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Come nani sulle spalle di giganti

Fonte:
CulturaCattolica.it

Vista dall’aereo, la fantasmagoria di luci di Tel Aviv notturna dà l’impressione di una tranquilla sicurezza. Certo non si avverte l’atmosfera di una guerra in corso a poche decine di Km di distanza. Anche noi pellegrini siamo sereni, colmi di un pacato entusiasmo. Sul pullman per Malpensa abbiamo avuto modo di cominciare a conoscerci: ci sono tra noi numerose coppie di età diverse: pensionati, famiglie più giovani, sposi novelli... assieme a persone singole e a ragazzi, tra cui la “mascotte” del gruppo, Elena, una studentessa di Liceo Classico che partecipa al viaggio con i suoi genitori. Molti festeggiano anniversari di matrimonio (Rosa ed io i 35 anni, Lorenzo e Maria i 40, Gigi e Marinella i 30), e vi è pure la presenza di un nutrito Coro la cui importanza si manifesterà nei giorni a venire. La segretaria Nusy ci distribuisce un elenco di tutti i pellegrini, con i singoli numeri di cellulare, per ogni evenienza. Abbiamo dietro di noi un’organizzazione capillare, che rasenta la perfezione, forte di vari anni di esperienza e di decine di pellegrinaggi. Abbiamo anche la guida di persone grandi che nel passato hanno compiuto lo stesso gesto; non solo la onnipresente Egeria del IV secolo o i Crociati, ma anche don Giussani (i cui appunti di viaggio “Sulle tracce di Cristo” fanno parte del nostro “tascapane essenziale”) e don Massimo Camisasca, il cui bel libro, scritto a due mani con Paolo Cremonesi (“Viaggio in Terrasanta”, edizioni Marietti 1820), ha costituito per molti di noi una preparazione prossima. Certo le prove da superare, dopo la decisione iniziale di un rischio “realista e ragionevole”, cominciano subito: i controlli minuziosi degli Israeliani sono giustificati dal timore di attentati terroristici, ma rallentano in modo quasi esasperante le operazioni di imbarco. Allo sbarco a Tel Aviv, la valigia di Stefania non risponde all’appello: sarà anche “statisticamente inevitabile” (come ci ricorda Alberto, un bagaglio su 100 si smarrisce), ma piuttosto seccante per la malcapitata, che fortunatamente può contare, oltre che sul marito e sullo zainetto, anche su un “nécessaire” d’emergenza fornito doverosamente dalla compagnia aerea El Al. Tra ritardi, controlli, attese, alle 2.50 di venerdì mattina, 2 gennaio 2009 saliamo sul pullman diretto a Tiberiade (prima sede del nostro viaggio) e facciamo la conoscenza del nostro autista Karim (“il generoso”) e della nostra guida, Salim (“il sano”). Nonostante l’ora alquanto insolita, Salim si presenta immediatamente, e nella prima parte del tragitto ci introduce alla storia e alla geografia della Terrasanta (egli userà sempre questo termine, distinguendolo e preferendolo agli altri due: Israele o Palestina). La notte è serena, le teste ciondolano pericolosamente, solo rialzandosi all’improvviso quando Salim ci indica il “muro” che separa la Cisgiordania da Israele. Poi la stanchezza prevale, si cerca di sonnecchiare e al nostro arrivo al “Bali Hotel Tiberias” ci attendono quattro ore di sonno di piombo. Saggiamente la levata è stata prevista per le 9. Quando entriamo in salone per la colazione, la prima sorpresa: siamo su una terrazza da cui si può scorgere per intero il Lago di Tiberiade.

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