane avevano come punto di riferimento la Scuola domenicana; i predecessori di Papa Pecci avevano molte volte esaltato la sapienza di San Tommaso indicandolo come maestro di filosofia e teologia.
In conclusione, l’auspicio del Romano Pontefice era quello di riprendere e diffondere lo studio della Scolastica e della dottrina di San Tommaso d’Aquino come antidoto alle correnti filosofiche moderne perché solo restaurando l’ordine intellettuale si sarebbe risanato anche l’ordine sociale.

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